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COME DILAPIDARE IL “TESORETTO”

Il complesso della manovra di bilancio per il 2007 e 2008 peggiorerà i conti pubblici, rispetto a quanto avverrebbe in sua assenza. Si tratta di mezzo punto di Pil di deficit in più. Dal punto di vista dell’equilibrio di bilancio e degli impegni europei sarebbe meglio fare a meno di decreto fiscale e Legge Finanziaria. Una fetta consistente del peggioramento dei saldi è dovuta a maggiori spese e non a riduzioni di tasse. Quindi non si può neanche sostenere che si tratta della restituzione agli italiani dell’extragettito. E’ invece una rinuncia a investire nel futuro.

Il complesso della manovra di bilancio varata nel fine settimana dall’esecutivo peggiorerà, e non di poco, i conti pubblici rispetto a quanto avverrebbe in sua assenza. Si tratta di mezzo punto di Pil di deficit in più, come illustra chiaramente la tabella pubblicata sul sito di Palazzo Chigi e riprodotta qui sotto. Come dire che, dal punto di vista dell’equilibrio di bilancio e degli impegni europei, sarebbe sarebbe meglio lasciare tutto come prima, senza decreto fiscale e Legge Finanziaria. Una fetta consistente del peggioramento dei saldi è dovuta a maggiori spese piuttosto che a riduzioni di tasse. Quindi non è neanche difendibile come restituzione agli italiani dell’extragettito. È una rinuncia a investire nel futuro, migliorando i conti pubblici. L’aggiustamento viene tutto rinviato al 2009-2011, come candidamente riconosciuto dai documenti pubblicati da Palazzo Chigi, nonostante si preveda un rallentamento dell’economia. Dobbiamo crederci?

Un’occasione sprecata

Lo scorso anno, analizzando la Finanziaria 2007, avevamo documentato che l’aggiustamento sarebbe stato tutto sul lato delle entrate. Proprio per questo, commentavamo, non sarebbe stato duraturo: prima o poi, come nei ben sperimentati meccanismi di “tax push”, le maggiori entrate avrebbero finito per legittimare nuove spese. Purtroppo la facile profezia, da manuale di economia della politica, si è avverata. Il miglioramento dei conti pubblici in assenza delle politiche economiche varate quest’anno sarebbe stato molto più consistente. Il 2007 passerà così alla storia come l’anno della grande occasione sprecata. Il continuo parlare di “tesoretti” ha fatto subito capire che le entrate superiori al previsto non sarebbero state usate per ridurre la montagna di debito pubblico. Al contrario, l’extragettito è stato dilapidato. Sommando gli interventi nei decreti legge di giugno e settembre, il governo ha speso circa 13 miliardi derivanti da extragettito. È vero che non pochi provvedimenti di spesa sono una tantum, ma si sarebbe dovuto dare una svolta di finanza pubblica durante una fase espansiva, come suggerisce il nuovo Patto di stabilità e come avvenuto in Germania, altro paese che ha beneficiato di un extragettito e che ha un debito pubblico pari quasi alla metà del nostro. Si è invece scelto di aumentare la spesa.

Una manovra pesante

Quella appena varata doveva essere una manovra leggera. In realtà sarà sostanziale: 11 miliardi di Finanziaria e 7,5 di decreto fanno 18,5 miliardi. A metà ottobre, dopo i referendum nelle fabbriche, salirà sul carrozzone anche il pacchetto sul welfare e previdenza che rischia di gonfiarsi nel frattempo. Questo significa che è una manovra già oggi in linea con la media delle Finanziarie degli ultimi sette anni. È, dunque, leggera tanto quanto le manovre di bilancio del nuovo millennio. A meno che per leggerezza si intenda il segno della manovra. In effetti, a differenza di quelle precedenti, peggiora, anche sulla carta, i saldi rispetto a quanto avverrebbe in sua assenza.

La manovra è pesante perché non ci si limita ad abbassare le tasse, a restituire agli italiani l’extragettito. Anche nella tabella del governo è previsto che aumenti la spesa primaria nel 2008. Il dato sarebbe ancora più evidente se i provvedimenti varati a giugno e contestualmente alla Finanziaria non avessero già fatto accelerare la crescita della spesa nel 2007. Anche se il provvedimento a favore delle famiglie più deboli può essere desiderabile e opportuno, è ipocrita classificarlo come riduzione di tasse. Si tratta di un aumento di spesa.

La manovra finanziaria mostra, ancora una volta, che il federalismo fiscale non funziona. Sono stati concessi 9 miliardi a Lazio, Campania e Sicilia, ripagabili in trenta anni (si proprio trenta) per onorare gli sforamenti regionali nel comparto sanità. Speriamo almeno che le sanzioni contro gli amministratori e i politici locali vengano davvero applicate. Anche l’intervento sull’Ici sancisce il fatto che i comuni non hanno alcuna potestà su questa naturale fonte di entrate per loro (la casa, per definizione, non si sposta da un comune all’altro).

A favore dello sviluppo? 

In Francia, altro paese che ha un debito pari a poco più della metà del nostro, si sta ritardando l’aggiustamento dei conti pubblici per risanare l’economia. È così anche da noi? Servirà questa Finanziaria a scongiurare il visibile rallentamento della nostra economia? Il piatto forte delle misure a favore dello sviluppo è rappresentato dalla riduzione delle tasse sui redditi di impresa. Ma la copertura arriva da una rimodulazione della base imponibile, in modo da lasciare invariato il gettito. In altre parole, l’ammontare delle tasse versate dalle imprese rimarrà costante, nonostante una riduzione delle aliquote Ires dal 33 al 27,5 per cento e dell’aliquota dell’Irap al 3,9 per cento. Bene razionalizzare il prelievo, ma non aspettiamoci forti stimolo all’economia. Non ci sono gli sgravi fiscali sul lavoro, soprattutto sui redditi più bassi, né le misure a favore della conciliazione di lavoro e impegni famigliari, come il piano sugli asili nido e gli incentivi per le mamme lavoratrici, sacrificati per fare posto agli sgravi Ici. Difficile sostenere che questi ultimi servano a rilanciare lo sviluppo. In Italia non c’è una bolla immobiliare che sta scoppiando. E i consumi sono molto meno sensibili che altrove ai prezzi delle case. Quindi, interventi che sostengano il prezzo delle case hanno effetto limitato sulla domanda interna. 

Riassegnazioni o rassegnazione?

Il Libro verde rimane, come previsto, un pezzo di carta col colore della speranza. I tagli di spesa sono contenuti e, spesso, poco credibili. Nelle tabelle ministeriali, ad esempio, si parla di 750 milioni di risparmi derivanti da un miglioramento della gestione e manutenzione degli immobili. Di cosa si tratta e perché questi risparmi, politicamente non costosi, non sono stati fatti prima? Perché il Governo non rende pubbliche le proposte di spesa dei Ministri per mettere in luce da chi vengono le resistenze al contenimento della spesa? La voce più esoterica è comunque quella riferita ai risparmi, per quasi 2 miliardi, derivanti da “residui e riassegnazioni”. Sarebbe forse meglio parlare semplicemente di “rassegnazione” alla logica del tax push: le spese non si taglieranno mai.

La Risposta del Ministro Giulio Santagata

Gentile Redazione,

ieri, sul sito lavoce.info e ripreso dal quotidiano La Repubblica, Tito Boeri e Pietro Garibaldi hanno emesso una sentenza lapidaria sul disegno di legge finanziaria appena approvato dal Governo Prodi: la loro opinione è che il 2007, dal punto di vista del risanamento finanziario, rappresenta l’anno della grande occasione sprecata. Ma ne siamo certi?

Rispetto a poco più di un anno fa le finanze pubbliche italiane sono pienamente tornate sotto controllo. Dopo quattro anni consecutivi di sforamento dei parametri europei, nel 2007 il disavanzo pubblico è finalmente rientrato sotto la soglia del 3% del PIL, su un valore (2,4%) che risulta essere il migliore risultato da sette anni a questa parte. Anche più contenuto di quanto recentemente concordato in sede europea. L’avanzo primario – il saldo di bilancio al netto della spesa per interessi – praticamente annullato dal precedente Governo, risale al 2,5% del PIL. Il debito pubblico rispetto al PIL, dopo due anni di aumenti, riprende a calare. Quest’inversione di tendenza netta è frutto di un serio e costante lavoro di contrasto all’evasione fiscale e di un rinnovato controllo sulle spese. Certo, se non avessimo restituito ai cittadini più poveri parte dell’extra gettito o se avessimo limitato le spese per investimenti, i saldi per il 2007 potevano essere ancora migliori. Nella costruzione della manovra, però, abbiamo tenuto conto di una fase congiunturale che non consigliava un intervento di finanza pubblica orientato unicamente in senso restrittivo, della necessità di sostenere i redditi più bassi e di investire sul futuro concentrando più risorse sulle infrastrutture.

Boeri e Garibaldi valutano l’andamento delle spese in relazione al forte recupero di gettito fiscale e considerano realizzata la loro previsione che «le maggiori entrate avrebbero finito per legittimare nuove spese». Dalla tabella da loro riportata (sul sito www.lavoce.info) emerge chiaramente, invece, che nel 2007, a fronte di una pressione fiscale salita di 0,8 punti (a parità di aliquote e esclusivamente grazie al recupero di evasione), le spese correnti primarie sono rimaste immutate al 39,9% del PIL. Le maggiori entrate si sono tradotte in un aumento dell’avanzo primario: proprio come ogni buon libro di economia suggerirebbe.

Facciamo un passo indietro: nella scorsa legislatura la spesa corrente primaria è cresciuta inesorabilmente anno dopo anno dal 37,3% del 2000 al 39,9% del 2005. Ridurre progressivamente e soprattutto riqualificare le nostre spese pubbliche, rendendole più rispondenti alle esigenze di lavoratori, famiglie e imprese, costituisce un obiettivo centrale del Governo. Essere riusciti a fermare una dinamica di aumento insostenibile (e quasi incontrollata) delle spese è un primo risultato importante. E anche l’intervento sui residui passivi previsto dalla finanziaria – che affronta una delle questioni centrali della capacità di spesa effettiva delle amministrazioni, sottolineata dalla presenza nel bilancio pubblico di residui passivi per decine di miliardi di euro – comporta una riduzione strutturale dei volumi di spesa.

Secondo i due economisti, «se il provvedimento a favore delle famiglie più deboli può essere desiderabile e opportuno, è ipocrita classificarlo come riduzione di tasse». E perché mai regole contabili europee sistematicamente utilizzate in altri paesi dovrebbero non essere applicate all’Italia?

Per concludere: nella nuova finanziaria vi sono misure strutturali di semplificazione e razionalizzazione sul piano fiscale (riduzione delle aliquote Ires sulla base di un modello già sperimentato anche in Germania). Un autentico esempio delle tanto invocate riforme strutturali i cui effetti positivi sullo sviluppo saranno assai più chiari ed evidenti di quanto oggi possano ritenere Boeri e Garibaldi.

Giulio Santagata

Ministro per l’Attuazione del Programma

La Replica degli autori al Ministro

Il Ministro Giulio Santagata, nella sua garbata lettera a difesa della Legge finanziaria e della politica fiscale dell’esecutivo trascura un elemento fondamentale alla base della nostra analisi economica: la crescita. 

Maggior crescita significa più redditi da lavoro, più profitti d’impresa e più entrate fiscali, come testimoniato dall’eccezionale recupero dell’Ires nel 2007. La crescita, comune a molti paesi europei e non specifica all’Italia, insieme agli inasprimenti fiscali della finanziaria 2007, all’efficace lotta all’evasione e al trasferimento del Tfr all’Inps (che ha trasformato miracolosamente debito in entrate dello Stato) ha generato una crescita record delle entrate. Nel 2008 la pressione fiscale toccherà il livello record del 43%.  

Il Ministro sostiene che “le finanze pubbliche sono pienamente tornate sotto controllo”. Ma secondo la ricostruzione offerta da Banca d’Italia e Istat, al netto delle poste straordinarie, il disavanzo 2006 sarebbe stato del 2,5% mentre quello del 2007 è ora stimato al 2,4 percento. Quindi il risanamento dei conti pubblici operato nel 2007 consisterebbe di un aggiustamento di appena lo 0,1 per cento. Nonostante la crescita e l’extragettito. 

Il Ministro sostiene che “nella costruzione della manovra abbiamo tenuto conto di una fase congiunturale che non consigliava un intervento di finanza pubblica unicamente in senso restrittivo”. Ma alla luce del buon andamento dell’economia nel 2006-2007, si sarebbe dovuto fare un intervento di aggiustamento. La politica fiscale deve essere espansiva quando il ciclo va male e restrittiva quando le cose vanno bene. Lo si dice in tutti i manuali di macroeconomia del mondo Aver scelto di fare l’opposto rappresenta per il Paese una grande occasione sprecata. Troviamo peraltro singolare che il Ministro definisca “restrittivo” ciò che ogni buon capofamiglia fortemente indebitato farebbe trovandosi entrate superiori al previsto, vale a dire ridurre i propri debiti.

Il nuovo Patto di stabilità correttamente impone un aggiustamento più rapido nei periodi di maggior crescita. Le fasi di crescita sono ideali per fare le riforme sulla spesa, cosa di cui non riusciamo a trovare traccia nel nuovo disegno di legge Finanziaria. Quando il ciclo economico volgerà al peggio, e ve ne sono già le avvisaglie, i tesoretti spariranno e all’Italia resteranno, come previsto, più spesa e più deficit. Un film purtroppo già visto e più volte ricordato da Banca d’Italia, Commissione Europea e Fondo Monetario Internazionale.

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La risposta del Ministro Giulio Santagata

19 commenti

  1. Alessandro Sciamarelli

    Il problema non è il peggioramento dei conti pubblici, perchè l confronto corretto – a mio modesto avviso – va fatto tra il consuntivo 2007 del rapporto indeb.netto/Pil ed il consuntivo 2006, non il tendenziale 2007 previsto nel’aggiornamento del Dpef; quale che sarà effettivamente il consuntivo 2007, esso rimarrà ampiamente sotto il 3%. La sostanza è che i conti pubblici sono sensibilmente migliorati negli ultimi 2 anni, nonostante la spesa corrente non diminuisca. Il problema, e qui concordo, è che i denari del surplus fiscale dovevano andare a ridurre il debito pubblico (niente politiche pro-cicliche quando l’economia va bene, ci ricorda Bruxelles) e, in seconda battuta, a cose ben più utili che non alla riduzione dell’ICI. Sono anche d’accordo con Giavazzi che questo sia il momento adatto per elaborare una qualche forma di tassazione sui rendimenti da titoli di stato e capital gains. Fra l’altro quando la domanda di titoli pubblici cresce come in questo periodo di relativa turbolenza delle borse, i rendimenti a medio/lungo termine calano, con meno oneri per il servizio del debito e per le finanze pubbliche. Inoltre non va dimenticato che, per quanto in agosto le perdite degli indici di borsa nei paesi avanzati siano state abbastanza pesanti, se consideriamo il periodo post-2001 gli indici sono cresciuti talmente tanto da giustificare una correzione, restando comunque su livelli storici molto elevati. Purtroppo la linea che ha prevalso nel governo, di fronte ai sondaggi molto punitivi (a mio avviso un po’troppo), non è stata quella della Bindi che chiedeva correttamente risorse per le donne che lavorano (asili, conciliazione ecc.ecc.), con ciò agendo positivamente sull’offerta di lavoro, ma quella di coloro che, dentro l’esecutivo, credono sia più utile correre dietro ai populismi facili e all’agenda elettorale della destra. Che ha quasi vinto le elezioni promettendo l’abolizione dell’Ici tout court (senza spiegare come e soprattutto perchè) come un mago Otelma qualunque.

  2. Diego d'Andria

    Mi riferisco in particolare alla seguente affermazione: "In Italia non c’è una bolla immobiliare che sta scoppiando. E i consumi sono molto meno sensibili che altrove ai prezzi delle case. Quindi, interventi che sostengano il prezzo delle case hanno effetto limitato sulla domanda interna. " Posto che mi trovo d’accordo con tutto quanto esposto nell’articolo (e come si potrebbe dissentire dai numeri mostrati, unico parametro oggettivo di valutazione?), mi soffermo su questa considerazione: nell’attuale situazione italiana in cui la quota della spesa totale delle famiglie destinata alla casa ammonta al 31% (fonte ISTAT su dati del 2006), con una spesa media mensile di € 639 per l’abitazione cui si sommano le utenze per altri € 124, direi che il progetto di investimento in edilizia popolare può essere, potenzialmente, un ottimo metodo di sostegno dei redditi delle fasce più povere: per chi non ha una casa di proprietà, per i giovani precari che si trasferiscono nelle conurbazioni di Milano e Roma spendendo quote significative del (già magro) reddito per l’affitto, per coloro i quali vivono in immobili abusivamente occupati dove è pura utopia immaginare il rispetto di alcun genere di legalità (dalle mie parti, in Campania, la situazione è indescrivibile e non si limita certo alla "televisionata" Scampia). Sarà pur vero che "i consumi sono molto meno sensibili che altrove ai prezzi delle case", ma rimango favorevole all’edilizia popolare come strumento per alleggerire i costi a carico dei redditi inferiori, e quei 550 milioni previsti in Finanziaria (secondo quanto pubblicato dal Sole24Ore) mi sembrano soldi ben spesi, anche in un’ottica di sostegno della domanda interna (è sempre da vedere come saranno gestiti, ovviamente…). Voi cosa ne pensate?

  3. Giovanni

    Quello che non capisco è se con interventi mirati in direzione di base imponibile e aliquote si riesca veramente a ridurre la tassazione. Io penso che se fosse stato così semplice ridurre il peso fiscale allora sarebbe bastato mettere le aliquote al 28% anzichè al 33%, ma così pure Topolino poteva fare il ministro dell’economia. Se è necessario intervenire oltre che sulle aliquote anche sulla base imponibile evidentemente è necessario in un paese in difficoltà come il nostro. Ma la domanda che mi pongo è: sarà sufficiente a ridurre la tassazione? E’ testata l’efficacia di un simile intervento oppure devo dar ragione a chi pronuncia la classica fastidiosa frase "ci agevolano con una mano per rubarci con l’altra"?

  4. Ralph Feldberg

    Escludendo la farsa contabile del trattamento del TFR, il deficit è peggiorato in 2007 rispetto al 2006

  5. mario maceroni

    Preliminarmente occorre ricordare un aforisma di De Gasperi secondo il quale il politico guarda alle prossime elezioni, mentre lo statista guarda alle future generazioni. Ciò premesso, consegue come corollario che se non sono drasticamente ridotte le spese parassitarie, non tanto quelle della politica, quanto quelle della «parapolitica», ogni ragionamento di macroeconomia o di microeconomia diventa puramente accademico, ossia privo di effetto pratico. non mi sembra, infatti, che ci siano degli «statisti» in grado si aggredire siffatta spesa parassitaria di proliferazione di enti inutili e/o pletorici, di consulenti o presunti tali, per sopperire alle deficienze di centinaia e centinaia di migliaia di percettori di stipendi pubblici incapaci di svolgere qualsiasi tipo di funzione e mansione che assorbono quote inutili e dannose di spesa pubblica. Uno statista accorperebbe immediatamente tutti gli istituti previdenziali, per conseguire cospicue economie di scala; abolirebbe immediatmente tutte le inutili, costose e dannose Comunità montane; metterebbe immediatamente in cantiere la modifica della Costituzione per abolire rapidamente gli Enti Provincia che si sovrappongono con danno e costi smisurati alle Regioni, a una parte, e ai Comuni dall’altra; concentrerebbe in un unico Comune le costosissime funzioni comunali (=gli uffici) dei Comuni con pochi abitanti, magari secondo le modalità praticate nel Regno Unito. In definitiva concordo pienamente con gli autori sulla ormai indefettibile necessità ed urgenza di ridurre la spesa pubblica improduttiva se non addirittura dannosa.

  6. Carlo Turco

    A me sembra che Boeri e Garibaldi abbiano ragione nell’argomentare che si sarebbe potuto fare di più e meglio, sulla via d’una politica economica più rigorosa. Mi sembra però che abbiano torto nel disconoscere i miglioramenti che ci sono stati e, in particolare, nell’attribuire i miglioramenti verificatisi tutti e soltanto ad una sorta di "crescita" effettiva assunta come "variabile indipendente", quando in realtà almeno in parte questa crescita è dovuta a "emersione" da evasione e nero. Quello che è più stucchevole, in ogni caso, è che dei rilievi giusti e fondati vengano costantemente enunciati sotto titoli "ad effetto", secondo le peggiori abitudini mediatiche nostrane:nel fare "i conti" non sembra tenersi in alcun conto il contesto sociale e politico i cui essi si calano. L’effetto complessivo – e decisamente controproducente – è quello di una certa astrattezza, non priva di elementi di faziosità, se non di parte, quanto meno "accademica". Mentre dalla "Voce" ci si aspetta – nell’alveo della sua migliore tradizione – concretezza e sobrietà.

  7. opla

    Professore, in riferimento all’accenno che ha fato sulla legge finanziaria 2oo7, mi sto chiedendo come dare fiducia nell’Italia agli investitori(avendo fatto caso che i dividenti e sicuramente anche les tasse sul capital gain in caso di dismissione stanno per passare al 20% si o no? si ciò!). Sono rimasto colpito della sua argomentazione in rilevo al risanamento del debito pubblico, senza per tanto dare peso al shock delle generazioni. Insomma…Se les imposte sulla produzione diminuiscono e aumentano quelle dei strumenti finanziari quotati (“comunitari”) mi sembra paradossale il fato che ci possa essere un beneficio visto che la tendenza è orientata verso la sfugga alla Valentino Rossi. Credo di intendere che stiamo per prendere la strada a lungo termine come il Giappone. E’ forse è meglio così se vogliamo affermare la qualità made in Italy, e consente anche di dare un ambiente proficuo per R&S, e magari accaparrandosi le invenzioni e tenendocele, concorrendo nel "settore" del capitale intellettuale". Ma la scommessa è rischiosa se emigrano le persone (?welfare) e le imprese oltre alle fortune mentre immigrano prodotti e lavoratori a basso costo. Va bene che con la riforma del TFR qualcosa possa attenuare l’avversione nei confronti di controparte ma come la mettiamo con i rischi di mercato? La lotta all’evasione, e in misura minore il controllo dell’inflazione aiutano se l’Italia riesce a comunicarlo e dar loro credibilità a livello internazionale. Dopodiché siamo campioni del mondo, allora pensate se giocassimo in casa, in difesa fino ai rigori.

  8. antonio petrina

    Non avendo utilizzata la riduzione effettiva del risanamento, poi paradossalmente questa riduzione la si opera nei contratti del pubblico impiego senza rispettare i patti ovvero rinnovari i contratti da tempo ormai scaduti come quello dei segretari comunali ( scaduto dal 2001): è anche questa una riduzione ad investire nel futuro della p.a. e della risorsa principale (gli uomini) nonostante i proclami del ministro Santagata di renderla efficiente !

  9. Luca Melindo

    Ridurre le tasse si pùò ad una sola condizione: che si riduca la spesa. Ma ridurre la spesa significa, affinché la riduzione sia reale e significativa, ridurre l’abnorme numero di pubblici dipendenti improduttivi e tagliare drasticamente le prestazioni previdenziali in favore di tutti coloro che in vita loro hanno versato contributi molto bassi se non addiriturra nulli. Non dimentichiamoci, infatti, che le imposte (e i contributi…) che si pagano, servono, in larga misura, per pagare stipendi alla PA e pensioni (a tutti gli ex dipendenti, pubblici e privati). Ora, sostenere che per pagare meno (individualmente) si deve allargare la base imponibile (cioè devono pagare tutti) significa, indirettamente, affermare che NON si intende ridurre il livello (in valore assoluto) di spesa pubblica. E la dimostrazione più evidente è data dalla proposta di destinazione del tesoretto, che non viene restituito a chi le tasse le ha pagate (sotto forma di riduzione delle aliquote marginali) ma speso….

  10. David De Ranieri

    Dopo i sinceri e dovuti complimenti fin dall’inzio per il rigore e la chiarezza dell’articolo che affronta la dilapidazione del surplus fiscale 2007 nell’ultima finanziaria, tuttavia mi permetto di esprimere alcune perplessità. 1) Ogni finanziaria non può essere giudicata solo tramite visione economica, ma, essendo anche uno "strumento politico, anche col metro del consenso (segnalo che l’impatto di una finanziaria sul "clima" degli attori sociali ed economici muove l’umore delle aspettative e quindi la fiducia degli operatori); il consenso non sia gestito con demagogia (pensando alle prossime elezione), ma con lungimaranza della classe dirigente (pensando alle prossime genrazioni); 2) detto ciò, colgo a livello anche linguistico un accanimento eccessivo nei confronti della finanziaria; giustamente altri commenti e lo stesso Santagata ricordano che dal 2001 al 2005 si è fatto quanto di peggio degli ultimi 20 anni; il deficit (notizia di ieri) è in miglioramento, così come il debito pubblico l’avanzo primario l’inflazione e le entrate; sulla spesa c’è ancora molto da fare, vero, ma più in qualità che quantità. Attendo comunque un suggerimento di quanti e quali miliardi di euro in una finanziaria (non in una riforma di lungo periodo, come può essere per le pensioni o la sanità) si possano tagliare (in sostanza: trovatemi 20/30 md di €) 3) alcuni provvedimenti direi di vederli all’opera prima di strocarli: esempio la riduzione IRES (che Confindustria ha accolto bene). 4) politica della casa: dopo anni in finanziaria si ritorna a fare politica sulla casa. Che è la voce di spesa più pazzesca per noi in Italia (mutui compresi). Posto che concordo che taglio ICI (e io sono proprietario…) in sè non mi fa impazzire, va anche detto che ICI è la tassa più odiata di Italia (io ne ho presenti di peggiori…); io semmai avrei inserito la detrazione sugli affitti più ampia e la tassazione unica al 20% sui canoni incassati. La strada maestra è l’edilizia popolare, ma è un intervento di lungo…. 5) Rendite: termine un po’ confuso…la maggior parte è data da interessi sui C/C (now al 27%). Un’omogeneizzazione al 20% di tutte le rendite comportrebbe 400 ml di € di aggravio. Ammesso che si inseriscono gli affitti…(ora in gran parte in nero).

  11. maurizio sbrana

    Se è vero, come è vero, che in Italia l’evasione fiscale è ai record europei, è più che evidente che, per ragioni esclusivamente matematiche, nel caso che lo Stato riesca (o meglio: ‘decida’) a scovare chi per decenni (!) ha fatto il ‘furbo’, l’incremento dei tributi pagati produca una maggiore pressione fiscale. Ma è proprio a quel punto che lo Stato potrà e dovrà abbassare le aliquote, diminuendo pertanto la pressione… Si può discutere quanto si vuole: sono decenni che lo si fa. Ma il male maggiore dell’Italia ha un solo nome: ‘evasione fiscale’. Tutti lo sanno, ma chi può fare qualcosa (destra o centro o sinistra, nè prima, nè ora), non ha stranamente interesse a fare dell’Italia un Paese ‘moderno’! E ciò è un vero peccato, perchè avere un Paese moderno sarebbe poi di vantaggio per tutti noi!

  12. Rosalia Toller

    Anch’io concordo sul fatto che la crescita grazie alla quale si sarebbero migliorati i conti pubblici va analizzata attentamente. Non bastano i numeri, bisogna individuarne la fonte e capire ne abbiano beneficiato i vari segmenti dell’economia;mi sembra che esistano situazioni diffuse nelle quali il clima della crescita non ha influito granchè. Dopodichè mi sembra esagerato parlare di manovra prociclica: una buona parte degli interventi di spesa è a carattere redistributivo e va incontro- tra l’altro in misura insufficiente a mio avviso- alla non più rinviabile emergenza povertà. Dobbiamo ricordarci che, a dispetto della "crescita" ci sono in Italia 12 milioni di persone sotto la soglia della povertà e che i redditi medi di buona parte dei lavoratori dipendenti si aggirano attorno ai 1100 euro mensili. Non credo che economisti come Boeri siano particolarmente propensi a proporre aumenti salariali che gravino sulle imprese. E allora a chi spetta l’onere avvicinare gli standard di vita a livelli- almeno alla lontana- dignitosi, se non alle politiche governative? La riduzione delle imposte era richiesta a gran voce da molti operatori economici e commentatori autorevoli, che dovrebbero ammettere che pure questa è una misura in sè prociclica e spiegare perchè il bilancio dello stato deve essere risanato sempre e comunque a colpi di riduzioni di spesa.Altre questioni sono la riqualificazione della spesa e la riduzione delle aree di spreco, sulle quali concordo che non sembra volersi fare granchè; quello richiederebbe oltre che interventi in finanziaria ,corpose riforme di sistema sulle quali anche questo governo nicchia.

  13. Paolo Grassi

    Concordo con gli autori che il gettito e’ aumentato soprattutto grazie alla crescita piu’ che per il recupero dell’evasione fiscale. Ricordate il sogno di Giuseppe, quello delle vacche magre che mangiavano quelle grasse? Bene, le vacche magre stanno arrivando di corsa. I segnali sono sempre piu’ forti e preoccupanti e presto saranno ufficializzati. Manca liquidita’ e le aziende sotto-capitalizzate non stanno pagando i fornitori con tutto quel che ne consegue. L’aver favorito la finanza a discapito del lavoro, non solo nel nostro Paese, ha ridotto la voglia di fare impresa. Troppe aziende sane sono passate nelle mani dei fondi i quali, si preoccupano soltanto di creare un incremento di valore piu’ sulla carta che nella sostanza. Poi si vende l’impresa impoverita. Credo che la scelta di ridurre le imposte sui redditi delle imprese sia sostanzialmente giusto anche se in ritardo di anni. Non condivisibile la riduzione dell’ICI decisa a livello centrale. I Comuni e solo loro devono poter decidere in merito. Gli enti locali devono avere la loro imposta e si deve proibire allo Stato di ripianare i debiti che essi contraggono. Ripianare, ad esempio, i debiti delle Regioni con il "prestito trentennale" e’ sbagliato. Le regioni taglino altre spese e facciano quadrare i conti. Gli amministratori devono essere chiamati a rispondere civilmente di cio’ che fanno. Diversamente, il gioco a "chi spende di piu’" e far credere di essere bravi amministratori per farsi rieleggere, non finira’ mai. Se gli enti locali non sono in grado di pagare i debiti diamo loro la possibilita’ anche di licenizare se serve. Altrimenti, il Tribunale dichiari il "fallimento" dell’ente. Il federalismo fiscale non e’ ancora partito ma senza responsabilita’ precise, sara’ la morte non solo delle regioni ma del Paese.

  14. luigi zoppoli

    Non suoni giustifica ma finanziaria e pacchetto welfare sono ovviamente correlabili all’entità della maggioranza ed alla sua composizione. Personalmente ciò che più mi sgomenta sono i 10 miliardi in 3 anni derivanti dall’abolizione dello scalone. E’ uno dei peggiori esempi di protezione di una corporazione, che beneficia 200.000 persone (se non erro) alla faccia di altri 59.800.000.. E’ una linea di incapace irresponsabilità politica alla quale si è tranquillamente adagiato anche il precedente governo ad onta della sua maggioranza bulgara. Adesso qualche politico anche dell’opposizione,per motivare "nobilmente" indisponibilità a toccare la spesa pubblica afferma che non è tanto l’ammontare della spesa quanto la qualità che va migliorata. Ed è una plateale, sordida menzogna che chiarisce senza alcun dubbio quale sia l’atteggiamento dei politici in argomento.

  15. cumino

    Boeri, Garibaldi, Alesina, Giavazzi etc. Io li leggo volentieri, e ne condivido quasi sempre gli assunti. Ma una cosa, serenamente, non capisco. Una buona parte degli articoli sono una critica costante da molti anni a questa parte, che a ben vedere ha questo denominatore comune: sui temi di politica economica, e sociale, sui temi del lavoro, sui temi costituzionali, e in sintesi su tutto ciò che configura uno stato moderno la sinistra è eternamente indietro culturalmente. Questo il problema da voi puntualmente e ripetutamente segnalato. Soluzione: aspettiamo che la sinistra un bel dì colmi questo gap. Di cambiare, naturalmente, non se ne parla.

  16. Congedi Matteo

    Se dobbiamo pensare dal punto di vista economico e non "POLITICO", il tesoretto sarebbe stato utile utilizzarlo per ridurre quella palla al piede che ci portiamo ormai da decenni "ovvero il debito pubblico"; condizione inevitabile se vogliamo far accrescere gli investimenti nel nostro paese, che ormai sta perdendo di credibilità ora dopo ora.Purtroppo però il nostro governo non essendo un governo stabile, subbisce le pressioni della sinistra più estrema che tendenzialmente non è propensa a prendere decisioni impopolari!

  17. Marcello

    Nella risposta degli autori mi ha sorpreso il trito richiamo a ciò che il solito buon padre di famiglia "fortemente indebitato farebbe trovandosi entrate superiori al previsto, vale a dire ridurre i propri debiti." In questo caso il buon padre di famiglia non ha solo debiti ma cento altri problemi altrettanto pressanti e giustamente cerca di distribuire l’extra gettito per attenuarne più di uno nei limiti dell’urgenza e dell’efficacia per migliorare il futuro della sua gestione economica. E’ facile fare come per esempio il Draghi che un giorno dice che bisogna abbassare le tasse, il giorno dopo ridurre il debito, e oggi aumentare i salari. O sono tutti in malafede o come dicono a Roma "ci fanno". Il governo o il buon padre di famiglia devono fare tutte la cose necessarie senza finire sotto i ponti.

  18. Lorenzo Catraro

    Sono convinto che la priorità sia la riduzione del debito pubblico, ma come riuscire a farla diventare il problema nazionale perché né destra né sinistra lo vedono così? Credo occorre creare una coscienza: ma come ? Parlare alle tasche degli Italiani. La domanda quindi che Le pongo è: quanto costa ad ogni cittadino in base al reddito, il maggior debito pubblico dell’Italia rispetto alla media Europea? Quanto pesa sul costo del lavoro il debito pubblico e quindi riducendolo potremmo dire ad un lavoratore se il debito fosse 70% il tuo stipendio aumenterebbe di tot Euro. Quanto si abbasserebbero i prezzi dei beni se fossero gravati da meno tasse? Questi dati sono la base per la costruzione di una politica di condivisione, che non sarebbe comunque facile perché quanti vivono grazie ad un debito così alto: PA, enti terzi, contributi alle aziende ecc.? Insomma quanti dovrebbero cambiare lavoro e quanti avrebbero un reddito da debito più basso? Se potesse fornirmi questi dati gliene sarei grato, perché leggo attentamente i suoi articoli che apprezzo e condivido, ma farli fare propri alle persone normali occorre una traduzione “economica”

  19. Aldo Fava

    Il famoso tesoretto è frutto di una buona attività degli addetti alla riscossione delle tasse. Si comincia ad usufruire dei beni confiscati alla mafia , effetto di un buon lavoro della polizia e carabinieri. Il mancato controllo degli speculatori delle varie filiere si traduce in perdita del potere d’acquisto e logoramento dei salari. Allora, è da ingenui ritenere che il tesoretto sia stato polverizzato in interventi a pioggia ingoiati da un sistema che ingoia tutto e che la cosa più saggia sarebbe stata investire quei soldi nei controlli delle filiere, nel rafforzare l’attività della Finanza, nel liberare le forze produttive del Paese dal controllo della malavita e nel finanziare e introdurre meritocrazia nell’ambito della Giustizia e dell’amministrazione pubblica ?

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