Lavoce.info

PATTI CHIARI. MA NON TANTO

Alcuni bond Lehman Brothers sono rimasti nell’elenco di quelli definiti a basso rischio da Patti Chiari anche quando la società era già fallita. Come è potuto accadere? E, soprattutto, come evitare che si ripeta in futuro? Finora, i tittoli sono stati inseriti nell’elenco dei sicuri sulla base di indicatori del rischio di mancato rimborso e di perdita di valore del titolo. Un sistema inadeguato per vari motivi. In particolare perché fondato su serie storiche e soggetto a conflitti di interesse. Meglio sarebbe ricorrere agli spread dei credit default swaps.

Nassim Taleb, uno dei massimi esperti in tema di eventi rari nel risk management, utilizza un esempio per far comprendere i rischi derivanti da un errato utilizzo della statistica in finanza. Provate a immaginare un tacchino acculturato, talmente acculturato da aver letto anche un manuale di statistica. Ogni giorno, affronta quotidianamente un terribile quesito esistenziale, che consiste nel verificare se la razza umana sia interessata o meno al suo benessere. Dopo 100, 500, persino 1000 giorni, a ogni tramonto del sole, non fa che rafforzarsi in lui l’idea che il suo padrone gli sia affezionato: non manca infatti mai di nutrirlo e accudirlo. Sennonché al milleunesimo giorno, e per di più in un giorno di festa,Thanksgiving, il tacchino è destinato a scoprire una per lui tristissima verità.

PATTI CHIARI CON LEHMAN BROTHERS

L’esempio consente di proporre alcune osservazioni sull’attuale crisi finanziaria e sul mancato funzionamento di Patti Chiari nell’indicare quali obbligazioni siano sicure per i risparmiatori. Alcuni bond di Lehman Brothers sono infatti rimasti nell’elenco di quelli definiti a “basso rischio” da Patti Chiari quando ormai era già stata ampiamente diffusa la notizia del fallimento della società.
Come può essere accaduto tutto ciò e, soprattutto, come si può evitare che accada di nuovo in futuro?
I titoli sono inseriti nell’elenco sulla base della rispondenza a due requisiti apparentemente ragionevoli: rischio di mancato rimborso e rischio di perdita di valore del titolo devono essere inferiori a determinati livelli di sicurezza. Il primo rischio è misurato dal rating, che non deve essere inferiore ad “A-“. Il secondo rischio è misurato dal Var (Value at Risk) e vengono inclusi solamente i titoli che hanno un valore inferiore all’1 per cento.
È evidente che i sistemi di valutazione del rischio non hanno funzionato e la causa principale risiede nello stesso errore commesso dal tacchino di Taleb. Il Var si basa infatti su dati storici e lo stesso si può bene o male affermare anche per il rating. Anche se per quest’ultimo le criticità sono maggiori: storicità e veridicità dei dati; conflitto di interessi e impossibilità ad abbassare il rating quando questo evento comporterebbe l’automatico fallimento della società. Il problema dei dati storici è una delle cause per cui i titoli garantiti da mutui sono stati ritenuti erroneamente sicuri. Basandosi su serie storiche di tassi di solvibilità riferiti a periodi in cui i mutui venivano riconosciuti unicamente a clienti con standing creditizio elevato, la cultura della “casa per tutti” e la strutturazione di piani di incentivazione che spingevano il broker verso la chiusura di contratti “a ogni costo”, hanno trasformato il cliente marginale in un richiedente sempre meno affidabile. Ovviamente, questo aspetto difficilmente era rinvenibile da modelli basati unicamente su dati storici.
La veridicità dei dati stessi rappresenta il secondo aspetto critico allorquando i rating siano basati su poste di bilancio dal valore incerto per non dire del tutto inattendibile, vedi Parmalat o toxic assets.
Il terzo annoso problema, ossia quello dei conflitti di interesse, è ormai piuttosto dibattuto: chi deve essere giudicato seleziona e paga colui che è chiamato a giudicare. Ma il vero elemento di novità è stato comprendere come le agenzie di rating possano difficilmente abbassare il giudizio proprio quando le società o le banche sono vicine al fallimento. L’ex ceo di Aig, Greenberg, in un’intervista rilasciata alla Cnbc, ricordava come nonostante la presenza di un buco di circa 80 miliardi le agenzie non potevano abbassare il rating, se non volevano firmare l’automatica condanna al fallimento della società assicurativa, costringendola a fornire ulteriore collaterale per la sua posizione di controparte in molti contratti. L’abbassamento repentino del rating infatti rappresenta una vera è propria bomba deflagrante specie per un’istituzione finanziaria.(1)

UNO SPREAD DA CONSIDERARE

Ma allora come possiamo migliorare l’attendibilità dell’elenco e proteggere al tempo stesso i risparmiatori, oltreché le banche da probabili cause? Un metodo semplice sembrerebbe esistere: lo spread dei credit default swaps che rappresenta il costo per coprirsi dal rischio di insolvenza di una determinata società. Al contrario del Var, la misura ha l’importante caratteristica di “guardare avanti”: dipende più dalle aspettative sul futuro piuttosto che dal passato. Negli Stati Uniti si dà oggi particolare enfasi a questi strumenti. Si pensa ad esempio di creare una borsa apposita ove far confluire gli scambi in presenza di una clearing house la cui utilità sarebbe quella di eliminare il rischio controparte. Con il salvataggio di Aig, si è infatti palesato come i Cds possano costituire un pericolo se uno dei principali assicuratori di rischio viene improvvisamente meno.
Nel caso Lehman, il costo per coprirsi dal rischio di insolvenza misurato dai Cds era aumentato da appena una ventina di punti base (0,20 per cento) di fine dicembre 2006 a circa 150 punti base (1,5 per cento) all’inizio del 2008 per arrivare a circa 800 punti base (8 per cento) prima della dichiarazione del default. Questi valori suggeriscono che difficilmente i bond Lehmansarebbero stati classificati “a basso rischio”, così come tanti altri bond ancora nella lista. Per ottenere una metodologia efficiente, in grado di identificare bond “sicuri”, basterebbe quindi verificare meccanicamente se, ad esempio, gli spread delle emissioni più rilevanti si situano sotto un limite eventualmente determinato a priori. In alternativa, si potrebbe pensare di ordinare tutte le emissioni e di far rientrare nell’elenco solamente la percentuale degli emittenti con migliori spread, riducendo così l’influenza dei cicli economici di sistema.
Così com’è, Patti Chari non funziona e infatti è stata annunciatala sua sospensione. Resta però la necessità di aiutare in qualche modo i risparmiatori italiani, che da sempre non sono particolarmente brillanti in materie finanziarie, come evidenziato dal punteggio medio dell’indice di cultura finanziaria, calcolato dalla stessa Patti Chiari: 3,5 nell’intervallo 0-10. L’utilizzo degli spread sui Cds può essere la risposta giusta. Solo così si potrebbe ripristinare un’amicizia duratura tra banche e risparmiatori basata su veri “patti chiari”.
A proposito: come si risolveva il problema del tacchino? Come ogni problema statistico per pervenire alla corretta soluzione occorre porsi la corretta domanda: che fine hanno fatto mamma e papà?

(1) Thomas Friedman affermava nel 1996 “There are two superpowers in the world today in my opinion. There’s the United States and there’s Moody’s Bond Rating Service. The United States can destroy you by dropping bombs, and Moody’s can destroy you by downgrading your bonds. And believe me; it’s not clear sometimes who’s more powerful”.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Inflazione e disinflazione: la versione della Fed
Leggi anche:  Monete elettroniche: fatta la legge, trovato il codicillo?

Precedente

SE I TRE GRANDI RISPARMIATORI DELL’ASIA SI PARLANO

Successivo

UN UOMO SOLO CONTRO LA DEFLAZIONE

11 commenti

  1. maria di falco

    Penso che sia giunto il momento di cominciare a lavorare per un’agenzia di rating europea, cosa assurda da capire, ma non esiste. Mi piacerebbe sapere dagli studiosi di economia e di finanza internazionale il perchè di questa assenza. Inoltre, il conflitto d’interessi che si crea quando i vertici delle banche sono gli stessi delle società di rating dimostra due cose: a) il capitalismo non si sa difendere da se stesso ! Assurdo anche questo, ma vero! b) valori come l’onestà e la sobrietà devono essere ri-valorizzati b1) se l’onestà è un valore ed il capitalista/ imprenditore è soprattutto un innovatore (Schumpeter dove sei ??) che aspettano le associazioni di categoria come Confindustria a darsi codici deontologici, invece di perdere tempo dietro agli imprenditori perdigiorno e fannulloni?

  2. nat

    Meglio evitare tutto quello che propongono le banche ed investire in titoli di stato italiani. Esse invece continuano ad offrire i loro prodotti come se fossero sicuri. In realtà sono praticamente fallite.

  3. Enzo Michelangeli

    Usare i CDS spreads per valutare il rischio può rappresentare una parziale soluzione per gli investitori individuali, ma non certo per le istituzioni finanziarie che fanno il mercato e determinano il valore dei CDS stessi: altrimenti si finisce come nella storiella della stazione radio del Far West che basava le sue previsioni meteo in merito alla rigidità dell’inverno sulla quantità di legna da ardere accumulata dagli indiani, i quali a loro volta accumulavano legna sulla base delle previsioni meteo sentite alla radio… Per giunta, i CDS, a differenza di altri derivati, si basano su fattori generalmente opachi al mercato (quali posizioni creditorie di dubbia esigibilità, problemi organizzativi, business model difettoso etc.) ed è tutto da dimostrare che in questo contesto inquinato da asimmetrie informative il meccanismo dei prezzi possa fornire indicazioni affidabili. La verità è che neppure il mercato ha il potere di far emergere informazione dalla sua assenza: se così fosse, non avremmo assistito alla recente paralisi del credito interbancario… O i regolatori troveranno modi di forzare una maggiore trasparenza, o bisognera’ peccare di eccesso di prudenza.

  4. raffaele

    Ovviamente, anche gli spread dei credit default swaps non sono uno strumento efficace nel caso di una crisi sistemica come questa, per la rapidità di propagazione. Il punto è: sanno gli investitori cosa stanno comprando? Hanno mai sentito parlare di, faccio un esempio, SNS bank quando una sua obbligazione viene proposta? Certo che no! E perchè se vado in banca ad acquistare, ad esempio, un bond della BEI sul mercato secondario esco con un bond bancario in emissione, magari con un rendimento inferiore a causa delle commissioni di collocamento? Al contrario, il conflitto di interesse non dovrebbe avere un prezzo che la banca mi dovrebbe pagare? Alla base di tutto c’è, ovviamente, una vigilanza prudenziale da migliorare fortemente e l’eliminazione del conflitto di interesse. Non si faccia finta di non capire.

  5. Tommaso Coco

    Troppo facile dire ora che il sistema era inadeguato e sarebbe stato meglio valutare l’andamento dei CDS: poiché questi erano già noti (a loro, non ai risparmiatori che non potevano averne accesso), perché non sono stati adeguatamente valutati i segnali che ne sono derivati? Devo continuare a credere che gli intermediari di cui dovrei aver fiducia agissero in buona fede? O loro, proprio attraverso questi strumenti, si sono coperti dal rischio di default e l’hanno scaricato sul risparmiatore volutamente tenuto all’oscuro? Perché la Banca d’Italia non controlla se ci sono Banche che, mentre si coprivano con assicurazioni sui bond Lehman in loro possesso (sebbene di rating A+), contemporaneamente le piazzavano ad ignari risparmiatori? E mi fermo qui.

  6. fuffalandia

    Era evidente sin dalla sua introduzione che pattichiari introduceva un sistema di valutazione scorretto e non stupisce il fatto che quasi nessuno l’abbia fatto notare. Le banche italiane, del resto, grazie alla disinformazione dilagante e all’ignoranza dei risparmiatori hanno sempre spinto la raccolta diretta con emissioni a spread abbondantemente sotto il mercato (in questo periodo nell’ordine del 3% annuo) e la raccolta indiretta che al lordo dei costi impliciti di emissione (ad esser buoni 1%) hanno commissioni medie pari allo 0.70% annuo. Se mai dovessero introdurre dei criteri di valutazione oggettivi vedrebbero ridurre i proventi dal collocamento di obbligazioni drasticamente con effetti negativi sul bilancio, sulla capacita’ di dare credito al sistema economico, di dare lavoro a qualche milione di persone. Non cambiera’ nulla finche’ banche imprese e media faranno riferimento agli stessi interlocutori.

  7. raffaele

    Bell’articolo, complimenti, però non è vero che il Var si basi "solo" su dati storici. Mi occupo di market risk e tutti quelli che se ne occupano sanno che esiste anche il Var parametrico (nel caso dei bond basato sulla duration dei titoli, nel caso di azioni sulla volatilità a 10gg di solito) oppure, ancora meglio, in Var con Metodo Montecarlo, che "predice" il futuro sulla base di scenari casuali. Comunque concordo che sarebbe meglio usare i cds, anche se questo mercato per certi titoli può essere ipersottile, essendo demandato solo al fatto che ci siano delle controparti disponibili a contrattare; in assenza di controparti i valori dei cds non hanno significato (mentre il Var può comunque essere calcolato!).

  8. lorenzo Marzano

    1) E’ una bestemmia pensare che la società di rating europea da alcuni auspicata sia di natura pubblica? (certo per un agenzia di rating solo in Italia non oserei porre tale quesito!) 2) ora che anche i profani hanno capito -più o meno- cosa sia un CDS , per un ovvio sillogismo -visto che il CDS e il differenziale dei tassi dei buoni del tesoro italiani hanno uno spread rilevante rispetto ai Bund tedeschi- significa che bisogna investire in Bund come stanno facendo molti amici? 3) ma come si fa a ripristinare la fiducia in un mercato finanziario influenzato pesantemente da quello americano in cui scoppia il caso Madoof che organizza una catena di sant’Antonio da 50 miliardi di dollari truffando per anni fior di banche e fondi. Si dice anche che molti avevano lanciato l’allarme da anni. Patti oscuri mondiali ridicolizzano i patti chiari italiani.

  9. Luca

    Io non sono un investitore abituale. Ho fatto qualche esperienza ed ho realizzato che il mercato è in balia di gente senza scrupoli e speculatori. In casi gravi, almeno in Italia, questi dormono sonni tranquilli. La CONSOB è una istituzione assorbi stipendi e basta, dato che arriva sempre dopo, quando è inutile. Su patti chiari, poi, che ritengo quasi inutile, ho visto come affrontano i mutui. Avessi mai trovato una spiegazione che indicasse la convenienza di un piano di ammortamento rispetto ad un altro? Ci fanno bombardare dalla pubblicità dei tassi vantaggiosi, ma poi a conti fatti si scoprono le sorprese. Oramai quando è tardi!

  10. francesco

    Il mio intervento è dal p.v. giuridico ad adiuvandum. Mi fa piacere che qualcuno abbia finalmente scoperto che gli obblighi di permanenza nell’elenco per le obbligazioni basso rischio erano due. Dal mese di settembre, quale giurista del settore, cerco di far comprendere alla moltitudine di opinionisti che si affacciano in tv, che non solo di rating bisogna parlare. L’ultima in ordine di tempo è stato del banchiere E. Doris in una trasmissione di LA7 che, in soldoni, ancora una volta sollevava le responsabilità del Consorzio Patti Chiari ed in sostanza delle consorziate banche, imputandone la colpa, al mancato downgrade delle società di rating. Il perimetro di variazione per le obbligazioni era dello 0,3% giornaliero e mi chiedo se quelle obbligazioni l’avessero superato nelle settimane di settembre. Se si, vi è una chiara omissione di controllo di chi aveva fatto intendere che avrebbe vigilato. Violazione dell’affidamento; violazione di adeguata diligenza professionale. A chi ha sottoscritto le obbligazioni di acquisto è stato detto che banca attraverso il consorzio avrebbe vigilato se vi fosse stata una variazione del rischio (in fase di pre- in fase di acquisto e post vendita).

  11. uninformed trader

    Nel caso di Lehman Brothers non erano necessari nemmeno i CDS. Un’obbligazione (non un’azione) che perde decine di punti percentuali in qualche settimana andava subito tolta dall’elenco pattichiari, a prescindere dal fatto che avesse rating A+. Ergo, fasullo è Patti Chiari come fasulli sono i rating e le società che li emettono. Io ho in portafoglio obbligazioni di Ford, Kazkommers, Banca Italease, TDC…..tutti junk bonds e nessuno è ancora fallito….Sono fallite Lehman e le banche islandesi: Glitnir, Kaupthing, Landsbanki che avevano rating A (anche doppia)…… Il sistema va rifondato, non ritoccato.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén