Su segnalazione del nostro collaboratore Guido Ascari
“Si dice e si afferma altamente che bisogna porre un freno alle nuove spese; ed il ministro del tesoro lodevolmente fa ogni giorno invocazioni pubbliche e private a tale altissimo scopo. Ma poi non è egli stesso sicuro di poter resistere; la persuasione delle economie non si è fatta carne della carne di tutti gli uomini politici, i quali ogni giorno propongono l’attuazione di programmi grandiosi di opere pubbliche, di lotta contro la disoccupazione, di nuovi istituti ed iniziative statali. né si vogliono persuadere che oggi il programma più grandioso possibile è quello di opporsi energicamente a qualunque programma che implichi nuove spese. Il ministro del tesoro per il primo è convinto di non poter resistere, ed i suoi colleghi medesimi in pieno parlamento dichiarano di essere persuasi che il ministro del tesoro per un po’ di tempo resisterà con energia, ma poi sotto i replicati assalti finirà per cedere. Della quale verità il ministro del tesoro è tanto persuaso che […] cerca di farsi una piccola riserva, un buco dal quale egli è sicuro di ricavare i miliardi di maggiori spese a cui egli dovrà dare il suo consenso.[…]
Si dice: così si è sempre fatto e così si farà sempre per norma elementare di prudenza; per evitare che, annunciando oggi il pareggio, i deputati si facciano animo a chiedere nuove spese. Se maggiori entrate ci saranno, saranno poi le benvenute. Frattanto, si nasconda quanto più si può delle entrate, per evitare che qualcuno ci metta sopra le mani.
Io dico che il ragionamento è sbagliato. Non bisogna valutare le entrate neppure un centesimo più della cifra che si ritiene probabile; ma neppure un centesimo meno. Col sistema attuale, tutti sono persuasi che il ministro del tesoro è stato pessimista nel valutare le entrate; e siccome egli ha annunciato come successo la riduzione del disavanzo nell’esercizio prossimo a 3 miliardi, tutti, nonostante le sue invocazioni alle economie, partono dalla cifra dei 3 miliardi di disavanzo come un punto fermo, da una “conquista” che importa conservare. Finché non si superi quella cifra di disavanzo, si può spendere tranquillamente. Tutti gli organi pubblici competenti, commissioni parlamentari, ministeri, ragioneria generale dello stato inavvertitamente ragionano su quella base; sicché considerano perdonabile e tollerabile ogni nuova spesa la quale assorba soltanto i maggiori gettiti di bilancio, in confronto alle entrate previste. Pur spendendo, si osserva, queste poche centinaia di milioni […] il disavanzo non cresce; non si peggiora la situazione di bilancio. Invece, si crea un disavanzo che in origine non esisteva od era di gran lunga minore. […]Quanto più chiara sarebbe la situazione, se le revisioni fossero fatte secondo realtà! In tal caso, la responsabilità del maggiore disavanzo spetterebbe tutta a chi propone nuove spese. Non ci sarebbe nessuna riserva nascosta con cui poter far fronte agli appetiti politici e con cui indulgere a spese più o meno necessarie. Il proponente di nuove spese dovrebbe apertamente dichiarare che egli intende farvi fronte con debiti o con nuovi balzelli. […] Non deve essere un titolo di gloria prevedere 15 ed incassare 18; ma prevedere ed incassare 18. […] Finché invece saremo “prudenti” nel valutare le entrate, noi daremo impulso alle nuove spese e cresceremo o creeremo il disavanzo.”
Luigi Einaudi, 10 dicembre 1921, Corriere della Sera
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