Previste dalla Finanziaria per il 2008, le Zone franche urbane possono essere istituite in tutto il territorio nazionale, in aree urbane con non più di 30mila abitanti. Comportano una serie di sgravi fiscali e agevolazioni per le piccole e micro-imprese. Perché abbiano successo è necessario che gli stanziamenti abbiano un orizzonte temporale pluriennale. I criteri di individuazione devono essere trasparenti e basati su indicatori oggettivi di degrado urbano. Per la valutazione della loro efficacia serve un impegno alla raccolta di informazioni.
Nel disegno di Legge finanziaria 2008, il governo ha proposto la creazione delle Zone franche urbane (Zfu). L’articolo 124 indica, nelle finalità dello strumento, gli obiettivi di “contrastare fenomeni di esclusione sociale negli spazi urbani e favorire l’integrazione sociale e culturale delle popolazioni abitanti in circoscrizioni o quartieri delle città caratterizzati da degrado urbano e sociale”. Per quanto le città e le aree metropolitane del nostro paese siano da tempo caratterizzate da fenomeni di esclusione sociale, l’introduzione delle Zfu rappresenta una novità nel panorama degli aiuti alle aree depresse. (1) E può rappresentare un’occasione per compiere un salto di qualità nelle politiche di incentivazione. Sarebbe opportuno che non andasse sprecata.
Le Zfu
Secondo il disegno di legge, le Zfu possono essere istituite in tutto il territorio nazionale, in porzioni di aree urbane con non più di 30mila abitanti. L’intervento si concretizza in una serie di sgravi fiscali e agevolazioni per le piccole e micro-imprese che hanno, o iniziano, la propria attività nelle Zfu. L’esenzione è totale per i primi cinque anni e comprende le imposte sui redditi, l’Irap, l’Ici sugli immobili commerciali e l’esenzione dal versamento sui contributi da lavoro dipendente. Dopo questo periodo iniziale, vi sono altri quattro anni di esenzione parziale, per garantire un ritorno graduale alla fiscalità regolare.
L’esperienza francese
In Francia, le “Zones Franches Urbaine” sono ottantacinque, di cui quarantaquattro partite nel 1997 e quarantuno attivate nel 2003. La loro esperienza ha rappresentato un esempio per il governo italiano. Che sembra confidare proprio in un disegno regolamentativo simile a quello previsto oltralpe per facilitare l’esito positivo del vaglio della Commissione europea. L’aver riprodotto lo schema francese con questa unica finalità può presentare, però, due difficoltà. In primo luogo, non è detto che un programma che funziona nelle periferie parigine funzioni pure in quelle napoletane o palermitane. E per la verità, poco si sa se le Zfu francesi funzionino o meno: non esistono, infatti, allo stato attuale, valutazioni consolidate dei loro effetti. (2)
Le valutazioni
Politiche simili alle Zfu sono state tuttavia adottate anche in altri paesi. Per alcune, fortunatamente, sono state compiute analisi di valutazione. Già da alcuni decenni esistono le “Enterprise Zones” (Ez) statunitensi che, come per le nasciture Zfu, prevedono un meccanismo di incentivazione basato su sgravi fiscali per la localizzazione di attività produttive. (3) Va detto che l’evidenza empirica finora disponibile per le Ez non è particolarmente incoraggiante. Gli studi più autorevoli dimostrano che l’impatto delle incentivazioni sulla crescita dell’occupazione è stato praticamente nullo. (4)
Due sono le difficoltà principali. In primo luogo, poiché gli sgravi fiscali sono diretti solo ad alcune categorie di imprese, l’aumento dell’occupazione delle imprese agevolate viene per lo più controbilanciata dalla riduzione di quelle non agevolate. In secondo luogo, più che favorire nuova occupazione, gli sgravi fiscali incentivano lo spostamento delle attività produttive dalle zone limitrofe non incentivate alle Ez.
Tre mosse
Non è detto, però, che quello che non ha funzionato negli States, non possa invece funzionare a Secondigliano o a Brancaccio. (5) Se si vogliono sperimentare con successo le Zfu, vi sono tre mosse, tre cose da fare, che ci sembrano davvero imprescindibili.
1) Le decisioni di investimento hanno un orizzonte temporale pluriennale. Se si vuole incentivare la creazione di impresa con le Zfu vi deve essere la certezza che queste restino in vigore per un numero congruo di anni. Il periodo di esenzione attualmente previsto, di nove anni, appare ragionevole. Gli stanziamenti tuttavia non mantengono le promesse. Le risorse, attualmente pari a 50 milioni di euro (per il complesso delle Zfu), sono stanziate solo per gli anni 2008 e 2009. Sarà compito cioè delle future Finanziarie, quindi dei futuri governi, stabilire i contributi per il periodo 2010-2017. In questo scenario è difficile che le Zfu vengano percepite come durature.
2) I criteri di individuazione delle Zfu devono essere trasparenti e basati suindicatori oggettivi di degrado urbano.Sarebbe auspicabile che il ministero dello Sviluppo economico fornisse l’indicazione delle aree urbane eleggibili, assieme a quelle già individuate come Zfu. Basarsi su indicatori oggettivi permette di limitare le distorsioni indotte dagli interessi politici locali. Facilita inoltre l’attività di valutazione.
3) Le Zfu rappresentano porzioni di territorio più piccole dei comuni di cui fanno parte, ma l’attività di valutazione – necessaria per capire se l’intervento funzioni o meno – è attualmente limitata dalla disponibilità dei dati a un livello di aggregazione più fine di quello comunale. (6) Sarebbe auspicabile che l’avvio della sperimentazione (7) avvenisse contestualmente a un impegno di raccolta di informazioni, senza le quali non sapremo mai se questi interventi siano serviti o meno. I dati raccolti non dovrebbero riferirsi alle sole aree che verranno individuate come Zfu, ma sarebbe opportuno avere informazioni anche sulle zone candidate a diventare Zfu, e poi escluse, e che rappresentano il naturale campione di controllo.
* Banca d’Italia, Sede di Milano e Servizio Studi di struttura economica e finanziaria, rispettivamente. Le idee e le opinioni espresse sono da attribuire esclusivamente agli autori e non impegnano la responsabilità dell’Istituto di appartenenza.
(1) Nei grandi centri dell’Italia meridionale vi sono divari di sviluppo accentuati anche tra le aree dello stesso comune. Per esempio, nel comune di Napoli, il tasso di disoccupazione passa dal 15,5 per cento di Vomero-Arenella al 49,1 per cento di Miano-Secondigliano-San Pietro a Paterno. Sul confronto tra le città del Centro-Nord e del Mezzogiorno, vedi Rapporto Censis 2006, Franco Angeli Editore. L’esperienza internazionale è più ricca. A partire dagli anni Sessanta, soprattutto negli Stati Uniti e nel Regno Unito, la “segregazione residenziale”, cioè l’esistenza di “ghetti” etnici, razziali o sociali, caratterizzati da un elevato livello di disagio sociale e economico, talvolta presenti anche nelle aree metropolitane più ricche, ha dato origine a politiche di intervento di vario tipo. Sui progetti di rigenerazione urbana in Francia, Danimarca, Germania, Regno Unito e Stati Uniti si veda, ad esempio, il rapporto dell’Ocse del 1998 “Integrating distressed urban areas”, Ocse Publications, Parigi.
(2) L’unico esercizio di valutazione, ancora in fase preliminare, fa tuttavia ben sperare. Secondo R. Rathelot e P. Sillard “Zones Franches Urbaines: quel bilan sur l’emploi salarié et les créations d’établissements?”, mimeo, Insee-Crest, giugno 2007, vi sarebbe un impatto positivo sull’occupazione e sullo sviluppo delle imprese.
(3) L’esperienza americana è in realtà ancora più ricca e comprende le cosiddette “Empowerment zones”, in cui gli incentivi fiscali si coordinano con politiche sociali in senso stretto (servizi sociali, creazione di infrastrutture pubbliche). In ogni caso, le Zfu francesi e italiane assomigliano molto di più alle Ez che alle “Empowerment zones”.
(4) Ci si riferisce, in particolare, a D. Bondonio e J. Engberg: “Enterprise zones and local employment: evidence from the states’ program”, Regional Science and Urban Economics, n. 30 (2000), pp. 519-549; e S. O’Keefe: “Job creation in California’s enterprise zones: a comparison using a propensity score matching model”, Journal of Urban Economics, n. 55 (2004), pp. 131-150, per il loro studi sulle Ez di Indiana, California, Kentucky, New York, Virginia, Pennsylvania e Virginia.
(5) Il fatto che le misure di incentivazione previste per le Zfu siano di tipo automatico, può rappresentare un elemento di forza. Nell’esperienza italiana recente, le misure automatiche hanno avuto effetti migliori di quelle discrezionali o basate su meccanismi di selezione. Si veda ad esempio i risultati del workshop “La valutazione degli aiuti alle imprese”, Banca d’Italia, Roma 28 giugno 2007, disponibili all’indirizzo: http://www.bancaditalia.it/studiricerche/convegni/atti/280607.
(6) Esistono i dati censuari, ma i censimenti vengono effettuati a intervalli pluriennali.
(7) Tra l’altro, viste le limitate risorse pubbliche attualmente disponibili sarebbe opportuno che esse non venissero disperse su un numero troppo elevato di Zfu. La fase di sperimentazione dovrebbe rivolgersi a poche aree, per cui la successiva attività di valutazione sia in grado di dare indicazioni sull’opportunità di introdurre lo strumento anche nel resto del Paese.
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Vittorio Ferri
Le zone franche urbane sono state istituite dalla legge Finanziaria per il 2007. In merito a quanto disposto dai commi 340-342, ci limitiamo ad evidenziare che, poichè non si fa alcun riferimento ad egevolazioni fiscali a favore di imprese insediate e per l’attrazione di nuove, la denominazione attribuita al provvendimento è fuorviante, in quanto si tratta di trasferimenti finanziari assegnati "(…) interventi di recupero urbano, di aree e quartieri degradati nelle città del Mezzogiorno, identificati quali zone franche urbane, con particolare riguardo al centro storico di Napoli" (comma 340). Infatti, lo stesso comma ha istituito nello stato di previsione del ministero dello Sviluppo economico un apposito "Fondo con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. Il Fondo provvede al cofinanziamento di programmi regionali di intervento nelle predette aree". Le risorse previste sono quindi invariate? Ora, l’estensione, l’implementazione ed il miglioramento del contenuto delle zone franche urbane , va accolto con favore dal punto di vista della differenziazione territoriale del prelievo fiscale e rappresenta un’innovazione significativa.
Ernesto Somma
La disponibilità di 50 milioni di euro per il prossimo biennio svuota di qualsiasi significatività non meramente simbolica l’intervento sulle ZFU che, giova ricordare, già previste nella Finanziaria 2007 non sono mai partite. Tralasciando ogni considerazione sull’allocazione della spesa che emerge dalla Finanziaria 2008, sarebbe auspicabile un intervento di coordinamento in sede di Conferenza Stato Regioni affinchè le molte risorse comunitarie a disposizione delle Regioni Obiettivo 1 e in Phasing Out possano essere impiegate per cofinanziare programmi più seri e duraturi di intervento nell ZFU.
giovanni
Non capisco perché le medesime agevolazioni non siano previste per quei piccoli comuni segnati da un inesorabile spopolamento. Il degrado delle città è anche il frutto della migrazione dai comuni periferici che produce una eccessiva concentrazione umana nei centri più grandi. Dovrebbe in realtà incentivarsi un flusso demografico inverso.