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REGIONI IN CONFLITTO PER I FONDI EUROPEI

Le regioni contribuiranno a costruire una rete di protezione per i disoccupati privi di ammortizzatori sociali. Utilizzando le loro dotazioni del Fondo Sociale Europeo. Ma le regioni del Sud – più povere – dispongono di una quota del Fondo superiore a quelle del Centro-Nord, mentre queste ultime hanno più disoccupati. Trasferire i fondi dal Sud al Centro-Nord? Sarebbe possibile, ma il Governo ha scelto una strada diversa, che lascia inutilizzata per questo scopo una parte delle risorse europee e accolla un onere allo Stato.

 

Il 12 febbraio Governo e Regioni hanno siglato un accordo con il quale si impegnano a co-finanziare, per 8 miliardi di euro, i cosiddetti ammortizzatori in deroga, la rete di protezione contro la disoccupazione per i lavoratori che ne sono sprovvisti (quasi uno su due nel settore privato). L’intesa stabilisce che le Regioni contribuiscano con le rispettive dotazioni del Fondo Sociale Europeo (FSE) per 2650 milioni, e lo Stato si accolli i rimanenti 5350. Le Regioni rimarranno titolari dei fondi europei (tradotto: ciascuna pagherà per i propri precari), e lo Stato aumenterà la propria quota nel caso le risorse non siano sufficienti.
Purtroppo, la strada prescelta di attingere al FSE porterà inevitabilmente il governo ad un bivio: gestire un conflitto redistributivo tra regioni del Centro-Nord e quelle del Sud, oppure gravare il bilancio pubblico più di quanto preventivato. La ragione è semplice: per utilizzare in pieno i fondi europei per gli ammortizzatori sarebbe necessario trasferire considerevoli risorse (circa 725 milioni di euro) dalle regioni più povere (ma meno colpite dalla crisi) del Sud a quelle più ricche (e più colpite dalla crisi) del Centro-Nord. In assenza di un accordo in tal senso, a pagare sarà lo Stato (il contribuente italiano) e non l’Europa. Vediamo perché.

AL CENTRO-NORD PIÙ PRECARI DISOCCUPATI

Il FSE finanzia investimenti per la formazione e l’inserimento nel mercato del lavoro, e prevede due principali linee di intervento: quella avente l’obiettivo convergenza che riguarda le regioni povere (il cui PIL procapite è inferiore al 75% della media EU-25, in rosso nella figura sotto) e quelli con obiettivo competitività, per le regioni ricche (in blu). Com’è ragionevole aspettarsi, le regioni del Sud hanno una quota FSE per il 2007-13 maggiore (il 50%) di quelle del Centro (20%) e del Nord (30%.).(1) Il punto è che i precari che perderanno il posto si trovano soprattutto al Centro-Nord! E questo per diverse ragioni, tra le quali:

  1. Circa il 50% degli occupati si trova al Nord, contro il 20% al Centro ed il 30% al Sud (vedi Tavola A.15 in basso); in particolare si concentra al Nord l’occupazione nell’industria e nei servizi, i settori dove la crisi colpisce di più (vedi auto e beni durevoli), nonché l’occupazione femminile.

  2. Al Nord sono concentrati i lavoratori temporanei (il 42% contro il 20% al Centro ed il 37% al Sud (vedi Tabella A.17.1) e quelli a tempo parziale (54%, 22% e 24% rispettivamente, Tabella A.17.2.)

  3. Al Sud il precariato assume molto spesso la forma di lavoro non regolare, il lavoro sommerso (vedi Tabella A.1 relativa al 2003), che, in quanto tale, esula da ogni forma possibile di protezione.

COME SI DIVIDONO LE RISORSE

Sulla base di questi dati è ragionevole pensare che il fabbisogno di risorse per gli ammortizzatori sarà così distribuito tra le aree del paese: 46% al Nord, 23% al Sud e 31% al Centro.(2) Dunque, se fosse possibile utilizzare tutte le risorse (8miliardi) solo sulla base di queste necessità, e cioè senza il vincolo di destinazione regionale, le regioni del Nord riceverebbero circa 3,7 miliardi quelle del Centro 2,5 e quelle dei Sud 1,8 miliardi. Con il vincolo di destinazione, invece, al Nord andranno solamente 3,3 miliardi circa(3), alle regioni del Centro 2,2 e al Sud 2,6 miliardi. Insomma, Centro e Nord otterranno rispettivamente 296 e 429 milioni meno del loro fabbisogno, e quelle del Sud avranno un avanzo di 725 milioni circa. Saranno disposte a finanziare i precari del Centro-Nord?
Per evitare un conflitto tra le regioni, l’intesa prevede che il deficit del Centro-Nord ricada sullo Stato, anziché sulle regioni meridionali. Ma in questo modo oltre il 27% del FSE non verrà utilizzato! Eppure sarebbe stato possibile impiegare pienamente tutte le risorse europee, senza esigere che le regioni povere cedessero in via definitiva i propri fondi a quelle ricche: quando le dotazioni non coincidono con i bisogni, (quasi) tutti sanno che lo scambio intertemporale migliora il benessere. Sarebbe bastato stabilire che le regioni in difetto di fondi (quelle Centro-Settentrionali) potessero contrarre un prestito, garantito dallo Stato, con le regioni con eccesso di fondi (quelle meridionali), da restituire – diciamo – tra due anni, e magari usando come collaterale il prossimo stanziamento europeo.

(1) Queste percentuali si ottengono sommando agli stanziamenti contenuti nel piano 2007-13: le quote dei piani nazionali, per semplicità sono attribuite in parti eguali alle regioni.
(2) Questo significa ritenere che la crisi colpirà le diverse aree del paese in questo modo: per 1 precario che perde il posto al Sud ce ne sarà circa 1,5 al Centro e 2 al Nord.
(3) Per i dettagli del conto si veda il mio blog, http://paolomanasse.blogspot.com

Tavola A.17.1 – Occupati dipendenti a carattere temporaneo per ripartizione geografica, settore di attività economica e sesso – Anno 2007 (in migliaia)

SETTORI
SESSO
Italia   Ripartizioni geografiche  
           
  Nord-ovest Nord-est Centro Mezzogiorno  
               
Agricoltura              
Totale 228   12 18 20 178  
Maschi 131   8 8 10 106  
Femmine 97   4 10 10 72  
               
Industria in senso stretto              
Totale 390   111 111 81 88  
Maschi 255   69 67 51 68  
Femmine 136   42 45 29 20  
               
Costruzioni              
Totale 148   31 21 26 71  
Maschi 140   29 19 24 69  
Femmine 8   2 2 2 2  
               
Commercio, alberghi e ristoranti              
Totale 260   66 56 65 73  
Maschi 114   27 22 27 37  
Femmine 147   39 34 38 35  
               
Altri servizi              
Totale 1.241   287 250 267 436  
Maschi 460   98 86 86 189  
Femmine 781   189 164 181 247  
               
TOTALE 2.269   506 457 460 846  
Maschi 1.100   230 202 198 469  
Femmine 1.169   276 255 261 376  
               
               
Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro  
(a) Gli arrotondamenti delle cifre sono effettuati direttamente dal software che elabora i dati, pertanto non sempre si trova realizzata la quadratura verticale e/o orizzontale.

 

Tavola A.17.2 – Occupati dipendenti a tempo parziale per ripartizione geografica e settore di attività economica – Anno 2007 (in migliaia)

SETTORI Italia   Ripartizioni geografiche
  Nord-ovest Nord-est Centro Mezzogiorno
             
Agricoltura 42   6 7 7 23
Industria 341   108 108 70 56
Industria in senso stretto 278   95 94 54 36
Costruzioni 63   13 14 16 20
Servizi 2.039   627 468 453 491
Commercio, alberghi e ristoranti 425   137 93 96 99
Altri servizi 1.614   490 375 357 392
Totale settori 2.421   741 582 530 569
             
             
Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro
(a) Gli arrotondamenti delle cifre sono effettuati direttamente dal software che elabora i dati, pertanto non sempre si trova realizzata la quadratura verticale e/o orizzontale.

 

Tavola A.1 – Unità di lavoro non regolari – Totale economia (in migliaia)

Regioni 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003
                   
Piemonte 190,9 201,2 196,6 189,4 198,0 214,7 215,5 190,2 179,7
Valle d’Aosta 9,1 8,7 9,0 10,0 9,3 9,2 9,4 9,3 8,9
Lombardia 470,7 464,1 463,2 459,1 443,4 435,6 461,3 391,1 326,4
Trentino Alto Adige 58,6 64,8 66,1 71,5 60,6 62,8 61,7 59,2 54,3
Veneto 228,6 226,3 227,0 238,2 234,5 248,4 241,2 216,2 190,6
Friuli Venezia Giulia 59,8 60,1 57,8 59,9 69,1 67,9 72,9 71,4 70,7
Liguria 82,4 86,7 86,0 90,5 89,5 87,5 83,3 81,1 78,7
Emilia Romagna 204,5 202,6 204,7 208,8 211,1 211,2 212,0 200,7 176,4
Toscana 185,3 190,3 199,8 202,8 204,8 210,6 205,3 177,7 163,4
Umbria 48,4 46,2 50,0 48,5 52,4 60,9 56,5 49,5 46,3
Marche 73,1 73,7 75,3 76,0 82,4 90,2 82,0 76,0 71,8
Lazio 346,5 346,4 358,2 368,7 364,1 378,0 384,2 358,1 336,1
Abruzzo 57,1 61,2 61,3 63,4 61,7 66,9 68,7 69,3 63,6
Molise 15,6 17,3 17,9 18,6 18,0 20,6 22,7 24,3 22,3
Campania 396,5 393,9 420,7 449,3 436,8 425,6 441,6 454,6 419,7
Puglia 248,7 247,6 243,8 246,6 251,1 267,5 276,5 286,4 280,3
Basilicata 31,6 32,3 33,6 37,5 38,1 43,8 40,8 42,0 40,3
Calabria 177,0 167,1 168,8 173,4 169,4 179,1 186,7 194,1 202,5
Sicilia 288,5 301,2 314,7 341,7 342,4 344,5 366,1 381,0 398,2
Sardegna 89,8 96,1 104,3 111,3 109,9 104,0 113,4 105,1 107,6
Totale Italia 3262,7 3287,8 3358,8 3465,2 3446,6 3529,0 3601,8 3437,3 3237,8
Nord-ovest 753,1 760,7 754,8 749,0 740,2 747,0 769,5 671,7 593,7
Nord-est 551,5 553,8 555,6 578,4 575,3 590,3 587,8 547,5 492,0
Centro 653,3 656,6 683,3 696,0 703,7 739,7 728,0 661,3 617,6
Mezzogiorno 1304,8 1316,7 1365,1 1441,8 1427,4 1452,0 1516,5 1556,8 1534,5

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  1. marco lombardi

    L’uscita del nostro attuale Governo sui Fondi Strutturali Europei mi ha lasciato disorientato. Da un lato è ovvio che, dati i vincoli di destinazione sia geografica, questi inderogabili, sia di indirizzo di policy, questi aggiustabili dai Piani Operativi Nazionali e Regionali, è scivoloso conteggiarne l’entità fra gli stanziamenti anti-crisi. Tuttavia anche la risposta delle Regioni non mi è piaciuta, poiché si sono comportate quasi che i fondi comunitari fossero "roba loro". Regioni che, piuttosto che arroccate dietro, appunto, vincoli di destinazione che sono invece aggiustabili mediante "complementi di programmazione" e piani provinciali di riparto assolutamente non immodificabili, avrei voluto disponibili almeno a parole a creare tavoli regionali, provinciali e di sistema economico locale per impostare strategie comuni di risposta alla crisi, integrando le risorse provenienti dai vari livelli di governo: più rigide quelle dall’Europa, più flessibili quelle dal centro e dalle periferie dello Stato. Al contrario si è preferito dare l’ennesima dimostrazione del federalismo degli egoismi localistici, con un pessimo impatto comunicativo oltreché operativo.

  2. luigi

    Approfitto di questo articolo per sottolineare un aspetto. Si afferma sempre che le regioni del sud sono più povere, probabilmente se si afferma ciò un fondo di verità ci sarà. Vorrei però portare alla vostra attenzione un fatto di cui sono a conoscenza, non ne spiego le ragioni, sarebbe inutile. Sta di fatto che se si vanno a controllare le tipologie di incassi effettuati nei negozi del sud Italia (specie le grandi firme) si noterà che non solo gli incassi sono superiori ma che il rapporto tra pagamenti con carte di credito – bancomat e contante è esattamente rovesciato tra nord e sud dove i negozi del sud registrano anche l’80/90% dell’incasso in contanti! Sarebbe interessante andare a verificare visto che comunque i marchi del lusso scontrinano tutto. Da questo ne desumo che il sommerso al sud sia enorme, e se è così dove le trovano queste risorse è davvero così povero il sud? O i controlli non esistono. Perché prima di aiutare il sud e non solo, non si parte dal presupposto di verificare se quella condizione è veramente reale. So che il mio intervento non è in tema con l’articolo ma ho colto l’occasione di evidenziare un fatto che seppur banale dà da pensare.

  3. Gonario

    Premetto che sono uno studente e non ho effettuato studi approfonditi riguardo l’argomento ma vorrei togliermi dei dubbi.. I fondi per i disoccupati che sono destinati al sud Italia non sono troppi rispetto a quelli destinati al nord? Non per altro ma mi sembra di aver capito che i lavoratori dal sud si trasferiscono al nord per lavorare, quindi molti dei precari e dei disoccupati che troviamo al nord sono del sud Italia, magari residenti al sud.. Forse sto sbagliando, se qualcuno avesse il tempo e la voglia di rispondermi gliene sarei lieto.. In risposta al commento scritto da Luigi, sempre secondo la mia opinione, molto dipende dal fatto che al sud (io sono Sardo), c’è una bassa propensione ad utilizzare i pos, come gli atm, questo forse dalla bassa concentrazione di questi ultimi o dalla mentalità, non so se solo io noto che quasi tutti al sud prelevano 500€ la volta, non mi sono mai spiegato il motivo, secondo me è sbagliato sia perchè è più comodo pagare con la carta e sia perchè il denaro sul conto rende, in tasca no. Poi quando chiedi come mai al sud gira tanto contante.. beh è sbagliato pensare alle associazioni mafiose, riciclaggio?

  4. Claudio Virno

    Credo che sia utile precisare che il conflitto distributivo tra le regioni vi sarà in ogni caso dato che i 5350 milioni che lo Stato si accollerà provengono per 3950 milioni dal FAS dove vige la regola 85% delle risorse al Mezzogiorno e 15% al Centro-Nord e per 1400 dal Fondo occupazione per il quale non vi sono vincoli di destinazione.

  5. Luigi Mancini

    Probabilmente il mio commento sarà tacciabile di razzismo, sebbene dal mio punto di vista si tratti solo di amara disillusione. L’idea del prestito avanzata, sebbene logica, è irrealizzabile. La gestione dei fondi comunitari in Italia e in particolare al Sud è stata oggetto di verifiche e critiche numerose volte negli anni da parte anche della corte dei conti. L’idea che i baroni che si reggono sulle politiche clientelari possano rinunciare all’occasione di incassare dei soldi e’ assurda. La realtà più probabile è che le regioni vorranno quei fondi fino all’ultimo centesimo, li faranno sparire nei soliti mille rivoli e nelle tasche degli amici, dopodiche’ torneranno a battere cassa adducendo come motivo la crisi e i tempi grami. E i politici daranno loro ragione a spese dei contribuenti adducendolo come "dovere di solidarieta’" o qualche altra cosa simile che si inventeranno al momento.

  6. romano.calvo@libero.it

    Verissimo quanto detto nel commento da marco lombardi e inviterei i colleghi de Lavoce a rifletterci di più: le Regioni hanno deciso in un giorno di fare carta straccia dei loro POR, mandando in soffitta progetti già esecutivi in cambio di una demagogica sussidiarietà, che fa finta di non vedere che già i POR prevedevano misure di politica attiva e di sostegno al reddito. I sistemi provinciali delle politiche attive del lavoro e della formazione professionale saranno paradossalmente danneggiati, perchè dovranno correre dietro l’ennesima trovata delle "nuove" misure decise dall’alto, congelando quanto di buono avevano finora messo a sistema.

  7. Carlo Cipiciani

    Molto interessante questo "calcolo. Avevo fatto un ragionamento simile qualche settimana fa qui, ponendomi un’altra domanda al quale sarei lieto il Prof. Manasse mi dia ulteriori delucidazioni o un suo punto di vista. Le regioni pretendono garanzie sull’ammissibilità delle spese, e quindi “l’ effettiva operatività dell’accordo tra Stato e Regioni sarà comunque subordinata ad una condivisione formale da parte della Commissione Europea dell’Accordo stesso. Ma il Reg.1081/07, quello del FSE, prevede il finanziamento di politiche attive del lavoro (corsi di formazione, riqualificazione, percorsi individuali per giovani e donne) ma non le "politiche passive". Il commissario Ue all’occupazione, Vladimir Spidla, lo ha ribadito di recente. Ma se è così, non è tutto un bluff?

  8. Marco Spampinato

    Questa è una risposta allo studente intelligente che ha dubbi. L’economia del Sud nel suo insieme "funziona" diversamente da quella del Nord, o da una parte di quella del Nord. Come accade in molte aree/paesi meno sviluppate/i una quota importante di popolazione diffida dell’intermediazione bancaria e non usa strumenti di pagamento diversi dal circolante. Secondo le ultime indagini campionarie di Banca d’Italia più del 27% delle famiglie del Sud e Isole non possiede un conto corrente (bancario o postale), contro meno del 9% nel CN, e solo il 16% delle famiglie possiede una carta di credito (contro più del 33 e 40% nel Centro e nel Nord). Fino a pochi anni fa, sopratutto nelle aree interne, le banche e le poste erano usate al massimo per detenere denaro in libretti di risparmio. Il denaro era detenuto nei cassetti. Senza dubbio questo fatto può essere correlato con una quota maggiore di economia sommersa ed illegale, e con una generale sfiducia nei confronti degli intermendiari finanziari ufficiali: le banche e lo Stato. Ma credo che una differenza tra questa economia "anarchica" e l’economia mafiosa sia che l’economia mafiosa è in grado di usare di più sia le banche sia lo Stato.

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