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CON AIR FRANCE VOLANO VIA I CAPITALI STRANIERI

Il ritiro dell’offerta di Air France su Alitalia pone problemi molto seri alla sopravvivenza della compagnia di bandiera. Ma è soprattutto un’ennesima dimostrazione di come nei confronti dei capitali esteri la nostra sia oramai diventata un’economia di rigetto più che di attrazione. Il caso, con le sue false verità, ricorda al mondo che per applicare un contratto contestato da noi ci vogliono 1.210 giorni contro 331 in Francia e che a ogni Finanziaria si modificano le regole fiscali. Gli investimenti torneranno solo quando le regole del mercato e di chi le governa saranno chiare e certe.

Chi investe rischia, ma chiede regole del gioco chiare e precise. In Italia questa condizione non c’è e perciò i capitali stranieri o non vengono o se ne vanno. Èbene ricordare che nel nostro paese nel 2006 lo stock degli investimenti diretti esteri sul Pil era il 15,9 per cento contro il 38 per cento per la media europea. Negli ultimi cinque anni in Italia sono state fatte 561 nuove operazioni di investimento, contro 1360 in Francia, 727 in Spagna e addirittura 1033 in Polonia.
E con mercati sempre più integrati e l’esplosione geografica della produzione sia di manufatti che di servizi, essere un territorio in grado di attrarre attività dall’estero è un tassello essenziale, imprescindibile per la crescita di un’economia contemporanea.

TRA REALTÀ E SURREALTÀ

Molti si interrogano sulla bassa attrattività del nostro paese e su cosa fare per aumentarla. Questo è un obiettivo che chi governerà l’Italia nei prossimi anni deve per forza mettere al centro della propria agenda. La bandiera dell’italianità sotto cui il prossimo presidente del Consiglio ha deciso di giocare la partita dell’Alitalia non è certo un buon primo passo per segnalare che il nuovo esecutivo intende porsi seriamente il problema di attrarre maggiori investimenti dall’estero.  
La rottura della trattativa Air France-Alitalia, non solo pone problemi serissimi alla sopravvivenza della compagnia di bandiera, ma è anche un’ennesima dimostrazione, forse la peggiore negli ultimi tempi, di come nei confronti dei capitali esteri la nostra sia oramai diventata un’economia di rigetto più che di attrazione. 
La partita vera in questo caso è stata quella tra la gelida “realtà” dei fatti e dei numeri (la squadra perdente) e la colorata “surrealtà” di scenari impossibili ma venduti per veri (la squadra vincente). Nel modo in cui il “surreale” ha sconfitto il “reale” c’è tutto il dramma della gestione politica della nostra economia.
La “realtà” sta nei numeri dei bilanci Alitalia, in un conto economico che non torna e non può tornare alle attuali condizioni; nel fatto che il problema è soprattutto industriale più che finanziario; nel fatto che solo attraverso una forte alleanza o integrazione con un gruppo straniero è possibile far tornare nuovamente quei conti; nel fatto che un doppio hub a Fiumicino e Malpensa non può funzionare; nel fatto che l’Alitalia è un’azienda che opera sul mercato e che se non ce la fa fallisce o va in amministrazione controllata.
La “surrealtà” invece, alimentata dal ping pong tra le rigidità suicide dei sindacati e la presunta cordata italiana di Berlusconi, sta nel pensare che possa esistere una soluzione alternativa ad Air France che sia meno costosa in termini di occupazione e denaro. Le sinergie e le tasche profonde di Air France avrebbero permesso un piano di ristrutturazione più morbido e investimenti minori di un’eventuale soluzione stand alone. E sicuramente ancora minori di quelli che deriverebbero dal resuscitare Alitalia dalle ceneri di un’amministrazione controllata.
Soprattutto, la surrealtà ha creato l’illusione che in un settore con economie di scala e di network come quello aereo una soluzione nazionale possa essere meglio di una globale.
In questo straordinario malinteso la verità del mercato e delle regole non hanno più significato. Con la farsa finale di 300 milioni di soldi dei contribuenti giustificati da motivazioni di ordine pubblico per aggirare il divieto degli aiuti di Stato.

INVESTIMENTI E REGOLE

La perdita di credibilità internazionale del nostro paese prescinde dal comportamento più o meno tignoso di Air France o dalle presunte ragioni industriali che ne hanno motivato l’abbandono. Il caso Air France e le sue false verità semplicemente ricorda al mondo che per applicare un contratto contestato da noi ci vogliono 1.210 giorni contro 331 in Francia; che per costruire un’opera pubblica del valore maggiore di 50 milioni ci vogliono in media undici anni; che a ogni Legge finanziaria vengono modificate le regole fiscali.
Non sarà facile per il nuovo governo rimediare. Gli investimenti torneranno in Italia solo quando ci sarà nuovamente un terreno di gioco in cui le regole del mercato e di chi le governa saranno chiare e certe. Il vantaggio è che le cose da fare sono ovvie. Lo svantaggio è che per farle bisogna avere il coraggio di scontrarsi con i gruppi di interesse, dai sindacati ai più piccoli comuni, che continuano a tenere in scacco l’interesse nazionale.

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21 commenti

  1. Marco Giovanniello

    L’autore afferma che "un doppio hub a Fiumicino e Malpensa non può funzionare". Con Alitalia non può funzionare, certo, ma non sembra che funzioni neanche l’ hub single a Fiumicino. Chiuso quello di Malpensa, chiusi i voli per Cina e India, come mai Alitalia perde ancora soldi, raschia il fondo della cassa e ha bisogno di un prestito pubblico? Perché addossare le colpe a Malpensa era comoda propaganda per favorire gli interessi romani. Swiss ha un hub a Zurigo, la Svizzera ha 7.300.000 abitanti, meno della Lombardia, così come Austrian ha il suo a Vienna, l’ Austria ha 8.200.000 abitanti. Perché l’Italia non può avere due hub, con 57.00.000 di abitanti e un traffico interno che in Svizzera e Austria non esiste. La Germania ha due hub, la Gran Bretagna e la Francia no, perché non hanno città in grado di rivaleggiare con le capitali. In tutto il mondo l’hub coincide con la sede del mercato finanziario, senza eccezioni, salvo Milano.

  2. Hans Suter

    But seriously, the airline business has been extraordinary. It has eaten up capital over the past century like almost no other business because people seem to keep coming back to it and putting fresh money in. You’ve got huge fixed costs, you’ve got strong labor unions and you’ve got commodity pricing. That is not a great recipe for success. I have an 800 number now that I call if I get the urge to buy an airline stock. I call at two in the morning and I say: "My name is Warren and I’m an aeroholic." And then they talk me down.

  3. Marco Maggi

    Niente paura! Il bacino di voti e consenso verrà salvato, anche questa volta, ricorrendo a qualche manovra arrotolata analoga a quella con cui il precedente Governo B. ha salvato l’amato Calcio (finanziamento semi-occulto attraverso la RAI). Invece di vitello, prosciutto e formaggio: Alitalia, Aeroflot, Intesa-Sanpaolo. Per tenere tutto insieme: filo o stuzzicadenti?

  4. Paolo

    Che Berusconi ha utilizzato l’Alitalia a scopi elettorali e che il Governo Prodi aveva ragione. Ora non possiamo altro che aspettare il fallimento e ringraziare il governo entrante. Complimenti!

  5. Massimo GIANNINI

    In un commento a un altro post ponevo il problema degli IDE in Italia e della irresponsabilità di certe parti che avrebbero certamente spinto Air France a lasciare. Dico anche che a mio parere Air France ha fatto bene a defilarsi. Mi stupivo che dopo la penale che pagò KLM per un arbitrato perso volessero rientrare in Italia. L’Italia é un paese non in grado di garantire ai propri investitori una maggiore sicurezza giuridica e di creare un clima, politico e sociale favorevole all’investimento di capitali privati esteri. Air France se n’é accorta, ma bastava leggere la stampa francese. A proposito Alitalia é stata sospesa in Borsa per comunicazioni ufficiali. Significa che le esternazioni nei giorni passati di politici, sindacati e soprattutto di Berlusconi non meritavano la sospensione del titolo. Altro che sicurezza giuridica e vero mercato.

  6. Andrea

    Buongiorno e soprattutto complimenti al sito che ho scoperto grazie ad un articolo sul sito wall street italia. credo di essere uno dei 57 milioni di italiani che stanno seguendo appassionatamente il caso della nostra compagnia aerea e vorrei solo spendere due parole per un commento personale generalizzato al caso Alitalia ed alla nostra classe politica: ho notato negli anni come nel nostro paese la politica abbia piantato le sue radici ovunque, a mio avviso stiamo perdendo di vista la vera democrazia, non è opssibile venire quotidianamente manipolati da persone che gestiscono il nostro portafoglio, le nostre vite e il nostro futuro attraverso false promesse, propagande illusorie, bombardandoci di spot e programmi per farci stare buoni seduti sul nostro divano mentre loro non fanno quello per cui sono stati votati. Sono convinto che nella classe politica del nostro paese ci sia più marciume che in altro posto al mondo e che quelli che pagano caro questo prezzo siamo sempre noi cittadini. Per quanto riguarda l’Alitalia essendo un’azienda con la maggioranza statale, i commenti vengono da se: il fallimento è della classe politica che non ha saputo intervenire e gestire la compagnia.

  7. Stefano Lalatta Costerbosa

    Ascoltando i dibattiti di questi giorni su Alitalia, uno straniero potrebbe pensare 2 cose: 1) Alitalia è un "bocconcino" che macina utili e innovazione, che 2 scellerati (Prodi/PadoaSchioppa) volevano regalare ai francesi. 2) Che i politici e i sindacati hanno cercato di combattere contro un management inetto e dissennato (visti i 5 mld di euro che l’azienda ha ingoiato in 15 anni). Ma qualc’uno ha mai letto il contratto integrativo di Alitalia? Ha mai confrontato stipendi e efficienza lavorativa di Alitalia con altre compagnie? Che vergogna! Tecnicamente Alitalia vale 0 (zero!) altro che regalo ai francesi. Voglio vedere la cordata dei nostri imprenditori che mettono mano al portafogli. I benetton e i tronchetti? Forse se gli regalano la compagnia (e allora Air France?) e una dotazione di 5 mld (Intesa?) forse la prendono. Poveri noi e povera (Al)italia. slc

  8. Spiridione Dicorato

    Non credo che l’attrattività dei capitali esteri dipenda esclusivamente dalle regole di mercato chiare e certe. Le ragioni principali sono imputabili secondo me a: – inesistenza di materie prime – elevato costo dell’energia – elevato costo della manodopera – elevato prelievo fiscale – eccessiva burocrazia – deficit infrastrutturale una volta risolti questi problemi, possiamo tornare nuovamente a parlare di capitali esteri in Italia, in linea con la media europea.

  9. Gabriele

    Vorrei farvi i miei complimenti per “le trasmissioni” raramente si trovano commenti e informazioni così complete.

    Penso che i 300Ml “Ponte” (solo quelli sappiamo fare) di cui si parla per Malpensa, Berlusconi li accrediterà come l’ultima azione del governo Prodi. Non capisco perchè non abbiano aspettato che fosse stato il nuovo governo a prendere una decisione.

  10. Paolo Guglielmetti

    Mia nonna diceva: le bugie hanno le gambe corte. Sarà semplicistico ma è proprio così. Ma chi volete mai che compri mai un’azienda (che perde € 1000000 ) al giorno senza poter seriamente intaccare il potere di coloro ( in primis sindacati che al solito proteggono coloro hanno già un lavoro ) che hanno fatto andare a rotoli l’azienda? Solo qualcuno che ha altri interessi non strettamente economici. Vi pare che questa sarebbe una buona scelta? Rispondetevi da soli. Per parte come mia, come autentico liberista, ritengo Alitalia vada fatta fallire, visto che non è in grado di stare profittevolmente sul mercato. E’ solo un’impresa che distrugge benessere per proteggere qualche migliaio di privilegiati. Stiamo pure tranquilli che, se il mercato aereo del nord italia è buono, verranno altre compagnie ad offrirci la possibilità di volare a costi più bassi e con migliori servizi. Purtroppo i liberisti in Italia, da sempre, sono quattro gatti e i nostri politici non sono leaders, vengono guidati dalle aspettative degli elettori per pessime che esse siano!

  11. Andrea De Leonardis

    Sono perfettamente d’accordo con l’autore dell’articolo e credo che il caso Alitalia sia emblematico per descrivere la realtà politico-economica del nostro Paese. Un paese che è rimasto immobile mentre il mondo corre. Un paese dove la politica sfrutta a scopi personali/elettoralistici un caso aziendale con l’unico obiettivo di screditare l’avversario e senza avere nessuna considerazione per le vere possibilità di salvataggio dell’azienda. Un paese dove ancora i sindacati credono di tutelare i lavoratori mentre invece tutelano solo i loro privilegi, i loro interessi politici/corporativi. Un paese dove i sindacati hanno preferito rompere le trattative con un partener internazionale come AirFrance che prevedeva 2000 esuberi per imboccare la strada del commissariamento/fallimento. Quanti saranno i questo caso gli esuberi? Siamo un paese che non sa assumersi le proprie responsabilità e dove tutti incolpano gli altri per la situazione a cui si è arrivati: Prodi accusa Berlusconi, Berlusconi incolpa Prodi/Padoa Schioppa, Padoa Schioppa punta il dito sui Sindacati ed i Sindacati si sentono abbandonati dal Governo. Alla fine della fiera però ci rimettono sempre i lavoratori ed il Paese!!!!

  12. stefano monni

    Vorrei soffermarmi su alcuni aspetti della questione Alitalia. da molte parti si è avanzata la questione della difesa della italianità nel risolvere il problema legato alla sopravvivenza della compagnia di bandiera alla faccia della globalizzazione, del libero mercato, della efficente allocazione delle risorse. Ciò che sorprende che questa difesa della italianità viene proprio da compagini politiche – quelle che hanno vinto le recenti elezioni – che si rifanno a parole alla libertà anche in campo economico. Si parla tanto di una convenienza nel difendere l’italianità della compagna, ma a fronte di tale convenienza quali sono i relativi costi per il contribuente? quanto è costato al detto contribuente rimandare in tutti questi anni la vendita dell’Alitalia e quanto gli costerà aver favorito la ritirata dell’Air France, per non parlare del rischio fallimento che comporterà costi sociali non indifferenti ? In che termini poi questi ultimi ulteriori costi a carico della collettività si ripercuoteranno sulla politica di riduzione delle tasse sbandierata ai quattro venti in questa campagna elettorale dai neovincitori?

  13. lodovico malavasi

    Completamente d’accordo. Ma più di tutto poté Prodi nei casi Autostrade- Albertis e Telecom -AT§ T. Ma, nei ricordi, i casi sono innumerevoli.

  14. daniele

    Tutto vero (quasi). Però specificherei che la proposta francese conteneva condizioni davvero irricevibili come quella di un sostanziale congelamento del mercato del Nord (cioè del 62% del mercato italiano). Quel "mantenimento dei diritti di traffico in portafoglio ad Alitalia" significava: "nessuno si azzardi a far arrivare altre compagnie a servire quella domanda che Alitalia non serve più una volta trasferita a Fiumicino perché dal Nord si andrà a Parigi". E questo – soprattutto da un sito che sempre sottolinea l’importanza del mercato – deve essere messo in luce. Del resto l’Italia è l’unico paese in cui la compagnia non sia basata laddove esiste la maggiore concentrazione di domanda (la sola Milano vale il 33% del mercato) e l’unico paese con un aeroporto per campanile (100 contro i 30 della Francia). Queste condizioni – che definiscono il mercato – devono essere prese in considerazione. Cordiali saluti

  15. alessandro r.

    Il Ministro Padoa Schioppa (sul sito del Mef) ricostruisce il caso per le Commissione Bilancio e Trasporti. In sintesi, andata deserta la prima asta (nel 2006), il Governo ricontattò tramite una banca d’affari 28 possibili acquirenti, ivi compresi tutti e 18 quelli che si erano ritirati mesi prima, dopo un iniziale interesse. Strano; come un negoziante che rincorra il cliente che non ha comprato, e lo invita a rientrare in bottega. Non si poteva rifare un’asta chiusa a condizioni più appetibili? certo, si rischiava che il mercato saggiasse, magari innescando una spirale al ribasso. Ad ogni modo, il governo, rilevata finalmente l’intenzione di Air France, quest’anno sigla un "contratto" che dice: ok, trattiamo con Air France: ma inserisce una clausola che dice (+ o –) qualora ci fosse un nuovo soggetto interessato a rilanciare (a condizioni migliori), allora il contratto con AF decade. Stranezza n. 2: il Governo supplica l’acquirente, poi (all’italiana…) mette 1 codicillo che salva la faccia e lascia l’anta aperta al nemico. E Berlusconi, che non vede l’ora, ci si attacca, legittimato, anche se stigmatizzato dalle belle parole finali di TPS. Morale?

  16. enrico

    E siamo all’eterna aspettativa del deus ex machina che risolva tutto con la bacchetta magica, perche’ si sa, noi italiani possiamo fare i miracoli e ci e’ permesso quello che agli altri paesi non e’ concesso. Nel frattempo ci affidiamo al demiurgo di turno. Come si diceva una volta "francia t..ia a noi Nizza e Savoia". Che pena di paese.

  17. Mauro Molinaris

    Di fronte ad un problema il politico capace lo risolve, quello incapace fa una legge. E così oggi ci ritroviamo con 21.000 leggi ed un mare di problemi. Proposte concrete: cominciamo dalla Giustizia. 1) Giudici di Pace : compentenza per tutte le cause civili fino a 20.000 Euro 2) Possibilità per la parte di stare personalmente (senza assistenza di avvocati) 3) Discussione in Camera di Consiglio delle cause (come per le Commissioni Tributarie). Con una giustizia che comincia a funzionare, ci sarà anche molto meno necessità di leggi e leggine. Cominciamo a semplificare perché semplificare significa anche velocizzare!

  18. Massimo GIANNINI

    Ecco che il nuovo governo propone la sua prima operazione di finanza creativa alla Commissione. Un prestito ponte che va ben al di là delle sue giustificazioni ridicole scritte ad arte per cercare di non incappare nella normativa sugli aiuti di stato. Per Alitalia non si tratta del primo aiuto vagliato dalla Commissione, e ogni volta gli raccontiamo che sarà l’ultimo. Questa volta si é passato il limite mostrando di non accettare un’offerta di un partner europeo e di preferire ancora un aiuto di stato per tirare a campare. Spieghiamolo bene alla Commissione, a Ryanair e alla Corte di Giustizia. Che faccia tosta, il nuovo governo, millantatore, si presenta bene in Europa.

  19. luigi zoppoli

    L’attrattività dell’Italia verso investimenti tranieri non si pone: l’impossibilità di recuperare un credito se non con la mafia, l’impossibilità di dirimere una questione in tempi non biblici, una burocrazia asfissiante ed inutile, l’intermediazione malavitosa di mediatori, portaborse ed affaristi, un sistema creditizio feudale, un sistema di relazioni industriali medioevale già sarebbero state sufficienti. Alitalia per le modalità illogiche, per sindacati inadeguati, per l’intromissione impropria di politicanti è solo la cilegina sulla torta di un paese che senza cambio radicale e totale di classe politica e dirigente e soprattutto di mentalità, senza una forte accelerazione di riforme liberali, sarà un paese delle banane senza neppure le banane.Altro che investimenti stranieri: neppure italiani. luigi Zoppoli

  20. Federico Orlandini

    Sto seguendo la vicenda Alitalia che risulta essere un tipico esempio di management-maccheronico tipico dell’Italia. Tanti parlano di possibili soluzioni, cordate, etc. ma la domanda che pongo io è: a chi giova aver fatto fuggire AirFrance? E’ stata solo una mossa politica? Oppure si vuole aiutare qualcuno? Forse aiutare gli investitori (banche o che altro) che riceverebbero una notevole perdita economica dal fallimento Alitalia? Oppure si vuole preparare la compagnia di bandiera per poter essere acquistata da qualcuno? (Magari avendo alleggerito i debiti dell’azienda grazie ad eventuali prestiti di stato). Federico Orlandini

  21. Guido Martinotti

    Berlusconi intende affidare l’Alitalia alle FFSS, Così finalmente anche gli aerei arriveranno in orario GM

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