Grazie per gli interessanti (e talvolta energici!) commenti. Rispondo brevemente.
Alcuni lettori argomentano che le cose non vanno fantasticamente in Messico, e che quindi non si può prendere il Messico come esempio di buon governo. In particolare, lalto indice di Gini del Messico è preso da alcuni lettori come indice di una mancanza di sensibilità sociale delle politiche messicane. A questo riguardo osservo che dal 1982, anno che segna linizio della tequila technocracy, lindice di Gini è sceso dal 50 al 45 percento (si veda http://en.wikipedia.org/wiki/File:Gini_since_WWII.gif ), segno di una tendenza verso un maggiore egualitarismo, ancorché in partenza la distribuzione del reddito fosse molto diseguale. Più in generale, nel valutare la performance di governo si deve necessariamente tenere conto delle condizioni iniziali. E chiaro che il Messico ha un retaggio di povertà e vari altri problemi che non scompaiono in pochi anni. La corruzione diffusa, che alcuni lettori menzionano, esiste, certo, ma è un fatto in parte culturale che predata il 1982 e che non mi sembra possa attribuirsi in prima battuta alla governance economica post-1982.
Alcuni lettori obiettano allassociazione fra tecnocrazia e buon governo, e/o vedono la stessa tecnocrazia come una casta sui generis. Non voglio certo dire, in astratto e in generale, che essere un politico di professione è dequalificante per ministeri tecnico-economici. Ovviamente non tutti i tecnocrati sono o saranno esempi di virtù amministrativa, ne tutti i politici sono inetti. La questione, in concreto, è se il meccanismo di selezione che consente per esempio ad un Antonio Gava di divenire ministro delle Finanze (1987-88) è meglio o peggio, in media, di un meccanismo in cui viene privilegiata la conoscenza tecnica e, magari, una certa (relativa, magari) estraneità alla politica elettorale di lungo corso.
Colgo loccasione per evidenziare un possibile problema del meccanismo di selezione tecnocratico quale è in Messico. Dando per buona che in Messico la presenza di un meccanismo di selezione sia in parte basato sulla capacità di ottenere un PhD in una università americana, e nonostante il fatto che per ottenere questo obiettivo una condizione necessaria è avere notevoli abilità cognitive, rimane il fatto che ci vogliono anche i soldi. Un ragazzo povero in Messico non può permettersi di andare al tipo di scuole, quasi tutte private, che sono il percorso necessario per essere ammessi a un PhD negli USA. Quindi, una tecnocrazia selezionata su questa base sarà anche, in media, una tecnocrazia di estrazione almeno benestante.
Alcuni lettori suggeriscono che la tecnocrazia non è la pietra filosofale e che altre doti quali il buon senso, il senso dello stato, ecc., sono almeno altrettanto importanti. Sono daccordo sullimportanza di queste qualità, e auspico moltissimo anchio la nascita di una onestocrazia.
Chiudo ringraziando per i commenti e con una osservazione. Il nostro dibattito su una Casta soffocante ed egoista ha un precedente storico nella Progressive Era negli Stati Uniti. Così come oggi in Italia, la popolazione americana degli anni 1890-1920 era stufa di essere comandata da caste politiche chiuse, corrotte ed inefficienti, particolarmente forti nelle grandi città, e sensibili per lo più alle esigenze della popolazione di ceto meno abbiente. In contrapposizione a queste caste si affermarono le idee del Progressive Reform Movement, un movimento di elites benestanti che riponevano fiducia nella capacità di risolvere problemi, sociali e di governo, della scienza e della expertise disinteressata . I presidenti Theodore Roosevelt e Woodrow Wilson, per esempio, furono parte del Reform Movement.(1) Voglio ricordare in particolare la cosiddetta Wisconsin Idea, lidea che i docenti dellUniversità del Wisconsin potessero contribuire attivamente al miglioramento delle condizioni sociali, ciò che fecero partecipando a numerosi incarichi amministrativi statali.(2) Insomma, non cè nulla di nuovo sotto il sole.
(1) Si veda http://en.wikipedia.org/wiki/Progressive_Era
(2) Si veda http://www.wisconsinidea.wisc.edu/history.html
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Armando Pasquali
Sgombriamo il campo dagli equivoci: nessun paese è uscito dal sottosviluppo grazie alle politiche neo-liberali. Il Messico non fa eccezione. A ogni anniversario del Nafta si sbandierano cifre addomesticate o decontestualizzate, ma la realtà è quella di un paese che arranca. Con una recente, rilevante novità: l’esplosione del narco-traffico e dei suoi pesanti effetti sulla tenuta civile e democratica del paese. Alcuni pensano che il rischio sia una decomposizione simile a quella della Colombia, tanto più notevole data la differenza di peso demografico fra i due stati. Vi sarà un impegno dei tecnogovernanti perché ciò non accada? Difficile crederlo, dato che secondo il pensiero attualmente in auge per governare un paese basta regolare i tassi di interesse e promulgare qualche leggina per liberalizzare e privatizzare ciò che è rimasto fuori dalla grande abbuffata degli scorsi anni. L’idea dei tecnocrati al potere è quindi un evidente non senso: un algoritmo ben fatto è più che sufficiente.