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ROBIN HOOD E’ RIMASTO A SHERWOOD

L’insieme dei provvedimenti fiscali finora adottati dal governo lascia sostanzialmente invariate le imposte per l’anno in corso e ne comporta un aumento netto tra i 3 e i 4 miliardi per il prossimo triennio. Dubbi sull’efficienza della Robin tax. Di sicuro, non redistribuisce ai poveri perché meno del 10 per cento del gettito atteso va nel fondo di solidarietà per i ceti meno abbienti. E solo per il 2008. Altri interventi sono invece in continuità con quelli analoghi assunti dall’esecutivo precedente, accentuandone però gli aspetti più discutibili.

Contrariamente alle promesse elettorali, e in linea con quanto ipotizzato nel Dpef, l’insieme dei provvedimenti fiscali contenuti nei decreti legge di maggio e giugno adottati dal governo lascia sostanzialmente invariate le imposte per l’anno in corso e ne comporta un aumento netto tra i 3 e i 4 miliardi per il prossimo triennio. L’aumento del gettito è in larga parte dovuto a un insieme di provvedimenti che, denominati Robin Hood tax, lasciano erroneamente intendere che si stia ridistribuendo reddito dai ricchi ai poveri.

I PROVVEDIMENTI FISCALI DEL GOVERNO

I provvedimenti fiscali già adottati dal governo sono concentrati in due decreti legge:

–  il Dl 93/2008 presentato subito dopo l’insediamento  con l’obiettivo di realizzare immediatamente alcune promesse elettorali (Ici e straordinari)
–  il Dl 112/2008, che concorre a formare la manovra finanziaria per il triennio 2009-2011.

Stando alle valutazioni ufficiali, contenute nella Relazione tecnica che li accompagna, il primo decreto comporta uno sgravio netto di 2,3 miliardi di euro nel 2008 e importi successivamente decrescenti fino ai circa 1,7 miliardi, che rappresentano il costo previsto della abolizione della quota residua di Ici sulla prima casa, in quanto la detassazione degli straordinari dei lavoratori del settore privato ha carattere temporaneo ed esaurisce i suoi effetti nel 2009 (vedi tabella).
Con il secondo Dl si compensano di fatto questi sgravi con aumenti di imposta pari a circa 2,2, miliardi di euro nel 2008, e tra i 5 e i 5,5, miliardi per ciascuno degli anni del successivo triennio.
Il gettito (cfr. tabella) proviene per il 90 per cento nel 2008, che si riduce al 60 per cento circa nel 2011, da aggravi di imposta su specifici settori: presentati come “Robin tax”, colpiscono in misura e con strumenti diversi quelli che producono o distribuiscono petrolio, gas ed energia elettrica, le banche e le assicurazioni, le cooperative. Aumenta contestualmente il gettito atteso dalle azioni di contrasto all’evasione (che spiegherebbe un po’ più del 30 per cento del gettito aggiuntivo atteso per il 2011).

ROTTURA E CONTINUITÀ CON LE POLITICHE DEL PASSATO …

In alcuni casi gli interventi adottati si pongono in continuità con altri analoghi assunti dal governo precedente, accentuandone però gli aspetti più discutibili. Si tratta della completa abolizione dell’Ici-prima casa, che oltre a privare i comuni del tributo che maggiormente contraddistingue la loro sfera di autonomia tributaria, ha carattere fortemente regressivo; della detassazione degli straordinari che segmenta la tassazione dei redditi di lavoro differenziandola a seconda che provengano da lavoro ordinario o straordinario, da lavoro straordinario pubblico o privato, da lavoro supplementare relativo a contratti stipulati prima o dopo una certa data; della detassazione dei premi di produzione che si sovrappone in modo non chiaro con gli incentivi fiscali già previsti, lo scorso anno, dal decreto di attuazione del protocollo sul welfare.
In altri casi, si compiono condivisibili scelte di sistema: si pensi al regime delle stock option, che dopo essere stato rivisto, in senso restrittivo, dal governo Prodi nel 2006, viene ora riformato riconducendo a tassazione, come reddito di lavoro e non come reddito di capitale, la quota dei compensi che i manager ricevono attraverso tali opzioni.

…E LA BELLA FAVOLA DELLA ROBIN TAX

Altri casi ancora riflettono la scelta del ministro dell’Economia di prelevare gettito in alcuni settori dove i profitti sono generalmente alti e i contribuenti sono relativamente pochi.  L’operazione è presentata al pubblico come motivata da ragioni di equità (togliere ai ricchi per dare ai poveri, da cui il nome di Robin tax), e di efficienza (riduzione degli extraprofitti favoriti dalla “speculazione”).
equità della Robin tax non emerge però dai numeri della Relazione tecnica: il “Fondo di solidarietà per i ceti meno abbienti”, che dovrebbe finanziare una carta acquisti per alleggerire l’onere di acquisto dei beni alimentari e il costo delle bollette per i cittadini che versino in stato di bisogno è alimentato per il solo 2008 e per soli 200 milioni di euro, meno del 10 per cento del gettito atteso dalla Robin tax in quell’anno. Se anche fosse vero che si preleva ai ricchi, è certo che non si ridistribuisce a i poveri.
La sua efficienza è pure dubbia. Sarebbe efficiente tassare gli extra-profitti, ossia i profitti superiori al rendimento normale e derivanti ad esempio da rendite di posizione o da posizioni monopolistiche. Le “rendite” dovrebbero allora essere in primo luogo definite e poi tassate in tutti i settori in cui si manifestano, come avverrebbe adottando sistemi impositivi noti tra gli studiosi come Cft (Cash Flow Tax) o Ace (Allowance for Corporate Equity) o la stessa Dit, presente in Italia dal 1997 al 2003 e ampiamente apprezzata dal mondo produttivo, come testimoniano le audizioni della commissione Biasco. L’intervento del governo è invece ampiamente discrezionale, colpisce alcuni settori e ne lascia indenni altri, come le telecomunicazioni o le autostrade, in cui sicuramente non mancano extraprofitti.
Le modalità dell’inasprimento fiscale sono pure diverse per settore e ciò accentua il contenuto discrezionale dell’intervento e la carenza di una logica di sistema. Nel caso del petrolio, dell’energia e del gas, si interviene con un’addizionale all’Ires del 5,5 per cento che, di fatto, per questo settore, annulla la riduzione dell’aliquota di tale imposta dal 33 al 27,5 per cento, operata dal governo precedente. La maggiore aliquota non si applica agli extraprofitti, ma a tutti gli utili delle imprese del settore con ricavi maggiori di 25 milioni di euro nell’anno precedente. Prendendo a riferimento i ricavi, e non i profitti, per giunta relativi a un esercizio diverso da quello in cui si applica, essa potrebbe quindi colpire anche profitti ordinari, alzando il costo del capitale delle imprese coinvolte, con effetti potenzialmente negativi sugli investimenti interni e dall’estero. Aumenta anche la probabilità che, a dispetto dei vincoli meramente formali posti dal decreto sul divieto di traslazione, le imprese siano indotte a trasferire sui prezzi, e dunque sui cittadini, i maggiori costi fiscali. (1)
Nel caso delle banche e delle assicurazioni si agisce invece ampliando l’imponibile, in parte limitando la completa deducibilità degli interessi passivi, in parte riducendo alcune deduzioni dall’imponibile (per svalutazioni  e accantonamenti rischi su crediti e per riserve sinistri) che erano state già oggetto di restrizioni nel 2005.
Come nel 2005, viene inasprita anche la tassazione sulle cooperative, questa volta in particolare quelle di consumo, riducendo dal 70 al 45 per cento la quota di esenzione riconosciuta agli utili destinati a quelle riserve indivisibili che le connotano come enti mutualistici. (2)
In conclusione, gli interventi del governo in campo fiscale sino a questo momento sono difficilmente riconducibili a logiche di razionalità del sistema, aumentano le imposte, danno le briciole ai poveri, non affrontano il nodo prioritario del sostegno ai redditi dei lavoratori dipendenti.

(1) La Robin tax comprende anche un ragionevole inasprimento nelle royalties del settore petrolifero.
(2) Viene anche aumentata la ritenuta alla fonte sugli interessi relativi ai prestiti dei soci dal 12,5 al 20 per cento.

Tabella: Gli effetti sul gettito dei decreti di maggio e giugno
         
 

2008

2009

2010

2011

Decreto 93/2008

 

 

 

 

esenzione ICI

-1700

-1700

-1700

-1700

detassazione straordinari

-649

-401,5

37

38

Totale decreto 03/2008

-2349

-2101,5

-1663

-1662

 

 

 

 

 

Decreto 112/2008

 

 

 

 

"robin tax"

2260

4695

4394

3531

  – settore dell’energia…

437

2282

1441

1189

  – banche e assicurazioni

1783

2368

2908

2297

  – cooperative

40

45

45

45

contrasto all’evasione e riscossione

50

430

710

1870

altre maggiori imposte

36

296

264

289

Totale maggiori imposte

2346

5504

5451

5773

Totale minori imposte

-118

-545

-134

-97

Totale decreto 112/2008

2228

4959

5317

5676

 

 

 

 

 

Totale

-121

2857,5

3654

4014

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nota: le stime relative al 2011 per gli effetti del decreto 93/2008 non sono contenute nella relazione tecnica. Si tratta di nostre ipotesi.

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16 commenti

  1. Rodolfo Vanzini

    “Robin Hood è rimasto a Sherwood” è senz’altro un esempio di cura e attenzione ai dettagli che spesso mancano negli articoli della stampa di grande tiratura. Grazie.

  2. giuseppe faricella

    Quello che chiedo alle autrici dell’articolo (o a chiunque sappia e voglia rispondermi) è: 1) gli inasprimenti riguardano anche le bcc? 2) questi provvedimenti, ledendo di fatto il principio di neutralità della PA in base a principi apparentemente non razionali, non espone l’Amministrazione finanziaria dello Stato a possibili future controversie, anche ed eventualmente riguardanti profili di illegittimità costituzionale? grazie e complimenti per il lavoro di controllo democratico che svolgete.

    • La redazione

      Tutte le banche sono assoggettate alle restrizioni nelle deducibilità previste nel decreto.
      Le differenze fra banche e altre imprese riguardano la definizione della base imponibile. Si tratta di differenze di trattamento generalmente considerate ammissibili, ma dovrebbero avere una giustificazione chiara.

  3. Ireneo

    Ma un governo pseudo-democratico e populista, cosa volete …che stia dalla parte dei meno abbienti, ovvero la maggioranza, ormai?! Finché la popolazione autoctona, non si compatterà il "nemico" (governo) farà quello che vuole, impunemente. Ma, prima o poi, i conti, devono tornare e allora, vi sarà la… resa!

  4. Francesco

    I cittadini italiani sono notoriamente, storicamente e visceralmente refrattari al rispetto delle leggi. In Italia persistono alti percentuali di trasgressione ai limiti di velocità, all’obbligo di allacciare le cinture, di portare il casco in moto e di abusivismo edilizio senza pari nel resto del modo civilizzto, di un grado di evasione fiscale vergognoso per un paese del G8, nonostante sanzioni pecuniarie (e in qualche caso di reclusione) alquanto robuste. Ciò detto, occorre essere assai ottimisti per pensare che le società colpite dalla cd. Robin Hood Tax rispettino l’obbligo di non traslare l’onere sul cliente/consumatore. Tant’è che il divieto non è neppure corredato di qualsivoglia sanzione. In compenso all’Agenzia Energia è attribuito il compito di vigilare sul rispetto del divieto. Tutt’al più l’Agenzia poi riferirà al Parlamento. Non male come contributo per contenere l’inflazione. Poi sentiremo il nostro Ministro delle Finanze accusare la BCE, rea di aver aumentato il tasso di riferimento e di aver cosi reso più difficile la vita agli italiani. Con buona pace dei consumatori. Cordiali saluti. Francesco

    • La redazione

      Non è l’Agenzia delle Entrate che deve vigilare sulla non traslazione della Robin Tax sui prezzi, ma l’autorità per l’energia elettrica e il gas (d.l. 112 /08, art. 81 comma 18). Le possibilità però sono molto limitate, come ha ben spiegato l’articolo di Carlo Scarpa. Ma guardi anche la relazione dell’Autorità dell’energia presentata pochi giorni fa alla Camera. Va inoltre ricordato che il divieto di traslazione non si applica a quella parte della Robin tax che grava su banche e assicurazioni, che restano perciò libere di far pagare di più correntisti, mutuatari e assicurati.
      D’altro canto, è la prima volta (a quanto ci risulta) che si tenta di regolare per legge un fenomeno economico, come la traslazione di un’imposta che non è per nulla "vecchia ideologia". A meno fino a che saremo in un libero mercato, senza prezzi fissati per legge o in via amministrativa!

  5. marco

    …non capisco perchè non vi riesca mai una valutazione obiettiva non influenzata da convicimenti politici ed ideologici. Come al solito le vostre riflessioni sono sempre le stesse ossia: sì ok la robin tax è culturalmente corretta però mi viene da pensare siccome sono di sinistra e non l’ha proposta il “buon” governo Prodi, non va bene perchè si ridistribuisce troppo poco…
    Il taglio ICI è virtuoso quando fatto dal governo Prodi, deleterio se il governo Berlusconi decide di cancellarla, ah ma questa è una cambiale elettorale del governo fascista populista pagata agli elettori, peccato invece non sottolineare la giustezza di questo provvedimento che cancella una tassa odiosa di possesso di carattere socialista. Di cui occorre sottolinearlo ne beneficieranno soprattutto le fasce meno abbienti.
    Io prima di esprimere giudizi tranchant aspetteri la discusione del DPEF in sede parlamentare, tutto è migliorabile ma il processo alle intenzione, per altro a mio modo di vedere positive, non sono intellettualmente corrette.
    Grazie per l’ospitalità.

    • La redazione

      Nel nostro contributo non sosteniamo che la Robin tax sia culturalmente corretta. Al contrario, diciamo che non è né efficiente, né equa. Non abbiamo esitato, a differenza di quanto sostiene il lettore, a criticare il governo Prodi per la riduzione dell’Ici sulla prima casa (gli articoli sull’argomento usciti su la voce sono tantissimi, ma per limitarci a citarne uno che riporta la nostra opinione, il lettore può vedere: LA SCOMMESSA DELLA POLITICA FISCALE, 29.01.2008. Non abbiamo mai sostenuto, dunque, che eliminare l’Ici sulla prima casa sia stato un bene per la parte fatta dal governo Prodi e un male per quella fatta dal governo Berlusconi. Riteniamo che intervenire sull’ICI sia stato comunque un errore. La completa abolizione dell’ICI prima casa attuata dal governo Berlusconi peggiora però le cose, soprattutto perché accentua fortemente gli effetti redistributivi negativi dell’intervento.
      L’accusa di "ideologia" va per la maggiore e non ci meraviglia ma andrebbe meglio circostanziata.

  6. Roberto

    Ormai parliamo di una guerra tra poveri, Tremonti finge di avere idee geniali mentre il Governatore Draghi finge di strapparsi le vesti in nome delle banche, ma ancora nessuno e ripeto nessuno sa chi pagherà cosa. Mi sembra lo stesso stile utilizzato da Brunetta, (che sembra serio, pieno di idee e convinto di quello che dice) predica bene e razzola male.. staremo a vedere. Grazie e buon lavoro

  7. Andrea Ruini

    Se Robin Hood è rimasto a Sherwood è anche perchè l’Italia si è impegnata ad azzerare il deficit in un orizzonte temporale molto ravvicinato. Se l’obiettivo non è più stare sotto il 3 per cento di deficit, ma arrivare allo zero, è evidente che gli spazi per la politica di bilancio si riducono drasticamente. Difficile in particolare tagliare le tasse. Anche perchè è difficile tagliare la spesa per interessi, a causa della nostra carenza infrastrutturale, e difficile è anche tagliare la spesa corrente, perchè le inefficienze della pubblica amministrazione richiedono una cura che avrà effetti, se li avrà, nel medio-lungo periodo. A meno che l’economia torni a crescere al 2-3 per cento: ma adesso sembra un miraggio. Però non è colpa di Robin Hood.

  8. Luciano Sonaglia

    Non vorrei sbagliarmi, ma Colui che ha avuto questa idea è per caso lo stesso che l’ex governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio aveva definito in un’occsaione " esperto di paradisi fiscali" ? Se fosse così probabilmante un piccolo aiuto al dissesto delle nostre finanze lo ha dato anche Lui. Complimenti per l’ottimo lavoro che aiuta a conoscere alcuni argomenti anche ai non addetti ai lavori. Grazie

  9. enrico

    Vorrei innanziutto ringraziare le autrici per il brillante contributo al dibattito. Senza entrare in tecnicismi, mi sembra che non sia in linea con una cultura liberista tassare di più alcune imprese perchè solo perchè hanno avuto l’idea di investire in un settore che si è rivelato profittevole, soprattutto perchè si trattano gli utili, che dovrebbero essere il frutto non solo dell’idea, ma anche della gestione dell’impresa. In effetti, se si pensa che lo stato partecipa, in modo molto opaco, alle perdite degli (alcuni e ben definiti) imprenditori che hanno avuto cattive idee, il discorso torna. Per concludere, pensare che questo trattamento è stato riservato alle odiate imprese petrolifere e alle odiate banche e non alle amate autostrade (come argutamente osservato dalle autrici) alimenta, infine, alcuni indicibili sospetti, peraltro gli stessi che sono recentemente venuti all’autorità antitrust.

  10. Giuseppe

    Ho letto attentamente l’interessante articolo e devo ammettere che su molte questioni il mio punto di vista diverge in modo netto da quello delle autrici. Le misure in materia fiscale, attuate dal governo, abolizione dell’ici e dettassazione degli straordinari sono misure positive ed efficenti. Ritengo che la completa abolizione dell’ici sulla prima casa sia un’importante agevolazione per le famiglie italiane, in primis le meno agiate. La detassazione degli straordinari è una misura sperimentale, di inbubbi vantaggi per i lavoratori, in particolar modo per gli operai, e credo che questa sia l’unica via per rendere più pesanti le loro buste paga, vista l’impossibilità attuale, al di là delle demagogiche dichiarazioni del leader dell’opposizione. Chiaramente sono misure che richiedono una copertura finanziaria, che il ministro dell’economia Tremonti mira a realizzare tramite una misura fiscale che possa comunque rappresentare un ulteriore vantaggio per i ceti meno abbienti, quale è la Robin Hood tax. I vantaggi, che a mio avviso sono palesi, sono questi:incremento delle entrate per lo Stato facendo leva su contarenti forti, ed allo stesso tempo possibilità di intervenire in modo in modo rapido e concreto per i ceti bisognosi, in quanto il sistema non si crea e non si modifica in un mese, ma piccoli e immediati miglioramenti vanno fatti. se si pensa che imposte sugli extra-profitti possano essere traslati, bhè allora tassiamo a vita gli operai, che non hanno il potere di scaricare su altri. La riduzione delle tasse può essere raggiunta solo con il federalismo fiscale, oggi come oggi, con il deficit attuale. La pressione fiscale, per cui, non va inasprita in modo indiscriminato, cioè su tutti, ma in modo discrezionale, la lotta agli speculatori rappresenta l’inizio, il primo passo verso la realizzazione di un sistema economico più equo e più vicino ai consumatori ed alle loro esigenze.

  11. Paolo Landi

    Sono gli azionisti delle grandi sorelle petrolifere? Prendiamo a riferimento il luglio 2007, quando il barile ha cominciato la sua corsa dai 70 ai 150 dollari il barile. Da allora l’ENI ha perso il 22% della sua quotazione al MI, Exxon Mobil e Royal Dutch Shell hanno più o meno le stesse quotazioni di allora, ma in dollari e sterline che si sono robustamente svalutate. Insomma alcuni "grandi petrolieri" non ci hanno mica guadagnato dal boom del barile. Lo stato invece tra le imposte che preleva in forma percentuale (ad esempio l’IVA) ha sicuramente rimpinguato il gettito fiscale senza spiegarci come lo ha destinato. Quindi: chi specula sugli speculatori?

  12. franco

    Aldilà dei numeri, qualcuno ancora crede che uno o l’altro Governo possa risolvere i problemi di questo Paese senza passare per una strettoia comune e unica che è : "sangue", morte e dolori! Vorrei dire agli illusi del "federalismo fiscale che sistemerà tutto", dopo cosa ci sarà? Orde di "disperati" che dal Molise tentano di raggiungere l’Emilia Romagna in cerca di una vita migliore?Sarebbe da spiegare alle persone come si crea la ricchezza e già questo basterebbe per dissolvere in un attimo la barzelletta del Federalismo (compreso quello fiscale). Oppure basterebbe avere un pò di onesta memoria di questo Paese per valutare meglio il futuro. Ma le case senza fondamenta non si reggono, così come i popoli senza memoria non hanno futuro.

  13. Stefano Lombardi

    Buongiorno, a parte la buona fede con cui può essere stata pensata la politica fiscale, ciò che mi chiedo é: la teoria economica non aiuta a prevedere gli effetti delle accise su determinati beni? Alla luce delle previsioni, non sarebbe stato utile chiedersi "che cosa si potrebbe fare per rendere questa politica realmente effettiva?" (vedi dei controlli realmente utili). Non era in alcun modo prevedibile che se il prezzo del petrolio fosse decresciuto, quello della benzina lo avrebbe fatto con qualche periodo di ritardo per rifarsi della extra tassazione? (a tal riguardo qualche tempo fa, purtroppo non ho modo di citare la data, è uscito su repubblica un articolo che sosteneva, dati alla mano, esattamente questo). Rispetto all’ultima domanda io penso che la risposta sia: sì, era ampiamente prevedibile. E quindi il cuore della politica fiscale sarebbe dovuto essere il "come fare per impedire che ciò accada". Un ministro dell’economia, a mio parere, ha il dovere di ragionare in questo modo, se no ciò che rimane è la parola "Robin", che, certo suona bene per la massa…

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