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SE L’INFLAZIONE DRENA IL REDDITO

Ogni anno, in occasione della discussione sulla manovra di finanza pubblica tornano puntuali le polemiche sul fiscal drag (la differenza tra quanto il contribuente paga e quanto pagherebbe senza un aumento dell’aliquota media) e sulla sua eventuale restituzione da parte del governo. Ma l’alto tasso d’inflazione attuale rende opportuni alcuni calcoli su fiscal drag prodotto dal generalizzato aumento dei prezzi. Vediamo quanto sottrarrà nel 2008 ai contribuenti e al complesso delle famiglie italiane.

Il fiscal drag consiste in un aumento dell’onere reale dell’Irpef causato da un incremento del valore nominale della base imponibile, cioè del reddito, che si manifesta anche se quest’ultimo è aumentato solo in termini nominali e non reali. In altre parole, se il reddito personale aumenta ad un tasso uguale a quello dell’inflazione, e quindi non c’è alcun incremento effettivo del potere d’acquisto del contribuente, l’imposta aumenta più che proporzionalmente, quindi il reddito reale al netto dell’Irpef diminuisce. Il fiscal drag si traduce in un aumento dell’aliquota media dell’Irpef (rapporto tra imposta e imponibile) che impoverisce il contribuente a vantaggio dello Stato, senza che vi sia bisogno di variare le aliquote.
Questo fenomeno è provocato da due fattori. In primo luogo, quando il reddito aumenta quote sempre maggiori di esso vengono tassate con l’aliquota marginale Irpef più alta. In secondo luogo, l’aumento del reddito produce una riduzione delle detrazioni per tipo di reddito e per familiari a carico a cui si ha diritto, se queste ultime non sono indicizzate ai prezzi.

ALCUNE IPOTESI CON L’INFLAZIONE AL 4%

Consideriamo il caso in cui il reddito monetario del contribuente cresca allo stesso tasso dell’inflazione. Se sono un lavoratore dipendente senza carichi familiari e guadagno 30.000 euro all’anno, l’Irpef che devo pagare, secondo la normativa vigente, è pari a 6884 euro, cioè il 22,95% del reddito (senza considerare le addizionali locali). Se il tasso di inflazione è il 4%, con perfetta indicizzazione il mio reddito l’anno successivo sarà uguale a 31.200 euro. Visto che in termini reali il reddito non è variato, sarebbe logico pagare in Irpef una percentuale uguale a quella dell’anno precedente, cioè il 22,95% di 31.200, ovvero 7160 euro.
Invece, l’Irpef dovuta su 31.200 euro è aumentata più del 4% raggiungendo 7380 euro, cioè il 23,65% del reddito. Il fiscal drag è proprio la differenza tra quanto in effetti pago e quanto pagherei senza un aumento dell’aliquota media, cioè 7380 – 7160 =  220 euro.
La figura 1 mostra quanto varia l’onere dovuto al fiscal drag nel 2008 (in euro all’anno), al variare del reddito del contribuente, nell’ipotesi che tale reddito sia perfettamente indicizzato e che l’inflazione sia del 4%. Consideriamo un lavoratore dipendente senza carichi familiari, ed uno con un figlio a carico con più di tre anni. Il fiscal drag è leggermente superiore per quest’ultimo a causa della riduzione del valore reale della detrazione per figli a carico, non indicizzata.

Fig. 1 – Fiscal drag nel 2008 per diversi livelli di reddito, ipotesi inflazione 4%.

La figura 2 presenta invece il fiscal drag in percentuale del reddito imponibile del contribuente. Il fiscal drag incide soprattutto sui redditi bassi e medi, provocandone una riduzione che in alcuni casi supera l’1% e in genere è compresa tra lo 0,4% e l’1,2%.

Fig. 2 Fiscal drag in percentuale del reddito imponibile nel 2008, ipotesi inflazione 4%.

GLI EFFETTI DEL FISCAL DRAG

I dati fin qui presentati sono relativi a singole tipologie di contribuenti. Possiamo esaminare gli effetti del fiscal drag sulla totalità delle famiglie italiane utilizzando il campione dell’indagine Istat sui redditi delle famiglie. Immaginiamo che tra il 2007 ed il 2008 i redditi da lavoro aumentino del 4%, lo stesso tasso di crescita dei prezzi, mentre quelli dei pensionati crescano dell’1,6%, il tasso ufficiale di rivalutazione delle pensioni stabilito per legge per il 2008. Classifichiamo le famiglie italiane in decili di reddito disponibile equivalente. La tabella 1 riporta per ciascun decile il valore medio del fiscal drag e la sua incidenza sul reddito disponibile familiare. Nel 2008 il fiscal drag sottrae in media a ciascuna famiglia circa 157 euro, corrispondenti allo 0,41% del reddito disponibile. Le famiglie appartenenti alle classi medie pagano circa 140-180 euro. L’incidenza percentuale del fiscal drag sul reddito è piuttosto uniforme, se si escludono i decili estremi. La perdita di reddito è limitata per i decili più poveri, a causa anche dell’incapienza e non solo dei bassi redditi imponibili. Per i più ricchi, la minore incidenza del fiscal drag può essere dovuta anche al fatto che le detrazioni si annullano sui redditi alti. In termini aggregati, il gettito Irpef complessivo dovrebbe aumentare, rispetto allo scorso anno, di 8,7 miliardi. Il fiscal drag vale circa 3,7 miliardi di euro, quasi la metà dell’incremento totale di gettito.

Tab. 1 Fiscal drag medio per famiglia e in percentuale del reddito disponibile, per decili di reddito disponibile

  Fiscal drag Fiscal drag in % del reddito disponibile
1 30 0.25%
2 78 0.39%
3 111 0.47%
4 123 0.45%
5 138 0.43%
6 161 0.44%
7 181 0.45%
8 208 0.45%
9 244 0.45%
10 296 0.33%
Media complessiva 157 0.41%

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COME FARE LE RIFORME ED ESSERE RIELETTI

18 commenti

  1. Carlo Catalano

    Da anni assistiamo alla riduzione del potere d’acquisto dei redditi medi e medio bassi a vantaggio dei redditi elevati. La progressiva riduzione della massima aliquota marginale IRPEF associata al mancato recupero dell’enorme drenaggio fiscale che ha gravato sui redditi medi e medio bassi hanno generato quanto sostengo. Empiricamente il fenomeno è reso evidente dalla costante crescita dei consumi dei beni di lusso associata ad una generale stagnazione dei consumi. Io credo che per far ripartire i consumi, e quindi l’economia nazionale, occorra innanzitutto correggere questo fenomeno restituendo potere d’acquisto ai redditi medi e medio bassi. La crescente sperequazione dei redditi e la conseguente concentrazione della ricchezza costituiscono tendenze generalizzate a livello mondiale che, sia sul piano etico che su quello economico, occorre contrastare. A tal proposito è assolutamente pertinente l’ottimo articolo del Prof. Colombino pubblicato sul Vostro sito e dal titolo “l’IRPEF è sulla strada giusta” nel quale si evidenzia come, nella teoria economica, il livello ottimale della massima aliquota marginale IRPEF si ponga fra il 51% ed il 90%.

    • La redazione

      Aumentare l’aliquota marginale più alta ci porrebbe in netta controtendenza con tutti gli altri paesi avanzati, anche quelli di tradizione "socialdemocratica". Per far pagare più tasse a chi se lo può permettere preferisco la lotta all’evasione fiscale.

  2. Fulvio Biondi

    Ringrazio il prof. Massimo Baldini per avere, dati alla mano, confermato quanto già sapevo, purtroppo, da molti anni. Avere eliminato l’applicazione automatica del fiscal drag ha causato in questi anni danni tremendi ai salari ed alle pensioni. I governi succedutisi nel tempo non hanno mai preso in considerazione il ripristino di questo piccolo automatismo che impedirebbe di applicare l’aliquota marginale alla totalità degli incrementi (piuttosto bassi per la verità) derivanti dai rinnovi contrattuali. Si parla di ridurre le tasse e poi guardate cosa succede al sottoscritto (bancario con reddito annuo lordo di ca. 36.000 euro di cui 3.000 di premio di risultato: l’attuale governo ha totalmente eliminato l’ICI sulla prima casa (risparmio di imposta, al netto di quanto già accordato dal governo precedente, di ca. 100 euro; di converso il "caro" Tremonti non ha riconfermato nè la precedente decontribuzione sui premi di risultato, nè la defiscalizzazione prevista dall’accordo sul welfare siglato lo scorso anno fra parti sociali e Governo. Complessivamente si sarebbe trattato di ca. 180 euro. Totale dell’operazione: 80 euro in più di tasse. Viva la disinformazione. Scusate lo sfogo.

  3. Tuccio Raciti

    I commenti dei Signori Catalano e Biondi hanno esposto con dovizia di particolari e di calcoli lo status in cui i lavoratori dipendenti di qualsiasi livello si trovano per effetto non solo per la scomparsa nelle manovre economiche del così definito Fiscal Drag, ma in particolare per l’assenza di rigidi controlli e verifiche sull’andamento dei prezzi al consumo.A mio avviso si possono benissimo coniugare le due espressioni giustizia sociale e finanziamento alle imprese, a condizione che tutti dovranno pagare senza condoni o eventuali concordati fiscali. Non si può sempre riversare sui lavoratori dipendenti, la cui quantità di reddito è facilmente riscontrabile, tutte le manovre economiche.

  4. Mario Morino

    Per un milionario (in euro), la cui aliquota fiscale massima corrisponde quasi esattamente alla sua aliquota media, il fiscal drag non è un problema: assumendo che il suo reddito aumenti come l’inflazione, anche il suo carico di imposta aumenterà proporzionalmente ma senza incidere sulla aliquota media percentuale. Viceversa per un contribuente con redditi modesti, lo slittamento di parte del suo reddito su fascie più elevate di contribuzione (come nell’esempio di Massimo Baldini) peggiora notevolmente il suo carico fiscale aumentando la sua aliquota media. Ne deduco, anche se sarebbe interessante una analisi econometrica per classi di reddito, che il fiscal drag fa aumentare il carico di imposte in modo regressivo, svantaggiando meno le fascie più ricche rispetto a quelle più povere.

    • La redazione

      La tabella riportata nell’articolo dice che l’incidenza del fiscal drag, in percentuale del reddito, non cambia molto tra le varie fasce di reddito.

  5. Roberto

    L’inflazione drena il reddito, ma molto di piu’ quello dei pensionati dei ceti medio bassi, stante una indicizzazione scandalosa, perversa e a mio avviso, incostituzionale. Stando cosi’ le cose nel giro di pochissimi anni andremo tutti ad accattonare. Ma i politici, dirigenti statali, comuni, provincie, regioni, ministeri, fondazioni, non esitano ad aumentarsi i loro stipendi . E’ una vergogna trattare cosi’ milioni di italiani di cui in fondo come dice Grillo sono dipendenti. Come mai non si apre un dibattito sulla questione?

  6. Tarcisio Bonotto / Proutist Universal

    Acuta analisi di Massimo Baldini. Essa indica pure una concezione arcaica della teoria economica. Nella figura 1 e 2 si evince che il prelievo per "fiscal drag" è ben alto per le fascie di reddito da 8.000 a 25.000 €. Togliere 200 € da un reddito di 20.000 è ben diverso che deppennare 300€ su un reddito di 80.000€. Vi è un diritto fondamentale della popolazione di veder garantite le minime necessità e quindi un reddito minimo che si attesterebbe, in genere, per una famiglia di 4 persone, sui 25.000€. Che dovrebbero essere detassati in toto. Chi muove l’economia non è il ricco da 100.000€ in su, ma la classe media. Creando problemi alla classe media diminuisce il consumo, il risparmio creando problemi alle banche, non si garantiscono i beni primari e si innescano conflitti sociali. Se si toglie il 10% in più ai redditi alti, tramite tassazione, nessuno morirebbe di fame, se si toglie un 4% ai redditi sotto i 20.000€, come da Gov. Prodi, si tolgono 800,00€ utili per le esigenze primarie, non voluttuarie. Secondo Sarkar, la visione del reddito e della tassazione va completamente ridisegnata, per garantire a tutti, per lo meno, le minime necessità, attraverso un lavoro.

  7. Giorgio Bonamore

    Mi scuso per l’estrema semplificazione: – i consumi non possono sempre incrementarsi, col risultato dell’usa e getta, facendoci soffocare dai rifiuti, – abbiamo vissuto "sopra le righe" per diversi decenni, e così vogliamo continuare? – va ridisegnato un nuovo (recuperando anche e non solo metodi tradizionali) modo di vivere (meno avere e più essere), – il gap generazionale è talmente elevato che non c’è più trasmissione di "forme accettate" di convivenza e di socialità. Edonismo trionfante e "cogli l’attimo fuggente", – un riscontro si ha nei partiti, che cercano sopravvivenza "agganciandosi" ad un passato superato, o che aggregano per "competere" sul piano personale e dell’avere. La "competizione" è la base dell’istinto di sopravvivenza, e soltanto la "ragione" può ricondurla ad una visione etica, – il PD, per quanto si sia dichiarato "nuovo", sembra rifiutarsi di affrontare gli aspetti "ideali", che possono creare una resistente aggregazione. – occorrerebbe lavorare su un arco di tempo lungo, per un recupero di modelli etici, concettualmente basati sul "relativismo sociale".

  8. Professor Vito Tanzi

    Come autore di un libro sull’indicizzazione delle imposta sul reddito per l’inflazione (Inflation and the Personal Income Tax, Cambridge University Press, 1980 pubblicato anche dal Mulino) ho apprezzato i calcoli del Professor Baldini. Ma mi viene un dubbio. La “fiscal drag” dovrebbe essere corretta anche quando parte dell’inflazione e’ importata (prezzo del petrolio e di altre materie prime piu alto) cosi’ che il reddito reale del paese si e’ ridotto? In questo caso e’ corretto ridare ai contribuenti lo stesso reddito reale di prima? Chi sostiene il costo della riduzione del reddito nazionale?

    • La redazione

      La ringrazio per l’attenzione. A me pare che in caso di inflazione importata i cittadini subiscano comunque un trasferimento di reddito reale, a vantaggio dei paesi stranieri. Col fiscal drag è in gioco una ulteriore e diversa redistribuzione, tra soggetti interni ai nostri confini, cioè Stato e contribuenti, quindi giro la domanda: è corretto redistribuire reddito dai contribuenti allo Stato (e non solo ai paesi esteri) quando c’è inflazione, qualunque sia la sua origine?
      In altre parole, perché i contribuenti dovrebbero subire una seconda riduzione del reddito reale, oltre a quella prodotta dall’inflazione importata?
      Se non sbaglio, Usa, Uk e Francia hanno meccanismi automatici per l’aggiornamento annuale di scaglioni e aliquote in base all’inflazione dell’anno precedente, qualunque sia l’origine dell’inflazione stessa, interna o importata.

  9. stefano monni

    Trovo sempre molto chiari e istruttivi gli articoli che vengono presentati su questo sito. Relativamente alla questione del fiscal drag è necessario constatare quanto – bisogna essere onesti – tutti sappiamo da anni e cioè che i redditi medi e medio bassi siano sempre quelli più penalizzati ovvero quelli meno beneficiati ad esempio quando si decida di ridurre le tasse. L’argomento trattato affronta il problema tecnico del drenaggio del reddito dovuto ad aumento dell’inflazione. Fermo restando che sono pienamente in accordo con quanto descritto dal Prof. Baldini nell’articolo, ritengo doveroso aggiungere un particolare non indifferente; i dati sull’inflazione e quindi sul drenaggio del reddito partono da un presupposto: la bontà della scelta del paniere di beni e servizi sul quale viene calcolata l’inflazione. Se si analizzasse, io credo, l’aumento del prezzo di ulteriori beni e servizi forse ci si accorgerebbe che la penalizzazione dei redditi medi o medio bassi è molto più seria e importante; che dire ad esempio dei prezzi dei biglietti di treni, aerei, delle autostrade, delle assicurazioni ecc.?

  10. luca paolazzi

    Mi collego al punto sollevato dal Professor Vito Tanzi e muovo tre rilievi. Il primo è che non si può prendere un dato di inflazione puntuale (4%) per calcolare il fiscal drag ma almeno quello medio (3,6% nelle ultime previsioni). Il secondo è che occorre guardare all’inflazione al netto dell’inflazione importata, la quale può essere approssimata dall’andamento dei prezzi al netto di energia e alimentari che è al 2,3% puntuale in giugno e del 2,2% nei primi sei mesi. La differenza è la tassa petrolifera e alimentare che va ai Paesi produttori di commodity e che viene estratta dalle tasche dei cittadini proprio con i maggiori prezzi al consumo. Visto che questo di più di inflazione non ha contribuito a determinare le dinamiche dei redditi nominali, è all’inflazione core che si deve guardare anche per il fiscal drag. Infine, l’esercizio di Massimo Baldini, come sempre ineccepibile sul piano tecnico, è puramente teorico perché prende a base di riferimento non i dati di reddito dichiarati e il loro aumento bensì quelli tratti dall’indagine Istat. Tutto ciò porta inevitabilmente a gonfiare l’ammontare del fiscal drag. Credo che ciò non aiuti la serenità di un dibattito già molto acceso.

    • La redazione

      1) Il mio era solo un esercizio illustrativo, comunque tra 3,6% e 4% non c’è alcuna differenza sostanziale, ma si guadagna in chiarezza. Avendo più spazio, si farebbe molto presto a stimare il fiscal drag per scenari inflazionistici alternativi.
      2) come ho scritto nella risposta al commento del Prof. Tanzi, dissento dall’idea che si debba escludere, nel computo del fiscal drag, l’inflazione importata.
      Se nel 2008 i redditi nominali cresceranno del 3,6% come l’inflazione, dovremmo concludere che i redditi reali sono aumentati dell’1.4%, solo perché l’inflazione core è del 2,2%?
      Nei paesi in cui si prevede il recupero automatico del fiscal drag questa differenza tra inflazione interna ed importata non c’è.
      3) La stima di un trasferimento di risorse pari a 3.7 miliardi in caso di inflazione al 4% è effettuata su una indagine Istat sui redditi delle famiglie (necessariamente, visto che i microdati sulle dichiarazioni sono inaccessibili ai ricercatori comuni mortali) corretti per tener conto del fenomeno dell’evasione fiscale. Essi producono un gettito Irpef molto vicino a quello noto. Si tratta ovviamente di approssimazioni, è quantomeno limitativo definirle calcoli "puramente teorici".

  11. giuseppe

    Il Prof. Baldini ci spiega gli effetti negativi che l’aumento dell’inflazione provoca sui redditi individuali a causa della mancata restituzione del fiscal drag da parte del Governo. Il Prof. Vito Tanzi, commentando ed apprezzando i calcoli del Prof. Baldini, evidenzia tuttavia che ove tutta o parte dell’inflazione sia importata (prezzo del petrolio e di altre materie prime più alto) è il reddito reale del Paese che si riduce. Domando: (i) se il reddito reale del Paese si riduce, quale sarebbe il fiscal drag da restituire? ed ancora (ii) se il fiscal drag viene restituito le minori entrate non rischiano di essere compensate con un corrispondente taglio di spesa pubblica (quindi, sempre a carico dei cittadini)? ed infine (iii) quale degli ultimi Governi ha evitato opportunamente di restituire il fiscal drag, quello di destra o quello di sinistra, oppure entrambi?

    • La redazione

      Sul punto (i) si veda la risposta al commento di Vito Tanzi.
      Sul punto (ii): se si annullasse l’effetto del fiscal drag, lo Stato vedrebbe aumentare le proprie entrate per Irpef allo stesso tasso di crescita dei prezzi, quindi potrebbe acquistare gli stessi beni e servizi reali dell’anno precedente. Se poi ne volesse acquistare di più, potrebbe aumentare le imposte, in modo trasparente.
      Sul punto (iii): nel corso degli ultimi dieci anni sia il centrodestra che il centrosinistra hanno nei fatti concesso il recupero del fiscal drag, se consideriamo tutte le misure prese in questi anni, ad esempio le 2 riforme Irpef di Tremonti, la riforma Irpef del governo Prodi, l’aumento delle pensioni più basse, l’aumento degli assegni familiari. Tutto è avvenuto in modo discrezionale ed episodico.

  12. dvd

    Da sempre e nei momenti di maggiore crisi si sentono le sirene che partono nel commentare astrusi calcoli che nel complesso fanno cifre importanti ma ancora più per il singolo che percepisce ad es. uno stipendio o una pensione insufficiente! Il problema vero, ritengo che sia che il fisco così come è impostato e come si è complicato nel tempo, diviene “mostruoso” anche per chi ha redditi troppo bassi. Invece che inventare meccanismi che già adesso impongono anche ad un “povero cristo” di avvalersi di consulenti anche solo per dedurre le spese mediche, sarebbe meglio avere maggiore coraggio e gettare a mare questo sistema arcaico e percepito oramai da tutti oppessore, sostituendolo con un sistema (mentalità) più snello, con maggiori garanzie per il contribuente e meno diffidenza da parte dello Stato, per altro il più delle volte rappresentato da funzionari non eccessivamente preparati e/o alle prime armi, pieni si di buona volontà, ma anche da una buona dose di “arroganza” e di “pregiudizi”, che nuociono al rapporto cittadino istituzioni. Per l’inflazione ecc…ecc…, non c’è rimedio perchè non dipende da noi ma piuttosto dalla politica economica cinese o indiana..!

    • La redazione

      E’ vero, l’Irpef è una imposta molto complicata, ma mi pare che anche negli altri paesi ricchi compilare la dichiarazione dei redditi e capire quanto si paga non sia una passeggiata.

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