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IL PREZZO DEL SOSPETTO*

I francesi più di ogni altro popolo al mondo diffidano dei concittadini, dei colleghi, dei poteri pubblici e del sistema giudiziario. Ovviamente sono anche ostili all’economia di mercato. Un atteggiamento assunto dopo la seconda guerra mondiale. Che però ha generato un circolo vizioso dagli alti costi economici, e non solo. Come uscirne?Ristabilire la fiducia vuol dire invertire la marcia, correggendo la deriva corporativista e opponendosi all’interventismo statalista del modello sociale francese. Per permettere alla Francia di guardare al futuro con fiducia.

La Francia si trova in un circolo vizioso che comporta considerevoli costi economici e sociali. Da più di venti anni, le indagini condotte nei paesi sviluppati mettono in evidenza che i francesi, più di qualsiasi altro popolo, non hanno fiducia nei loro concittadini. Diffidano dei pubblici poteri, dei partner sociali e persino del loro sistema giudiziario. Sono anche i più ostili all’economia di mercato.

Da dove nasce l’eccezione francese

Secondo la World Value Survey, alla domanda “Ritiene che ci si possa fidare degli altri o che sia meglio essere sempre prudenti?” solo un francese su cinque ha risposto di avere fiducia nei suoi concittadini. Il che significa due volte meno che in Usa o in Canada e tre volte meno che in Scandinavia. Tra i ventisei paesi più ricchi del mondo, la Francia è al ventiquattresimo posto, seguita solo da Portogallo e Turchia. Partendo da un simile presupposto, alcuni recenti avvenimenti hanno ulteriormente alimentato il sentimento di diffidenza dei francesi. Lo scandalo della “cassa nera” del Medef (1) ha solo rafforzato i preesistenti sospetti sui “fondi neri” per i sindacati. E lo scalpore provocato da un sospetto “insider trading” all’interno della più grande e prestigiosa industria aeronautica francese, l’Eads, ha acceso una luce equivoca sulle possibili collusioni tra Stato e mondo finanziario.
L’atteggiamento sospettoso dei francesi va di pari passo con la mancanza di senso di responsabilità civica, molto più forte che in altri paesi sviluppati. Tra i ventuno paesi dell’Oecd, i francesi sembrano essere i meno scioccati dalla corruzione e dall’abitudine di chiedere aiuti indebiti. Non c’è quindi da sorprendersi se, secondo l’International Social Survey Program, la maggioranza dei francesi pensa che “non si può arrivare in alto se non si è corrotti”. Nell’associare successo e corruzione, la Francia è al terzo posto, su quattordici paesi interpellati.
L’“eccezione francese”, in questo caso, non corrisponde a un atavico atteggiamento culturale. Recenti studi sull’evoluzione storica delle attitudini del popolo francese mostrano che era più fiducioso verso il prossimo prima della seconda guerra mondiale. E ciò risulta evidente quando si osserva il grado di fiducia degli europei emigrati negli Stati Uniti nel scorso secolo. Numerosi studi sociologici rivelano che gli emigranti portano con sé lo stesso livello di fiducia verso gli altri che avevano nel loro paese d’origine. I figli di emigranti, nati in Usa, i cui genitori dimostrano poca fiducia verso gli altri, ne dimostrano poca a loro volta. Per i francesi, però, si nota una frattura netta: i discendenti di coloro che sono arrivati negli Stati Uniti prima della seconda guerra mondiale appaiono molto più fiduciosi dei figli di francesi emigrati dopo il 1945. La profonda differenza può senz’altro essere ricondotta al trauma subito dai francesi con l’occupazione tedesca e il collaborazionismo, e le aspre divisioni che produssero. Ma dipende anche dal modello sociale statalistico e corporativo, instaurato dopo la liberazione.

Sistema sociale corporativo

Il sistema sociale post-bellico, estremamente corporativo, è un’eredità del governo di Vichy. Contrariamente alla socialdemocrazia scandinava, in Francia i diritti sociali vengono garantiti in base alla posizione sociale e alla professione. La società francese è dunque rigidamente divisa fra chi di questi diritti beneficia e gli “altri”. Ne sono un sintomatico esempio i trattamenti pensionistici speciali cui, in Francia come in nessun altro paese dell’Oecd, accede un incredibile numero di categorie sociali: dirigenti, dipendenti pubblici, artigiani, negozianti, professionisti, per non menzionare le pensioni speciali di molte grandi imprese pubbliche o di alcuni gruppi professionali (parlamentari, minatori, notai, marittimi, militari, eccetera). L’aspirazione di tutte queste categorie è di salvaguardare i propri privilegi, come del resto hanno dimostrato i recenti scioperi della Sncf e della Rstp, indetti per protestare contro la riforma dei loro piani pensionistici. La segmentazione sociale può solo generare divisione e sospetto.

Un circolo vizioso di diffidenza

Il socialismo di Stato si esprime proprio in questo tentativo di regolare ogni minimo dettaglio della società civile e ciò, in un circolo vizioso, genera diffidenza. La mancanza di fiducia del popolo francese gli impedisce di cooperare, il che induce lo Stato a regolare i rapporti di lavoro nei minimi dettagli. Svuotando il dialogo sociale del suo contenuto, questi interventi ostacolano l’adozione di riforme, in grado di stimolare il mercato del lavoro. La mancanza di fiducia si accompagna, per forza di cose, alla paura della concorrenza, il che a sua volta provoca l’innalzamento di barriere all’ingresso e di conseguenti privilegi. E tutto ciò favorisce corruzione e reciproca sfiducia.
Il modello sociale francese innesta veramente un circolo vizioso. Il corporativismo e l’intervento statale minano il meccanismo della solidarietà, distruggono il dialogo sociale e intensificano la sfiducia reciproca e ciò incoraggia a sua volta le pretese delle varie categorie e la continua richiesta di regolamentazione, favorendo in tal modo l’ulteriore crescita di un sistema corporativo e dell’intervento statale.

Rovinose conseguenze economico-sociali

La spirale di sfiducia ha conseguenze economico-sociali disastrose. Penalizza pesantemente l’attività economica, perché la reciproca fiducia è essenziale per il buon funzionamento dei mercati. L’incapacità francese di progredire nel dialogo sociale e di rendere elastico il mercato del lavoro provoca mediocri risultati performance economiche, rispetto agli altri paesi. Il corporativismo e l’eccessiva regolamentazione del mercato hanno un costo elevato. La situazione dei taxi illustra perfettamente tale condizione. Per timore della concorrenza, i tassisti si attaccano al sistema maltusiano (25mila taxi a Parigi nel 1925, 15mila nel 2005), di cui ben conosciamo il risultato: i cittadini non possono trovare un taxi quando ne hanno bisogno e gli autisti devono praticamente svenarsi per ottenere la licenza, un chiaro esempio di lose-lose. Attraverso il confronto tra performance economica e atteggiamento verso la società in circa trenta paesi dagli anni Cinquanta a oggi, abbiamo calcolato che la mancanza di fiducia è costata 3 punti di disoccupazione in più e almeno il 5 per cento del Pil rispetto ai paesi di area scandinava, in particolar modo la Svezia, in cui regna una maggior atmosfera di fiducia.
La mancanza di fiducia non ha solo un costo economico: gli studi disponibili dimostrano che la gente dichiara di essere meno felice nella misura in cui dichiara di avere meno fiducia nei suoi concittadini. Il modello francese finisce col perpetuare un sistema sociale tanto costoso quanto diseguale – incapace cioè di garantire a ciascun cittadino la giusta previdenza sociale promessa nel 1945.

Come uscirne?

Come uscire da questo circolo vizioso? I paesi scandinavi, optando per un modello universalista, che offre cioè gli stessi diritti sociali a ogni cittadino e impedisce in tal modo di porre barriere alla concorrenza, sembra aver trovato la chiave per rinsaldare i legami e gli interessi della comunità. Ristabilire la fiducia vuol dire invertire la marcia, correggendo la deriva corporativista e opponendosi all’interventismo statalista del modello sociale francese. Le riforme devono pertanto ostacolare il corporativismo, promuovere il dialogo sociale e istituire una reale condivisione dei rischi connessi a una efficiente moderna economia .
A nostro avviso, queste devono essere le priorità:

  • armonizzare il sistema di previdenza sociale, con particolare riguardo a pensioni e sanità;
  • riformare radicalmente le rappresentanze sindacali, in modo che i sindacati siano presenti nel mondo aziendale e svolgano un reale servizio pubblico, rappresentando l’interesse collettivo e non solo interessi corporativi;
  • accentuare l’indipendenza delle autorità di regolamentazione che si occupano di tutelare la concorrenza.
  • creare un ente pubblico che coordini tutto quanto concerne la disoccupazione, vale a dire le indennità, il supporto a chi cerca lavoro e la riqualificazione professionale, così da garantire il reinserimento nel mondo del lavoro.

Tutto ciò dovrebbe permettere alla Francia di guardare al futuro con fiducia.

 
(1)
 La Confindustria francese

* Il testo inglese è disponibile su www.voxeu.com. Traduzione di Daniela Crocco

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DOVE VA LA TASSAZIONE DELLE SOCIETA’

  1. Angelo Primavera

    I francesi diffidano dagli altri e dal potere proprio perchè hanno più esperienza di tutti in fatto di libertà. Il mondo vive schiavo dell’economia di mercato, della politica bancaria e delle multinazionali che, smettiamola di far credere il contrario, sono le linee guida che stabiliscono le politiche di chi va poi a governare. Chiunque governi si trova poi a far i conti con questi colossi. Di conseguenza, che sia concussione, o semplice sudditanza, le istituzioni sono sempre più nelle mani di pochi e sempre meno soggette al controllo ed alla volontà dei cittadini. Avviene in tutti i paesi dell’Occidente "libero e democratico" e solo un miope non se ne rende conto. Io non so quanto ci si metterà a capire che il benessere e soprattutto la libertà dei popoli, nonchè il futuro forse dell’intero pianeta non può andare assolutamente a braccetto con la competitività della società di mercato, che in questo articolo, come in altri, viene posta come anticamera del progresso per guardare al futuro con fiducia. La fiducia non è tolta dal corporativismo o dagli interventi statalisti o da quant’altro….

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