Di una nuova legge elettorale si parla fin dall’inizio della legislatura. Guardando per lo più a Germania, Francia e Spagna. Limitarsi a importare nel nostro paese un modello senza le adeguate correzioni istituzionali potrebbe non garantire gli effetti desiderati in termini di stabilità, semplificazione e governabilità. In più, bisogna fare attenzione ai dettagli che possono rendere più o meno efficace l’intero sistema. Come dimostra il caso del nostro premio di maggioranza. Alleghiamo il documento della proposta elaborata dal costituzionalista Salvatore Vassallo con la collaborazione di Stefano Ceccanti e Alessandro Chiaramonte.
Di una nuova legge elettorale si discute, più o meno vivacemente, fin dall’inizio della legislatura. La discussione si è riaccesa proprio in questi giorni a seguito della proposta di Veltroni (elaborata da Salvatore Vassallo), che ingloba e personalizza elementi di diversi sistemi elettorali (quello spagnolo e quello tedesco). Senza entrare nel dettaglio delle posizioni dei singoli partiti, presentiamo brevemente i modelli più spesso citati – tedesco, francese e spagnolo – per cercare di capirne il reale funzionamento e i possibili effetti.
Sistema tedesco
La legge elettorale tedesca per il Busdestag(1) è spesso presentata come una legge proporzionale pura, corretta con la previsione di unasoglia di sbarramento al 5 per cento.
In realtà, il sistema tedesco prevede l’assegnazione del 50 per cento dei seggi con legge proporzionale su lista bloccata per ogni stato (Länder) e il rimanente 50 per cento con maggioritario puro in collegi uninominali nei quali ogni Länder è suddiviso. Ciononostante, è lecito parlare di proporzionale puro in quanto il numero dei seggi in parlamento che spettano a ciascun partito è sostanzialmente determinato dal risultato nella parte proporzionale. Per spiegare il meccanismo, può essere utile un esempio. Se un Länder ha diritto, in base alla sua popolazione, a 100 deputati, allora sarà diviso in 50 collegi uninominali: i 50 vincitori nei collegi diventano membri del parlamento, mentre gli altri 50 arriveranno dalle liste regionali proporzionali. Se un partito ottiene il 40 per cento dei suffragi a livello nazionale su base proporzionale, allora questo partito ha diritto a 40 deputati eletti in quella regione. Se il partito vince in meno di 40 collegi uninominali, riempie i posti rimanenti con i primi della lista proporzionale in quella regione. Se il partito vince in più di 40 collegi uninominali, allora i posti in più non sono persi, ma si aggiungono al numero dei parlamentari. La dimensione della camera è quindi variabile. Come ci si aspetterebbe da un sistema proporzionale puro, le alleanze vengono definiteex post e possono essere eterogenee. Il risultato delle ultime elezioni in Germania ha costretto il partito vincitore, i cristiano democratici della Cdu, a una "Große Koalition" con il secondo partito, i socialisti della Spd. La stabilità dei governi, più che dalla legge elettorale, è garantita dalla clausola della "sfiducia costruttiva", secondo cui il parlamento può sfiduciare il cancelliere solo se contemporaneamente ne nomina uno nuovo.
Va però sottolineato che chi in Italia sostiene questo sistema elettorale ha probabilmente in mente un proporzionale con sbarramento per il 100 per cento dei seggi, non permettendo la nostra Costituzione un numero di deputati variabile.
Sistema francese
Il sistema francese è invece un tipico maggioritario a doppio turno. I candidati al parlamento concorrono in collegi uninominali al primo e se nessuno raggiunge la maggioranza assoluta, concorrono ancora al secondo turno. L’accesso al secondo turno è limitato però ai soli candidati che hanno raggiunto una soglia minima di voti, pari a un ottavo degli aventi diritto al voto. Risulta vincitore chi ottiene la maggioranza relativa. Questo sistema elettorale favorisce nettamente i partiti maggiori e, in misura minore, quelli fortemente concentrati su un territorio. Anche se un partito minore riuscisse ad arrivare al secondo turno, i suoi elettori meno affezionati e più strategici potrebbero decidere di votare comunque il meno peggio dei partiti maggiori concorrenti. In alternativa, un candidato debole potrebbe "desistere" e appoggiare esplicitamente uno più forte. La conseguente riduzione del numero dei partiti favorisce la stabilità e la semplificazione del sistema, a scapito tuttavia della sua rappresentatività. Spesso però chi in Italia propone il modello francese lo fa comprendendo anche l’elezione diretta del presidente della Repubblica , che in Francia avviene in maniera simile, ma non uguale a quella dei singoli membri del parlamento. Il sistema francese è una repubblica semipresidenziale, dove il potere esecutivo appartiene in parte al presidente della Repubblica, in particolare sulla politica estera, e in parte al primo ministro. Il presidente viene eletto direttamente dalla popolazione e ha il potere di scegliere primo ministro e ministri e di sciogliere la camera bassa del Parlamento (Assemblea nazionale). Ciononostante, il governo necessita del voto di fiducia dell’Assemblea nazionale. È evidente che il potere di controllo politico del presidente sarà maggiore quando la maggioranza parlamentare è espressione della sua stessa parte politica, mentre sarà minore nei casi di coabitazione.
Sistema spagnolo
Il sistema vigente in Spagna può essere definito come unoproporzionale con effetti maggioritari.(2)
Per prima cosa, il sistema prevede una ripartizione dei seggi proporzionale non su base nazionale, ma all’interno dellesingole circoscrizioni, che corrispondono alle 52 province del paese. Ogni provincia ha diritto a un numero minimo di deputati (due), mentre il restante dipende dal numero di abitanti della provincia stessa. Questa garanzia porta asovrarappresentare alcune piccole province rispetto a quelle più grandi. Gli effetti principali sono due: da un lato sono premiati i partiti diffusi e forti su tutto il territorio, capaci di ottenere molti voti in ogni circoscrizione. Dall’altro, vengono premiate anche le forze locali, che possono ottenere rappresentanza almeno nelle loro province. Inoltre, è prevista una soglia di sbarramento fissata al 3 per cento su base provinciale. Infine, la ripartizione dei seggi avviene con metodo D’Hondt, che premia le forze con un maggior numero di voti. (3)
L’effetto più rilevante è che molti partiti minori, pur superando la soglia di sbarramento de iure del 3 per cento, non hanno de facto abbastanza voti per partecipare alla ripartizione dei seggi. La stabilità dei governi spagnoli, evidente soprattutto negli ultimi anni, deve però molto anche a caratteristiche istituzionali, quali il potere del capo di governo di scegliere i ministri e di sciogliere le camere , la "sfiducia costruttiva" e le liste bloccate, che favoriscono la disciplina di partito. La coesistenza di norme di questo tipo ben rappresenta la storica avversione all’instabilità dei costituenti spagnoli. Nei fatti, la sfiducia costruttiva non è stata quasi mai utilizzata e, in ogni caso, potrebbe essere facilmente aggirata dal premier attraverso il previo scioglimento della camera. L’effetto sul sistema partitico spagnolo è stato quello di un sostanziale bipartitismo, con i popolari del Pp e i socialisti del Psoe.
Attenzione ai dettagli
Abbiamo visto che a leggi elettorali diverse corrispondono spesso scelte istituzionali diverse. "Importare" semplicemente una legge elettorale senza adeguate correzioni istituzionali potrebbe non garantire gli effetti desiderati in termini di stabilità, semplificazione, governabilità. In secondo luogo, alcuni dettagli possono rendere una legge elettorale più o meno efficace. Basti pensare al caso italiano: le leggi elettorali per Camera e Senato sono identiche nella filosofia – proporzionale con premio di maggioranza -, ma hanno avuto effetti diametralmente opposti nelle due camere. Semplicemente perché il premio di maggioranzaviene assegnato su base nazionale alla Camera e su base regionale al Senato.
(1) È la camera rappresentativa. La seconda camera, il Consiglio federale o Bundesrat, è invece composta da membri delegati direttamente dai governi dei Länder e ha funzioni specifiche. Il sistema tedesco è dunque bicamerale ma non "perfetto" come quello italiano.
(2) Anche in questo caso ci riferiamo alla legge elettorale per la camera bassa. Per il senato, ogni provincia ha diritto a quattro seggi, il sistema è maggioritario con garanzie per le minoranze e l’elettore può scegliere fino a tre nomi tra i candidati. Infine, alcuni senatori sono direttamente nominati dalle comunità autonome.
(3) In base al metodo D’Hondt, il numero di voti ottenuti dai singoli partiti viene diviso per 1, 2, 3,n, dove n indica il numero di seggi in palio in ogni circoscrizione. A questo punto, si ordinano i risultati ottenuti in ordine decrescente e si assegna un seggio ciascuno ai primi n risultati della lista.
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Mauro Venier
Al di là di quale sistema sia il più giusto e/o il più funzionante, era ora che qualcuno cercasse di descrivere i sistemi "altri" in maniera chiara e precisa, visto che sia i cosiddetti esperti che i semplici cittadini al riguardo si riempiono la bocca di cose di cui non sanno nulla. L’esempio migliore? Un paio di anni fa in un articolo sul Corriere della Sera il cosiddetto "costituzionalista" Giovanni Sartori lodava i sistemi tedesco e britannico definendoli "sistemi monopartitici". A parte il fatto che un sistema monopartitico non può essere democratico… in Germania sono addirittura stati quasi inesistenti i casi di "governo monopartitico"… Dio ci scampi e liberi da certi autoproclamati esperti… e ben venga invece la chiarezza de "La Voce". Saluti, Mauro Venier.
Massimo Morelli
I cittadini si sentono poco rappresentati dalla classe politica di oggi? Crisi della politica? A mio giudizio la ragione istituzionale principale e’ nelle liste chiuse, vale a dire nell’impossibilita’ per i cittadini di decidere direttamente i propri rappresentanti. Nel sistema proporzionale a liste chiuse ciascun partito propone una lista di x candidati per ogni circoscrizione di x seggi; se tale partito ottiene una frazione diciamo pari a un terzo dei seggi, solo un terzo della lista ovviamente puo’ essere eletto, e la lista chiusa prevede che tale terzo sia composto dai primi nella lista, nell’ordine stabilito al momento della creazione della lista. Quindi in realta’ i cittadini votano per una lista il cui ordine e’ cruciale, ed e’ deciso dal vertice del partito. Ci vogliono liste aperte, vale a dire liste all’interno delle quali l’ordine che conta e’ l’ordine delle preferenze ricevute dai candidati in lista, non l’ordine iniziale stabilito a monte. In questo sistema l’elettore puo’ punire col non voto un candidato che ha avuto comportamenti inappropriati in passato, e puo’ quindi eliminarlo anche se per caso il partito lo mettesse in prima posizione nella lista. La proposta di Veltroni di un proporzionale con sbarramento implicito dovuto alla dimensione delle circoscrizioni puo’ essere condiviso, ammesso pero’ che si eliminino le liste chiuse, comavviene in Belgio. Se le liste aperte saranno un cavallo di battaglia del PD, coerentemente con la sua impostazione generale di apertura e partecipazione, allora la proposta avra’ successo politico. Altrimenti il popolo della partecipazione del 14 ottobre avra’ ragione a sentirsi parzialmente tradito. In conclusione, quanto a rappresentanza non conta tanto se scegliamo un sistema proporzionale piu’ simile al tedesco o allo spagnolo, perche’ in realta’ sono entrambi inferiori al sistema belga o a qualsiasi altro sistema con liste aperte. Quanto a stabilita’ di governo, sono invece perfettamente daccordo con Balduzzi che essa e’ principalmente dovuta ad altri elementi della configurazione istituzionale, e non al sistema elettorale.
Tommaso reggiani
Finalmente c’è chi scrive di questi argomenti in modo chiaro!
Veramente un articolo molto utile:pur essendo impegnato un pochino in politica, questo argomento mi rimaneva assai oscuro; questa semplice e snella analisi, mi ha finalmente chiarito le idee. Grazie!
Francesco Iannello
La proposta elaborata da Salvatore Vassallo (politologo), con l’ausilio di un bravo ed esperto costituzionalista (Stefano Ceccanti) e di un brillante politologo (Alessandro Chiaramonte), ha il pregio di essere chiara e trasparente e sufficientemente equilibrata. Essa sembra essere, come il sistema tedesco del ’49, il frutto di un compromesso; in virtù dell’improbabile approvazione in Parlamento sia del modello tedesco sia del modello spagnolo, si é scelto di perseguire la strada di un modello misto. Infatti i sostenitori del proporzionale che guardano con interesse a Berlino salutano con soddisfazione l’eliminazione del premio di maggioranza e il ritorno ad un proporzionale che ha molti elementi . D’altra parte i fautori del maggioritario sono impauriti da un ritorno al proporzionale puro e di conseguenza sostengono che ciò equivalga ad un ritorno alla Prima Repubblica; ma essi possono essere convinti del contrario guardando ad un elemento fondamentale che Ceccanti, Chiaramonte e Vassallo propongono: il restringimento delle circoscrizioni (che in Spagna sono molto piccole). Infatti tanto più si restringe la circoscrizione tanto più il modello acquista una connotazione maggioritaria che tende a sovrarappresentare i partiti più grandi; inoltre i dovrebbero accogliere con entusiasmo il ritorno ai collegi uninominali. In questo modo il sistema partitico può contenere vari partiti ma sempre in un’ottica di e la dinamica bipolare potrà essere mantenuta. Un altro elemento importante é la rappresentatività che possono ottenere i partiti piccoli ma fortemente radicati sul territorio. Questa proposta può, quindi, soddisfare la governabilità, la rappresentatività dei partiti in Parlamento e la riduzione della frammentazione del sistema partitico. Il punto cruciale di questa bozza sarà quello di determinare la percentuale della soglia implicita dovuta al restringimento delle circoscrizioni. Salvatore Vassallo ha già saggiamente affermato la di questo modello nel senso che dovrà essere esposto a piccoli cambiamenti per non correre il rischio di snaturalizzarlo e di perdere cosi le virtù che lo contraddistinguono. Un ultima cosa: un invito agli elettori (compreso il sottoscritto); il sistema può apparentemente apparire un marchingegno complesso ma all’elettore viene chiesto solo un voto (come per il sistema tedesco del ’49 e come al Senato con il Mattarellum) che vale sia per l’assegnazione dei seggi dei collegi uninominali sia per quelli delle lista in ambito circoscrizionale. Pertanto considero questo sistema un possibile punto di partenza per dar fine a questa infinita transizione del nostro sistema politico. Auguro buon lavoro al Pd e al trio Vassallo- Ceccanti- Chiaramonte.
luca de Vecchi
Ho fatto qualche simulazione applicativa del modello proposto da Vassallo e ne ho ricavato alcune considerazioni interessanti. Come ad esempio che il numero di seggi per circoscrizione più vantaggiosa per il Partito Democratico è 14 (esattamente il numero medio di seggi della proposta). Mi sono poi reso conto del fatto che i partiti mediopiccoli (udc, rifondazione…) non hanno alcun serio incentivo ad aggregarsi ad altri più piccoli, nel caso in cui già superino lo sbarramento: per arrivare a raddoppiare il numero di seggi assegnati dovrebbero infatti più che raddoppiare il numero di voti, e questo, aggregando partiti più piccoli, è caso piuttosto complicato. I partiti grandi godono di un premio dimensionale consistente che peraltro li incentiva ad allargarsi ulteriormente ad altre forze vicine, e incentiva l’elettore a votarli per un meccanismo (che ben funziona in germania o in spagna) di automatica convergenza sulle forze ad ambizione maggioritaria. Questo effetto è ottenuto anche dalla salutare mancanza del premio di maggioranza. Il fatto è che dalle simulazioni risulta con ogni evidenza che l’uso delle "liste bloccate" è evento quantomai raro, almeno nel nostro assetto politico. Per accedervi (avendo quindi esaurito i candidati di collegio) un partito dovrebbe superare il 48% dei voti da solo. Si tratta quindi solo di una "riserva" quasi sempre inutilizzata?