Perché i paesi di tutto il mondo si accapigliano per ospitare le Olimpiadi o altri grandi avvenimenti sportivi? I vantaggi economici sono raramente positivi e quelli non economici sono difficili da misurare. Esiste però un effetto-Olimpiade sul commercio: le esportazioni dei paesi candidati aumentano in modo consistente e duraturo. Ha ben poco a che vedere con la costruzione di nuove infrastrutture legate all’evento. Piuttosto, la candidatura ai giochi è un segnale politico, seppure costoso, collegato a un processo di liberalizzazione in corso.

 

Le ragioni per cui i paesi, in tutto il mondo, si battono per divenire sede dei giochi olimpici risultano spesso oscure agli economisti. I vantaggi economici sono raramente positivi; i vantaggi non economici sono difficili da misurare. Eppure le nazioni si fanno una concorrenza spietata per ospitare questo grande avvenimento sportivo. Perché?

COME I GIOCHI AUMENTANO L’EXPORT

La scienza economica non riesce a inquadrare bene i vantaggi associati a questi eventi. O forse gli economisti non hanno saputo individuare i guadagni a essi correlati. In uno studio pubblicato di recente insieme a Mark Spiegel abbiamo preso in considerazione l’impatto economico sul commercio internazionale, svolto dai mega-eventi, quali Olimpiadi e Coppe del mondo di calcio. (1)
Utilizzando modelli diversi, dimostriamo che lo svolgersi di un grande avvenimento sportivo in un determinato paese ha un impatto positivo sulle sue esportazioni. Tale effetto è statisticamente marcato, è permanente ed è soprattutto molto elevato, dal momento che i paesi che accolgono i giochi olimpici vedono incrementare del 30 per cento i loro introiti. Il che ci conduce a riesaminare i vantaggi associati all’organizzazione di un mega-evento.
Come si spiega questo effetto sul commercio ? Certo, non invocando l’afflusso di turisti, come fa il Comitato olimpico internazionale, o il fatto di apparire per qualche settimana sui teleschermi del mondo intero. Bensì, più prosaicamente, perché tali eventi coincidono quasi sempre con nuove aperture commerciali.
La ventinovesima olimpiade è stata assegnata a Pechino nel luglio 2001. Neanche due mesi dopo la Cina aveva già concluso con successo negoziati con l’Omc, ufficializzando in tal modo il suo impegno a liberalizzare i suoi scambi. E non è un caso isolato. Le Olimpiadi del 1960 sono state assegnate a Roma nel 1955. E già quell’anno l’Italia aveva intrapreso le mosse per la convertibilità della sua moneta, era entrata nell’Onu e, soprattutto, aveva avviato quei negoziati che dovevano sfociare, due anni dopo, nel Trattato di Roma, creando la Cee. I giochi di Tokyo (1964) hanno coinciso con l’ingresso del Giappone nel Fmi e nell’Oecd. Barcellona, nel 1986, ha vinto la candidatura per le Olimpiadi del 1992, vale a dire un anno dopo l’ingresso della Spagna nella Cee. La decisione di assegnare i giochi olimpici del 1988 alla Corea ha coinciso con la liberalizzazione politica del paese. Queste correlazioni, del resto, non riguardano solo le Olimpiadi: la Coppa del mondo di calcio ha avuto luogo a Città del Messico nel 1986, l’anno in cui il Messico ha intrapreso la sua politica di apertura commerciale e in cui è entrato nel Gatt.
Ma non corriamo troppo. In effetti, anche quei paesi di cui viene bocciata la candidatura godono di ripercussioni positive sul loro commercio. L’effetto olimpico sarebbe in tal caso riconducibile non allo svolgersi effettivo dell’evento, ma alla semplice disponibilità ad accoglierlo.

UN SEGNALE DI DINAMICITÀ

Soffermiamoci un momento su tale ipotesi, cercando di afferrarne la logica. Un paese che desidera aprire le proprie frontiere crede nella propria dinamicità e potrebbe quindi voler mandare un segnale in questo senso, offrendosi di ospitare un mega-evento. Esiste dunque una correlazione: i due effetti derivano dalla medesima causa. Ma la relazione potrebbe essere più stretta e potrebbe segnalare una strategia: progettando un avvenimento di dimensioni grandiose, il paese in questione crea effettivamente un’atmosfera politica, da cui è difficile poi tornare indietro. Inoltre, la strategia può apparire come una sorta di compensazione: i costi di accoglienza di un mega-evento sono in genere sopportati da quei settori economici che maggiormente beneficiano della liberalizzazione del commercio. Questo allineamento di costi e benefici contribuisce a collegare saldamente il mega-evento col movimento di liberalizzazione economica.
Comunque sia, che si tratti di dinamismo, intrinseco al paese, da cui discende a disponibilità a ospitare l’avvenimento e il movimento di liberalizzazione, o che si tratti di una strategia ben ragionata, lo spirito di accoglienza nei confronti dell’evento è sempre collegato a un incremento degli scambi commerciali. Esiste quindi, un “effetto olimpico” sul commercio, che però non deriva, come è facile constatare, dall’attività infrastrutturale legata alle Olimpiadi. In base alle nostre conclusioni, si è invece portati a credere che una candidatura ai giochi sia un segnale politico costoso, quasi sempre collegato a un processo di liberalizzazione in corso. Il che è utile da sapersi, specie per quei paesi la cui strategia ipotizzi uno sviluppo degli scambi.

(1)The Olimpic effect, 2009, Cepr Dicussion Paper 7248

(Traduzione di Daniela Crocco)

Foto: da internet

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Aspettando Godot: il dopo-elezioni in Spagna
Leggi anche:  Don Milani economista