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SE IN EUROPA CONTA DI PIU’ CHI VOTA DI PIU’

Alle ultime elezioni europee ha votato solo il 43,1 degli elettori. Siamo dunque ben lontani da quel Parlamento europeo composto da rappresentanti dei cittadini dell’Unione prefigurato dal Trattato di Lisbona. Come incentivare l’affluenza alle urne? Per esempio, attraverso un meccanismo che assegni più eurodeputati ai paesi che registrano una più alta partecipazione al voto. Le simulazioni indicano che con l’affluenza di questa tornata il numero degli eletti si ridurrebbe nettamente. E potrebbe cambiare anche il peso politico dei diversi paesi.

Per i 375 milioni di elettori dell’Unione Europea, le elezioni al Parlamento europeo rappresentano una delle rare occasioni per discutere dei grandi temi legati al futuro dell’Europa e del suo processo di integrazione. In quasi tutti i paesi, tuttavia, questi grandi temi sono stati assenti o marginali nel dibattito politico e le ultime elezioni europee sono state viste soprattutto come un’occasione per testare il consenso o dissenso verso il governo nazionale in carica. La diffusa disaffezione per il voto europeo è testimoniata dall’inesorabile calo dell’affluenza registrata negli anni: dal 63 per cento delle prime elezioni del 1979 si passa al 45,6 per cento del 2004, fino ad arrivare al 43,1 per cento di quelle appena concluse.

COME AUMENTARE L’AFFLUENZA

La Commissione affari istituzionali del Parlamento europeo sta esaminando una proposta dell’eurodeputato liberale Andrew Duff, che mira a incentivare la partecipazione di tutti i cittadini dell’Unione al processo elettorale europeo. Qui riprendiamo invece una nostra proposta presentata su lavoce.info subito dopo le elezioni europee del 2004. Sostanzialmente, suggeriamo un sistema di assegnazione dei seggi sovra-nazionale, che premi i paesi che hanno un tasso di affluenza maggiore.
L’attuale sistema elettorale del Parlamento europeo prevede per ciascun paese membro un numero di seggi più o meno proporzionale rispetto alla popolazione. Si passa dai cinque eurodeputati di Malta, che ha poco più di 400mila abitanti, ai settantadue di Italia, Francia e Regno Unito, fino ai novantanove della Germania, con oltre 82 milioni di abitanti.
La nostra idea è che il numero di seggi sia attribuito nella sua totalità solo a condizione che l’affluenza alle elezioni europee nel paese superi una certa soglia, ad esempio il 90 per cento, la percentuale che storicamente si registra laddove, come in Belgio o in Lussemburgo, il voto è obbligatorio. In tutti i casi in cui la partecipazione al voto resta al di sotto della soglia, immaginiamo un meccanismo che assegni i seggi solo in proporzione all’effettiva affluenza: ad esempio, se in Italia vota soltanto il 45 per cento degli aventi diritto, si eleggono 36 europarlamentari invece dei 72 potenziali. Il Parlamento europeo avrebbe così un numero complessivo di seggi variabile in base alla partecipazione al voto registrata nei diversi paesi.

SIMULAZIONI PER IL PARLAMENTO EUROPEO

Qui di seguito riportiamo una simulazione di come apparirebbe oggi il Parlamento europeo se fosse in vigore il nostro sistema. Per realizzarla abbiamo utilizzato i dati ufficiali sull’affluenza e sui voti per i partiti nazionali delle elezioni del 4-7 giugno 2009, confrontandola con l’esito effettivo.

Il numero di europarlamentari passerebbe da 736 a 356. Paesi come l’Italia, il Belgio e il Lussemburgo, e in misura più limitata la Spagna, la Grecia e la Danimarca, verrebbero premiati da un numero di seggi assegnati più alto: la Francia e il Regno Unito otterrebbero, rispettivamente, 32 e 27 seggi, mentre all’Italia ne spetterebbero 53.
Nella tabella 2 sono invece riportati i risultati delle nostre simulazioni sulla distribuzione dei seggi tra i diversi gruppi politici. Tra i neoeletti ci sono 72 europarlamentari che non hanno ancora indicato a quale gruppo politico intendono iscriversi: i dati ufficiali li considerano al momento nel gruppo residuale “Others”. Per una buona parte si tratta di eletti nei partiti che entrano per la prima volta nel Parlamento europeo, la maggior parte dei quali ha connotazioni nazionalistiche, populiste o euro-scettiche. Il resto fa parte dei Conservatori britannici, i cui eurodeputati non hanno ancora deciso a quale gruppo aderire. Nelle nostre simulazioni, invece, abbiamo inserito gli europarlamentari del Partito democratico italiano nel gruppo del Pes, sulla base di una dichiarazione di intenti non ancora formalizzata ufficialmente.

Come si può osservare dalla tabella 2, il meccanismo muterebbe solo marginalmente i rapporti di forza tra i diversi gruppi politici. A parte diminuzioni marginali dei pesi proporzionali della sinistra radicale Gue-Ngl e dei partiti antieuropeisti dell’Id, e incrementi marginali delle quote dei popolari Epp-Ed e dei Greens-Efa, le uniche variazioni leggermente più significative riguarderebbero il Pes, in aumento, i liberaldemocratici dell’Alde e il gruppo Others, entrambi in diminuzione. Da notare che, se questo meccanismo fosse già all’opera, il peso dei movimenti più populisti, euro-scettici o apertamente xenofobi nel nuovo Parlamento europeo, raccolti per il momento sotto i gruppi Id e Others, uscirebbe soltanto marginalmente ridimensionato.

I VANTAGGI

Per un sistema di assegnazione dei seggi del genere, che dà un premio a chi vota di più, si possono prevedere diverse varianti. Ad esempio, si può garantire a ciascun paese un numero minimo di deputati indipendentemente dall’affluenza ai seggi. In ogni caso, il meccanismo avrebbe il merito di raggiungere alcuni obiettivi:
– L’affluenza alle elezioni europee, la partecipazione attiva e l’interesse per i temi europei sarebbero fortemente stimolati.
– Ciascun paese, nel tentativo di far crescere la sua visibilità nel consesso europeo, avrebbe un forte interesse a mobilitare i propri cittadini e a contrastare l’attuale apatia e disaffezione.
– I partiti politici avrebbero un interesse diretto a favorire la più ampia partecipazione e affluenza degli elettori: crescerebbe sia la chiarezza che la qualità dei programmi in modo da raggiungere il più vasto pubblico possibile.
– La quota di seggi di ciascun paese dipenderebbe non solo dalla sua popolazione, ma anche da un indice di intensità, determinato dall’interesse del suo corpo elettorale per i temi europei.
– Una “competizione leggera” tra i paesi non acuirebbe le divisioni nazionalistiche, dal momento che ogni paese avrebbe già un numero massimo di seggi stabilito, e i rapporti di forza tra i vari paesi rimarrebbero inalterati se l’affluenza fosse sufficientemente elevata.
– Si rafforzerebbe il sentimento di interdipendenza dei cittadini europei e della loro appartenenza a un livello politico sovra-nazionale, in coerenza con il Trattato di Lisbona secondo cui il Parlamento europeo dovrebbe essere composto da “rappresentanti dei cittadini dell’Unione”.
– I governi nazionali avrebbero un interesse ad accorpare le elezioni europee con altre scadenze elettorali interne, al fine di aumentare l’affluenza, con conseguenti risparmi di spesa, rafforzati anche grazie a un Parlamento europeo potenzialmente meno numeroso.

Tutti benefici che potrebbero contribuire ad avvicinare le istituzioni europee ai cittadini, coerentemente con le intenzioni del Trattato di Lisbona.

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13 commenti

  1. armando

    L’analisi fatta e la proposta avanzata sono stimolanti. Effettivamente si riscontrerebbe un maggior interesse dei partiti politici a che si abbia la massima affluenza alle urne, per guadagnare quindi seggi e allo stesso tempo primeggiare rispetto a paesi meno virtuosi. tuttavia sono perplesso su due punti: gli europarlamentari legiferano non solo su chi li ha votati, ma su tutti i cittadini che hanno o meno diritto al voto. Una rappresentanza anche di questi dovrebbe essere prevista in un modo o nell’altro. E rendere di conseguenza il parlamento europeo variabile non destabilizzerebbe le interdipendenze e i giochi di potere tra i gruppi parlamentari europei?! La mancanza di una adesione alla politica europea non è forse da cercare in una frammentaria composizione dei partiti, tutti rivolti al proprio orticello! Si parla di partito socialista e popolare europeo, ma non si è vista alcuna campagna elettorale di queste due entità, che vedono spesso, anche all’interno dello stesso gruppo, fazioni e partiti tra loro contrapposti su molte tematiche. Non sorprende vedere i partiti ultra-nazionalisti andare avanti, visto che loro paradossalmente fanno campagna elettorale europea (contro)!

  2. Massimo GIANNINI

    Bizzarra l’idea degli autori sebbene interessante. Di fatto l’Unione Europea non é ancora né federale o stile Stati Uniti, né le sue istituzioni sono accountable verso i cittadini da poter giustificare che in Europa conti di più chi vota di più. Di fatto non votare vale semplicemente a dire che si delega altri a prendere una decisione. Scelta legittima a meno di avere l’obbligatorietà del voto. Con un tale assetto istituzionale, che manca di democrazia e accaountability, l’Europa non può che avere bassa affluenza alle urne. E non è che in paesi come gli Stati Uniti l’affluenza sia molto più alta: perché preoccuparsi o stupirsi dunque della bassa affluenza? Prima si deve cambiare l’assetto istituzionale poi si può anche chiedere l’alta affluenza non il contrario.

  3. Hans Suter

    Il suggerimento è dunque di pesare i voti (dopo averli contati). Ma gli autori credono davvero che un parlamento che voti un budget nutrito principalmente da un contributo calcolato sul PIL del singolo paese possa praticare uno scherzo del genere?

  4. Bellerofonte

    E’ una idea molto interessante, ma non si pone il problema dei piccoli partiti nelle singole nazioni, mi spiego meglio: 1 – se in Italia un partito ha (per poco) superato il 4%, ma l’affluenza è stata molto bassa, non c’è il rischio che proprio quel piccolo partito perda il seggio. In pratica come si decide come vengono tolti i seggi alle singole liste? 2 – Nel caso di minoranze si avrebbe un problema ancora più grande.

  5. Valentina Montalto

    Una tale modifica del sistema elettorale europeo non tiene conto dei singoli sistemi elettorali nazionali, spesso piuttosto divergenti. In Paesi come il Belgio, come avete scritto, è facile aspettarsi un altissimo numero di votanti (come è appunto accaduto alle ultime elezioni europee, con un tasso del 90.39%) per il semplice fatto che il voto è obbligatorio. L’assegnazione di "seggi premio" potrebbe quindi, da un lato, non corrispondere affatto a un maggiore interesse ai temi europei e, dall’altro, penalizzerebbe i cittadini che hanno votato con convinzione per poi ritrovarsi con una misera rappresentanza al PE. Tra l’altro, se la stragrande maggioranza dei cittadini continua a mostrare indifferenza verso il progetto europeo, a ben poco serve una riduzione della loro voce in parlamento nella lotta contro l’euroscetticismo. E’ piuttosto necessario rafforzare il legame tra l’attività politica a Bruxelles e il territorio locale. Serve dunque più rappresentanza, non meno, con eurodeputati più rappresentativi delle istanze territoriali.

  6. paolo moretti

    E cosa succederebbe al parlamento italiano se si applicasse la stessa logica di ridurre deputati e senatori in base al tasso di partecipazione al voto?

  7. Gianni Melotti

    La proposta di premiare i paesi "virtuosi", quelli cioè che partecipano in misura maggiore al voto mi sembra interessante e di buon senso. Credo che serva anche una azione massiccia per convincere la gente ad andare a votare. Ciò ritengo si possa fare solo con comportamenti virtuosi dei Parlamentari Europei e con un maggiore europeismo da parte dei paesi membri. Sono convinto che solo una Europa forte e coesa possa fugare le legittime paure per il futuro. Grazie al vostro sito.

  8. Matteo Borsani

    Proposta, secondo me, molto interessante, tuttavia, non a caso la vostra proposta non é stata ascoltata dopo le elezioni del 2004: come tutte le proposte europeiste, si scontra con le reticenze (e i veti) degli Stati membri. Per questo, si potrebbe pensare (come ipotizzate voi in una delle varianti) di assicurare comunque un numero minimo di seggi per Stato membro (per rendere il "boccone" più "digeribile" direi una percentuale alta, ad esempio il 70%) legando il resto all’affluenza alle urne. Suggerirei, inoltre, di lasciare inalterato il numero totale dei parlamentari: i Paesi dove l’affluenza é stata più alta riceverebbero cosi’ un "premio" in termini di seggi prelevati da quelli spettanti agli stati in cui l’affluenza é stata particolarmente bassa. Ad esempio: se l’affluenza é uguale o superiore al 70%, viene assegnato il 100% dei seggi. Se é inferiore, i seggi vengono ridotti in numero percentuale (60% di affluenza= meno 10% dei seggi) senza comunque scendere sotto il 70% del totale dei seggi spettanti. D’altronde, anche a livello nazionale il numero dei parlamentari rimane invariato, indipendentemente dal totale dei votanti.

  9. david c

    Bella pensata, lo dico per davvero. Mi era venuta in mente anche a me. Dovrebbe valere anche per l’Italia, non solo per l’Europa. Però ho pensato anche ad un’altra cosa: se va a votare solo la metà degli aventi diritto, di fatto il voto di chi sceglie vale il doppio!

  10. Fabio Triberti

    Ritengo che uno dei difetti principali della nostra attuale “democrazia europea”, come opportunamente è indicato nell’articolo, sia la quasi assenza dei “temi europei” nella campagna elettorale e, in generale, nell’agenda politica. Sembrerà utopistico ma penso che si debba chiarire e rinforzare il carattere sovrannazionale dell’Unione, delle sue istituzioni e delle elezioni relative. Per questo sarebbe interessante che gli attori politici in gioco non siano solo un collage di identità politiche nazionali ma delle entità sovrannazionali dotate di un loro schema valoriale e di un loro programma definito prima delle elezioni. A queste entità (che potrebbero essere l’evoluzione degli attuali gruppi) i partiti nazionali potrebbero solo associarsi. Ovviamente servirebbero dei meccanismi ad – hoc per definire una simile architettura.

  11. Annalisa Fortunato

    La proposta è molto interessante, ma ritengo che debba necessariamente appoggiarsi ad altri elementi "virtuosi" che non mi sembrano sussistere. Se il meccanismo non fosse sufficiente per aumentare significativamente l’affluenza, nel tempo potrebbe aumentare la disaffezione di coloro i quali già sentono lontana l’Europa e le sue istituzioni. Al contrario, in caso di successo, il rafforzamento del sentimento di interdipendenza tra cittadini che si auspica nell’articolo potrebbe anche girarsi in negativo se venisse interpretato in chiave di competizione tra nazionalismi. In quanto alla mobilitazione al voto da parte dei partiti nazionali, penso che reagirebbero esacerbando lo scontro sui temi nazionali, allontanando ulteriormente quelli europei. In questo senso l’indice di affluenza non sarebbe in sé il miglior indice “qualitativo”.

  12. Annalisa Fortunato

    La proposta è molto interessante, ma ritengo che debba necessariamente appoggiarsi ad altri elementi "virtuosi" che non mi sembrano sussistere. Se il meccanismo non fosse sufficiente per aumentare significativamente l’affluenza, nel tempo potrebbe aumentare la disaffezione di coloro i quali già sentono lontana l’Europa e le sue istituzioni. Al contrario, in caso di successo, il rafforzamento del sentimento di interdipendenza tra cittadini che si auspica nell’articolo potrebbe anche girarsi in negativo se venisse interpretato in chiave di competizione tra nazionalismi. In quanto alla mobilitazione al voto da parte dei partiti nazionali, penso che reagirebbero esacerbando lo scontro sui temi nazionali, allontanando ulteriormente quelli europei. In questo senso l’indice di affluenza non sarebbe in sé il miglior indice “qualitativo”.

  13. Flaviano

    Oltre a quelli già indicati da altri lettori ci sono altri effetti collaterali evidenti. Ad esempio il fatto che gli eurodeputati italiani sono tra i più assenteisti: se oltretutto questi sono anche maggioranza nel PE forse qualche problema politico e di rappresentanza si porrebbe. Semmai bisognerebbe dare dei poteri "federali" all’Europa, costituire un esercito europeo, una costituzione europea di pochi articoli, un sistema giudiziario sovranazionale per reati "federali" e così via. A quel punto forse l’Europa verrebbe sentita come una entità politica. Fino a quando questo non succederà il numero dei votanti sarà comunque destinato a diminuire e l’idea stessa di una Europa politica che ci rappresentasse in quanto cittadini europei le andrebbe fatalmente dietro.

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