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TELECOM ITALIA IN UN MERCATO CHE CAMBIA

In questi anni l’evoluzione delle tecnologie e del mercato è stata notevole e Telecom Italia si trova ora in una situazione non semplice. Auspicabile una separazione strutturale della rete, con quotazione della nuova società e partecipazione o sostegno finanziario anche di soggetti pubblici. E’ l’unica soluzione per garantire lo sviluppo di un mercato aperto e competitivo e il reperimento delle risorse finanziarie private e pubbliche in grado di sostenere gli investimenti infrastrutturali necessari allo sviluppo della rete. Serve però un forte impegno su regolazione e controllo.

La presentazione dei risultati 2007 e delle “strategic guidelines” di Telecom Italia ha suscitato commenti piuttosto variegati. Gli analisti si sono divisi tra coloro che apprezzano la schiettezza e concretezza di Franco Bernabè e coloro che si aspettavano segnali più forti e decisi sul fronte delle strategie industriali e finanziarie.
In realtà, una valutazione ragionata della situazione di Telecom Italia non può prescindere da un’analisi dell’evoluzione che le tecnologie e il mercato hanno avuto in questi anni.

IL CAMBIAMENTO INDOTTO DA INTERNET

I sistemi di telecomunicazione classici erano basati sul concetto di rete intelligente: terminali utente “stupidi” (i telefoni) e servizi realizzati dall’operatore telefonico tramite la propria rete. Con Internet, la rete diviene “stupida”, in quanto trasmette bit, mentre i servizi risiedono all’esterno, nei terminali “intelligenti” (computer, palmari ). Il cambiamento è epocale: non è più l’operatore telefonico a decidere quali servizi offrire: chiunque si affacci sulla rete può “fare cose nuove” e renderle disponibili agli utenti. Così sono nate grandi innovazioni come il web stesso, Skype, Google, YouTube, l’home banking, l’e-commerce, e tutto ciò che oggi contraddistingue il mondo di Internet.
Questo cambiamento ha un impatto sul modello di business degli operatori telefonici. Attualmente, gli operatori tendono a conservare i propri walled garden: pile integrate di servizi (accesso al web, televisione via Internet, voce) in competizione tra loro. Siamo in presenza di una segmentazione verticale del mercato. Al contrario, Internet induce una segmentazione orizzontale del mercato che distingue innanzi tutto tra coloro che offrono il puro e semplice accesso a Internet (il cosiddetto trasporto Ip – Internet Protocol) e coloro che invece offrono servizi applicativi (inclusi i servizi Voip, cioè voce su Internet come Skype). Nello scenario indotto da Internet, l’operatore telefonico non riesce più a far pagare i servizi applicativi, ma solo l’accesso Ip alla rete. Sempre più spesso, per esempio, l’utente tende a richiedere il solo servizio di accesso a Internet, ma non il servizio voce: è la cosiddetta Adsl “nuda”.
D’altro canto, le infrastrutture fisiche (la rete fissa e anche le reti mobili) sono sempre più costose e di fatto equiparabili a monopoli naturali. Di conseguenza, sempre più si delinea una situazione nella quale vi sono alcuni attori che gestiranno asset fisici, mentre gli operatori di telecomunicazione classici “affitteranno” tali infrastrutture per offrire il servizio di accesso all’utente finale. Indicativi sono a questo proposito gli accordi già intervenuti tra diversi operatori mobili per condividere siti o infrastrutture fisiche.

LA CONVERGENZA FISSO-MOBILE PER FORNIRE ACCESSO IP

 Un altro importante cambiamento al quale stiamo assistendo è la convergenza fisso-mobile. Gli operatori, utilizzando più infrastrutture fisiche (fisso, 3G, wifi, wimax) saranno sempre più in grado di offrire all’utente finale un servizio di Ubiquitous Ip Connectivity, cioè la possibilità di avere una connessione Ip in modo trasparente rispetto alle diverse tecnologie disponibili. A ciò si aggiungerà il concetto di roaming, non più applicato alle chiamate voce, ma, ancora una volta, al servizio di accesso Ip: quando un utente si trova in una zona non coperta dal proprio operatore, gli accordi di roaming gli permetteranno di avere un accesso Ip in modo semplice e trasparente.

NEUTRALITÀ DELLA RETE E RUOLO DEGLI OPERATORI

La distinzione tra chi offre il servizio di Ubiquitous Ip Connectivity e coloro che offrono servizi applicativi definisce nei fatti il concetto di neutralità della rete: in una rete neutra l’operatore che offre l’accesso Ip non discrimina, controlla e limita in alcun modo l’uso che l’utente fa di quella connessione. In pratica, come sostiene Tim Berners Lee, una volta che l’utente ha pagato per accedere alla rete con una certa qualità di servizio (di trasporto), l’operatore non può interferire con l’uso che egli ne fa. Ciò non vuole dire che la rete sia gratis o che per avere elevate qualità di servizio l’utente non debba pagare di più. Vuol dire che l’operatore non può “forzare” l’utente a usare certi servizi o a far pagare in modo differenziato l’accesso a certi servizi (per esempio, Yahoo invece di Google) in funzione dei propri accordi commerciali.

La neutralità garantisce non discriminazione e libertà di scelta.

Se così è, quindi, cosa “rimane” all’operatore di servizi di telecomunicazione? La separazione tra infrastruttura fisica e servizi di accesso Ip porterà ad avere aziende indipendenti, possibilmente partecipate anche da enti pubblici, che forniranno servizi wholesale, all’ingrosso, di trasporto Ip o più semplicemente l’accesso a “fibre spente” (primo livello del mercato). Al secondo livello del mercato, gli operatori in senso stretto forniranno all’utente servizi di accesso Ip e altri servizi infrastrutturali, come i servizi di micropagamento tramite cellulare. Al terzo livello del mercato vi saranno i fornitori di servizi applicativi come la voce e l’Iptv, tv su Internet. (1) È chiaro che il realizzarsi di questo scenario porterà a pesanti conseguenze sul fronte organizzativo e occupazionale. Una società che si occupasse “solo” di fornire trasporto Ip dovrà essere molto snella e non richiederà corpose funzioni di staff e marketing. Chi fornisce servizi, come la voce, si troverà a competere con operatori di livello internazionale come Skype o Vonage.

QUALE STRATEGIAPER TELECOM ITALIA?

In questo contesto, Telecom Italia deve affrontare una situazione non semplice. Deve reperire risorse per gli investimenti necessari allo sviluppo della rete e, al tempo stesso, deve rispondere alle pressioni crescenti da parte del mercato e degli enti di regolazione e controllo che spingono affinché la rete sia utilizzabile anche da altri operatori. Deve gestire il rientro dal debito e al tempo stesso garantire un dividendo adeguato ai propri azionisti.
Diverse sono le strategie ipotizzate per Telecom Italia: separazione funzionale (come Bt nel Regno Unito), vacanza regolatoria o sostegno pubblico all’incumbent (come proposto in Germania), separazione strutturale. In realtà, appare auspicabile procedere a una separazione strutturale della rete, con quotazione della nuova società e partecipazione/sostegno finanziario anche di soggetti pubblici. La nuova società, se dotata di una contabilità regolatoria, diviene così un “level playing field” per tutti gli altri operatori, assicurando nel contempo una remunerazione adeguata ai finanziatori passati e futuri grazie a tariffe approvate dall’autorità. Questa soluzione, ancorché poco diffusa a livello internazionale (per esempio, Singapore), appare l’unica a garantire lo sviluppo di un mercato aperto e competitivo, secondo le linee discusse in precedenza, e nel contempo il reperimento di quelle risorse finanziarie private e pubbliche in grado di sostenere gli investimenti infrastrutturali necessari allo sviluppo della rete stessa.
Certamente, la separazione strutturale può avvenire solo in presenza di un forte impegno a livello nazionale e comunitario sul fronte regolatorio e di controllo, per far sì che vi sia reale competizione e apertura nell’accesso alle risorse della “nuova” rete. In questo quadro, l’accesso Ip deve essere considerato un servizio universale. In generale, è necessario un ruolo forte del pubblico e della politica, sia dal punto di vista legislativo e normativo, sia per quanto riguarda le scelte di allocazione degli investimenti strategici del paese.

(1) Al livello 0 ci saranno fornitori di infrastrutture civili: proprietari di cavedi, torri, dotti, ecc. e potranno essere alquanto numerosi, essendo fortemente localizzati sul territorio.

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  1. franco benoffi gambarova

    Alcune osservazioni: 1. Se esiste un mercato aperto in Italia, questo è rappresentato dall telefonia. 2. Intervento della politica: finora è stato nefasto ed è costato carissimo agli azionisti, senza andare a vantaggio di chicchessia: intervento degno di essere citato da C.M.Cipolla nella seconda parte di "Allegro ma non troppo". L’azionista di controllo Olimpia (ovvero Pirelli), aveva chiarissime le strategie da seguire (convergenza, alleanze, possibile separazione della rete), ma è stato regolarmente boicottato, fino a forzare la cessione a terzi. E quindi dopo che sono state bocciate allenze volute da Pirelli, ci troviamo oggi con un’alleanza zoppa con Telefonica. E’ una verità amara, ma deve essere ricordata. Anche managers di grande valore come Galateri e Bernabè (già "fregato"una volta dalla politica al tempo dei "sergenti coraggiosi") troveranno difficle raddrizzare le sorti di Telecom Italia. Meglio allora accettare un’alleanza piena con Telefonica, che ha i mezzi e le idee per rilanciare Teleco Italia; con la speranza che anche in questo caso non torni a prevalere la tutela dell’italianità.

  2. stefano facchini

    Era ovvio che dopo anni di profitti privati, intascati da pseudo-managers avidi ed incapaci, ricavati non dall’attività industriale d’impresa ma solo indebitando l’azienda in un contesto per alcuni aspetti ancora monopolistico (si pensi alla mai riuscita liberalizzazione dell’ultimo miglio), ora, che la competitività internazionale richiede investimenti in tecnologia e reti, si auspica l’intervento di denaro pubblico. Ma quale regolazione, ma quale controllo? Può questo debole paese imporre qualcosa a qualcuno che non sia solo ed unicamente i comuni cittadini? La grana, facciamocela mettere da quelli che si sono sinora arricchiti sulle spalle dei lavoratori e degli utenti. Con affetto Stefano Facchini

  3. G. Caldo

    Il problema di una rete a partecipazione statale è che diventerebbe molto facilmente e molto velocemente un serbatoio di voti inefficiente, gestita male e fortemente sindacalizzata, vedi Alitalia D qui due proposte – la partecipazione statale avvenga in un modo tale da non creare carrozzoni, ad esempio si concentri solo nella creazione delle infrastrutture di accesso (livello 0 e parte del livello 1, fino ai cavi, diciamo), ma non nella gestione di alcun servizio (cosa in cui è notorio il pubblico non brilla): insomma, posare i cavi sì, ma gestirne la manuntenzione e l’affitto no – le infrastrutture costruite con investimenti pubblici vengano concesse a degli operatori wholesale (livello 1) NON a partecipazione statale. Le concessioni potrebbero essere di 5-10 anni alla volta e su base macroregionale, per creare un po’ di concorrenza almeno in fase di gara d’appalto

  4. massimiliano cese

    Ringraziamo il grande top manager tronchetti provera per aver trasformato una azineda florida che doveva essere in grado di supportare la nazione con tecnologie sempre alla avanguardia in un elefante immobile chiuso in un vicolo cieco. l’operazioni di Levereged buy-out per acquistare la telecom condotta da tronchetti ha indebitato la stessa a discapito della ricerca e sviluppo. Mancano controlli seri in italia e noi ne paghiamo sempre le conseguenze.

  5. Carlo Carletti

    Sono daccordo con la separazione della rete, non mi trovo daccordo invece sul fatto lo psin off della rete debba avvenire con intervento pubblico. Credo invece che in una cornice di mercato bene regolamentato che stimoli l’ingresso anche di nuovi soggetti, sia a livello di servizi che di infrastrutture, la rete di accesso possa essere gestita efficacemente ed efficentemente da un soggetto privato.

  6. Mauro Molinaris

    La rete va separata ed affidata ad una società con forte partecipazione statale (gestita da persone capaci… e qui sta il vero problema), perché NON si può lasciare quello che è un monopolio naturale in mano ai privati. Strano Paese il Nostro… abbiamo privatizzato quasi tutti i monopoli naturali (rete telefonica, rete autostradale e a breve anche rete elettrica e rete ferroviaria) ed invece ci siamo tenuti sul groppone una compagnia di bandiera che ci è costata in 15 anni 15 miliardi di Euro (si veda articolo di oggi su Repubblica ) in un settore dove il monopolio non c’è (e non ci potrebbe nemmeno essere) ! Diciamola tutta queste più che scelte strane… sono scelte fatte da emeriti incapaci!

  7. Luigi Barberio

    E’ evidente che la situazione in cui si trova Telecom rappresenta il vicolo cieco in cui in questi ultimi 20 anni si è infilato il nostro paese. La rete IP, come quella elettrica, come quella idrica, sono sistemi complessi che non possono essere oggetto di "mercato", ma devono essere gestiti in funzione degli interessi della collettività. Ciò a maggior ragione in un paese come l’Italia dove il senso civico della cosa comune latita e riaffiora solo ai mondiali. La svolta elettorale non penso possa contribuire a produrre idee/soluzioni rispetto a tale tema con ciò contribuendo a rendere ancora più "obsoleto" il nostro paese.

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