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SE MANCA LA TRASPARENZA

La Bce decide di lasciare i tassi di interesse invariati. In una fase di grande incertezza come quella attuale, è una scelta che non fa chiarezza. Soprattutto perché è di difficile comprensione sulla base del mandato esplicito affidato alla Banca. Le sue previsioni descrivono un panorama di chiare pressioni inflazionistiche. Eppure decide di non muoversi. Una strategia che si può seguire solo a patto di agire con totale trasparenza. Ovvero pubblicando un sentiero futuro dei tassi, con margini di incertezza ragionevoli e ben specificati, che la giustifichi.

La Bce decide di lasciare i tassi di interesse invariati. In una fase di grande incertezza come quella attuale, è una non-decisione che non contribuisce a fare chiarezza. Soprattutto perché è di difficile comprensione sulla base del mandato esplicito della Banca stessa. Vediamo perché.

Rischi di inflazione e tassi

Il comunicato della Bce chiarisce che i rischi di crescita inflazionistica sono sostanziali. A novembre, il tasso di crescita dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Hicp) è salito del 3 per cento, il più alto degli ultimi anni. Le proiezioni dello staff danno un tasso di inflazione tra il 2 e 2,2 per cento nel 2007 ma, soprattutto, tra il 2 e 3 per cento nel 2008. Non è sorprendente. Con il prezzo del petrolio che in termini reali ha raggiunto gli stessi livelli degli anni Settanta, era difficile (pur in un mondo a minore “intensità petrolifera”) che non si materializzassero effetti inflazionistici.
Ma la Bce può permettersi di pubblicare previsioni sull’inflazione a due anni tra il 2 e 3 per cento e allo stesso tempo non alzare i tassi di interesse? Che segnale trasmette sulla propria condotta futura? E, ancora peggio, che segnale trasmette sulla propria credibilità quando il suo mandato esplicito è di mantenere l’inflazione al di sotto (seppur vicino) al 2 per cento? Più dei presunti pericoli legati all’incertezza dei mercati finanziari, mi sembra che oggi siano questi i rischi più pressanti per la Banca.
Ma c’è di più. Il secondo pilastro della politica della Bce, la cosiddetta analisi monetaria (un unicum nel panorama delle Banche centrali nel mondo), segnala una espansione vigorosa della massa del credito e monetaria in Europa. Non proprio, quindi, uno scenario di credit crunch e di crisi di liquidità come si paventa negli Stati Uniti. Tutt’altro. Stando all’ortodossia Bce sul ruolo fondamentale che la massa monetaria riveste nell’influenzare l’inflazione, ci sarebbe in realtà di che preoccuparsi. Raramente nella storia recente della Banca si è visto il pilastro monetario inviare un messaggio più contraddittorio di quello odierno. Infatti, se una ragione c’era per la quale, alla vigilia, gli operatori avevano previsto tassi invariati, era proprio quella relativa alle conseguenze negative di un presunto credit crunch esteso anche all’Europa. Ma di tutto questo non sembra esservi traccia, almeno stando ai dati. Infatti, la Bce si limita a parlare in modo vago di “incertezza sui mercati finanziari”.

La procedura ottimale di politica monetaria

Sotto tutti i punti di vista, dunque, la Banca descrive un panorama di chiare pressioni inflazionistiche. Eppure sceglie di non muoversi.
Mai come questa volta la sua politica fa rimpiangere la necessità di un contesto più rigoroso (se vogliamo “scientifico”) nel quale giustificare le proprie mosse. Molta della letteratura recente descrive la procedura ottimale di condurre la politica monetaria come inflation forecast targeting(Ift). (1) Gli elementi sono essenzialmente due. Primo, un target numerico di riferimento per l’inflazione. Questo è noto, ed è tipico di tutti i paesi che hanno adottato l’inflation targeting. Secondo, e ben più importante, una gestione dello strumento dei tassi di interesse – meglio, del sentiero dei tassi – tale che a ogni istante di tempo le previsioni di inflazione a un certo orizzonte, e condizionate a tale sentiero, siano in linea con il target di riferimento stesso. Il secondo elemento è necessario perché le azioni della politica monetaria dispiegano i loro effetti con grande ritardo: mediamente, un incremento dei tassi richiede tra un anno e mezzo e due prima di mostrare gli effetti massimi sull’inflazione. Perciò è impossibile chiedere a una Banca centrale di essere in linea con il proprio target di inflazione in ogni istante di tempo. Quello che conta è che il sentiero atteso dei tassi di interesse sia tale che le previsioni di inflazione a due anni (formulate oggi) appaiano soddisfacenti.
Ne conseguono due principi centrali. Primo, non sono le variazioni puntuali sui tassi di interesse a essere importanti, ma l’estrapolazione del loro sentiero futuro. Secondo, la trasparenza delle decisioni è essenziale.
Il contesto dell’intervento della Bce è un caso da manuale per giustificare l’utilità dell’Ift. Se la Banca centrale facesse Ift, avrebbe certamente pubblicato le previsioni di inflazione a due/tre anni nel suo comunicato ufficiale, e ne avrebbe fatto il focus centrale del messaggio. Ma, soprattutto, avrebbe cercato in modo trasparente di convincere i mercati che i tassi invariati di oggi appartengono a una traiettoria futura attesa dei tassi perfettamente compatibile con previsioni di inflazione (a due/tre anni) al di sotto del 2 per cento. Meglio ancora: avrebbe pubblicato il sentiero futuro dei tassi, con margini di incertezza ragionevoli e ben specificati. In un contesto di tale trasparenza, l’allarmismo della Bce sulle pressioni inflazionistiche avrebbe tranquillamente potuto convivere con la decisione di lasciare i tassi invariati.
Sul sito della Banca uno stringato documento in allegato all’annuncio della decisione del 6 dicembre riporta previsioni di inflazione a due anni al 3 per cento. (2) Come dobbiamo leggere queste previsioni? Come una smentita della decisione della Bce? Una contraddizione del proprio mandato? E soprattutto, in funzione di quale sentiero futuro dei tassi di interesse? Leggendo con attenzione nelle intricate note esplicative (non proprio un esempio di trasparenza) se ne deduce che le previsioni sono formulate sulla base del sentiero dei tassi atteso dai mercati. Quindi non sulla base del sentiero dei tassi che la Banca ritiene più probabile, ma sulla base di quello che i mercati ritengono probabile.
Per quale motivo la Bce pubblica previsioni di inflazione che: (i) non sono in linea con il proprio obiettivo del 2 per cento (almeno a due anni), e (ii) dipendono da quello che gli agenti si aspettano che la Banca faccia e non da quello che la Banca vuole che gli agenti si aspettino (pur con un ragionevole margine di incertezza)? È questo il modo migliore di orientare le aspettative degli operatori economici, soprattutto in un fase di così grande incertezza? Non escludo che un lascito degli eventi di questi mesi sarà proprio quello di riaprire il dibattito sull’ottimalità del regime in cui le decisioni della Bce vengono assunte. Non a caso la Fed si è già mossa in questa direzione.

(1) Si veda per tutti http://www.princeton.edu/svensson/papers/PalgraveIT.pdf
(2) http://www.ecb.int/pub/pdf/other/eurosystemstaffprojections200712en.pdf

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PRECARIATO: UNA PERCEZIONE?*

  1. Gianluca Rapuano

    Mi sento di non condividere appieno l’analisi fatta sulle decisioni della Bce. Innanzitutto le decisoni sono state motivate tenendo conto, anche appunto della cosiddetta "spinta inflazionistica", ma un elemento che a mio avviso non è stato analizzato è l’aumento forte che c’è stato negli ultimi mesi dell’ormai famoso "tasso Euribor" (per via del credit crunch), che nelle ultime settimane ha subito forti rialzi. Visto che la gran parte dei finanziamenti retail a medio-lungo termine, a tax variabile è fissato all’Euribor (in Italia i più sono legati all’Euribor a un mese) appare di buon senso una decisione che contempera due forze, da una parte le spinte inflazionistiche (nelle previsioni non oltre il 3%) dall’altra i forti rialzi dei costi dei mutui, alla luce soprattutto della crisi "sub-prime" e dell’aumento (almeno in Italia) dei pignoramenti. Penso per queste ragioni che la decisione di non aumentare i tassi non solo sia di buon senso, ma sia stata rinviata probabilmente al periodo successivo in cui il tax Euribor placherà la sua spinta al rialzo assestandosi a valori "normali", questo per dare maggiore stabilità (per es al mercato dei mutui).

  2. Antonio Forte

    Gentilissimo Prof. Monacelli,
    ho letto il suo ultimo intervento e avrei alcune riflessioni da sottoporle.(le divido in piu’ parti)
    1)considerato che il 2007 e’ ormai concluso e visto che l’obiettivo della BCE e’ quello di mantenere il tasso di inflazione prossimo al valore del 2% (below but close to) nel medio-lungo periodo credo sia piu’ giusto osservare le previsioni per il 2009 piuttosto che quelle per il 2008. Ebbene, come indicato nel documento da Lei richiamato nell’articolo, l’aspettativa di inflazione per il 2009 e’ compresa tra l’1,2% e il 2,4% (mi riferisco alle proiezioni dell’Eurosystem staff). Quindi, se la BCE è realmente forward looking, non dovrebbe agire sui tassi, visto che le previsioni nel medio termine sono in linea con la soglia del 2%. Le fluttuazioni del 2008 rientrano nel breve periodo e quindi non dovrebbero preoccupare la banca centrale.
    2)non crede che il recente incremento dei tassi Euribor possa “sostituire” una stretta monetaria? Come dire, i mercati stanno agendo per conto della BCE attuando una politica restrittiva. Cio’ potrebbe favorire l’operato della BCE riducendo e ritardando nel tempo il suo intervento diretto sul tasso MRO.

    • La redazione

      Grazie per il suo commento. E’ vero che i tassi Euribor stanno salendo. Ma questo è irrilevante per la condotta ottimale della politica monetaria. Perché tassi Euribor in crescita oggi non forniscono alcun segnale sull’andamento futuro della politica monetaria. Solo le azioni della BCE sui tassi, e il modo in cui sono comunicate, possono orientare tali aspettative, che sono l’unica cosa che conta per la performance di inflazione di oggi.

  3. Massimo GIANNINI

    Considerazioni ineccepibili. Quindi quale sarebbe la conclusione "se manca la trasparenza" e la Banca Centrale Europea come si evince naviga a vista? Certo e se non si trattasse solo di trasparenza ma di semplice irrazionalità?

  4. FRANCESCO COSTANZO

    L’articolo è molto interessante e riprende un tema importantissimo, collegato all’importanza delle aspettative ed alla credibilità della banca centrale. Le chiederei: 1. E’ possibile che la Bce stia "assecondando" il mercato per qualche motivo? Se si, quale? 2. Può essere che la Bce eviti di rendere pubblico il proprio target avendo precise motivazioni macroeconomiche? Se si, quali? Grazie e complimenti

  5. Prof. Antonino Tramontana (Università di Perugia)

    Le perplessità della BCE sono ben comprensibili. Di fronte ad un sensibile aumento dei tassi di mercato, alle gravi conseguenze che questo provoca per alcune categorie di debitori e al recente apprezzamento dell’euro sul dollaro è più che logico che la BCE esiti a procedere sulla strada del graduale inasprimento dei tassi ufficiali intrapresa nel dicembre 2005, per gli effetti negativi che può avere sull’economia europea. Siamo forse arrivati al punto in cui la famosa "teoria monetaria dell’inflazione" sulla quale è ufficialmente impiantata tutta la politica monetaria della BCE, mostra la corda. Alcuni anni or sono ebbi occasione di scrivere al prof. Issing, allora consigliere della BCE, che "raising the rate of interest is not the best weapon to fight inflation". Ma su questo punto non mi rispose….

  6. Rita Trifiletti

    Non condivido la Sua analisi del comportamento della BCE, pur apprezzandone i richiami al ruolo delle aspettative che la Banca centrale dovrebbe generare e non subire.Mi pare però che Trichet sia stato giustamente pragmatico considerando che l’inflazione non si genera all’interno di Eurozona, ma è importata. l’Euribor provoca una stretta creditizia di fatto; l’economia è prevista in rallentamento. D’altra parte il messaggio che la BCE è pronta ad intervenire mi sembra annunciare con chiarezza che all’innescarsi di una spirale prezzi-salari i tassi saliranno. Non crede sia saggio aspettare per vedere se questa fiammata inflazionistica non finanziata si ferma qui?

  7. Giuseppe Caffo

    Forse la BCE non è così indipendente dal potere politico e economico come si vuol far credere. Credo che ci attendono anni di inflazione in aumento anche per effetto dei cambiamenti in corso delle economie dei paesi emergenti,Cina in primis. Le politiche ( ingiuste ) dei bassi salari in quei paesi,che hanno contribuito in modo sostanziale a contenere l’inflazione a livello globale,sono destinate a modificarsi progressivamente; la Cina sta sperimentando recentemente un importante crescita dell’inflazione.Probabilmente la BCE rimanda l’aumento dei tassi d’interesse a quando l’inflazione sarà così elevata che politici e poteri economici non avranno più nulla da obiettare.

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