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UNA BOLLA FINANZIARIA NEGATIVA

Per rifondare il sistema finanziario si dovrà riconsiderare in modo congiunto e coordinato il sistema di regolamentazione, il ruolo delle agenzie di rating e la scelta della struttura monetaria da adottare. La dichiarazione finale del G-20 suggerisce che le regole internazionali devono assicurare la possibilità di adeguarsi rapidamente all’evoluzione e all’innovazione dei mercati e dei prodotti finanziari.

La crisi finanziaria si fonda su quattro elementi strutturali e comportamentali: (i) la struttura monetaria incentrata sulla fissazione dei tassi di interesse da parte della banca centrale abbinata a una prolungata politica di bassi tassi di interesse a breve termine, (ii) prodotti finanziari innovativi che hanno facilitato l’espansione del credito in modo massiccio e trasferito il rischio di insolvenza, (iii) alcune lacune nella regolamentazione delle istituzioni finanziarie, (iv) la presenza di carenze di valutazione dei rischi delle attività finanziarie da parte delle società di rating. (1)
Il recente summit dei G20 a Washington ha ribadito la rilevanza di alcuni di questi aspetti e ha sottolineato come, durante il periodo di forte crescita globale, si siano sottostimati i problemi legati alla liquidità dei mercati e si siano sottovalutati i rischi. Come è stato possibile? A riguardo si è già scritto molto nell’ultimo anno, ma riteniamo importante dare una rilettura della crisi basata su questi quattro elementi perché deve essere posta alla base delle soluzioni attuate e proposte per l’immediato e per il medio-lungo periodo.

COSA È SUCCESSO?

Nel periodo che va dal terzo trimestre 2001 al primo 2005, la Federal Reserve Bank ha fissato tassi nominalmente bassi, in alcuni momenti inferiori al tasso di inflazione. Questi hanno causato tassi reali prossimi a zero o negativi negli anni dal 2002 al 2004 e al di sotto dell’1 per cento nel 2005.
I bassi tassi di interesse hanno causato una forte convenienza a espandere gli impieghi da parte delle aziende di credito in tutti i settori e in particolare in quello dei mutui immobiliari. Il processo espansivo del credito è stato potenziato dalla nascita di nuovi prodotti finanziari: i prodotti strutturati e in particolare gli asset-backed securites (Abs). La nascita e la diffusione dei prodotti strutturati ha parzialmente svincolato la concessione del credito delle banche alle imprese e alle famiglie dal tasso di crescita dei depositi, in quanto i prestiti stessi “impacchettati” e ceduti alle banche acquirenti generavano liquidità per la concessione di nuovo credito alle banche venditrici.
La forte crescita finanziaria è stata resa possibile anche dai rating attribuiti agli Abs. In un mercato globale, con decine di migliaia di emittenti e di tipi di prodotti finanziari strutturati e non, è impossibile una accurata e consapevole valutazione da parte degli investitori dei rischi delle attività finanziarie complesse e poco trasparenti come gli Abs. Di qui il ricorso ai rating delle società specializzate.
Nella “catena produttiva” dell’industria finanziaria, tali società sono un punto strategico importantissimo perché determinano la fiducia dell’acquirente sulle attività finanziarie in cui investire ela possibilità di dare in garanzia prodotti strutturati per ottenere altro credito. Le loro valutazioni, anche se basate sulla più avanzata modellistica, hanno sottovalutato i rischi di credito e di liquidità degli Abs che si potevano manifestare in presenza di innalzamento del tasso di interesse da parte della Banca centrale.
Sicché, mentre l’espansione del credito raggiungeva clienti sempre più rischiosi, il mondo finanziario valutava gli strumenti finanziari come attività poco rischiose.
Come conseguenza si è avuto un forte aumento degli attivi, dei passivi e della rischiosità delle banche che non ha trovato ostacolo nelle regole di vigilanza. Ciò è accaduto perché anche le regole delle autorità di vigilanza si rifacevano alla stessa conoscenza teorica e applicata degli operatori di mercato e parte del credito veniva generato da società che non sottostavano alla vigilanza bancaria.

È POSSIBILE CHE NON CI SIANO STATI SEGNALI?

È  possibile che non ci siano stati segnali che indicassero la presenza di uno squilibrio nel sistema in termini di liquidità e rischio?
In realtà, l’espansione del credito aveva causato un forte aumento dei prezzi degli immobili e delle aziende di alcuni settori industriali e finanziari. Infatti, a partire dal 2003 è iniziata una crescita accelerata dei prezzi e dei volumi del mercato immobiliare e dei mercati delle azioni, che è poi sfociata in una bolla speculativa. Si può definire tale lo scambio di attività a prezzi ben al di sopra del loro valore basato sui flussi di cassa futuri. Purtroppo però, le bolle speculative alimentate da eccessi di liquidità sono facili da individuare ex post, ma difficili da diagnosticare ex ante e nel loro svilupparsi (il “giusto” valore è sempre difficile da determinare). Pur essendo stata ipotizzata la possibilità che ci fosse una bolla nell’immobiliare e nell’azionario, non è stata considerata così probabile da consigliare variazioni del tasso di interesse da parte della Banca centrale. Dopo tutto, il Pil cresceva e l’inflazione era bassa: il sogno dei banchieri centrali. (2)
Perché il forte aumento dei rischi non è stato percepito? Gli indicatori dei potenziali rischi erano: la crescente leva finanziaria, ma c’erano gli strumenti di garanzia; la sproporzione enorme tra i capitali garantiti e il patrimonio netto dei garanti, ma c’erano strumenti di ripartizione e compensazione del rischio e modelli di valutazione rassicuranti delle agenzie di rating; c’erano inoltre nei bilanci valori attivi elevati ritenuti facilmente cedibili e quindi capaci di generare adeguata liquidità se necessario.
Vi furono cassandre che sottolinearono le problematiche legate all’elevata leva finanziaria delle banche oppure la presenza di elevati global financial imbalances, si pensi alla bilancia dei pagamenti, ma, in quel contesto sembrarono, appunto, cassandre.
Quando è emerso lo squilibrio? Quando la Fed, nella seconda metà del 2005, ha gradualmente iniziato ad aumentare i tassi. I primi segnali si sono avuti dapprima con il concretizzarsi del rischio di credito e poi con le insolvenze dei mutuatari, la caduta dei prezzi delle attività, l’insolvenza di istituti finanziari e assicurativi, il venir meno del mercato degli Abs. Il tutto è sfociato in fortissime deficienze di liquidità per il sistema bancario.
La crisi si è perciò manifestata con (i) perduranti deficienze di liquidità in un ampio sottoinsieme di banche, con conseguente carenza di attività finanziarie nell’attivo di tali banche da usare come collaterali per nuovi debiti a breve con cui ripagare i debiti a breve in scadenza; (ii) l’aumento dei rischi di insolvenze e il conseguente blocco del mercato interbancario a causa della sfiducia tra le banche; (iii) il blocco delle negoziazioni nei mercati obbligazionari e (iv) l’emergere di perdite e quindi di deficit di capitale soprattutto per un sottoinsieme di banche.
In sostanza, stiamo assistendo a una “bolla finanziaria negativa” che deriva direttamente da una crisi di liquidità delle istituzioni bancarie e finanziarie associata all’inizio di una recessione. Si realizza infatti una bolla finanziaria negativa quando c’è una crisi che forza le predette istituzioni a liquidare simultaneamente le loro attività finanziarie. Questo porta a una veloce e significativa riduzione dei prezzi delle attività finanziarie in modo persistente e ben al di sotto del loro “giusto” valore. (3)

COSA FARE?

Cosa fare perché tutto questo non si ripeta in futuro? Condividiamo il piano di emergenza varato dai governi europei anche se è fondamentale indicarne velocemente le linee applicative e con il sospetto che potrebbe essere non sufficiente.
Per quel che riguarda il medio e lungo periodo, riteniamo importante sottolineare che per rifondare il sistema finanziario si dovrà riconsiderare in modo congiunto e coordinato (i) il sistema di regolamentazione, (ii) il ruolo e il mercato delle agenzie di rating e (iii) la scelta della struttura monetaria da adottare. Quest’ultimo aspetto è praticamente assente nella dichiarazione finale del vertice del G20.
Per quanto riguarda la regolamentazione, la dichiarazione suggerisce che le regole internazionali devono assicurare ai regolatori la possibilità di rispondere rapidamente all’evoluzione e all’innovazione dei mercati e dei prodotti finanziari. Un aspetto da non trascurare però è che l’innovazione da un lato svolge un ruolo importante per la crescita, dall’altro è in genere una risposta ai vincoli che regolamentazione e tassazione impongono. Èquindi necessaria una regolamentazione che non sia costretta a “rincorrere” l’innovazione, ma che crei una struttura che generi i corretti incentivi all’innovazione.

(1) Il rating è un metodo utilizzato per classificare sia i titoli obbligazionari che le imprese in base alla loro rischiosità. I rating sono periodicamente pubblicati da agenzie specializzate, tra cui Moody’s, Standard&Poor’s e Fitch Ratings.
(2) Nel periodo il tasso di inflazione annuo è variato tra il 2,27 e il 3,24 per cento ed è quindi rimasto a livelli abbastanza contenuti. Inoltre, la crescita del Pil reale è stata tra il 2,6 e il 3,6 per cento, quindi robusta.
(3) Sulla relazione tra bolle speculative e politica monetaria si veda Allen and Gale (2000) “Asset Price, Bubbles and Monetary Policy”, in Global Governance and Financial Crises edited by Meghnad Desai and Yahia Said, 19-42.

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12 commenti

  1. andrea

    Egregi collaboratori, mi riesce difficile comprendere perché siano necessari nuovi regolatori. Se dal vostro articolo si evince che la crisi è stata generata da una bolla finanziaria provocata da tassi inutilmente bassi (al punto da generare un surplus di M2 /M3 autoalimentantesi nel credito e nei valori di facciata, non realistici e spesso neppure quotati), se è evidente che questa bolla finanziaria è stata creata proprio dai regolatori (Banche Centrali), perché mai l’aggiunta di nuovi regolatori migliorerebbe le cose? E’ il ruolo delle Banche Centrali e della manipolazione della moneta che deve essere completamente rivisto e limitato, in quanto distorsione del mercato. Non è aggiungendo altri regolatori (ulteriori distorsioni del mercato) che le cose miglioreranno.

  2. maria di falco

    Sì va bene, ma quando cominceremo a pensare ad agenzie di rating europee? Io credo che questo sia un aspetto molto importante. A volte mi sembra anche banale, a dire la verità. Nel senso che come si fa a non avere propri strumenti e affidarsi ad un solo punto di vista ? Le agenzie di rating statunitensi avranno i loro buoni motivi ed il loro punto di vista, ma l’Europa, l’Asia come fanno a non rendersi conto dell’importanza di possedere un propri strumenti che portino quanto più possibile ad un’autonomia di giudizio?

  3. stefano monni

    Ritengo opportuno aggiungere un quinto elemento a quelli indicati nell’articolo come fondanti la crisi finanziaria in atto. In particolare ritengo che tale ultimo elemento sia rappresentato dalla globalizzazione e dai principi che l’hanno promossa. Tale processo, soprattutto in campo finanziario consistente in una elevata libertà di movimento di capitali, ha portato alla abolizione di forme di controllo e regolamentazione. Il problema quindi è proprio quello di ristabilire un pur minimo sistema di regolamentazione che non freni la globalizzazione ma che limiti le sue esternalità.

  4. Massimo GIANNINI

    Mi pare che l’innovazione finanziaria sia stata usata per aggirare regole e buon senso, laddove la semplice capitalizzazione e analisi del rischio non avrebbe permesso certe operazioni ed espansione del credito. Vista la situazione che si é venuta a creare si deve fare molto di più e in tempi brevi. Non è possibile continuare a guardare il film in più di tre dimensione (3D) debito, default e deleveraging perché la quarta dimensione D di Deflazione fa male…

  5. Guido maragliano

    In realtà le agenzie di rating sono in malafede perchè agiscono anche come consulenti per la creazione dei nuovi prodotti finanziari che poi sostengono con buoni giudizi. Un po’ come le società di revisione che insegnano a truccare i bilancie e poi li certificano (vedi parmalat). Forse bisognerebbe creare un fondo nella borsa che commissiona il rating ed impone l’incompatibilità con azioni di consulenza alle aziende.

  6. Paolo

    Alle motivazioni sulle cause della crisi e sui segnali che negli anni scorsi c’erano ma non sono stati colti, o meglio, non si è voluto cogliere (l’ottimismo genera ottimismo e riduce la capacità di percepire il rischio), mi permetto di aggiungere una considerazione che ritengo compresa ma non esplicitata nelle argomentazioni dell’articolo: – quando per acqistare un bivano di 60 mq si deve ricorrere ad un mutuo trentennale c’è qualcosa che non va: o gli stipendi sono troppo bassi o le case costano troppo. La considerazione si basa sul solo caso italiano ed è quindi a maggior ragione valida per il caso americano. A parte quindi la scelta imprudente di riprodurre la liquidità nell’attivo della banca con le cartolarizzazioni che hanno creato l’illusione del credito senza fine, anche solo quanto sopra dovrebbe far porre domande alle autorità monetarie.

  7. Altromedia

    Vi chiedete,"È POSSIBILE CHE NON CI SIANO STATI SEGNALI?".No,naturalmente, ce ne sono stati molti;non visti. Solo per restare in Italia,Italease e la puntata di report sui CDS sono dell’anno scorso. Chi ha fatto qualcosa di sostanziale in anno e mezzo?Nessuno.Meraviglia un pò, questa meraviglia da chi conosce l’aspro mondo dei soldi…Saluti.

  8. luigi zoppoli

    E’ chiaro il senso dell’articolo. Ma come l’operatore finanziario si trova di fronte ad un rischio elevato ma con possibilità di alti guadagni per tutti se va bene e "solo" la perdita di posto e reputazione se va male, altrettanto vale per le agenie di rating. E si è dimostrato anche i questo caso. Nessuno mi toglierà dalla testa che tra banche ed agenzie di rating hanno fatto tutti come il derviscio di Voltaire: tacere. Credo che l’importante sia il continuo monitoraggio degli strumenti finanziari, il controllo assiduo e la ricomprensione sotto l’egida delle autorità monetarie di chiunque emetta strumenti di credito o debito.

  9. Michele Orlandini

    Aggiungerei ai quattro elementi strutturali e comportamentali un quinto che, più nascosto, è più pericoloso degli altri: le società di revisione e certificazione dei bilanci. Perchè se è chiaro che le società di rating basano i loro giudizi sulle imprese analizzando i loro bilanci, deve essere altrettanto chiaro che l’inattendibilità dei dati di partenza non può che produrre risultati via via più pericolosi. Perchè infine si dovrebbe ammettere che sia impossibile "una accurata e consapevole valutazione delle attività complesse"? Certo lo è per il risparmiatore retail, per il comune investitore, ma non deve esserlo per gli operatori istituzionali che dovrebbero avere tra i loro compiti proprio quello di tutelare e vagliare le opportunità di investimenton dei loro clienti.

  10. mxm

    l’analisi fondamentalmente corretta è secondo me troppo meccanicistica e non tiene conto dell’etica (sia di chi crea abs e cds che valgono il prezzo della loro carta consapevolmente per poi metterli sul mercato e pensando unicamento al presente e a se stesso, tanto delle società di rating che distribuiscono triple A come se piovesse, dei politici che guadagnano dalla deregolamentazione lobbistica e degli intermediari che non fanno gli interessi dei loro clienti), ne’ del fatto che ciò che sale deve necessariamente scendere e se ci si ostina a volerla tenere su contro la logica la caduta alla fine sarà solo più rovinosa. Tutti si sono nascosti dietro l’illusione del "pasto gratis" e fino a ieri hanno fatto finta di crederci.

  11. Massimiliano Deidda

    La crisi nasce principalmente dal trasferimento del rischio di insolvenza dalle banche specializzate alle banche d’affari, e da queste ai piccoli risparmiatori. Se viene meno la fiducia dei cittadini nella capacità delle istituzioni creditizie di preservare e remunerare il risparmio, e allocarlo in maniera ottimale tra gli operatori economici che producono ricchezza (funzione Schumpeteriana della Banca); se viene meno la fiducia tra gli stessi operatori finanziari, che cessano di scambiarsi liquidità o per farlo pretendono un prezzo sempre maggiore, come dimostrato dall’andamento dell’euribor nel terzo trimestre 2008; se gli interventi delle autorità monetarie per ristabilire l’ordine e la fiducia risultano poco credibili, come dimostrato dalla forbice tra tassi di riferimento e tassi di mercato; viene meno la liquidità nel sistema. Il denaro scarseggia anche per le imprese produttive, sia quello erogato dal sistema bancario sia quello raccolto in borsa; le imprese hanno difficoltà e costi aggiuntivi per affrontare le normali sfasature tra incassi e pagamenti, e per programmare gli investimenti. Lo shock finanziario si ripercuote sull’economia reale e sull’occupazione.

  12. bellavita

    Da parecchi mesi di discussione sulla crisi bancaria non è ancora emersa una parola da parte delle agenzie di rating, tanto meno notizie di dimissioni dei loro vertici. Persino la ragionevole proposta di organizzare una agenzia di rating europea, utilizzando le competenze delle ex banche di emissione e della BCE è caduta nel nulla. E’ così grande la sudditanza psicologica verso questi discutibili personaggi? o si aspetta che qualche oscuro magistrato europeo spicchi un mandato di cattura per truffa aggravata?

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