Cerco di rispondere brevemente: 1) Come ho scritto e devo ribadire, Rom e sinti in grande maggioranza non sono più nomadi, e a volte non lo sono mai stati. Inoltre, rifiutano di definrsi come nomadi: siamo noi che li definiamo così. Mi colpisce l’insistenza di alcuni commenti nel ribadire l’etichetta 2) Ci sono Rom e sinti che rubano, certo. Nella nostra ricerca, riferita alla Lombardia ma probabilmente la più vasta mai realizzata in Italia (su rom e sinti si fa anche poca ricerca, si preferisce in genere valutare sulla base di pre-giudizi), abbiamo trovato quasi ovunque persone incarcerate per vari crimini. Il crimine va represso. Ci sono però anche rom e sinti che lavorano, nelle giostre, nella raccolta di rottami, o come i rom dell’insediamnto non autorizzato, ma tollerato, di S.Dionigia a Milano, nel recupero di bancali. Stavano mettendo in piedi una cooperativa, poi lo sgombero ha travolto tutto. Ci somno poi rom e sinti che cercano lavoro, ma non devono dire chi sono e da dove vengono, perché altrimenti nessuno gliene dà. Ci sono quindi molte differenze interne e anche conflitti. Come ha ribadito il Parlamento europeo, non possiamo condannarli in blocco e a priori. Semmai, dobbiamo cercare di guidare e accompagnare i processi positivi. Chiediamoci che cosa sarà dei ragazzi che interrompono la scuola perché scacciati da uno sgomber all’altro: che destino avranno? Diventeranno dei bravi cittadini? 3) Gli insediamenti autorizzati costano soldi pubblici. Certo. Così come costano soldi le politiche per le minoranze (vogliamo vedere quanto ci costano Val d’Aosta e Alto Adige?) e le politiche destinate a soggetti e gruppi sociali in condizione di indigenza. E costa soldi anche la custodia e il mantenimento dei carcerati. Da molti anni si investe in politiche sociali anche per cercare di non spendere poi in politiche carcerarie. Detto questo: 1) i soldi si pososno anche chiedere all’Unione europea, dove ci sono appositi stanziamenti, ma non è stato fatto; 2) ci sono diritti umani costosi ma incomprimibili: per es. che i bambini vadano a scuola, abbiano un tetto, siano curati; 3) le politiche che propongo costano meno dei grandi "campi nomadi": si tratta di favorire per es. la ricerca di case normali, di lavori normali; di favorire l’autocostruzione, o anche piccoli insediamenti a base familiare; 4) Servono misure di mediazione e accompagnamento, per emancipare dall’assistenza gli interessati e per rassicuare i residenti. Rom e sinti, come tutti noi, in genere non sono affatto desiderosi di abitare nei campi e di vivere di espedienti. Ci vuole saperne di più, veda le ricerche pubblicate dall’Osservatorio regionale per l’integrazione e la multietnicità, presso la Fondazione Ismu.
Mi pare che i commenti siano uno specchio abbastanza fedele delle opinioni e dei sentimenti del nostro paese sulla questione: una minoranza condivide la mia riflessione; uno o due rom o sinti cercano invano di far sentire la propria voce, rivendicando il loro desiderio di normalità; la maggioranza dissente ad alta voce, spesso con rabbia. Parecchi lettori, a quanto pare, sono convinti che i rom vivano nella sporcizia perché lo desiderano; che non lavorino, perché non vogliono farlo; che siano (tutti) delinquenti pericolosi; che siano irrecuperabili; che non abbiano diritti. Mi colpisce che nessuno per esempio accenni ai minori: l’unico lettore che ne parla è per proporre di sottrarglieli. Quando chi è collocato in un certo gruppo sociale non è più riconosciuto come uguale, è privato della dignità umana, e lo si coglie dal fatto che i suoi figli non meritano considerazione. I loro volti spaventati e braccati non raccolgono pietà né rispetto. Il punto decisivo credo sia il trattamento dei rom e sinti come un tutt’uno, condannati in massa. Che ci siano rom e sinti che rubano, è innegabile. Anche dalla nostra ricerca questo emerge, i lettori possono sentirsene confermati. Che questo fatto possa portare ad un bando e a una condanna per tutti i rom, è il passaggio tra un sistema democratico e altri sistemi. Entra in funzione un’etichettatura collettiva e indistinta, che è esattamente ciò che gli psicologi chiamano pregiudizio. Come ho cercato di spiegare, a quanto pare senza molto successo, si tratta di popolazioni eterogenee e stratificate, con vari gradi di integrazione. Ma non si può incolparli se non hanno una casa. Pochi fra loro circolano volontariamente sul territorio, e i comuni sarebbero obbligati a prevedere idonee aree di sosta, invece di affiggere cartelli con il divieto di campeggio. Che poi si possa impedire a dei cittadini europei di esercitare il diritto alla mobilità, mi pare sia un problema di non facile soluzione anche per il governo, una volta finita la campagna elettorale. Detto questo, so bene che non è facile sostenere rom e sinti nell’affrancamento da lunghi anni di vita ai margini della società: formazione, inserimento lavorativo, normalità abitativa, non si costruiscono in un giorno, e neppure dicendo che devono cavarsela da soli, anzi devono dimostrarci che possono vivere onestamente. Mi permetto di ribadire che, senza politiche intelligenti di accompagnamento, la questione tornerà a presentarsi, ancora più incancrenita come qui campi demoliti dalle ruspe che vengono riedificati pochi giorni dopo, più poveri e sgangherati di prima. Un’ultima considerazione, che non vuole essere polemica, ma solo descrittiva: chi sostiene che in Italia non c’è xenofobia, dovrebbe leggere i commenti al mio articolo. Forse diventerebbe più cauto.
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michele da Milano
1) mi chiedo se qualcuno provvederà a denunciare l’Italia alla Corte di Giustizia per le leggi contro il popolo zingaro 2) mi chiedo perchè la Chiesa così solerte su altri argomenti non solleva forte la sua voce in ordine al problema 3) sono conscio delle difficoltà enormi ma mi chiedo perchè il popolo zingaro non prende consapevolezza dei problemi (delinquenza, sfruttamento dei minori per elemosina, ecc) che lo riguardano 4) mi chiedo perchè non si possa mettersi attorno ad un tavolo sotto l’egida dell’ONU per discutere della questione dando al popolo zingaro la stessa dignità degli azeri, dei curdi, dei palestinesi, ecc.
Redazione Step1
Catania. Dopo un titolo a tutta pagina sul ‘rapimento’, appoggiato soltanto ad una nota di agenzia, LA SICILIA del 22/5 non pubblica più neppure un rigo. Chi ci informerà sugli esiti giudiziari dell’arresto dei "ladri di bambini"?
Gian Luca Bacchini
Forse sarebbe il caso di approfondire le conoscenze della Romania sul problema. Si confrontano con questo problema da decenni. Considerando poi i fortissimi legami tra i due Paesi, mi sembrerebbe il minimo. Ovviamente con pari dignità. Gian Luca Bacchini
Marco Pedrotti
Trovo l’ultima riga della Sua risposta ai commenti eufemisticamente impropria: non e’ che se uno la pensa in maniera diversa da Lei debba essere tacciato di xenofobia! Grazie comunque anche se non pubblicherete