Potere legislativo al Parlamento europeo, spazio transatlantico, emissione di Eurobond, tassazione coordinata dei consumi: le proposte di Tremonti sollevano problemi certamente esistenti. Soprattutto parlano di Europa, quando quasi nessuno ne parla più. Ma è un’Europa fortezza in un mondo fatto di accordi bilaterali, non un soggetto che contribuisce gradualmente alla formazione di un mondo multilaterale. Un’occasione di dibattito che l’opposizione non dovrebbe sprecare. Di temi analoghi si dicuterà al Festival dellEconomia di Trento dal 29 maggio al 2 giugno.
In campagna elettorale si è ampiamente discusso del fatto che da quindici anni leconomia italiana cresce meno degli altri grandi paesi europei di circa un punto percentuale lanno, sia nei tempi di vacche grasse che nei tempi di vacche magre. Per questo si parla tanto di come far ripartire la crescita. Ma il meno uno allanno vuol dire che se lEuropa cresce del 3 per cento, leconomia italiana cresce del 2 per cento, mentre se lEuropa cresce dell1 per cento, il Pil dellItalia ristagna. Meno uno vuol cioè dire che lItalia cresce al traino dellEuropa. Se le cose stanno così, è illusorio pensare che il nostro paese possa evitare il declino, economico e non, se lEuropa non risolve i suoi problemi.
UNA VISIONE DEL MONDO
Questo è il plausibile punto di partenza implicito nellanalisi del libro La paura e la speranza di Giulio Tremonti, un ambizioso progetto di rifondazione delle politiche e delle istituzioni europee con scarsa attenzione specifica allItalia. Se per ragioni che non ci piacciono ma che oggi sono un dato di fatto, sembra dire Tremonti, cresciamo al traino dellEuropa, una parte dei nostri problemi potrebbe essere risolta se lEuropa crescesse più rapidamente. Per questo lultimo capitolo del libro contiene, in dieci paginette, una lista di proposte concrete che rappresentano unutile anteprima della probabile agenda europea del governo Berlusconi 4. (1)
La prima proposta mira ad affrontare lattuale deficit di democrazia di cui soffrono le istituzioni europee. Lidea di Tremonti è attribuire potere di iniziativa legislativa al Parlamento europeo (oggi ce lha solo la Commissione) su materie che sono già al di fuori della competenza degli Stati nazionali. Lesigenza è quella di ritrovare una legittimazione per la politica europea in una situazione in cui la globalizzazione mette in difficoltà la sovranità degli Stati nazionali e, nello stesso tempo, di eliminare il conflitto di interessi in cui oggi versa la Commissione, che da un lato legifera e dallaltro vigila sulla produzione legislativa degli Stati e dei Parlamenti nazionali.
Alla proposta di riforma istituzionale del funzionamento dellUnione Europea, se ne aggiunge unaltra relativa alla necessità di creare uno spazio economico transatlantico tra Europa e Usa in modo da uniformare le normative antitrust e brevettuali e le politiche per lagricoltura. Lobiettivo ultimo è arrivare a una nuova Bretton Woods, cioè a un accordo mondiale tra i grandi attori del commercio mondiale che dia un quadro di regole per gli scambi internazionali che avvengono sui mercati dei beni, dei capitali, dei cambi e del lavoro. Èa tutti gli effetti una proposta di cambiamento del modo in cui lEuropa partecipa al Wto, con esplicito riferimento allapplicazione di clausole sociali e ambientali, cioè di dazi e Iva perequativa (leggi punitiva) verso i paesi che non le rispettano (leggi Cina). Ma è anche una proposta che mira ad applicare la normativa antitrust verso le nazioni produttrici di materie prime che fanno cartello, come i paesi Opec per il petrolio, Russia, Iran, Algeria e Qatar per il gas.
Terzo, sempre per rilanciare lEuropa e soprattutto per sfruttare la forza delleuro sui mercati valutari, Tremonti aggiunge la proposta di utilizzare lemissione di Eurobond (obbligazioni denominate in euro) per finanziare grandi progetti di investimento in settori strategici e offrire supporto a una nuova politica industriale europea senza farsi strozzare dai vincoli di Maastricht.
Infine, più in prospettiva, Tremonti suggerisce ladozione di un approccio europeo alla riforma fiscale, che sposti progressivamente la base imponibile dai redditi alle cose, cioè ai consumi. Èuna proposta avanzata anche negli Stati Uniti da Lawrence Kotlikoff e raccolta da alcuni candidati alle primarie (Huckabee). La proposta si basa sullidea che i redditi da capitale siano sempre meno tassabili nel mondo globale e che, anche per questo, i redditi da lavoro siano ormai troppo vessati. Una strada alternativa sarebbe allora quella di tassare i consumi. Una riforma di questo tipo non potrebbe però, secondo Tremonti, essere attuata al livello degli Stati nazionali.
OCCASIONE UTILE
Dunque: potere legislativo al Parlamento europeo, spazio transatlantico, emissione di Eurobond, tassazione coordinata dei consumi. Nellinsieme, le proposte di Tremonti sollevano problemi certamente esistenti e parlano di Europa, quando quasi nessuno ne parla più. Ma è unidea di Europa fortezza in un mondo fatto di accordi bilaterali, non di un soggetto che contribuisce gradualmente alla formazione di un mondo multilaterale. E la strada del protezionismo difensivo è larga allingresso, ma poi diventa molto stretta al momento di uscirne, perché il giorno della resa dei conti per le categorie temporaneamente protette contro la concorrenza sleale non viene mai. Infine, non è molto chiaro come si concili il ritorno della politica industriale e la difesa della politica agricola europea con le battaglie intraprese dalla Commissione per laffermazione del Mercato Unico.
In ogni caso, sono proposte fondate su una visione del mondo. Di sicuro, indicano che almeno lideologo principale del governo proporrà un approccio di politica europea molto differente da quello discrezionale e allitaliana (la diplomazia di Villa Certosa) che ha finora attirato lattenzione dei media. Sarà istruttivo vedere se e quanto il nuovo governo recepirà le sue indicazioni. Sarebbe utile che, nella politica e nella società italiana, si cogliesse loccasione per pensare alle elezioni europee del 2009 anche in questa luce, appoggiando o criticando le proposte di Tremonti, invece che sprecare loccasione del voto europeo per una resa dei conti interna allopposizione.
(1) Il capitolo contiene un insieme più ampio di proposte che si estendono, tra laltro, anche alla necessità di rifondazione morale dellItalia, di cui non discuto qui.
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È stato Professor of Macroeconomic Practice alla School of Management dell'Università Bocconi, dove insegnava Macroeconomics, Global Scenarios ed è stato direttore del Full-Time MBA. Ha insegnato in varie università come l’Università Cattolica (sede di Piacenza), Parma, Brescia, Monaco e Lugano. Ha svolto attività di consulenza presso il Ministero dell’Economia, la World Bank, la Commissione Europea e il Parlamento Europeo. Le sue ricerche si sono concentrate sulla relazione tra le riforme economiche, l’adozione delle nuove tecnologie e l’andamento della produttività aziendale e settoriale in Italia, Europa e Stati Uniti. Ha collaborato con il Corriere della Sera e ha fatto parte del comitato di redazione de lavoce.info, di cui è stato Managing editor dal 2014 al 2020. Scomparso il 29 dicembre 2021.
Massimo GIANNINI
Non riesco francamente a vedere perché si dovrebbe continuare a dar credito a Tremonti. Nel precedente governo ha fatto quel che ha fatto infischiandosene dell’Europa e di quello che la Commissione diceva. Ora parla d’Europa come se i problemi dell’Italia vengano da lì invece di dire cosa può fare l’Italia per l’Europa.Inoltre l’agenda di Tremonti non risolve alcuno dei problemi italiani. Ci becchiamo continui richiami all’ordine e altri moniti, se non cause in Corte, sull’economia, sull’ambiente, sull’informazione e televisione che sarebbe interessante vedere come l’Italia del nuovo governo voglia rispettare le regole europee. Tassazione coordinata ed emissione di eurobond sono vecchi cavalli di battaglia "creativa" di Tremonti, non si sa a chi giovino e magari a chi interessano. Tanto l’agenda europa é un’altra…Nel nuovo governo non c’é un solo ministro con esperienza internazionale e tantomeno europea,rilevante e/considerata, nemmeno di studio all’estero credo…
paolo crisafi
Tre osservazioni brevissime: numero A: se siamo consapevoli che le parole crescita e PIL sono parole ambigue, perché continuiamo ad usarle come niente fosse per i nostri ragionamenti e per le agende politiche ? Qualuque bravo artigiano si guarderebbe bene dall’usare uno strumento che ha capito non essere buono per il suo lavoro. E gli economisti? Se continuano a farlo forse è perché la cosa è retoricamente vantaggiosa e utile (razionalità rispetto allo scopo)? numero B: perché l’Europa è considerata quasi sempre come un’entità estranea all’Italia? Anche qui la semiologia potrebbe darci qualche spiegazione interessante. Ma non c’è spazio qui per sviluppare il ragionamento. Numero C: l’idea di emettere gli eurobond era apparsa, se non erro, in un libro bianco sulla crescita di Delors nel 1993. Non se n’era fatto niente credo per la paura degli Stati membri di provocare un aumento incontrollato e incontrollabile della spesa pubblica. Adesso il rilancio dell’idea, al di là delle valutazioni di merito, mi pare possa nascondere la voglia di de-responsabilizzare i Governi nazionali agli occhi dei propri elettori in un campo delicato come l’indebitamento pubblico. Ma forse sbaglio.
filippo gidarelli
Da persona di sinistra, ma qui è irrilevante,sono costretto ad ammettere che Tremonti è arrivato prima su un problema fondamentale che invece non ho sentito affrontare in modo organico da nessun prodiano e cioè l’articolazione politica tra Italia ed istituzioni europee. Non sono molto in grado di scendere nel merito ma mi sembra sensato che l’unica via d’uscita da una crisi economica, ma non solo,sia la comprensione delle opportunità,non solo economiche, offerte dall’Unione europea.Rimane da vedere se, visto il livello generale di consapevolezza politica, il governo e l’intero paese riescono a seguirlo…
luciano
Da studioso delle problematiche relative ai metodi legislativi compreso quello dell’UE, penso che alcuni strumenti per correggere il problema della legittimità democratica in europa siamo già stati messi appunto. si pensi, ad esempio al metodo aperto di coordinamento, che permette di rendere più forte il ruolo degli stati nell’apporto alla produzione del diritto, rendendoli partecipi a tutti i livelli (isitituzionale, di poteri decentrati, di attori sociali pubblici e privati). E’ un procedimento di apprendimento reciproco tra gli stati, che si realizza attraverso il confronto tra le soluzioni potrate avanti dagli stessi e all’identificazione di quella che viene chiamata best practice, cioè quella ppolicy più adatta a risolvere i problemi che affliggono gli stati dell’UE. quella prospettata da Tremonti è una visione quasi utopica delle istituzioni europee, che porta ad un ripensamento radicale delle stesse e dell’intero sistema. penso pertanto che sarebbe impensabile alla realizzazione di questo progetto e iniziativa. si dovrebbero rafforzare, piuttosto, gli strumenti che giù esistono, come, ad esempio, l’open method of coordination.