Lavoce.info

DILEMMI ITALIANI

Per l’Italia sarebbe imprudente e molto rischioso tentare una espansione keynesiana o aumentare la spesa pubblica per proteggere i più colpiti dalla crisi. I dati sui tassi di interesse dimostrano che il rischio paese è già salito rispetto allo scorso anno e una politica fiscale espansiva potrebbe farlo aumentare in modo incontrollabile. Oltretutto, misure di questo tipo potrebbero anche non essere efficaci perché quella italiana è una economia molto aperta e il suo andamento dipende in larga misura da ciò che accade nel resto del mondo. Sostenere che il debito totale (incluso il debito privato) è basso ha poco significato. Conta il debito pubblico.

Cosa dovrebbe fare Giulio Tremonti per sostenere l’economia nella crisi che l’Italia e altri paesi stanno attraversando? Molti vorrebbero che il governo seguisse politiche keynesiane, come gli Stati Uniti, senza preoccuparsi dell’effetto che avrebbero sui conti pubblici. L’accenno del ministro Sacconi all’esperienza argentina è stato criticato perché, ovviamente, l’Italia non è l’Argentina. Anche Tremonti è stato criticato per aver proposto solo un modesto aumento agli aiuti alle persone in difficoltà.

UN’ECONOMIA APERTA

Ci sono alcune considerazioni che potrebbero aiutarci a capire meglio cosa è possible fare. La prima è che non è solo l’Italia a essere in crisi, ma gran parte del mondo. Ciò che succederà in Italia nei prossimi mesi dipenderà in buona misura da ciò che accadrà nel resto del mondo. Le politiche che saranno seguite dall’Italia avranno poco effetto sull’economia mondiale. Per di più, bisogna ricordarsi che quella italiana è una economia molto aperta: una politica fiscale keynesiana avrebbe relativamente poco effetto anche all’interno, perché il moltiplicatore è ridotto da tale apertura e  dalle condizioni di crisi di altri paesi.
L’altra considerazione importante è la situazione dei conti pubblici che non permette al paese seguire ricette keynesiane senza correre troppi rischi, come possono fare invece gli Stati Uniti e la Germania. Forse quest’aspetto è più difficile capire.
Cercherò di spiegarlo con alcuni dati.

IL RISCHIO PAESE

L’Italia ha un debito pubblico che l’anno scorso superava il 104 per cento del Pil. Ha un indebitamento netto intorno al 3 per cento,che probabilmente crescerà nel prossimo anno per la riduzione del reddito nazionale causato dalla crisi. Il rapporto debito pubblico/Pil potrebbe anche aumentare. Secondo i dati più recenti, per ottenere prestiti per dieci anni, l’Italia paga ora un interesse del 4,49 per cento, mentre la Germania paga il 3,10 per cento, la Francia il 3,59 per cento e gli Stati Uniti solo il 2,76 per cento. Un anno fa le differenze erano molto più piccole. L’Italia pagava 4,52 per cento, la Germania il 4,20, la Francia il 4,31 e gli Stati Uniti il 4,11.
È ovvio da questi dati che il “rischio paese” è cambiato in modo notevole e sfavorevole per l’Italia durante l’ultimo anno. Rispetto alla Germania è aumentato da 32 punti di un anno fa ai139 punti di oggi. Rispetto alla Francia è salito da 21 a 90 punti. Rispetto agli Stati Uniti da 41 a 173 punti. Lo stesso è successo ai prestiti a due anni. Un anno fa, l’Italia pagava il 4,12 per cento contro il 3,91 per cento della Germania, il 4,04 per cento della Francia e 3,10 per cento degli Stati Uniti. Ora l’Italia paga il 3,40 per cento contro il 2,18 della Germania, il 2,52 della Francia e lo 0,99 per cento degli gli Stati Uniti. Sia per prestiti di dieci anni sia per quelli di due anni il costo del debito è ora di gran lunga più alto in Italia rispetto agli altri paesi G-7.
Data la situazione, sarebbe imprudente e molto rischioso tentare una espansione keynesiana o aumentare la spesa pubblica, se non marginalmente, per proteggere i più colpiti dalla crisi. L’espansione potrebbe far aumentare il “rischio paese” in modo incontrollabile.
Il fatto che in Italia il debito privato sia relativamente basso ha poca importanza e non potrebbe proteggere lo Stato contro un forte peggioramento del “rischio paese”.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Nel piano tante buone intenzioni, ma pochi numeri
Leggi anche:  Nel piano tante buone intenzioni, ma pochi numeri

Precedente

NON E’ SOLO UN COSTO IL PACCHETTO CLIMA

Successivo

SE NON SI FA PIU’ CREDITO ALL’INNOVAZIONE

26 commenti

  1. Davide Bukoro

    Apprezzabile, coinciso e alquanto preciso intervento. Farei un passo in più che è strano che l’Autore non faccia: ciò che si deve fare. Interventi pubblici a sostegno dell’economia devono essere finanziati non da nuove emissioni di debito pubblico, con contestuale incremento di interessi, ma da un ridimensionamento del peso relativo dello Stato nell’economia. Tagli devono essere necessariamente attuati alle inefficienze statali anche se dovessero condurre a licenziamenti e dismissioni di attività non socialmente utili. Nonostante io creda profondamente che la recessione si contrarrà solo per effetto di un generale processo deflattivo (capitale, lavoro e rendite), ritengo che il ridimensionamento del peso relativo in termini di risorse sprecate da parte dell’Amministrazione Pubblica sia un elemento necessario anche se non sufficiente. Vorrei aggiungere che politiche keynesiane non faranno sicuramente bene all’economia statunitense, a qualsiasi livello attuale del debito pubblico in quel paese: la socializzazione dell’economia è dimostrato che non porta benefici nel m/l termine, scoraggia l’attività imprenditoriale e limita la tendenza al miglioramento umano.

  2. mirco

    Ecco dunque che in base all’analisi dell’articolo, (analisi giusta) occorre ristrutturare la spesa pubblica non tagliando sullo stato sociale ma ristrutturando la spesa per spendere meglio e senza sprechi a favore dei più colpiti dalla crisi. Proposte? Fin da subito un parlamento monocamerale abolizione delle province, eliminazione della casta politica e sindacale ed elezione di politici seri e competenti facendo attenzione a non stravolgere i principi costituzionali della democrazia. Ma sono sogni. Il tacchino non si prepara la pentola in cui sarà cotto. Siamo in una oligarchia senza poter esprimere preferenze.

  3. luis

    Concordo pienamente. Cosa succederà quando la valanga dei titoli super-subordinati emessi dai paesi Europei a sostegno delle banche in crisi inonderanno il mercato? Siamo sicuri che le emissioni dei titoli pubblici italiani saranno totalmente sottoscritte? Temo che fra non molto stipendi statali e pensioni saranno pagati in Bot. Quello che succederà in Italia dipende dal dramma in corso. Il deficit commerciale americano non è sceso. Purtroppo credo che inizieà una nuova devastante fase: crollo del dollaro e super inflazione.

  4. audibes

    Questo articolo è in totale antitesi con quello di Boeri del 10/12 e può portare i lettori al più completo disorientamento. Per quanto mi riguarda ritengo preferibile una maggiore prudenza finanziaria non essendo certi i risultati di una iniezione di denaro pubblico nelle industrie. Ciò perchè il tessuto industriale italiano è formato da attività piccole e medie dotate di notevole capacità adattativa. In più gli effetti finanziari andrebbero a sommarsi sul già notevole debito pubblico aumentandone i rischi “argentini”. E’ meglio che il rapporto debito/pil venga deteriorato nelle nostre economie concorrenti in area euro rendendo la situazione italiana meno appariscente (in senso negativo).

    • La redazione

      I due testi in realtà non sono in contraddizione in quanto Tanzi non propone certo di aumentare la pressione fiscale durante una recessione e Boeri è per finanziare le politiche anticicliche con tagli di spesa futuri. Ma anche se fossero in disaccordo, non ci vediamo nulla di male a ospitare posizioni diverse.

      La Redazione de lavoce.info

  5. piero

    Mi sembra che l’analisi sia solo in negativo: dice cosa non si deve fare. Ma allora? Come si può affrontare la situazione? Bisogna lasciare che le aziende e le persone in difficoltà si arrangino? La risposta è ancora una volta nelle virtù del libero mercato? Io continuo a pensare che, senza scassare ulteriormente il bilancio pubblico, almeno in situazioni del genere lo Stato non può esimersi dal mettere in campo politiche solidaristiche e di sostegno; se del caso facendole pagare a chi sta meglio.

  6. Giuseppe Caffo

    Concordo. Mi permetto di aggiungere un dettaglio non da poco. Ieri sera ad Annozero Marco Travaglio ha ricordato che De Nicola nel 1946 mise al primo posto delle priorità per la ricostruzione del Paese distrutto dalla guerra la stretta osservanza della legalità. Credo che questo richiamo sia oltremodo attuale. L’imponente evasione fiscale, le risorse disperse tra mafie e corruzione pongono un grave limite a qualsiasi politica economica volta ad uscire dalla crisi, e ciò non dipende da quel che accade nel resto del mondo. Se poi consideriamo che la selezione della classe dirigente avviene spesso attraverso meccanismi di clientelismo e nepotismo prescindendo da qualità e merito,credo proprio che non venga abbastanza considerato il ripristino della legalità come un elemento strutturale fondamentale per lo sviluppo economico.

  7. Enrico

    Sembra che tutti se la dimentichino, ma siamo anche uno dei paesi che hanno l’evasione fiscale piu’ alta in assoluto. Perche’ quando c’e’ bisogno di soldi per introdurre delle politiche redistributive, nessuno dice mai che si potrebbero prendere da quelli che le tasse non le pagano? Si parla tanto di misure tampone, ma non c’e’ uno straccio di economista che proponga una riforma strutturale che finalmente reintroduca una parvenza di legalita’ fiscale in questo paese, abbattendo una volta per tutte questa piaga.

  8. Gabriele Andreella

    L’argomento di questo articolo, oltre al fatto che dice il contrario di molti altri economisti (secondo cui sarebbe invece il caso di aumentare, seppur moderatamente, la spesa pubblica, e io son d’accordo con loro), si rivela essere la scusa perfetta per attuare una manovra tutta fatta di tagli e provvedimenti una-tantum. E questo poiché l’autore non si propone minimamente di analizzare la qualità della spesa, che è ciò che davvero conta, ma si limita ad una semplificazione quantitativa che, nella sostanza, significa gran poco. Non che sia una falsità; ma non ci dice nulla. Per esser chiari: non è affatto vero che "aumentare la spesa pubblica per proteggere i più colpiti dalla crisi" sarebbe "imprudente". Solamente, lo sarebbe se non fosse accompagnato da una razionalizzazione della spesa. Ma questa è una banalità per capire la quale non è necessario aver insegnato ad Harvard. Insomma, nulla è falso, in questo articolo; ma tutto è analizzato con scarsa profondità.

  9. stefano

    Concordo con il primo e il settimo intervento. Paradossalmente l’Italia affronta il disastro con tre vantaggi sui quali gli altri paesi non possono contare: 1) spesa pubblica altamente inefficiente 2) evasione fiscale rispetto al Pil da primato mondiale 3) tessuto industriale piccolo/medio agile ed adattivo Tolto il terzo punto che rappresenta l’unico asset del quale farsi un vanto veniamo agli altri due. La spesa pubblica che mangia quasi il 50% della ricchezza è fortemente inefficiente perchè alloca risorse sottratte ai contribuenti in modo sbagliato. Due sono le strade. O un sistema di stato sociale di tipo scandinavo che giustifichi quindi con l’efficienza e le prestazioni una spesa così elevata o un dimagrimento della porzione di risorse destinate allo stato per portare i servizi ad un rapporto qualità/prezzo normale. Riguardo alle province ad esempio. Ci sono competenze che si accavallano con regioni e comuni. Redistribuiamo le mansioni a questi due apparati e se nel momento di crisi non volgiamo mandare la gente a casa senza stipendio, mandiamola a casa in cassa integrazione (lo stato che cassa integra una sua "impresa"!!).

  10. Maurizio Provenza

    Mi sembra patetico il continuo richiamo all’evasione fiscale come causa del disastro finanziario italiano, sarà pure vero, ma ad ogni recupero dell’evasione è corrisposto sempre un aumento della spesa e mai un rientro dal debito. I dipendenti, soprattutto quelli pubblici, non parlano mai dell’eccesso di personale nella PA o dei privilegi pensionistici di ferrovieri, dipendenti regionali, dipendenti delle Agenzie varie o dei ministeri, dei vari corpi militari, dello stipendio sicuro, 36 ore di presenza almeno un paio di lavoro, aspettative, permessi sindacali ecc ecc. Se le province non servono cosa fanno le migliaia di dipendenti che dicono che vi lavorano? Nessuno ha il coraggio di dire la verità. Milioni di persone hanno preso e prendono stipendi pensioni privilegi senza merito. La risalita del sistema Paese inizierà quando si capirà che ogni cosa ha un prezzo e che non si può continuare a distruggere il capitale economico, umano e sociale del nostro Paese. Questa generazione non può compromettere cosi gravemente le condizioni che la prossima generazione dovrà affrontare. Ma di questo pirati, servi, parassiti, veline, calciatori, travet, ladroni non sembrano preoccuparsi più di tanto.

  11. ralph

    Mi pare che in effetti non vi sia una contraddizione di fondo tra il testo di Tanzi e quello di Boeri: l’elemento comune mi pare possa essere la necessaria assunzione di responsabilità da parte dei governanti: alcune cose (ampliare oltre limite la spesa pubblica) non si possono fare, ma tante altre sì: lotta all’evasione fiscale nel modo più semplice ed incisivo, senza tante inconcludenti elaborazioni statistiche (studi di settore docet), ma semplicemente unendo ad ogni singolo contribuente i dati derivanti da fisco, banche, camere di commercio, p.r.a., regisitri navali, controlli valutari: il reddito dichiarato, le partecipazioni in società, le movimentazioni bancarie e le spese "sensibili" sostenute: i soldi non si mangiano, o si spendono o si investono; detassazione dei redditi da lavoro e equivalente incremento della tassazione delle rendite finanziarie; tassazione ad imposta sostitutiva equivalente alle rendite finanziarie per le locazioni; incremento delle detrazioni dalle imposte per certune spese (sanitarie, manutenzioni, affitti ed altre di aree dove l’evasione è forte). Rispetto cittadino/stato/cittadino e responsabilità governanti/governati: può essere una via?

  12. Adrian L.

    Credo sia rischioso pensare ad uno sforamento del debito in questo momento, soprattutto perchè nessuno conosce l’entità dell’attuale crisi e se questa fosse più devastante di quanto immaginiamo l’Italia si troverebbe davvero in condizioni disperate. Credo sia per questo che Tremonti attua una politica prudente. Inoltre investire nella condizione in cui versa l’industria e l’economia attuale italiana non porta a risultati certi. Pertanto il sostegno ai consumi e alle famiglie più bisognose non può che essere finanziato con tagli alla spesa (e il momento offrirebbe anche l’occasione). Ma l’attuale governo non trova la forza per farlo. E allora via alle social card e al marketing creativo!

  13. massimo

    Non concordo affatto con l’analisi dell’autore, peraltro parziale e poco utile per una effettiva valutazione dei fatti e sopratutto delle azioni intraprese nel nostro paese, o viceversa delle azioni che più opportunamente dovrebbero essere intraprese, per contrastare la recessione in atto. Mi chiedo infatti quale sia allora il giudizio di Tanzi sugli interventi adottati dal nostro governo? Una manovra che, stando all’analisi di Boeri, risulterebbe persino prociclica!!! L’autore cita il recente allargamento del differenziale di interesse fra titoli di stato italiani e tedeschi: bene, ma non sono proprio i mercati a fornire il primo e inesorabile metro di giudizio? Questo giudizio non è sul debito pubblico in essere, già noto da tempi, ma più probabilmente proprio sulle azioni intraprese da un governo che sin da quest’estate dichiarava di voler "tenere in ordine i conti". Ma se questo era l’intento, il giudizio dei mercati è una sonora bocciatura proprio alla strategia di politica economica adottata: una strategia che proprio perchè non aiuta ad uscire presto dalla crisi non consentirà nemmeno di consolidare i conti pubblici. Come dire: nessun piccione con una fava!

  14. Stefano

    A prescindere dalle politiche di bilancio il problema italiano è quello morale: corruzione pubblica, mafie, malaffare, sperperi clientelari, inefficienze. Quanto ci costa l’illegalità? Quanto può durare tutto ciò? Non mi sembra che si vada verso la soluzione di questi problemi, anzi… E allora la valanga che ci sta arrivando addosso non può che accelerare il default!

  15. Veronica Fincati

    Permettetemi di fare una riflessione scaturita criticato confronto con la situazione argentina al quale Tanzi ha fatto accenno nell’articolo e che i commenti centrati sull’evasione fiscale e la legalità riportano alla luce. Se pur vero che l’Italia non è ovviamente (economicamente) come l’Argentina, è anche vero che i risvolti economici che derivano dai comportamenti sociali non sono neanche agli antipodi. E se pur vero che i comportamenti sociali non sono neanche uguali, molte delle differenze possono essere ricercate nei “contenitori” geopolitici nei quali entrambi i paesi si collocano e hanno costruito la loro storia economica. È risaputo che gli argentini non sono (o come italo-argentina dovrei dire ‘siamo’) che quel selvaggio misto di culture europee di cui principalmente quelle italiane (sempre al plurale). E se pur vero che certi paragoni non possono essere “scientificamente” supportabili, le intuitive percezioni di somiglianze caratteriali tra italiani e argentini che potrebbero degenerare (mi si permetta il termine) in comportamenti sociali e risvolti economici simili non sono così (genericamente) distanti.

  16. salvo Pinella

    Concordo con tutto quello che si dice nell’articolo e aggiungo una poi neanche tanto provocazione: se la nostra fosse una democrazia seria e questa volesse recuperare rispetto agli errori accumulati e mai risolti -anche per disinteresse di tutti- questa dovrebbe essere guidata da una seria classe dirigente che non potrebbe che rispondere così alla crisi: l’italia -come tutto il mondo- è in recessione? Combattiamo con fermezza inaudita l’evasione fiscale si devono per forza fare dei tagli? che si facciano in tutti quegli enti dove sprechi e ruberie sono all’ordine del giorno tanto paga pantalone populismo? No, serietà solo un esempio: l’amministrazione pubblica di singapore è una delle amministrazioni migliori [la ricerca credo sia osce] al mondo per risposte ai cittadini e soddisfazione degli"utenti". Come è potuta succedere in così poco tempo un così grande "svolta"? Con la formazione di una classe dirigente che – studiando nelle migliori università del mondo – è stata messa in grado veramente di applicare -per aumentare l’efficienza del loro paese ed il benessere dei loro cittadini- ciò che ha imparato. Imparare, appunto, a migliorarsi è possibile .. basta volerlo.

  17. Italo Nobile

    La tesi di Riccardo Realfonzo è però la seguente: "Abbiamo in più occasioni evidenziato che, per quanto diffuso, questo modo di interpretare il problema dei conti pubblici nazionali è superficiale e rischia di essere del tutto fuorviante. La verità è che i differenziali tra i tassi d’interesse stanno aumentando in molti paesi, siano essi caratterizzati da debiti pubblici alti oppure bassi in rapporto al Pil. Nell’area dell’euro, non solo i tassi sui titoli italiani ma anche quelli sui titoli greci, portoghesi e spagnoli sono cresciuti rispetto ai rendimenti tedeschi. Eppure questi paesi presentano debiti statali diversi tra loro e in alcuni casi anche molto contenuti. Non trova dunque sostegno logico l’affermazione secondo cui la crescita relativa dei nostri tassi d’interesse dipenderebbe dall’elevato debito pubblico nazionale. Ciò che piuttosto accomuna questi paesi all’Italia sono i bassi livelli di produttività, quindi gli alti costi di produzione e di conseguenza una scarsa competitività internazionale.

  18. Luigi Coppola

    Sembrerebbe facile e ovvio recuperare sacche di risorse sprecate o caricate sui soliti noti contribuenti. Eppure le risposte politiche, potrebbero rivolgersi alla annosa e inflazionata lotta all’evasione fiscale, piuttosto che alle irritanti e offensive schermaglie speculative, circa gli effetti romani delle recenti inondazioni o la caccia (alle streghe) sulle presunte resonsabilità dei sempre più temuti effetti idrogeologici. E’ sempre più semplice (probabilmente) distrubuire una manciata di euro a tutti, peraltro, con tanto di carta collegata a circuito interbancario o alla G.D.O. (compreso chi, indigente, viaggia su SUV e detiene redditi di attività in piazza, invisibili solo ad un fisco, evidentemente soddisfatto di incassare settimanalmente, tributi volontari da (sempre i soliti noti disperati) lotterie, grattini, slot mangiasoldi e quant’altro, il cui gettito, sicuramente alla massa di chi lo alimenta, (e non solo) è ignoto.

  19. giuseppe faricella

    …si potrebbero adottare politiche keynesiane a livello continentale, emettendo debito pubblico "a marchio ue". Se non ricordo male, Germania e Francia da sole assorbono quasi la metà delle nostre esportazioni: non potrebbe farci che bene uno stimolo alla domanda di quei due Paesi. Tra l’altro, se i nostri conti con l’estero dovessero tornare a migliorare, mi sa tanto che si ridurrebbe automaticamente anche lo spread coi titoli pubblici tedeschi. Credo che sia arrivato il momento di cominciare a pensare di "sommare" i debiti pubblici dei Paesi UE (inizialmente si potrebbe farlo per quote) e di istituire un più stretto coordinamento continentale delle politiche fiscali.

  20. luigi zoppoli

    Nessuno potrebbe negare la difficoltà italiana. Rimane il fatto che i provvedimenti presentati sono come un compitino ben fatto e nulla più. Le numerose riforme strutturali, e ce ne sono che costano relativamente poco, rimangono lettera morta. Ed inoltre se un governo di larghi numeri non coglie l’opportunità di allargare i cordoni con impegni certi di forti, virtuosi tagli futuri, corriamo il rischio di uscire dalla crisi con una distanza dai competitori ancora accresciuta. E non è forse vero che a politiche vigenti un effetto particolarmente virulento della crisi impatterebbe con violenza i conti pubblicii con il rischio di dover correre ai ripari con le solite pezze?

  21. piero ignazi

    Il contributo lascia inevasa una domanda. Perchè in un anno è aumentanto tanto il differenziale tra l’Italia e gli altri paesi? Quali le cause?

  22. maurizio - lucca

    Evviva gli economisti! Ma pensate se gli ‘evasori’ versassero i famosi 100 miliardi di euro annuali all’Erario: mi sbaglio o in 16 anni si estinguerebbe il debito pubblico? Potete discutere per sempre su tutto: ma se l’Italia non riesce a varare una riforma fiscale vera, non ci sarà futuro.Tutto il resto sono solo parole ‘al vento’!

  23. Nino Magazzù

    Nell’attuale sistema monetario internazionale i cui pilastri sono i cambi flessibili e la perfetta mobilità dei capitali la sostenibilità finanziaria di un paese è data dall’attivo di bilancia commerciale e specificatamente dalle partite correnti (esportazioni nette). Infatti gli spread sono aumentati per l’Italia, per la Spagna, Portogallo e Grecia (paesi in deficit commerciale) e non per i paesi scandinavi, ad esempio, e per la Germania, poichè hanno surplus commerciali. Quindi gli interessi sul debito non dipendono dall’ammontare dello stock. Si propone, oltre ad una redistribuzione per via fiscale (aumentando la progressività delle imposte ed in servizi pubblici che fanno parte del salario reale) per aumentare la domanda interna in un momento in cui quella estera langue una politica industriale per modificare la struttura produttiva e merceologica italiana per cercare di cambiare i settori nei quali abbiamo vantaggi comparati. Questa seconda misura dovrebbe compensare gli effetti negativi sulla bilancia dei pagamenti derivante dalla prima (aumento dei consumi significa questo nella globalizzazione, aumento del deficit corrente).

  24. Edoardo Giovanni Raimondi

    Chissà cosa passa nella mente di un ministro: del welfare, ad insinuare il (fondato) sospetto che il suo paese sia prossimo al più clamoroso default della storia moderna e dell’economia, a continuare a sognare ad occhi aperti un futuro roseo pur constatando che ogni suo gesto è stato un fallimento. Alitalia, Alienazione del patrimonio pubblico, Condono, Abolizione dell’ICI. Guardando agli ultimi 8 anni (6 con Giulio come Ministro) si può osservare come ogni azione abbia impoverito lo Stato (e i cittadini) perchè scampato l’effetto "annuncio" si è mancato a curarne l’attuazione pratica. Non stupiamoci dunque, se davanti a tanti fallimenti ci si tira ancora una volta indieto. Non è la speculazione il male del secolo, ma l’ignavia.Iniziative di welfare e di grandi opere di stampo keynesiano non significano necessariamente aumentare la spesa pubblica: significa imparare a spendere meglio e a sprecare di meno. Ma il buon Giulio, piuttosto che ammettere questa incapacità preferisce sedersi, e aspettare. Perchè tutto scorre, certamente e la crisi passerà. Il debito pubblico, invece, resta. Ma scelte errate e poco lungimiranti si pagheranno care. Da parte di tutti.

  25. paolo

    A me sembra che l’evasione fiscale sia funzionale al mantenimento in vita artificioso (sussidiato dallo stato, che evita di passare a riscuotere le tasse) di attivita’ marginali. In quanto tale, e’ una scelta politica esplicita. Un aiuto di stato a tutti gli effetti, non sanzionabile dall’ UE perche’ e’ ovviamente illegale. L’evasione consente la sopravvivenza di attivita’ che altrimenti verrebbero espulse dal mercato, genera un clima di accettazione dell’illegalita’, rinforza il ruolo dello stato centrale che da un lato la ammette, dall’altro distribuisce alla periferia le risorse raccolte da chi le tasse le paga. Quindi e’ secondo me la causa vera del declino progressivo della nostra economia. Ma in un momento di grosse difficolta’, che potrebbero diventare enormi, pure nell’ingiustizia di aiutare chi e’ giu’ ha aiutato da decenni, e’ il caso di stringere le maglie e di aumentare il numero degli espulsi dal mercato?

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén