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IL VICINO ROM

Dal punto di vista dei numeri, non c’è ragione di lamentare “invasioni” di rom e sinti nel nostro paese. Piuttosto sono assai problematiche le politiche adottate per la gestione di queste minoranze. Nel migliore dei casi si sono allestiti i campi nomadi, diventati oggi un aspetto saliente del problema. Servono invece soluzioni abitative plurime, negoziate con i diretti interessati e con le comunità locali. E progetti più ampi, con il coinvolgimento e la responsabilizzazione dei destinatari, la condivisione di regole, la presenza di figure di mediazione e accompagnamento.

Secondo le ultime stime disponibili, di Caritas-Migrantes, in Europa vivono all’incirca 9 milioni di rom e sinti, di cui meno di 2 milioni nell’Europa Occidentale. Tra i paesi più interessati dal fenomeno, troviamo la Spagna con una popolazione compresa fra le 650mila e le 800mila unità, la Francia con valori stimati tra 280mila e 340mila, la Grecia, tra 160mila e 200mila. 
Per l’Italia, i dati si attestano intorno alla cifra di 120-150mila unità, e dunque pur aggiungendo un incremento in seguito all’ingresso nell’Unione di nuovi paesi membri come Bulgaria e Romania, dal punto di vista quantitativo, il nostro paese non avrebbe molti elementi di fatto per lamentare un’insopportabile invasione delle minoranze più stigmatizzate d’Europa.
Sarebbe bene, fra l’altro, parlarne al plurale, giacché si tratta di un mosaico di popolazioni per molti aspetti diverse: nazionalità, data di arrivo, religione, e così via. Quasi la metà, oggi, è presumibilmente in possesso della cittadinanza italiana, a volte da secoli; l’altra parte, è composta da gruppi stratificati per titoli di soggiorno e dotazione di diritti, con una cospicua quota di neo-comunitari, insieme a rifugiati, apolidi, stranieri in possesso o meno di permesso di soggiorno. Anche l’etichetta “nomadi” traduce più un pregiudizio che una situazione di fatto: solo una minoranza, compresa tra il 15 e il 30 per cento, conduce ancora una vita itinerante; molti non sono più nomadi da tempo, o non lo sono mai stati.

IL (NON) GOVERNO DELLA QUESTIONE

Il caso italiano si rivela invece assai problematico se prendiamo in considerazione le politiche indirizzate alla gestione delle popolazioni rom e sinte. Qui due considerazioni si impongono.

1) Come ha ricordato nell’autunno scorso Barroso, a nome dell’Unione europea, l’Italia non ha richiesto fondi comunitari per realizzare politiche rivolte a rom e sinti, a differenza della Spagna e di altri paesi. Del resto, si potrebbe chiosare, in varie regioni nel passato i fondi disponibili non sono stati richiesti dai comuni, per nulla intenzionati a realizzare strutture d’accoglienza o altri servizi per questi scomodi vicini di casa.
2) La misura più diffusa, nei casi benintenzionati, per intervenire sulla domanda abitativa di queste minoranze consiste nell’allestimento dei cosiddetti “campi nomadi”, che col tempo però da soluzione sono diventati un aspetto saliente del problema. Per citare solo una delle molte critiche avanzate da istituzioni internazionali, il comitato delle Nazioni Unite sull’eliminazione della discriminazione razziale (1), aveva notato nel 1999: “In aggiunta alla frequente mancanza dei servizi di base, l’abitare nei campi porta non solo alla segregazione fisica della comunità rom dalla società italiana, ma anche all’isolamento politico, economico e culturale”.
L’emergenza rom di oggi, e la percezione diffusa di insediamenti selvaggi e minacciosi, ha dunque a che fare con il mancato governo della questione, con la carenza di investimenti appropriati, con l’insistenza su misure ghettizzanti e stigmatizzanti. Nella maggior parte dei casi, si è preferito ignorare il problema, sperando che rom (e sinti) andassero ad accamparsi in un altro comune. Alla fine, il sonno della politica si è ribaltato nella politicizzazione dal basso della questione, con le rivolte dei residenti, gli incendi dolosi e la caccia a donne e bambini terrorizzati: prima dei fatti di Napoli, ricordiamo quelli di Opera.
Malgrado l’opinione diffusa, espellere i rom è tutt’altro che semplice, salvo violare norme europee e garanzie costituzionali. Basti pensare all’alto numero di minori. Neppure sgomberi e allontanamenti risolvono il problema: si limitano a spostarlo, o a riprodurlo in maniera ancora più precaria e derelitta.
D’altronde, anche affrontare l’argomento nominando un “commissario per i rom” suona in maniera inquietante, perché individua una minoranza etnico-linguistica come destinataria di misure ad hoc.

AL DI LÀ DEI CAMPI

Il conflitto apparentemente insolubile tra popolazione maggioritaria e installazione di gruppi rom e sinti in appositi “campi” richiede di spostare la discussione su un altro piano, ponendo a tema il superamento o almeno la flessibilizzazione della forma-campo, inteso come insediamento eterodiretto, numeroso, istituzionalmente controllato, di fatto permanente, collocato ai margini dei contesti urbani, scollegato da interventi adeguati di integrazione e promozione sociale. Servono invece soluzioni abitative plurime, negoziate con i diretti interessati e con le comunità locali. Servono poi progetti più ampi, che comportino il coinvolgimento e la responsabilizzazione dei destinatari, la condivisione di regole, la presenza di figure di mediazione e accompagnamento. Serve la repressione dei comportamenti illegali, senza criminalizzazioni collettive e pregiudiziali. Serve l’impegno di associazioni e operatori dotati di competenze specifiche. Serve l’investimento in progetti di avvio al lavoro e alla microimprenditorialità.
Il 2008, anno europeo contro le discriminazioni, è cominciato male e continuato peggio, ma potrebbe ancora conoscere uno scatto d’orgoglio, o meglio, di aderenza ai valori della nostra civiltà.

(1)Cerd, Committee on the Elimination of Racial Discrimination.

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LA RISPOSTA AI COMMENTI

25 commenti

  1. Giuseppe Marini

    Perché non sono nomadi? Siamo sicuri che non stiamo prevaricando le vere aspettative dell’etnia rom cavalcando una concezione tutta diversa del loro concetto di mobilità sociale? Ritengo che per un senso tutto ‘nostro’ di ‘buonismo’/giustizia sociale/carità (ognuno interpreti come vuole), prospettando l’eldorado, stiamo stravolgendo il loro modo di essere imponendo una forzata integrazione e uno stravolgimento delle tradizioni. Non siamo certi di essere di fronte ad un processo di mobilità collettiva, per il quale sarebbe giusto intervenire come prospettato dall’autore (con soluzioni abitative diverse); un intervento solutorio che andrebbe legato, nel caso, esclusivamente a cambiamenti legati alla mobilità individuale, come fa l’attuale welfare italiano con i cittadini ‘nazionali’. creando opportunità caso per caso e non generalizzate. il diverso trattamento potrebbe portare, effettivamente, ad essere percepito come discriminazione ‘invertita’ e ai conflitti tra poveri’ (od odii razziali).

  2. Marco

    Nel Suo articolo non si parla, se non proprio di sfuggita, del problema principale, cioè l’illegalità diffusa portata dai campi Rom (che è dato di fatto inoppugnabile). Ma quello che volevo dire riguarda la cosiddetta accoglienza: ritengo che la soluzione sia molto semplice. Qualora i Rom si definiscano nomadi si allestiranno campi di TRANSITO attrezzati con acqua, luce e gas dove le carovane possano soggiornare, previo avviso di arrivo, per un massimo di 5/7 giorni; qualora i Rom si definiscano stanziali dovranno seguire tutti i passi che qualunque cittadino deve seguire per ottenere una casa (richiesta in Comune, mutuo, affitto, ecc.). Perchè dovrebbe esserci una corsia preferenziale? Attenzione che questo discorso vale, per me, per qualunque comunità che seguisse le orme dei Rom, fossero svedesi, americani o svizzeri. Saluti Marco

  3. luigi zoppoli

    In tempi di percezioni ad ogni piè sospinto che ad libitum prendono di mira un bersaglio o un altro, la logica appare estranea. Eppure proprio il suo articolo,che ha connotazione tecnica ed è conntato da un corretto approccio alla ricerca di soluzioni, dimostra che logica, raziocinio, tolleranza e valori civili posso armonicamente convivere. Andarlo a far capire a chi sulle percezioni sobillate e largamente infondate ha costruito la propria fortuna sarà davvero durissima. I primi provvedimenti assunti dal governo, ne sono la prova lampante. luigi zoppoli

  4. LiberaOpinione

    Il problema Italiano è civico. Viviamo in un paese con scarsa educazione civica in cui i suoi dirigenti sono i primi a difettarne. Per un paese come l’Italia che non riesce a prendere decisioni, che vuole accontentare tutti, che è colluso al suo interno con la malavita (in varie amministrazione del belpaese è difficile distinguere tra stato e antistato) è difficile prendere le più logiche decisioni, quelle che per molti paesi europei è normale prendere. Non ritengo la popolazione italiana tanto diversa da quella francese, spagnola o tedesca mentre lo stato d’illegalità italiana è di fatto il sistema oramai metabolizzato e somatizzato da quasi la maggioranza della popolazione che sembra aver definitivamente perso ogni fiducia verso istituzioni sempre più flebili e inaffidibili, dure con i deboli e deboli con i forti.

  5. Giovanna Miani

    Questo articolo mi è sembrato chiarificatore, mi è servito a capire meglio i molteplici aspetti di una questione sulla quale la televisione, per esempio, fa solo cattiva informazione, gridata e sensazionalistica, come al solito, del resto. Purtroppo, però, la lettura di un testo così ragionativo ci fa misurare ancora più drammaticamente il tasso di confusione e di patologia diffuse nella nostra società, un autentico inquinamento della sfera relazionale, dei rapporti e dei diritti umani; ci sarà ancora spazio per un’inversione di tendenza o andremo avanti su questa strada, con dissennate parole d’ordine?

  6. Daniele

    Vorrei far notare che le persone che hanno deciso di fare del nomadismo uno stile di vita si trovano in un momento storico in cui un gruppo nomade non ha nulla che sia contemporaneamente lecito ed economicamente rilevante da offrire nei paesi come il nostro: l’informazione ed i beni di consumo sono già globalizzati con vettori di efficienza ordini di grandezza maggiore di quella dei gruppi nomadi, forse l’unica attività che conserva un certo senso economico nell’essere itinerante sono i giostrai. Non vedo quindi come un gruppo nomade possa, anche volendo, sopravvivere a lungo termine senza ricevere una assistenza totale o applicarsi ad attività illecite o vicine all’illecito. Gradirei essere smentito, ma questa è la ragione di fondo per cui i gruppi nomadi non possono condividere regole che si basano sull’assunto di una sostanziale mancanza di necessità nel romperle. Sono state fatte esperienze a Milano nel fornire un supporto abitativo forte contestuale ad un "patto" sociale, sarei curioso a questo punto di conoscere come si evolve questa esperienza.

  7. Marino

    Nella sua rubrica di oggi su Repubblica online Zucconi segnala che secondo le indagini in loco di un gruppo per i diritti umani dei Rom l’episodio di Ponticelli è una montatura: http://www.everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2008/5/18_Follia_antizigana_in_Italia._EveryOne_sul_rapimento_di_Napoli.html http://tinyurl.com/65e8bc Strano che una notizia potenzialmente esplosiva sia data quasi di soppiatto, perchè smentirebbe tutta la narrativa sulla "reazione spontanea" dei "cittadini" L’altra considerazione è ispirata a una riflessione su multiculturalismo e diritti umani di Susan Moller Okin: la cultura Rom va difesa in quanto tale e in tutti i suoi aspetti perchè è una cultura minoritaria, o bisogna piuttosto individuare e modificare i rapporti di potere al suo interno, quelli che probabilmente cospirano a tenere l’intera comunità, a partire da donne e bambini in una condizione di degrado che nega le possibilità di sviluppo dei singoli individui (senza ovviamente giustificare il razzismo istituzionalizzato e i pogrom)? Marino

  8. Stefano Bertozzi

    Non capisco come “La Voce” abbia potuto cadere nell’errore tipicamente giornalistico nell’inserire i ROM sotto il capitolo “immigrazione”. Sono cittadini comunitari e quindi vige il principio cardine della libera circolazione (Direttiva 38/2004). Semmai è una tematica da inserire sotto “Integrazione”. Giuridicamente ai ROM si possono applicare le norme europee. Politicamente il discorso è più complesso. Perché la Romania, sulla base dell’accordo bilaterale con l’Italia, non ha applicato una sua norma nazionale che prevede di “non far uscire dalla Romania coloro che sono stati espulsi”? Norma che è infatti all’esame della Corte europea per verificare la sua “compatibilità” con il principio della libera circolazione. Chi è l’autorità nazionale che deve accertare che le “risorse economiche” dei ROM siano sufficienti – fonte legittima di reddito – cioè che la persona, insieme ai suoi cari, possa vivere senza gravare sul sistema sociale dello stato di accoglienza? Perchè si tollerano i lavavetri – molti minorenni -e le signore che cercano di rubarti il portafoglio mentre guardi le vetrine?

    • La redazione

      Il termine "immigrazione" non è necessariamente riferito a cittadini extracomunitari. Talvolta (come nell’Italia del dopoguerra) si parla persino di immigrazione interna. Il dizionario Gabrielli, per esempio, dà la seguente definizione: "Azione e risultato dell’immigrare: l’i. dei lavoratori provenienti dall’estero. Immigrazione interna, all’interno della stessa nazione".

  9. luigi

    Se i Rom vogliono, come pare, integrarsi e divenire stanziali, il percorso più civile è passa attraverso il lavoro. Non sarà facile ma è l’unica soluzione.

  10. Giacomo Costa

    Parrebbe che l’arrivo e l’insediamento più o meno abusivo di questi gruppi siano per l’autore un fatto ineluttabile, a cui far fronte con una o un’altra politica di accoglienza. Sarebbe troppo aspettarsi (e pretendere) che sia invece condizionato al consenso delle comunità ospiti?

  11. filippo guidarelli

    Vorrei sapere come si può fare a superare la sordità politica e popolare nei confronti di questa questione. I Rom sono visti come un corpo esraneo che un organismo sociale sano deve espellere a tutti i costi, come già è stato per gli ebrei. Il discorso legale e politico è corretto ed irreprensibile, occorre però convincere le persone che valga la pena muoversi, altrimenti anche dimostrare l’efficacia di una vera gestione politica della questione diventa impossibile.

  12. Mario D.A.

    Concordo in pieno con l’articolo. Le prese di posizione recenti, concretizzate poi nel decreto sicurezza, hanno ceduto alla tentazione di associare acriticamente la questione della sicurezza a quella dell’immigrazione. Attraverso delle norme estemporanee e degli strumenti perlopiù simbolici si pensa di aver risolto per buona parte la questione, dimenticandosi, o fingendo di non capire, che l’immigrazione va governata e gestita in primo luogo attraverso investimenti finalizzati all’inclusione sociale.

  13. Francesco

    Su Italia Oggi del 20.05 è stato inserito un grosso stralcio della lettera di un operaio milanese che si è trovato ad abitare nella stessa palazzina con dei rom per via della decisione del comune di assegnare loro delle case popolari. Bene, il signore in questione è disperato e rivolgeva nell’articolo un appello alle istituzioni. Ora quello che mi ha colpito nel leggere l’articolo è che effettivamente in Italia non sia stato affrontato il problema sotto un profilo strutturale (con richiesta di stanziamenti anche all’Unione) così come in Spagna. Condivido inoltre che la diffusa mancanza di senso civico che si vede ogni giorno nel Belpaese non possa incentivare questo "essere lasciati a se stessi e quindi gestirsi come meglio si crede" (legalmente o illegalmente) da parte di alcuni rom.

  14. MRiferoll

    Io penso che il problema dei Rom, almeno per una parte dell’etnia, si sia aggravato a seguito della scomparsa di alcune attività economiche compatibili con il loro nomadismo che esistevano un tempo. Quando ero ragazzino (oggi ho 64 anni), tante volte la mamma mi incaricava di portare le padelle agli zingari perchè le stagnassero. Ricordo che con il metallo del cucchiaio mi facevano lo scacciapensieri: si rifiutavano però di farlo con il cucchiaio d’argento perchè, secondo loro, il suono avrebbe fatto abortire. Allevavano cavalli che commerciavano con i contadini. Vendevano manufatti di ferro tipo alari per i camini, treppiedi per reggere le pentole, ecc. Arrivavano con carretti coperti, accompagnati da cavalli e cani, montavano le tende e dopo una settimana o due, conclusi gli affari, lasciavano il campo seguendo la pista di sempre. Per il loro modo di vita, diversissimo dal nostro, non c’era problema di integrazione: era semplicemente una vita diversa. Devo, per la verità, ancora dire che già allora "i grandi" ci dicevano di stare attenti ai piccini perchè c’era il pericolo che gli zingari li rapissero. Non accettavano altri lavori, almeno così si diceva.

  15. VIRGINIA

    Il dramma è che, se un extracomunitario commette un crimine in italia, la notizia passa sempre in primo piano su tutti i giornali e non solo, per minimo una settimana, a volte ricavando anche da una piccola mosca un gigantesco elefante. Se un italiano puro commette un crimine la notizia spesso e a malapena passa in secondo piano e non dura per più di un giorno! La verità è che l’italiano tende a nascondere e a fare finta di nulla su tutto ciò che fanno gli italiani, questo naturalmente nascondendosi dietro ai crimini altrui. Sono una ragazza rom, ma italiana da generazioni, è vero che la gente tende a generalizzare questo popolo in un unico fascio di “gentaccia da evitare”, ma io e la mia famiglia siamo la prova vivente che non siamo tutti uguali, anzi. Il bene e il male sta da per tutto, non esiste una cultura ed un paese migliore dell’altro, perchè siamo tutti uguali e diversi tra noi. La mentalità della gente va da persona a persona, non da colore a colore!!

  16. fabio vivian

    L’ articolo rovescia la pura e semplice realtà fattuale per quella che è. Inoltre, siamo sicuri che i rom siano interessati realmente all’ integrazione? Io lo escluderei. Infatti, non esiste nessun "cattivo soggetto" che impedisca a costoro di condurre una vita normale e civile: semplicemente ignorano il concetto stesso di legalita´, e´ difficile dire se per limiti culturali, retaggi storici, consuetudini, ecc. D’ altra parte basta leggere i giornali oppure semplicemente osservare il comportamento quotidiano dei rom nelle involontarie occasioni in cui si ha modo di doverli avvicinare, ad esempio nelle stazioni ferrroviarie. La leggi sulla sicurezza del nuovo Governo di questi giorni, probabilmente troppo draconiane, sono figlie anche dell’ assurdo buonismo del Governo precedente che di fatto ha avallato un regime di impunita´ per un malinteso senso solidaristico verso chi ha fatto in passato e fa tutt’ ora pochissimo per meritarselo. Un ultimo commento: viste le premesse, come si può pensare che qualche sindaco e comunità si presti ad ospitare un campo nomadi nel proprio territorio? Questo sì che sarebbe un inno all’ auto-lesionismo…

  17. niki

    Apprezzo il buonismo espresso nella maggior parte degli interventi, ma è un dato di fatto che la maggior parte dei rom per vivere delinquono e che non rispettano le regole fondamentali del vivere civile. I cittadini italiani sono sottoposti al rispetto di regole, quali per esempio il dovere di avere documenti che comprovano la residenza,quindi tutto ciò che comporta il pagamento di bollette,tasse,intestazione vetture ecc. Questi individui non hanno fissa dimora ma hanno vetture spessissimo di gran lusso con targhe tipo E.E (escursionisti esteri)quindi non soggette a tassazione o qualsivoglia controllo. Secondo la legge italiana il campeggio è consentito solo in aree ben definite,non dappertutto. Queste sono solo alcune delle regole che un onesto cittadino italiano (la maggioranza) rispetta naturalmente. I rom vogliono gli stessi diritti? Che seguano le stesse regole, non è difficile,il difficile è dover piegare la schiena per lavorare, e mi rivolgo soprattutto ai rom adulti di sesso maschile, nella maggior parte sfruttatori della "manodopera" minorile e femminile… sono leggende quelle storie di bambini legati fuori dalle roulotte per indurli a mendicare ai semafori?

  18. Andrea

    Il problema dei zingari dei Rom o dei Rumeni o come li vogliono chiamare non è della loro società , ma è un problema della nostra attuale società totalmente incapace ad accettare colui che è diverso poiche essendo una società dove mancano i valori principali non si puo pretendere che diano valore agli altri. Faccio presente che un immigrato o comunitario che sia integrato e tollerato dalla societa dove vive non commettera mai un reato, commettono reati perche comunque si vedono presi in giro , sfruttati e pure beffeggiati dalle persone che gira per la strada ( penso che anche noi agiremo cosi ). Io sono di Verona e con la vicenda che abbiamo avuto abbiamo dato un idea di cosa siginifica intolleranza , figuriamoci che se ce intolleranza perche uno porta un codino non ce per uno che è di colore diverso !! mi pare che solo Hitler abbia avuto un idea del genere poi pero alla fine si è ucciso da solo .

  19. Fernando

    Ho letto con piacere, questo articolo che sgombra il campo da facili luoghi comuni e pregiudizi, alimentati ad arte per scopi politici, riportando il discorso su un piano finalmente razionale. Una cosa che si dimentica spesso di citare è che queste popolazioni durante il fascismo, insieme ad altre minoranze, hanno subito una costante persecuzione. La coscienza sporca di noi italiani, si limita a citare come vittime dell’olocausto solo gli ebrei , dimenticando le migliaia di Rom e Sinti che hanno subito la stessa sorte nei campi di sterminio. Per loro non esiste nessun tipo di risarcimento neppure morale. Vengono additati come il nemico da cui difendersi, come se i problemi della criminalità fossero da imputarsi solo a loro. Ci si dimentica di mafia, camorra, ndrangheta ecc… o forse alcuni rappresentanti eletti con i voti delle varie mafie, purtroppo presenti in parlamento e nelle giunte locali, hanno buon gioco a spostare altrove l’attenzione per continuare a fare impunemente i loro loschi affari. Non ho nessuna fiducia che questo governo possa affrontare e risolvere il problemaq nel solco di questo articolo. Ci aspettano tempi davvero bui…spero di essere smentito dai fatti.

  20. Franco

    Invece di fare un gran parlare demagogico su cosa significhi essere rom, su una remota e molto costosa, nonchè incerta, integrazione, sarebbe bene rispondere ad alcune basilari e semplici domande: di cosa vivono realmente i rom? perchè chi li ha come residenti "vicini" vede invariabilmente aumentare i reati di appropriazione indebita a proprie spese? quali possibiltà ci possono essere di vivere decorosamente e onestamente ponendosi volutamente al di fuori delle regole della comunità stanziale che vive con un onesto ed identificabile lavoro? Prevenire i problemi significa evitare di annacquare ogni discorso dietro frasi del tipo "anche gli italiani stanziali delinquono", poichè è indubbio che la propensione al delitto sia tra certe comunità molto più spiccata e non si capisce perchè noi si debba , in nome di un diritto internazionale , attendete il compimento del reato, con le sue gravi conseguenze materiali e psicologiche, per attuare preventive efficaci dissuasioni. Altre etnie viventi nel nostro paese hanno dimostrato di volersi integrare molto meglio di loro.

  21. Simone Sereni

    Solo per segnalare l’esperienza del Centro di accoglienza Padre Arrupe di Roma (www.padrearrupe.com), in cui dal 2006 è sorta anche una casa famiglia per bambini, italiani e stranieri, "La Casa di Marco", di cui è responsabile una coppia italo-rom.

  22. Luca

    Nell’articolo si cita più di una volta la necessità di un ricorso a politiche abitative per i Rom, presumo previo stanziamento di fondi. Faccio notare che una politica per l’abitazione sociale in Italia già esiste, ed è quella delle case popolari: ad essa possono fare ricorso tutti i cittadini italiani che dimostrino di avere i giusti requisiti. Se i Rom di cittadinanza italiana rientrano in questa categoria, sono liberi di presentare domanda e di inserirsi nella lista delle tante famiglie italiane che soffrono in attesa dell’assegnazione di una casa. Se l’autore dell’articolo intende invece che i Rom dovrebbero beneficiare di una politica personalizzata, attraverso lo stanziamento di fondi destinati esclusivamente a risolvere il loro problema abitativo, trovo che questo sarebbe un atto illogico e irrispettoso di tutte quelle famiglie che lavorano onestamente e che in virtù di considerazioni sbaglita e pietistiche si vedrebbero “sorpassate” da altre famiglie, che magari mai si sono iscritte ad una lista di case popolari manifestando il consueto disprezzo per l’amministrazione e per le istituzioni legali che chi vive in un campo nomadi spesso fa suo come stile di vita.

  23. zac

    Tutti dimenticano un piccolo, ma fondamentale particolare dei rom e affini: sono nullafacenti e non vogliono lavorare come tutti x riportare a casa uno stipendio per vivere, ma preferiscono andarlo a rubare nelle case degli altri. come fanno ad avere grosse macchine? come fanno a comprarsi le case? Come fanno a prestare denaro con interessi altissimi? Come fanno ad ubriacarsi dalla mattina alla sera? come fanno a comprarsi i bagni più moderni? Come fanno a mangiare,se non lavorano? Venite ad Alba Adriatica (TE) e vi renderete conto della bella vita che fanno a nostre spese. il sottoscritto x mangiare va a lavorare. Costoro che fanno? Costoro vanno a spasso e ogni tanto vengono presi dalle forze dell’ordine x essere subito rilasciati,dato che hanno fior fiori di avvocati pronti a diferderli. I cittadini onesti vogliono sapere come fanno a vivere senza lavoro e senza stipendio. Me lo dite voi che li difendete a spada tratta? o me lo dice lo Stato,che non ha mai fatto un accertamento fiscale nei loro confronti?

  24. Alberto Chilosi

    Quello che manca all’ articolo è la considerazione della relazione fra politiche e numero dei soggetti destinatari delle politiche medesime. Il numero dei Rom residenti viene trattato come un dato del problema, ma non lo è, tenuto conto che il bacino di utenza possibile non è dei Rom attualmente residenti sul territorio nazionale ma dei Rom potenzialmente residenti (che come indicato nell’ articolo sono parecchi milioni). Per fare un esempio, dopo che ai Rom residenti a Pisa in un certo momento venne concessa una casa popolare (progetto "città sottili") gli spazi "irregolari" lasciati liberi da costoro sono stati occupati da successivi arrivi, in particolare dalla Romania, dando origine fra l’altro ad una manifestazione sotto le finestre del comune di Pisa in cui anche i nuovi arrivati reclamavano la concessione di una casa popolare. E se anche a costoro venisse concessa una casa popolare sarebbe forse la fine del problema? Quante case popolari e quanti sussidi sarebbero necessari per risolvere i problemi di sopravvivenza dei Rom potenzialmente residenti?

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