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DERBY DEL DEBITO ATENE-ROMA

Oltre alla Grecia, altri paesi europei sono considerati a rischio insolvenza del debito da mercati e agenzie di rating. L’Italia è uno di questi. Ma quali sono differenze e analogie tra la nostra situazione e quella greca? In Grecia lo squilibrio è dato da un disavanzo primario molto elevato. Nel nostro paese, invece, è la fortissima recessione seguita alla crisi a creare problemi. E allora le nostre finanze, a differenza di quelle greche, potrebbero beneficiare molto della ripresa economica e dell’aumento dell’inflazione.

 

Uno spettro si aggira per l’Europa, proveniente da Dubai: l’insolvenza del debito sovrano. Usciti carichi di debiti e con le finanze dissestate dalla recessione internazionale, molti paesi europei, Grecia, Irlanda, Spagna, paesi Baltici, fino ai Balcani, sono oggi considerati a rischio dalle agenzie di rating e dai mercati. I timori si concentrano soprattutto sulla Grecia, mentre l’Italia, per ora, sembra sgamarla. Ma la solvibilità della finanza pubblica nei due paesi cugini è davvero diversa? E di quanto? Semplici calcoli mostrano che vi sono molte analogie e qualche importante differenza.

CONSEGUENZE DEL DECLASSAMENTO

Il 7 dicembre, Standard & Poors ha messo in “negative watch” il debito sovrano greco, attualmente classificato A-, preludendo a un probabile declassamento; il giorno dopo Moody’s lo ha declassato a BBB+, con un “out look” negativo. Nel frattempo, sul mercato sono aumentati vertiginosamente gli spread sui Cds greci (i premi pagati per assicurarsi contro l’insolvenza), cresciuti fino a 211 punti base, i massimi da marzo 2009. In confronto, gli spread dell’Italia sono “solo” 81 punti base. Oggi gli investitori richiedono un premio di 2,31 punti percentuali per investire in titoli greci anziché tedeschi (i Bund a dieci anni), come compenso contro il rischio d’insolvenza. Per l’Italia, il differenziale è “solo” dello 0,86 per cento. (1)
Il declassamento del debito greco ha un’importante conseguenza: a partire dal 2010 la Banca centrale europea, per migliorare il controllo della liquidità bancaria, ha deciso di rafforzare i “requisiti” di rating per i titoli Abs (Asset Backed Securities): per essere accettati come collaterale in cambio dei finanziamenti della Bce, sarà necessario che questi titoli abbiano almeno due rating, di cui il più basso sia “A”. Se, come sembra prevedibile, lo stesso criterio verrà applicato anche ai titoli pubblici, un declassamento generalizzato del debito greco impedirà alle banche di utilizzare queste linee di credito (a buon mercato) per investire in debito sovrano greco (da dare in garanzia alla Bce). Sparirebbe allora un’importante fonte di domanda per i titoli greci (e di profitto per le banche), con conseguenze potenzialmente destabilizzanti.

IL CONFRONTO FRA ITALIA E GRECIA

Per paragonare la sostenibilità del debito pubblico nei due paesi dobbiamo considerare almeno tre fattori: il disavanzo primario (cioè il deficit pubblico al netto delle spese per interessi), che indica quanto nuovo debito lo stato deve emettere per finanziare l’eccesso di spese sulle entrate; la differenza tra il tasso di interesse reale, cioè depurato dall’inflazione, e il tasso di crescita del Pil, che misura la velocità “automatica” a cui deve aumentare il rapporto debito/Pil, solo per pagare gli interessi che maturano sullo stock esistente di debito; e l’ammontare di debito in circolazione, su cui pagare interessi e rimborsare il principale. (1)
I due paesi (vedi tabella 1, scenario “attuale”) presentano dati non troppo dissimili per inflazione, tasso nominale di interesse e rapporto debito pubblico/Pil. La differenza principale sta nel fatto che in Grecia lo squilibrio è dato dall’elevatissimo disavanzo primario, circa il 7,5 per cento del Pil, che invece da noi appare più contenuto (grazie, ministro Tremonti!). Per contro, la dinamica esplosiva del debito italiano trae origine dalla fortissima recessione seguita alla crisi internazionale (grazie, ministro Tremonti!), che invece ha quasi del tutto risparmiato la Grecia. La recessione accresce la velocità “automatica” del rapporto debito/Pil attraverso il differenziale tra tasso d’interesse reale e il tasso di crescita.
Qual è l’entità della manovra necessaria per stabilizzare il rapporto debito/Pil nei due paesi? Semplici calcoli mostrano che, se venissero confermati questi tassi, Grecia e Italia dovrebbero generare un surplus nel bilancio primario rispettivamente di 5,8 e di 10,5 punti di Pil (vedi riga “scenario attuale” della tabella). Dunque, in entrambi i paesi si renderebbe necessaria una correzione di bilancio di circa 13 punti di Pil (vedi ultima colonna).
La diversa origine dello squilibrio fiscale comporta però un importante vantaggio per l’Italia: le nostre finanze, a differenza di quelle greche, potrebbero grandemente beneficiare della ripresa economica e dell’aumento dell’inflazione.
Se, infatti, la crescita economica si stabilizzasse all’1 per cento (scenario 1), la manovra di aggiustamento necessaria alla stabilizzazione del nostro debito si ridurrebbe al 4,6 per cento del Pil, mentre quella greca rimarrebbe molto elevata, all’11,2 per cento.
Infine, un aiuto molto prezioso potrebbe venirci dalla Banca centrale europea: se l’inflazione arrivasse al 3 per cento (scenario 2), in Italia basterebbe realizzare un bilancio primario in pareggio, e l’aggiustamento si ridurrebbe al 2,5 per cento del Pil, una manovra politicamente realizzabile, che non ucciderebbe sul nascere la ripresa.

Tabella 1: Sostenibilità del debito pubblico in Italia e Grecia (apri la figura in PDF)

  Deficit prim/Pil interesse inflazione interessereale crescitaPil differenziale debito/Pil (2)deficit stabilizzante/Pil aggiustamento/Pil
Grecia d i π r =(1+i)/(1+π) -1 n r-n b d*= -((r-n)/(1+n)) b d*-d
scenario attuale(1) 7,50% 5,46% 1,13% 4,28% -0,75% 5,03% 113,40% -5,75% -13,25%
Scenario 1 7,50% 5,46% 1,13% 4,28% 1,00% 3,28% 113,40% -3,68% -11,18%
Scenario 2 7,50% 5,46% 3,00% 2,39% 1,00% 1,39% 113,40% -1,56% -9,06%
Italia                  
scenario attuale 2,51% 4,03% 0,52% 3,49% -5,15% 8,64% 115,50% -10,52% -13,02%
Scenario 1 2,51% 4,03% 1,13% 2,87% 1,00% 1,87% 115,50% -2,14% -4,64%
Scenario 2 2,51% 4,03% 3,00% 1,00% 1,00% 0,00% 115,50% 0,00% -2,51%
(1) I dati dello scenario attuale si riferiscono al 2009. Fonti: Financial Times, Bank of Greece, Banca d’Italia, Imf, Oecd, stime dell’autore. Elaborazioni di Barbara Masi
(2) Il deficit/Pil stabilizzante è definito come il valore del rapporto deficit/Pil necessario a mantenere costante nel tempo il rapporto debito/Pil

(1) Fonte: Financial Times.
(2) Un’analisi più completa richiederebbe una discussione della composizione nei due paesi per scadenza del debito, della composizione tra detentori del debito domestici (famiglie, banche, imprese) ed esteri, della diversa propensione al risparmio nonché, per il debito estero, della bilancia delle partite correnti etc. I calcoli riportati assumono per semplicità che l’intero ammontare di debito pubblico sia nominale e scada dopo un anno.

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  1. riccardo ercoli

    L’analisi svolta è molto interessante e soprattutto utile: sia per quanto concerne le analogie tra Italia e Grecia e soprattutto gli scenari. Tuttavia, occorre chiedersi se le regole di bilancio italiane (non conosco quelle greche) sono compatibili con l’obiettivo di sostenibilità del debito. In un lavoro che ho presentato alla SIEP nell’ultima Riunione annuale del 2009, ho tentato di individuare questo apsetto. Purtroppo si dimostra che le regole fiscali italiane, incentrate su target di deficit, non garantiscono, in assenza di crescita, un vincolo alla sostenibilità del debito. In altre parole, non esistono fiscal rules in Italia (e nemmeno in Europa invero) che vincolino il Governo ad attuare gli aggiustamenti previsti dagli scenari 1 o 2.

  2. Dino Martellato

    Il rapporto debito/PIL non consente di cogliere l’essenza del problema della sostenibilità. In due mesi (settembre-ottobre) il debito italiano è aumentato di più di 30 mld di euro. Fanno cinque scudi (di quelli fiscali). Mettiamo che i 30 mld di nuovo debito si debbano rimborsare: con che cosa li rimborseremo se stiamo pagando gli interessi con nuovo debito (alla Madoff).

  3. Marco

    Forse dobbiamo considerare anche la liquidità in eccesso, fornita dalle banche centrali per arginare i ben noti problemi di liquidità del sistema bancario, che potrebbe creare ulteriore inflazione, un costo del debito più alto, interventi diffusi sulla fiscalità locale per arginare i minori trasferimenti dallo stato centrale agli enti periferici…una ripresa "soffocata" dall’elevato debito pubblico.

  4. Vincenzo Scrutinio

    Un articolo veramente interessante. L’unica cosa che mi lascia perplesso è il possibile effetto dell’inflazione. In che modo potrebbero cambiare i tassi di interesse sui titoli di nuova emissione una volta che le aspettative di inflazione fossero internalizzate dai mercati finanziari? Questo potrebbe in qualche modo portare a rivedere a rialzo lo sforzo necessario per la stabilizzazione del debito pubblico?

  5. augusto

    Non capisco perchè si depura il tasso di interesse dall’inflazione e non lo si fa con il PIL. Per esempio nello scenario 2 per Italia io capisco che ho: tasso interesse al 4,03% meno inflazione al 3% ho interesse reale al 1% il Pil all’1% di aumento è al netto dell’inflazione? Ma allora il nominale sarebbe 4% se invece il Pil all”1% è al lordo dell’inflazione (come il -5,15%)? Significherebbe che al netto sarebbe un -2%. Mi sono perso. Mi può spiegare con facilità? Grazie.

  6. Tommaso

    A parte che la BCE ha in mente un’inflazione del 2% a medio periodo, a parte sperare di nell’1% di crescita; dobbiamo tornare indietro al 1994 per osservare un’inflazione del 3% lungo l’intero arco dell’anno. Dobbiamo quindi aspettarci un inasprimento della pressione fiscale e altri tagli? Comunque che cresca l’inflazione o le tasse ci rimetto sempre.

  7. .bellavita

    …soprattutto se i soldi che rientrano vengono investiti nell’acquisto dei beni del demanio e militare (la norma che isituisce Servizi Difesa s.p.a, inserita tra le righe della finanziaria nel silenzio generale) quindi riducono il deficit, e la conseguente speculazione edilizia provoca una veloce ripresa economica.

  8. Gaicomo Correale Santacroce

    Va bene, noi italiani possiamo essere tranquilli: non siamo sull’orlo della bancarotta, nonostante il nostro debito pubblico viaggi verso il 120%. Ma come mai i creditori sono così tranquilli? Forse perchè gli italiani sono risparmiosi, e se le cose dovessero peggiorare si potrà pescare nei loro risparmi? O perchè lo stato ha tanti beni demaniali o immobiliari, e all’occorrenza potrà svendere i gioielli di famiglia agli avvoltoi privati? E qual è il limite a cui possiamo arrivare facendo restare i creditori tranquilli? 150, 200, 250%? Quanto possiamo continuare con l’eterno keynesismo all’italiana? Sono queste, credo, le domande che dovrebbero interessare gli italiani e a cui si dovrebbe rispondere.

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