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COME RIMETTERE LE ALI AL CARGO

Uno dei maggiori handicap di competitività dell’Italia è la mancanza di una cultura e di una organizzazione logistica moderna. Perché allora non approfittare della crisi di Alitalia e far sì che Poste italiane e Ferrovie dello Stato costituiscano il nucleo iniziale di un polo industriale nella logistica? Magari seguendo l’esempio dei tedeschi. L’operazione sarebbe certo complessa sotto il profilo industriale, finanziario, di governance e della concorrenza. Ma è proprio qui che dovrebbe intervenire lo Stato, per delineare un disegno industriale coerente.

Gli ottimisti radicali usano consolarsi con il detto che non tutto il male viene per nuocere. Magari, azzardo, non si fanno deprimere nemmeno dalla vicenda Alitalia e dalla squallida rappresentazione che come paese stiamo dando.  

COMPETITIVITÀ E LOGISTICA

Nel mio articolo del 28 marzo sostenevo che la questione sindacale, a vederla con razionalità, costituiva un “non problema” e che l’ostacolo vero era la controversia con Sea o, meglio ancora, quello che ci sta dietro: il conflitto fra Malpensa e gli hub di riferimento del gruppo Air France. La questione è stata nei giorni scorsi coperta dal fragore assordante della discussione sindacal-politica, sulla quale seguito a farmi condurre dall’ottimismo della ragione.   
Nel momento in cui scrivo Air France ha fatto un passo indietro, i sindacati (anzi meglio, i dipendenti di Alitalia) uno in avanti. Quanto alla “cordata alternativa” non si sa nemmeno chi sia disposto a mettersi in marcia, magari destinando alla intrapresa il 5 per mille.  
Alitalia, così ha detto Jean-Cyril Spinetta, a breve uscirà dal cargo. A parte i dipendenti, pochi se ne accorgeranno perché non si può fare seriamente quel mestiere con solo cinque aerei e senza una vera organizzazione logistica.
Possiamo dunque prescindere dalle sorti della compagnia: che fallisca o che resti in piedi, con o senza il cargo, non cambierà granché del deficit logistico che affligge il paese. La maggior parte delle merci che volano con origine o destinazione Italia prendono la via di hub europei, Francoforte in primis. Spesso e volentieri vengono preparate e sottoposte a tutti i controlli di frontiera negli aeroporti italiani: però non si imbarcano sugli aerei, ma sui camion, per essere trasportate via strada nelle grandi e capaci mani di Lufthansa o di altri. Infatti, si fa prima a raggiungere, ad esempio, la Cina da Francoforte che direttamente dall’Italia. La carta Malpensa sarebbe stata azzeccata sotto questo profilo se ci fosse stata una compagnia aerea con la necessaria massa critica e paese più attrezzato in fatto di logistica e di burocrazia.
Ci può dispiacere, può ferire il nostro patriottismo, che i passeggeri siano costretti a servirsi di hub europei, ma fa molto più male alla nostra economia che le nostre merci sopportino costi e tempi di trasporto eccedenti quelli dei concorrenti europei perché non abbiamo una decente porta di entrata e di uscita diretta dall’Italia.  
Èevidente che uno dei maggiori handicap di competitività del paese è la mancanza di cultura e di organizzazione logistica moderna, sfida la cui complessità non può che essere raccolta da grandi imprese che si trasformino da meri vettori di trasporto a quello di integratori logistici. All’interno di questa “catena”, il cargo aereo rappresenta un anello essenziale di competitività.  

POSTE E FERROVIE SUL CARGO

Le nostre maggiori imprese nel settore dei trasporti e della logistica sono a capitale pubblico e si chiamano Poste italiane e Ferrovie dello Stato. Sforzi ne fanno: ad esempio, Poste ha acquistato Sda; Fs gestisce ora un terminal a Genova-Voltri; le due aziende partecipano in Omnialogistica. Siamo però lontanissimi da quanto hanno realizzato le ferrovie e le poste tedesche, che hanno conquistato posizioni di assoluto predominio, ma anche altri operatori postali europei. E non è per inettitudine ma perché manca una programmazione, un disegno unitario di sistema (a proposito, che fine ha fatto il Patto per la logistica del 2005?). 
La domanda che un ottimista si potrebbe porre è dunque questa: se per assenza di senso della programmazione, le decisioni vengono prese da noi sulla spinta dell’emergenza, perché non approfittare della crisi di Alitalia per cercare di attuare un po’ di “politica industriale”?Poste, peraltro già proprietaria di una compagnia aerea cargo, Air Mistral, ha timidamente avanzato la candidatura a subentrare nel business cargo di Alitalia, proposta che è stata raccolta dalla stampa con sufficienza, forse con lo scetticismo di chi ha attribuito all’azienda l’idea di candidarsi opportunisticamente alla ben nota cordata alternativa.
Non si tratta di “subentrare” perché il concetto evoca un vuoto da colmare, ma di cogliere l’occasione per costituire, magari insieme a Fs, il nucleo iniziale di un polo industriale nella logistica, non solo aerea, ovviamente, a cui potrebbero in futuro aggregarsi Sea o anche AdR, Autostrade, per citare le prime aziende che vengono alla mente. 
Certo, l’operazione sarebbe complessa sotto molti profili: industriali, finanziari, di governance e, non ultimo, della concorrenza. Ma è proprio qui che dovrebbe intervenire lo Stato, nel delineare un disegno industriale coerente. Invece di invocare cordate “alternative”, tardive quanto improbabili, perché non promuovere cordate “costruttive”? 

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LA RISPOSTA DI FAUSTO BERTINOTTI, CANDIDATO DELLA SINISTRA ARCOBALENO

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UNA CRISI COME TUTTE LE ALTRE

  1. Maria di falco

    Perchè quando si parla della crisi di Alitalia non si dice mai in modo chiaro e netto che la scelta della Malpensa ha affossato ancora di più la difficile situazione della compagnia? E’ vero che i problemi dell’Alitalia sono più antichi,ma è anche vero che la scelta di Malpensa è stata la tipica scelta non di politica industriale, ma di politica clientelare, per favorire gli appetiti della Lega Nord.Una scelta fatta da persone che non hanno a cuore il destino della compagnia di bandiera.O forse già sapevano che Alitalia era perduta per sempre ed hanno fatto il ragionamento: "persa per persa, apriamo Malpensa!" Ragionamento che fa inorridire, perchè uno si chiede:"Ma da chi siamo governati?" Se continuiamo a pensare che Berlusconi è un industriale non andremo lontano. Berlusconi è un concessionario di un bene pubblico, l’etere, che avendo avuto le concessioni è entrato senza permesso nelle case degli italiani ed ha intascato i soldi della pubblicità, comodamente seduto! Si è mai confrontato con la concorrenza, con la vitalità dei paesi emergenti, con le nuove tecnologie che in ogni parte del mondo saltano fuori?No! Per questo è urgente fare la legge sul conflitto d’interessi

  2. Giuseppe Fumagalli

    Davvero un’ottima idea, quella lanciata: che ha il vantaggio della semplicità, pur con le difficoltà di attuazione prospettate. Il concetto di "italianità" che qualcuno rispolvera ha una valenza e un ritorno certo maggiore riferita alle nostre merci che non ai passeggeri: andrebbe ad aggredire il tema della competitività oggi tanto discusso, e una logistica moderna che si potesse avvalere di un robusto polo di supporto aereo avrebbe una ricaduta positiva su tutto il tessuto industriale del nostro paese alle prese con la globalizzazione, che prima di tutto è geografica e necessita di interconnessioni. Troppo bello perchè il progetto possa interessare alla nostra dispersiva classe politica?

  3. FRANCESCO PANTILE

    E se in luogo delle ali, al cargo dessimo un sistema dei porti degno del nome sistema (carente soprattutto nelle vie di adduzione)? Coinvolgeremmo anche il mezzogiorno d’Italia. A mio parere le ali, infatti, servirebbero soprattutto il centro-nord. Ovviamente, con risorse in abbondanza (è il caso dell’Italia?) si potrebbe stare in mare, in cielo, in terra e in ogni luogo. Francesco Pantile

  4. Emilio Mattioni

    Concordo completamente con l’ idea avanzata da Mario Sebastiani. Mi pare una delle poche, se non l’unica , proposta concreta e positiva avanzata per affrontare se non il problema globale di Alitalia almeno una sua parte significativa, in una prospettiva che guarda alle prospettive di sviluppo del Paese e non solo, difensivamente, ad una protezione dei dipendenti Alitalia oggi.

  5. Francesco Bigonzi

    Bisognerebbe accantonare le polemiche, alcune fondate, Berlusconi non è un industriale: è vero! altre meno, si dimentica che gli olandesi – gente seria – puntavano proprio su Malpensa.
    Visto che i francesi non soltanto non regalano nulla ma tendono di natura a fagocitare – ancora Malpensa – l’idea del dott. Sebastiani è naturalmente troppo bella perchè sia realizzata.

  6. Enrico Gallina

    Apprezzo la proposta limitatamente e Alitalia Cargo in Mistral Air (Poste Italiane).
    Per la natura del settore Logistica difficilmente è consigliabile : “costituire, magari insieme a Fs, il nucleo iniziale di un polo industriale nella logistica, non solo aerea, ovviamente, a cui potrebbero in futuro aggregarsi Sea o anche AdR, Autostrade”.
    Purtroppo non ho tempo per entrare in dettagli ma il settore non si presta a interventi di tipo pubblico (tanto meno di tipo pubblico Italiano).
    Il settore è molto competitivo e non perdona. Nemmeno DPWN che ha acquisito Exel ma non è riuscita ad aumentarne la redditività. E i margini sono già estremamente bassi : 5% EBITDA/Fatturato, max il 7% raggiunto dall’olandese TNT prima di vendere tutto a un fondo di Private Equity.
    In conclusione : Ok per la proposta che Poste Italiane rilevi Alitalia Cargo, ma in una logica industriale. . . .se dopo adeguato due diligence ci siano gli spazi.
    Gli interventi massicci dello Stato lasciano sempre un triste ricordo . . . anche nella memoria recente!

  7. lodovico malavasi

    Credo che Alitalia debba essere commissariata per poi procedere alla vendita dei vari settori in cui opera, questa l’unica soluzione dolorosa ma corretta, Se poi Air France vuole comprare certe tratte internazionali ben venga.

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