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PREFETTURE E PUBBLICA SICUREZZA: RISPARMIARE SI PUÒ

Nel 2007 la spesa del ministero dell’Interno è stata appena superiore agli 11 miliardi, il 5 per cento in meno dell’anno precedente. Anche perché il ministero accumula debiti. Ma le politiche di taglio indiscriminato degli stanziamenti hanno il fiato corto se non si accompagnano a una reale riconsiderazione delle attività e dei modelli organizzativi. Paradigmatici gli esempi delle prefetture e della pubblica sicurezza. Con la riorganizzazione dell’articolazione dei servizi si possono ottenere notevoli risparmi.

La produzione di attività e servizi pubblici di grande rilievo, quali quelli della pubblica sicurezza, dei vigili del fuoco e delle prefetture ricade nell’ambito del ministero dell’Interno. È un caso emblematico dei problemi del contenimento e dell’efficienza della spesa pubblica.

I DEBITI DEL MINISTERO

Nel complesso, la spesa del ministero nel 2007 è stata a consuntivo (competenza) pari a 11,2 miliardi, in diminuzione di circa il 5 per cento rispetto al 2006. (1)
Un risultato che sembra segnare una netta inversione di tendenza rispetto al periodo precedente, quando in quattro anni, dal 2002 al 2006, la spesa era cresciuta del 30 per cento. In realtà, sono cifre da prendere con il beneficio di inventario. Il bilancio consuntivo, infatti, sottostima la spesa. Il ministero da alcuni anni accumula debiti pregressi: 408 milioni a tutto il 2006, cresciuti a 561 milioni a fine 2007 e, secondo alcune stime, 918 milioni a fine 2008. (2)
Si tratta in gran parte di debiti verso fornitori esterni – per fitti, utenze (luce, telefono, ecc.), manutenzione. Ma tra i creditori c’è anche il personale del ministero, per voci accessorie della retribuzione quali straordinari e indennità. È un fenomeno, praticamente assente nell’amministrazione centrale fino a una decina di anni fa, che non riguarda soltanto l’Interno. Secondo stime riportate dai giornali, per i sei principali ministeri di spesa il debito sommerso è di circa due miliardi. (3) Per inciso, ai fini dei conti pubblici, queste somme, una volta rilevate sono aggiunte retrospettivamente alla spesa dell’anno di competenza economica, il che contribuisce a spiegare perché periodicamente l’Istat riveda al rialzo la spesa pubblica degli anni passati.
A fronte di un debito crescente, è naturale che il ministero lamenti una grave inadeguatezza delle risorse finanziarie: in un documento dello scorso maggio si rilevava come, per l’esercizio 2008, con debiti pregressi e “oneri incomprimibili ed indifferibili” per 2,9 miliardi, le risorse disponibili erano solo 1,5 miliardi, con uno sbilancio di 1,4 miliardi. (4)
Un quadro siffatto evidentemente dimostra come le politiche di taglio indiscriminato degli stanziamenti, seguite da tutti i governi nell’ultimo decennio, abbiano il fiato corto se non si accompagnano a una reale riconsiderazione delle attività e dei modelli organizzativi.

IL CASO DELLE PREFETTURE

Ma come intervenire? Qualche indicazione si trae dal Rapporto finale della Commissione tecnica per la finanza pubblica. Gran parte dell’attività dell’Interno è svolta da una rete di unità produttive:  prefetture, commissariati di Ps, stazioni dei Carabinieri, e così via. Non sempre la dimensione di queste unità e la loro articolazione nel territorio sono determinate dalle caratteristiche specifiche dell’attività svolta, spesso dipendono dalla storia (la concentrazione di unità, ad esempio, nel centro delle grandi città) e dalle ripartizioni amministrativo-politiche (ogni provincia ha una prefettura). Riconsiderando queste scelte e riorganizzando l’articolazione dei servizi si possono ottenere importanti risparmi. Il caso delle prefetture è paradigmatico.
Gran parte delle prefetture insiste su una popolazione inferiore a mezzo milione di abitanti, mentre secondo l’analisi economica la dimensione ottimale è compresa tra uno e due milioni di abitanti. Le economie di scala sono particolarmente forti per le circoscrizioni fino a 500mila abitanti. La tabella mostra il relativo indice: un valore superiore a 1 è sintomo di sottodimensionamento rispetto all’efficienza, inferiore a 1 di sovradimensionamento. Un processo di accorpamento delle prefetture collocate nelle province più piccole produrrebbe importanti risparmi. Se il rapporto tra personale e popolazione della circoscrizione fosse oggi per le 65 prefetture con popolazione inferiore a 500mila abitanti lo stesso di quello medio delle 35 prefetture maggiori, il personale totale delle prefetture potrebbe ridursi del 27,4 per cento. Cosa osta a una tale riorganizzazione? La prassi che prevede la presenza di una prefettura, come di altri uffici statali, in ogni provincia, nonostante non vi siano norme che lo impongano. E più flessibile sembra essere l’organizzazione sul territorio della Chiesa cattolica dove talvolta si ha lo stesso vescovo per due diocesi. Peraltro è una prassi seguita per tutta l’amministrazione periferica dello Stato, non solo per le prefetture, e costituisce il più potente incentivo alla creazione di nuove province.

LA PUBBLICA SICUREZZA

Ancora più importante è il caso della pubblica sicurezza, l’area nella quale si genera il maggior volume di debiti pregressi. L’attività, pur sotto il coordinamento del ministero dell’Interno, coinvolge cinque forze di polizia, quattro delle quali dipendenti da altri ministeri. Per una valutazione seria si dovrebbe tener conto delle attività svolte da tutti i soggetti interessati. In realtà non si dispone di un quadro chiaro dell’ammontare di risorse destinate alla pubblica sicurezza, neanche se ci si limita a considerare le due forze a competenza generale (polizia e carabinieri). La struttura del bilancio dello Stato, pur nelle sue varie classificazioni, non lo consente. Così accade che nel bilancio del ministero dell’Interno siano iscritti stanziamenti relativi a spese dell’arma dei carabinieri (dagli straordinari e missioni del personale, ai fitti e manutenzione dei locali, alle utenze) e della guardia di finanza (alcune spese per infrastrutture e impianti); d’altro canto, gli stipendi dei carabinieri sono tutti iscritti nel bilancio del ministero della Difesa, a prescindere dal fatto che i compiti svolti riguardino la difesa o la pubblica sicurezza. Ancora meno chiaro è il quadro se si guarda agli aspetti reali. Tralasciando le altre forze di polizia, nel territorio nazionale sono presenti 1.851 presidi della polizia di stato di cui 369 commissariati e 6.410 presidi dell’arma dei carabinieri di cui 4.362 stazioni. Negli ultimi anni sono stati compiuti sforzi per un miglior coordinamento, anche con lo sviluppo di programmi comuni nelle telecomunicazioni e nella logistica. Ma c’è molto di più da fare. Occorrerebbe una riesame profondo della dislocazione territoriale dei presidi. Analisi interne del ministero nel 2001-2002 giudicavano insoddisfacente la distribuzione attuale in quanto “lasciava sguarniti molti agglomerati urbani, mentre manteneva presidi in territori interessati da progressivi spopolamenti, determinando per questo situazioni di eccessiva sovrabbondanza e in definitiva di sottoimpiego e di minore produttività delle risorse”. Fu elaborato un piano di ridisegno dell’articolazione territoriale dei presidi, ma resistenze di carattere localistico ne impedirono la realizzazione. Un film già visto molte volte. Ma se non si cambia copione, diventa davvero difficile contenere realmente la spesa e garantire a tutti servizi di buona qualità.

 

Prefetture: economie di scala al variare della dimensione      
Classi dimensionali Numero prefetture Numero dipendenti Media popolazione Indice economie di scala (a)
fino a 250mila ab. 25 1.712 193.966 5.262 *
da 250 a 500mila ab. 40 3.166 359.568 3.140 *
da 500 a 750mila ab. 13 1.205 599.669 1.874 *
da 750mila a 1milione ab. 12 1.415 866.650 1.451 *
da 1 a 2 milioni ab. 6 918 1.202.754 1.075  
oltre 2 milioni ab. 4 1.025 3.269.721  0,623 *
(a) Un valore dell’indice superiore (inferiore) a 1 implica la presenza di economie (diseconomie) di scala. L’indice è calcolato, per ogni classe dimensionale, in corrispondenza della popolazione media.
 * = L’indice è significativamente diverso da 1.

(1) La cifra esclude i trasferimenti a comuni e province tradizionalmente allocati nel bilancio dell’Interno ma che non incidono tuttavia sulla sua attività di produzione di servizi.
(2) “Il debito sommerso dei ministeri”, Il Sole 24Ore, 16 novembre 2008, p. 13.
(3) Ancora da “Il debito sommerso dei ministeri”, Il Sole 24Ore, 16 novembre 2008, p. 13.
(4) Relazione unitaria sullo stato della spesa del ministero dell’Interno, maggio 2008, disponibile sul sitowww.interno.it.

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IL COMMENTO ALL’ARTICOLO DI BOERI E BRUGIAVINI*

  1. Pippo Scrofina

    Spero che il vostro suggerimento faccia strada: meno prefetture (io ho l’impressione che si potrebbero anche abolire tutte, ma non sono ben documentato) e solo nelle province più grandi, col doppio risparmio di minori spese dirette e minore incentivo ad istituire e mantenere province piccole (io le abolirei tutte, piccole e grandi).

  2. gianfranco brevetto

    ho letto con attenzione l’articolo di enza caruso e giuseppe pisauro al quale mi riferisco volendomi soffermare sul problema prefetture. Se si prende in considerazione solo il fattore risparmio occorre dire che le prefetture non hanno, come in francia, una base costituzionale. Esse, in quanto organo periferico a competenza generale, hanno una serie di funzioni proprie dello stato centrale. le stesse storicamente hanno assunto varie competenze in virtù delle più o meno complesse problematiche legate alla presenza statale e di bilanciamento dei poteri degli enti locali. Io credo che il vero problema, prima che dal punto di vista di bilancio (per i quale tutti gli indici e tutte le dimensioni territoriali sono buoni), è quello del loro ruolo attuale ed, in prospettiva, nei nuovi (?) equilibri istituzionali. Ricordiamo che un importante tentativo del loro rilancio fu fatto agli inizi di questo decennio con la loro traformazione in Uffici territoriali del Governo. Su questa riforma furono fatti poi passi indietro in sede di attuazione. A rigor di logica occorrerebbe prima interrogarsi sul loro ruolo e poi definirne gli ambiti territoriali ed i relativi standards ottimali.

  3. Massimo Romano

    Credo sia ormai indispensabile affrontare seriamente il tema della razionalizzazione dell’organizzazione amministrativa italiana, piuttosto che indugiare in un progetto federalista vago e dai costi imprecisati. Le prefetture potrebbero essere un primo obiettivo. Di impatto certamente maggiore un intervento di razionalizzazione sulle forze di polizia (Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Polizie Municipali, Corpo Forestale dello Stato e Corpi forestali delle regioni a statuto speciale, polizie regionali, polizie provinciali, ecc.), tenendo presente che almeno il 25% del personale è impegnato in attività di autoamministrazione. Infine, è indispensabile è un intervento sul modello comunale, riducendo drasticamente il numero di comuni. Credo siano questi i temi sui quali occorre sensibilizzare l’opinione pubblica.

  4. Alessandro Simonetta

    Perchè non pensare anche ad un traferimento di funzioni dalle prefetture alle Province?
    Il riassetto territoriale e funzionale dell’Amministrazione statale è giusto che avvenga, ma è altresì giusto che esista una strategia di più ampio respiro che coinvolga anche il riassetto funzionale (e la valorizzazione degli enti territoriali).

  5. Bruno De Leo

    La presenza di debiti sommersi delle Amministrazioni centrali e locali ritengo sia un problema che andrebbe opportunamente approfondito e possibilmente eliminato attraverso la contestazione di responsabilità contabili perseguibili patrimonialmente dalla Corte dei conti, atteso che si creano danni non marginali alla finanza pubblica (basti pensare agli interessi di mora e alle spese di giustizia che vengono poi poste a carico delle finanze pubbliche). Per quanto riguarda la riorganizzazione degli Uffici periferici del Ministero dell’Interno non può che concordarsi con le indicazioni degli Autori con la sottolineatura che, per quanto riguarda le Prefetture, andrebbero attentamente esaminate le loro funzioni per valutarne la necessità.

  6. Emanuele Masiello

    Anche in altri comparti statali aventi articolazioni territoriali potrebbero ottenersi consistenti risparmi di spesa. Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ad esempio, è articolato territorialmente mediante Direzioni Regionali, aventi sede nei capoluoghi di regione, e Sovrintendenze di settore, localizzate prevalentemente nei capoluoghi di provincia. Se tale articolazione può avere validità ed efficacia nel caso di regioni più grandi e con patrimoni culturali più ricchi (ad esempio la Toscana, il Lazio, il Veneto, ecc.), non altrettanto può dirsi nel caso di regioni più piccole e con patrimoni culturali più modesti (ad esempio il Molise). Eppure, anche in Molise vi è, come in tutte le altre regioni a statuo ordinario, una Direzione Regionale e varie Sovrintendenze di settore (ai beni architettonici, archeologici, storico-artistici), che potrebbero essere accorpate in un unico organo di tutela territoriale, oppure aggregate ad esempio alla Direzione Regionale dell’Abruzzo.

  7. Insegnante

    Condivido quanto esposto. Anche nella Pubblica Istruzione le articolazioni provinciali costituiscono uno spreco che potrebbe essere ridotto concentrando gli uffici su base regionale e, per non penalizzare gli utenti, consentire un’interazione via internet. Preoccupante è, nelle scuole, il problema dei debiti sommersi che è originato dal modo in cui vengono predisposti i bilanci delle singole scuole. Mentre in essi vi è l’obbligo di registrare le fatture e le spese non possono superare le entrate, tale regola non vale per i debiti verso i dipendenti. Pertanto molti Dirigenti Scolastici, per garantire il servizio, sforano le disponibilità e non espongono in bilancio i debiti. Poichè, alla fine, i dipendenti vanno pagati ecco emergere le periodiche lamentele che appaiono sui quotidiani e che comportano ritardi che possono tranquillamente superare i 360 giorni.

  8. Pietro Blu Giandonato

    Scrivo su un blog che si occupa di dati spaziali, di web 2.0 e di tecnologie legate alla integrazione e diffusione delle informazioni. Questo vostro articolo mi ha spinto a realizzare una mappa che potesse esprimere in maniera più efficace i dati riguardanti il dimensionamento e le diseconomie delle prefetture. Sempre sul nostro blog, altri colleghi hanno scritto un articolo nel quale vengono approfondite questioni di "geografia giudiziaria" che ben si sono prestate alla realizzazione di altre mappe. L’uso di strumenti per la realizzazione e la condivisione di mappe produce senza dubbio potenti sinergie con questioni che apparentemente nulla hanno a che fare con la geografia, ma che invece possono acquisire ulteriore chiarezza e vigore da essa. Per quanto mi riguarda, sono certo che non mancheranno altre occasioni nelle quali realizzerò altre mappe che potranno arricchire le approfondite analisi che lavoce.info conduce con estrema professionalità e cura.

  9. enrica

    infatti, il danno non è dei miseri mortali dipendenti contrattualizzati delle prefettrue, ma i lfatto che in ognuna c’è un rapporto dirigente/dipedente di 1 a 10. con stipendi assurdi(carriera prefettizia)

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