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IL COMMENTO DI GOLDSTEIN E BONAGLIA ALL’ARTICOLO DI PERSICO E PUEBLITA – TECHNOCRACY IN GRECIA*

In un recente contributo su questo sito (1), Nicola Persico e José Carlos Pueblita hanno mostrato come in Messico la maggioranza dei ministri economici siano “cervelli” con PhD in materie economiche conseguito negli Stati Uniti e che non hanno mai partecipato a una elezione. Gli autori notano la particolarità del caso del Messico – una repubblica presidenziale dove il capo dell’esecutivo ha la possibilità di nominare direttamente i membri del governo senza sottoporsi allo stillicidio dei veti incrociati di correnti e correntine. Alcuni lettori hanno obbiettato che la tecnocrazia è anti-democratica, visto che permette a tecnici non eletti di esercitare grande potere politico senza la sanzione delle urne. Si potrebbe aggiungere che la tequila technocracy si è consolidata in un periodo in cui si sono succeduti governi di centro-destra, in particolare quelli panistas di Fox e Calderón.
Le recentissimi elezioni in Grecia offrono, con le dovute cautele, il materiale per testare questi argomenti. Dalle urne è uscito vincitore il PASOK, il partito socialista, e George Papandreou ha nominato in posizioni chiave dei tecnocrati che hanno passato all’estero periodi estesi di formazione e lavoro. Per essere più precisi, su 18 ministri otto hanno un dottorato e altri otto un Master. L’età media è bassa – poco più di 51 anni, 50 se si esclude il vice Primo Ministro Theodore Pangalos). Ad avere un dottorato sono i Ministri delle Finanze e dell’Economia – rispettivamente George Papaconsatinou e Louka Katseli – ma anche il titolare di un dicastero più politico come la Difesa. Anche i Vice-Ministri degli Esteri sono giovani tecnocrati: un 41enne ex-professore di diritto europeo all’Università di Vienna ed un 45enne con un M.Sc. in Environmental Economics dell’Università di Reading. Il nuovo Primo Ministro ha fortemente puntato su questi profili anche in campagna elettorale, definendoli “i migliori”, “coloro che non hanno interessi acquisiti” e che quindi possono fare avanzare le riforme necessarie alla modernizzazione del paese.
Se il nuovo è un governo molto tecnocratico, non è il primo nella recente storia greca. Nel 1989 per esempio, a seguito del risultato inconclusivo delle elezioni ed in un contesto di crisi economica, i tre maggiori partiti nominarono Primo Ministro Xenophon Zolotas, ottantacinquenne ex-governatore della Banca di Grecia e autore di un importante libro di economia del benessere (2). Ma soprattutto, i Primi Ministri che si sono succeduti al potere dal 1993 hanno impressionanti credenziali accademiche. Andreas Papandreou aveva un Ph.D. ad Harvard e insegnò lì ed in altre prestigiose università americane prima di tornare in Grecia; Costas Simitis ha studiato diritto a Marburgo ed economia alla London School of Economics; e Kostas Karamanlis ha un PhD. alla Fletcher School of Law and Diplomacy di Tufts.
Come si arriva allora ad affidare il potere a un gruppo di persone con competenze nel campo economico? Nel caso messicano, il potere era saldamente nelle mano del PRI e la cooptazione era semplice – il termine dedazo indicava la pratica con cui il presidente “additava” il suo successore. In Grecia invece ci sono vere e proprie dinastie politiche. L’attuale Primo Ministro è figlio di Andreas Papandreu che a sua volta era figlio di un Georgios Papandreu tre volte a capo del governo tra il 1944 e il 1965; il suo predecessore è nipote di Konstantinos Karamanlis, già Primo Ministro e Presidente; Konstantinos Mitsotakis, a capo del governo nel 1990-93, il cui padre e nonno erano parlamentari, aveva come zio Eleftherios Venizelos, una delle figure maggiori della politica greca del XX secolo. Non a caso in tutte queste famiglie così importanti i figli erano inviati a studiare all’estero – Spiros, il fratello di Simitis, è per esempio professore alla Goethe di Francoforte ed uno dei maggiori esperti europei di diritto di privacy and security.
Persico e Pueblita identificano altri fattori che hanno contribuito ad alimentare la rivoluzione tecnocratica in Messico. Alcuni, ma non tutti, sembrano importanti anche in Grecia. I tre membri del consiglio della Banca di Grecia, in particolare, hanno tutti ricevuto un dottorato all’estero, sono tornati per insegnare all’Università di Atene e poi hanno integrato la banca centrale. Molto simile il profilo dei due precedenti governatori (Lucas Papademos e Nicholas C. Garganas). Come in Messico, anche in Grecia le assunzioni nel settore pubblico – almeno nel passato recente – incoraggiano i concorrenti esterni e quindi solleticano l’interesse dei numerosi economisti greci sparsi in Nord America ed Europa. Dopo aver passato otto anni all’OCSE, George Papaconstantinou tornò in patria nel 1998 come consigliere del Primo Ministro per la società dell’informazione.
Un altro fattore importante nel caso messicano è la possibilità per i burocrati di usare l’impiego nell’amministrazione come trampolino di lancio per lucrosi impieghi privati. Abbiamo guardato ad un piccolo campione – i 70 amministratori di cinque delle sei principali società greche (3) – trovando che soltanto quattro corrispondono alla definizione di tecnocrate. Per esempio Michalis G. Sallas, Chairman di Piraeus Bank, che ha un PhD ad Heidelberg ed è stato professore di econometria all’Università Panteion, Segretario Generale del Ministero del Commercio e Chairman del primo comitato per la modernizzazione del settore bancario; oppure Panagis Vourloumis, Managing Director di OTE, che ha studiato alla London School of Economics ed ha diretto la divisione Southeast Asia dell’International Finance Corporation. Né possiamo dire che la rapida progressione di carriera sia una sicurezza per un tecnocrate ellenico. Un’altra differenza è che mentre i ministri messicani sono veri e propri tecnocrati, che raramente sono stati eletti e hanno seduto in Parlamento, i loro colleghi greci hanno spesso una considerevole esperienza politica, ad Atene oppure a Strasburgo e Bruxelles.
Per concludere, i motivi che portano i tecnocrati al potere sono molti e diversi. Al di là della criticità dei problemi – ma, del resto, quale paese non ne ha! – non sono moltissimi gli elementi in comune tra Grecia e Messico, eppure ambedue i paesi si contraddistinguono per il rilievo delle posizioni di responsabilità coperte da individui con elevato grado di educazione ricevuta all’estero in materie socio-economiche. C’è cioè in ambedue i paesi la consapevolezza che un certo grado di conoscenza formale è utile per esercitare il potere. Ovviamente la tecnocrazia non è garanzia di risultati brillanti – pochi detentori di obbligazioni argentine si sentirebbero di sottoscrivere l’affermazione che “Domingo Cavallo merits our admiration for his great achievements to date and for his indomitable courage” (4) – ma quello che abbiamo cercato di dimostrare è che essa è compatibile con differenti orientamenti politici e strutture istituzionali. Poi ovviamente rendere conto dell’operato agli elettori rimane la miglior garanzia per il buon funzionamento della democrazia.

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(1) “Là dove tornano i cervelli”, 1 settembre 2009.
(2) Economic growth and declining social welfare (New York: New York University Press, 1981).
(3) cioè National Bank of Greece, Alpha Bank, OTE, Piraeus Bank e Coca-Cola (Hellenic Bottling). I dati prosopografici dei membri del consiglio d’amministrazione di Eurobank EFG non sono disponibili sul sito della società.
(4) Arnold C Harberger, “Secrets of Success: A Handful of Heroes”, American Economic Review, 1993, vol. 83, issue 2, pages 343-50.

* Le posizioni espresse nell’articolo sono attribuibili esclusivamente agli autori e non coinvolgono in nessun modo gli Enti per cui lavorano.

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  1. andrea stroscio

    secondo rawls la miglior garanzia del buon funzionamento democratico della democrazia è l’eguale distribuzione della proprietà dei mezzi di produzione, cioè la democrazia economica, o la loro proprietà pubblica in un regime di socialismo liberale, altrimenti ha ragione marx e la democrazia si riduce ad apparenza ideologica illusoria. in attesa di questo ci saranno sempre solo surrogati entro il quadro della competizione tra élite nella conquista del dominio politico. il che non esime dal valutare differenti sistemi socio-politici in relazione alla qualità e all’orientamento democratico delle élite che giungono al potere. sotto questo profilo e in particolare per ciò che attiene l’oggetto d’indagine si potrebbe fare notare che negli anni ’60-’70 del secolo scorso le università di tutto il mondo hanno sfornato un’élite che ha prima radicalizzato lo scontro di classe e così conquistato il controllo dei partiti politici (tutti, in particolare quelli di sinistra) e poi abbandonato per strada più o meno apertamente coloro tra i subalterni che intendevano rappresentare. poiché più in generale l’appartenenza di classe è il principale fattore di orientamento politico e poiché l’ascesa a ruoli di dirigenza politica nelle istituzioni democratiche, magari attraverso le università, comporta in ogni caso un passaggio di classe di coloro che già provengono da classi subalterne, quanto avvenuto corrobora le tesi elitiste. sul piano normativo queste osservazioni vorrebbero indurre alla responsabilità gli intellettuali che provenendo da classi subalterne o scegliendo di rappresentarle hanno l’occasione di assurgere a ruoli politici dirigenziali. ma per superare il rischio "socialismo della cattedra" o addirittura "tradimento dei chierici" penso che occorrano due elementi: il controllo nella forma dell’egemonia da parte delle élite che intendano in qualche modo rappresentare i subalterni dei luoghi di formazione come le università (e quindi quello che si studia) e condizioni materiali di vita dei dirigenti politici sobri, simili a quelli di coloro che vorrebbero rappresentare. questo ragionamento ovviamente vale solo, tra i due, per il caso greco di un partito socialista riformista, non classista, ma non negatore dell’esistenza di differenze di classe. per il messico parlerei semplicemente di lotta di classe in atto con successo da parte degli oppressori associati a quella che è stata la potenza egemonica del sistema mondo nel tentativo di contrastare il suo declino.

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