I dati presentati nellarticolo sono forniti dallISTAT, ricavati dall`Indagine sui consumi delle famiglie. LIstituto propone unanalisi delle condizioni di titolarità della casa dabitazione e dellincidenza daffitti e mutui sulla spesa di diverse tipologie familiari (per età, classi di spesa, aree geografiche, composizione familiare).
Nel 2006, il 73,3 per cento delle famiglie residenti (17,3 milioni su un totale di 23,6) e il 74,7 per cento degli individui (43,6 milioni) viveva in abitazioni di proprietà. In questa percentuale sono incluse anche le famiglie con un mutuo, che sono circa 10.1 percento dei proprietari. Chiaramente questo dato include tutti i nuclei familiari registrati allanagrafe come residenti. Per cui se un giovane ha la residenza con i genitori che sono proprietari di una casa, questa famiglia viene inclusa nel 73%. E cosi anche se in un nucleo familiare di 5 persone la casa è del padre, nella statistica la famiglia risulta proprietaria dellabitazione. Un ulteriore 9,1 per cento di famiglie (2,1 milioni) e l8,7 per cento di individui beneficiava di alloggi in usufrutto o ad uso gratuito. Il rimanente 17,7 per cento di famiglie (4,2 milioni) e 16,6 per cento dindividui (9,7 milioni) era in affitto (vedi tabella 1).
Scorporando i dati per letà della persona di riferimento della famiglia, emerge quello che citava Gianluca. Tra i 2,1 milioni di famiglie giovani (con persona di riferimento di età inferiore ai 35 anni), corrispondenti a 4,8 milioni di individui, si rileva infatti una quota di proprietari notevolmente inferiore alla media (il 50,8 contro il 73,3 per cento) e, insieme, una più elevata quota di mutuatari (il 18,9 contro il 10,1 per cento). In ragione di una minor diffusione della proprietà, tra le famiglie giovani si osservano quote quasi doppie rispetto alla media sia di affittuari (il 32,7 contro il 17,7 per cento) che di usufruttuari (il 16,5 contro il 9,1 per cento).
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Sara Calamunci
Vorrei fare una proposta che potrebbe servire a dare un pò di respiro a tutte le persone che stanno attraversando un momento difficile o comunque servirebbe a far diminuire la povertà nel mondo se i governi la adottassero: istituire per legge dai governi una tassa di ingordigia (basterebbe una piccolissima percentuale) o più elegantemente chiamarla tassa di solidarietà sul controvalore di acquisto e vendita di azioni societarie, derivati etc, da convogliare in un fondo speciale gestito e controllato dallo stato o da qualche ente e distribuirlo una volta al mese a tutte le categorie in difficoltà economiche. Sulle modalità di gestione si potrebbe approfondire, limportante è iniziare a fare qualcosa di concreto e comunque credo che sicuramente non spaventerebbe chi opera in borsa a pagare e quindi a sentirsi anche moralmente a posto aiutando i più deboli.