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INGHILTERRA: TRE SOLUZIONI PER OGNI INSOLVENZA

Con il Banking Act 2009, appena varato, la Gran Bretagna regola i dissesti bancari. Prevedendo tre ipotesi di gestione delle crisi: trasferimento della banca insolvente ad un acquirente privato, oppure ad una “banca ponte” o ancora, temporaneamente, allo Stato. Ecco come dovrebbero funzionare le diverse opzioni, quali casi sono contemplati, e qual è il ruolo che la legge assegna in queste circostanze alle autorità competenti: Bank of England, Financial Services Authority, Tesoro.

 

Con il Banking Act 2009, appena varato, la Gran Bretagna regola i dissesti bancari. Prevedendo tre ipotesi di gestione delle crisi: trasferimento della banca insolvente ad un acquirente privato, oppure ad una “banca ponte” o ancora, temporaneamente, allo Stato. Ecco come dovrebbero funzionare le diverse opzioni, quali casi sono contemplati, e qual è il ruolo che la legge assegna in queste circostanze alle autorità competenti: Bank of England, Financial Services Authority, Tesoro.
D’ora in poi i sudditi di Sua Maestà non potranno più essere colti alla sprovvista nel caso in cui una banca dovesse fallire. Infatti, il governo inglese ha emanato la legge che disciplina le procedure di riorganizzazione o liquidazione di una banca insolvente. Con il Banking Act 2009 cambia un aspetto tipico del sistema britannico –quello di trattare il fallimento di una banca alla stessa stregua di una società commerciale –che tanto aveva fatto tribolare le Autorità competenti nella gestione della crisi della Northern Rock.
Coerentemente con le proposte espresse nel documento di consultazione pubblica che la precede, la legge si occupa di disciplinare tre diverse ipotesi di risoluzione della crisi (stabilization options): a) trasferimento della banca o parte di essa ad un acquirente privato, oppure b) ad una “banca ponte” o, ma solo a carattere temporaneo, c) allo Stato. Contestualmente è stato anche emanato un codice di condotta che serve a meglio specificare i casi in cui le Autorità possono utilizzare i poteri loro attribuiti e le modalità di utilizzo degli stessi, offrendo cosi un quadro di estrema chiarezza e completezza circa il da farsi in situazioni di emergenza.

LE DIVERSE OPZIONI

Il governo dunque, a seconda dell’interesse che emerge caso per caso e del tipo di istituto in crisi, può decidere o di favorire una soluzione di mercato (acquirente privato e bridge bank) o di intervenire direttamente (nazionalizzazione temporanea) o di farne cessare definitivamente l’attività (liquidazione). Il requisito di fondo affinchè una banca possa essere considerata insolvente, e quindi in crisi, è che non soddisfi più i requisiti regolamentari richiesti per l’accesso a quel tipo di attività. In tale valutazione, compiuta dalla Financial Services Authority (FSA), bisogna tener conto delle specifiche condizioni del momento e del fatto che per poter rientrare nei requisiti fissati, l’istituto avrebbe bisogno di un aiuto finanziario straordinario da parte della banca centrale o del Tesoro. A quel punto la FSA deve consultarsi con la Banca d’Inghilterra (BoE) e il Tesoro e valutare il da farsi.
Se nella scelta vengono in rilievo ragioni di pubblico interesse, quali la salvaguardia  della stabilità o della fiducia dei cittadini nel sistema finanziario inglese, o la protezione dei depositanti, la BoE può decidere di vendere tutte o parte delle azioni e delle proprietà della banca ad un acquirente privato o di trasferirla ad una banca ponte (bridge bank), di proprietà della BoE, in attesa di trovare un compratore. Prima di prendere una decisione le Autorità devono però considerare l’impatto che la stessa avrà sulle finanze pubbliche. Infatti la BoE non può esercitare alcuna opzione senza l’autorizzazione del Tesoro, se da questa derivano oneri per lo Stato.
Il codice di condotta ci spiega meglio cosa si intenda per stabilità del sistema, fiducia dei cittadini, protezione dei depositanti e fondi pubblici. Sostanzialmente dice che le Autorità devono valutare se il fallimento di quella banca potrebbe avere un impatto sistemico sulle infrastrutture di pagamento, trading e compensazione che sono alla base del sistema bancario e quali potrebbero essere invece le conseguenze se le Autorità decidessero di non intervenire affatto. L’impatto sulla fiducia dei cittadini va invece valutato sulla base delle percezioni che essi potrebbero avere quanto alla possibilità di perdere il denaro, o di subire un’interruzione del nomale funzionamento delle banche o quanto al verificarsi di un effetto contagio (come dire: se è fallita la banca X allora possono fallire anche le altre!). La protezione dei depositanti va valutata sulla base dell’efficienza del sistema di tutela applicabile nel caso specifico, mentre nel considerare l’impatto sulle finanze si deve tenere ben a mente la protezione dell’interesse dei taxpayers all’utilizzo efficiente dei soldi pubblici.
La procedura di liquidazione, invece, si applica solo al caso di banca che esercita  attività di deposito quando non sia più in grado di ripagare i propri debiti, e se la cessazione delle attività della stessa sarebbe giusta (fair) o nel pubblico interesse. La legge autorizza poi il Tesoro a prevedere una procedura di insolvenza ad hoc per le banche di investimento.

LA NAZIONALIZZAZIONE TEMPORANEA

Se, invece, dal fallimento di quell’ente potesse derivare una seria minaccia alla stabilità del sistema finanziario inglese o se l’intervento della BoE fosse necessario per proteggere l’interesse pubblico nel caso in cui sia già intervenuto il Tesoro in aiuto della banca, è possibile nazionalizzare temporaneamente l’istituto, ossia trasferirne le azioni a una società controllata al 100 per cento dallo Stato o farle gestire da un esperto nominato dal Governo (per esempio l’Avvocato Generale del Tesoro).
In questo caso, quale dovrebbe essere il comportamento del Governo nei confronti della banca? Di nuovo ci viene in aiuto il codice di condotta: la nazionalizzazione deve essere l’ultima opzione preferibile e, quando possibile, deve tendere a far ritornare la banca alla sua normale attività e non contrastare con le regole sulla concorrenza. Nel frattempo al Governo competono i normali diritti di un azionista e nell’immediato può anche intervenire sulla governance della banca con poteri che variano a seconda del tempo stimato di ritorno alla normalità. Se è previsto che la banca sia pubblica nel medio-lungo termine, allora il Tesoro potrà indicare agli amministratori gli obiettivi in base ai quali operare. A loro competerà, sulla base di quelle indicazioni, predisporre un businessplan completo da sottoporre all’approvazione del Tesoro. Ad ogni modo la banca dovrà operare a condizioni di mercato e mantenere gli stessi obblighi che gravano sulla banche commerciali.

POSSIBILI APPLICAZIONI

La legge dice un’altra cosa di non poco conto: l’unica opzione che può essere utilizzata per l’insolvenza delle società a capo di un gruppo bancario è la nazionalizzazione temporanea. La scelta parrebbe motivata dalla difficoltà per un compratore privato o per una banca ponte di acquistare o gestire un intero gruppo insolvente, per cui  la proprietà pubblica sembrerebbe dare più adeguate garanzie di continuità. Viene però in mente la situazione attuale, per cui il governo inglese ha già nazionalizzato la Northern Rock, è proprietario degli asset della Bradford&Bingley, ha il 70 per cento di RBS e il 65 per cento di Lloyds, per non contare i prestiti fatti alle banche nell’ambito dei piani di salvataggio. Ci si domanda: se queste non dovessero essere più in grado di pagare i propri debiti e una soluzione di mercato non fosse possibile, verranno nazionalizzate? 

Per saperne di più

BANKING ACT:
http://www.opsi.gov.uk/acts/acts2009/pdf/ukpga_20090001_en.pdf

CODE OF CONDUCT:
http://www.hm-treasury.gov.uk/d/bankingact2009_codeofpractice.pdf

DOCUMENTI DI CONSULTAZIONE CHE HANNO PRECEDUTO LA LEGGE:
http://www.hm-treasury.gov.uk/bankingact09_consultation.htm

Foto: da internet

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QUANDO IL GIOCO SI FA DURO

  1. Massimo GIANNINI

    Non riesco a capire se nel Banking Act sarebbe possibile l’ipotesi della "good bank". Tale ipotesi ventilata dal sottoscritto sin dall’ottobre 2008, contempla la creazione di così dette good banks. Nel mondo accademico tale proposta é stata ripresa da Buiter e Romer. Io ne ho continuato la mia promozione nel mondo blog anglofono. In un commento in un blog italiano (http://ideashaveconsequences.org/good-banks-bad-banks-%E2%80%93-you-know-i-had-my-share/leo#more-248) rispondevo ad alcune osservazioni. Altrove ho commentato che a mio parere la via per arrivare alle nuove good banks é in effetti quella della "bridge bank" e/o trasferimento a istituzioni pubbliche e/o private della banca o parte di essa. Il caso del trasferimento di parte di essa sarebbe quello delle così dette "too big to fail" o anche "too big to bail", cioé in parole povere dove non ci si fa e/o il rischio sistemico é troppo grosso. Bisogna anche dire che inizialmente é lo Stato che si porta "garante" e catalizzatore dell’operazione di creazione di una banca buona e nuova. Tuttavia in questa opzione non si prevede la temuta nazionalizzazione ma non si esclude che la banca insolvente sia poi di fatto liquidata.

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