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QUANTO COSTA NON RIFORMARE IL MERCATO DEL LAVORO

Le mancate riforme del percorso di ingresso nel mercato del lavoro possono costare ai giovani fino al 30% della loro pensione futura. Secondo il presidente del Consiglio, il 2010 sarà l’anno delle riforme. Bene che cominci subito a varare quella del percorso di ingresso nel mercato del lavoro, il modo migliore per difendere le pensioni dei giovani. E se non ha il coraggio di farlo, almeno li informi su quanto varrà la loro pensione fra 40 anni.

Nel 2009 la spesa pensionistica sul prodotto interno lordo è aumentata di quasi un punto percentuale e nel 2010 sembra destinata a crescere ancora. Avviene ogniqualvolta il prodotto interno lordo cresce meno del 2 per cento all’anno, cioè quasi sempre in Italia.
 
UN CONFLITTO GENERAZIONALE SEMPRE PIÙ ACUTO
 
A fine gennaio potranno andare in pensione i lavoratori la cui finestra per la pensione di anzianità originariamente prevista per il luglio 2009 è stata spostata in avanti dalla mini-riforma avviata sotto il secondo governo Prodi. Mentre da inizio gennaio sono entrati in vigore i nuovi coefficienti di trasformazione per il calcolo delle pensioni ottenute con il sistema contributivo (o per la quota contributiva nell’ambito del cosiddetto sistema “misto”, che combina quote di entrambi i regimi). È un cambiamento che non ha alcun effetto su chi andrà in pensione nel 2010-11 e che ne avrà di modestissimi per tanti anni, dato che il grosso delle pensioni verrà comunque calcolato per queste generazioni con il sistema retributivo. Il vero e forte effetto ci sarà per chi andrà in pensione dal 2032 in poi. Paradossalmente, le pensioni diventano sempre più generose, in rapporto alla capacità del paese di generare reddito, proprio quando se ne annunciano di molto più magre per le generazioni che stanno oggi pagando le quiescenze ai pensionati e che andranno in pensione molto più tardi di chi li ha preceduti.
 
IL COSTO DELLE MANCATE RIFORME DEL MERCATO DEL LAVORO
 
Eppure sarebbe un errore reagire a questo paradosso bloccando la riforma dei coefficienti di trasformazione, come ad esempio proposto recentemente dal segretario della Cgil, Guglielmo Epifani. Bloccare l’aggiustamento dei coefficienti significa rendere anche il sistema contributivo insostenibile e non è certo con promesse da marinaio che oggi si fa il bene dei giovani. Se vogliamo pensare davvero al loro futuro pensionistico, dobbiamo occuparci subito, ora, delle condizioni in cui entrano nel mercato del lavoro. Riducendo il dualismo si possono migliorare di molto le pensioni che percepiranno in futuro senza alcun aggravio per le casse dello Stato. Perché il sistema contributivo assegna grande peso ai primi stipendi nel computo della pensione. Vediamolo con un esempio numerico.
La tabella qui sotto calcola la pensione di due giovani, utilizzando i coefficienti di trasformazione del 2010, quindi sovrastimando la pensione futura, dato che i coefficienti verranno ulteriormente abbassati da qui a quando andranno in pensione. Le simulazioni considerano diverse età di pensionamento (60 anni o 65 anni) e diverse ipotesi quanto al tasso di crescita medio della nostra economia nei prossimi decenni (1 per cento o 1,2 per cento, il tasso di crescita potenziale di cui eravamo accreditati prima della recessione), in base al quale si rivaluta il montante contributivo versato dal lavoratore. Ma soprattutto le due simulazioni prendono in esame due percorsi di entrata nel mercato del lavoro.
Il primo, quello nelle caselle rosse, è tipico di un lavoratore duale che entra a 25 anni nel mercato del lavoro con un contratto a progetto (con versamenti contributivi pari al 24,7 per cento della retribuzione) a 800 euro al mese e subisce il primo periodo di disoccupazione a 28 anni, riprende a lavorare a 29 anni, questa volta con un contratto a tempo determinato di due anni, al termine dei quali vive un nuovo periodo di disoccupazione, dopodiché riprende a lavorare con un contratto a tempo determinato, finalmente convertito, quando ha raggiunto l’età di 35 anni, dieci anni dopo l’ingresso nel mercato del lavoro, in un contratto a tempo indeterminato che resisterà fino al termine della sua carriera. Si tratta di una caratterizzazione del percorso di un lavoratore duale in linea con i passaggi effettivamente riscontrati fra contratti a tempo determinato, disoccupazione e contratti a tempo indeterminato.
La seconda simulazione, quella in azzurro, calcola la pensione di un lavoratore che inizia a lavorare sempre a 25 anni e sempre a 800 euro al mese, ma che accede fin da subito a un contratto a tempo indeterminato, sul quale vengono versati il 32,7 per cento di contributi, e che gli permette di accedere a oneri figurativi (lo Stato paga i suoi contributi e quelli del suo datore di lavoro) nel caso di periodi di disoccupazione. In entrambi i casi si è ipotizzato che la carriera lavorativa dia luogo a incrementi salariali uguali a quelli osservati negli ultimi dieci anni seguendo individui nel corso del tempo e comparando le retribuzioni di lavoratori con diverse anzianità aziendali (chiaramente a parità di altre condizioni, quali livello di istruzione e genere).
Il messaggio che emerge dalla tabella è che il dualismo del mercato del lavoro provoca un perdita di circa il 30 per cento delle pensioni future (si veda l’ultima colonna a destra della tabella che compara le pensioni al termine delle due carriere). Detto in altre parole, il continuo rinvio delle riforme del percorso di ingresso nel mercato del lavoro, ad esempio con l’introduzione di un contratto unico a tutele progressive , sta tagliando in modo consistente le pensioni dei giovani.

Il presidente del Consiglio ha annunciato che il 2010 sarà l’anno delle riforme. Bene che vari subito la riforma del percorso di ingresso nel mercato del lavoro. Non costa nulla alle casse dello Stato e il suo rinvio significa tagliare le pensioni dei giovani.
Se la maggioranza non vuole riformare il percorso di ingresso, ci pensi almeno l’Inps a informare i giovani su cosa li attende. C’è oggi troppa poca informazione al riguardo. Eppure questa informazione è fondamentale per porre eventualmente rimedio, finché si è in tempo, a pensioni che altrimenti rischiano di essere al di sotto del minimo sociale. L’Inpsdovrebbe mandare a tutti i contribuenti proiezionisull’ammontare delle prestazioni che potrebbero ricevere a seconda di quando andranno in pensione e di come andrà l’economia, come quelle nella tabella qui sopra. Servirebbe anche a incoraggiare investimenti in previdenza integrativa e la scelta di lavorare più a lungo. Sono calcoli che l’Inps può fare in modo più accurato, avendo accesso a molte più informazioni di noi.

Come informare i giovani? Ecco la lettera che un qualsiasi contribuente svedese – in questo caso, Johanna, una figlia di due anni — riceve dagli enti previdenziali pubblici.Perché non fare la stessa cosa anche da noi? Potremmo quasi copiarla dato che la Svezia ha attuato una riforma molto simile a quella varata in Italia nel 1995.

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UNA LEVATA DI SCUDO PER LE PICCOLE IMPRESE

15 commenti

  1. Francesco Burco

    Lucido e disarmante come sempre. Una delle poche voci che pone in maniera seria il drammatico problema del conflitto generazionale in questo paese e dell’assoluta mancanza di rappresentatività politica di generazioni destinate ancora a lungo a rimanerne senza. Altre voci si alzano deboli dalle banche centrali. Purtroppo l’Italia è un paese di santi e navigatori a vista. Speriamo sia l’Europa a tutelarci. O forse dovremo imparare dai ragazzi di Rosarno? Temo in ogni caso che (prima o poi) le prossime generazioni che andranno al potere saranno costrette a incidere (fra qualche decennio) sui diritti acquisiti. ps. l’attualità ci propone discussioni infinite sull’eredità di Craxi, anche e soprattutto in campo economico. Chi contesta gli addossa le responsabilità dello sfascio dei conti pubblici. Chi lo loda richiama i successi in tema di crescita del PIL., di lotta all’inflazione e addirittura in tema di stop alla crescita della spesa pubblica. Perché non scrivete una parola di verità sulla storia economica negli anni del democraxismo?

  2. Monica Giambitto

    Io mi affaccio adesso al lavoro. E va bene, è un periodo di crisi, me ne rendo conto. Non ho una laurea in Scienze delle Caramelle, sono capace e mi do da fare… rimane il fatto che il lavoro non si trova e se si trova, come sta capitando a me, non è neanche un contratto a progetto: stage e partita iva/collaborazione occasionale. Mi chiedo: vale la pena di cercarlo, un lavoro? Probabilmente prenderei di più con il sussidio di disoccupazione, o mi sbaglio?

  3. Roberto C.

    Condivido le preoccupazioni per i giovani e i meno giovani che in futuro dovranno fare i conti con il sistema contributivo, ma che è bene comincino già adesso a fare questi conti. Come al solito, però, quando si discute di pensioni, si accetta una approssimazione invece difficilmente accettabile da chi come me ragiona da vecchio sindacalista. Come discutere seriamente di "previdenza" quando si ha a che fare con un Istituto che invece si occupa anche di "assistenza"? Lo so, il mio è un discorso vecchio e logoro ma nessuno mi ha ancora convinto che discutere dei conti dell’INPS senza separare l’assistenza dalla previdenza sia sostanzialmente corretto. Quando si parla di "spesa previdenziale" si tiene conto degli assegni socilai staccati dall’INPS? E se sì, come?

  4. GIUSEPPE MARINI

    E’ dal DLgs 124/93 che si sta perdendo tempo. I giovani con l’avvicendarsi di norme sempre più evolute hanno a disposizione scelte per forme integrative di previdenza che non sono state efficacemente pubblicizzate. Non è stata data enfasi al fatto che con la L.335/95 e l’avvento del sistema contributivo lo scenario previdenziale obbligatorio diventerà per loro veramente risibile, per la scarsa disponibilità finanziaria futura, se non attivano subito una FPC almeno con il trasferimento del solo TFR. Sembrerebbe incoscenza, invece è solo ignoranza. Non si dà la giusta enfasi alle informative, rese obbligatorie dalla L. 296/2006, e innestate nell’attivazione dei rapporti di lavoro per sollecitare scelte proattive a tutela futura. Ho la possibilità di capire che la colpa non è dei giovani. I più non hanno proprio coscienza del problema mentre coloro che hanno un qualche sentore sul sistema ‘integrativo’ pensano solo all’indisponibilità del TFR al momento di necessità disconoscendo invece i vantaggi fiscali che lenendo il sacrificio nell’immediato lo trasla in vantaggi previdenziali nel futuro, quando saranno necessari per una ‘sopravvivenza’ dignitosa. E’ un vero peccato.

  5. Giovanni Volpe

    Le Riforme del mercato del Lavoro, in una rosa ristretta di interventi urgenti, rappresentano le priorità per tanti milioni di cittadini della nostra Italia. La Riforma del Lavoro, con tanti giovani, uomini e donne over40, anche di elevata professionalità ed esperienza, discriminati sena ragioni valide, solo per pregiudizi ed incultura. L’esigenza di una Riforma del Welfare, per garantire ad ogni cittadino-lavoratore il diritto ad una indennità di sostegno, nei periodi di transizione da un lavoro al successivo. Una Riforma delle Pensioni più equa, che non discrimini tra le generazioni, che possa garantire un reddito che non calpesti la dignità umana.

  6. Marino Antonelli

    Come già accennato da uno dei lettori, bisognerebbe separare la previdenza dall’assistenza, in modo da avere la reale incidenza della spesa pensionistica in rapporto al PIL. Per il resto, per agevolare le nuove generazioni, bisognerebbe, come anche da voi proposto, fare una riforma che riprenda lo spirito della "Dini", lasciando più flessibilità in uscita, e proporzionando l’assegno pensionistico in rapporto all’età di abbandono dell’attività lavorativa.

  7. Carmine Meoli

    Il contratto a part time è stata una buona innovazione, tuttavia esso produce anche effetti indisiderati per l’uso che le imprese sono indotte a farne. Un part time a 30 ore settimanali facilità la definizione di organici flessibili in settori con attività caratterizzata da picchi e che operano per 7 giorni la settimana e nelle 24 ore sopratutto. Il risultato indesiderato è quello per cui un disoccupato non residente non potrà trasferirsi in una zona in cui è presente una offerta di lavoro a part time, in quanto il reddito da part time non gli consente di conseguire un minimo vitale (alloggio, vitto etc). Proliferano infatti in dette posizioni lavoratori immigrati che sono in grado di adattarsi in alloggi meno cari. Si sostiene da parte degli addetti alla organizzazione del lavoro che l’utilizzo di lavoratori a tempo pieno, ma con orario discontinuo, ovvero con orario distribuito su più fasce giornaliere, non garantisca le stesse funzionalità del ricorso a lavoratori a part time. Non ho potuto svolgere una analisi su detta posizione, ma trovo importante porre la questione e sperare che ai tavoli degli esperti e poi della contrattazione venga affrontata.

  8. pb

    Analisi lucida ed impietosa, incontestabile. Anche nel richiamo alla necessità di maggiore (e migliore) informazione. Osservo, a margine, che non si è accennato alle varie forme di pensioni volontarie/integrative di mercato: eppure anche lavoce a suo tempo si era spesa non poco a favore del trasferimento dei TFR nei fondi… Se avete cambiato idea sul "terzo pilastro" – che ormai si è dimostrato inferiore al TFR in quanto a rendimenti – forse si potrebbe fare un po’ piu’ di chiarezza. Riguarda pur sempre il futuro delle giovani generazioni.

  9. Vincenzo.ge

    Come al solito la sua lucida analisi, è spietata ma assolutamente corretta; onestà mentale sconosciuta ai politicanti nostrani, circondati da ruffiani la cui principale preoccupazione è dimostrarsi compiaciuti al pensiero del capo. La Sua aspettativa di un 2010 di riforme, secondo quanto dichiarato dallo stesso Presidente del Consiglio, andrà purtroppo delusa; Lei sa meglio di me, quanto sia poco affidabile, in materia di riforme riguardanti il mondo del lavoro, il nostro Primo Ministro. Mi auguro di sbagliare; purtroppo, il nostro Premier, in materia di “bufale” è assolutamente ineguagliabile.

  10. marcobonfico

    Il mercato del lavoro deve essere riordinato ma per quanto riguarda le pensioni i dati mostrati non sono corretti in quanto la spesa pensionistica è completamente sotto controllo, il problema è che i giovani andranno in pensione con il 30% della pensione attuale applicando il contributivo. E’ la spesa sostenuta dal fondo pensioni in merito a problemi statali che non è coperta adeguatamente.

  11. paolo pepe

    I giovani sono stati messi in un angolo da cui non sanno come uscire. Chi riesce a trovare lavoro a tempo determinato con la miriade di contratti atipici che sono stati inventati in questi anni non ha la possibilità di integrare la propria pensione, perché l’importo dello stipendio o del salario percepito è appena sufficiente per sopravvivere, e preciso sopravvivere a casa dei genitori perché una casa dove andare a vivere da soli non se la possono nemmeno sognare e se Brunetta dovesse arrivare a far approvare la legge che prevede che a diciotto anni si debba lasciare la casa dei genitori avremmo una generazione di senza tetto, di clochard che andrebbe a vivere sotto i ponti.

  12. Tommaso

    Ecco un buon motivo per il quale ho intenzione di emigrare in un paese dove posso decidere se e a chi pagare i miei contributi previdenziali. Non mi va di essere lo sprovveduto che rimane col cerino in mano e si scotta… In Italia mi aspetta un futuro di lavoro stentato, con una pressione fiscale elevata (destinata a crescere) e senza adeguati servizi corrisposti. Di certo vi aspettate che sia la mia generazione a pagare i debiti della vecchia, io di certo non ci penso assolutamente. Riguardo poi la pensione integrativa privata…beh, se avete provato a farvi due calcoli, ci avrete sicuramente riso sopra anche voi.

  13. Antonio Agostini

    La flessibilita’ e’ un valore. La confusione no. Domandiamoci perche’ sono nati inizialmente i contratti atipici nel nostro Paese: per ovviare ad un’assurda rigidita’ nelle assunzioni e nei licenziamenti. Poi ci sono anche altre ragioni, ma la motivazione essenziale a mio avviso e’ questa. Siamo l’unico paese del mondo da me conosciuto nel quale l’assunzione di un lavoratore viene considerata una sorta di "concessione" da parte dello stato: ricordiamo il famoso "nulla osta" degli uffici di collocamento? Siamo l’unico paese del mondo da me conosciuto nel quale una risoluzione del rapporto di lavoro sia ufficialmente impossibile, ma praticamente di fatto regolarmente ottenuta con espedienti vari. A nessuno sembra paradossale che l’indennita’ solitamente riconosciuta dal magistrato ad un dipendente ingiustamente licenziato sia percentualmente piu’ bassa di quella stabilita dal CCNL dirigenti? Ho paura che se non ci si decide a riformare in maniera seria e moderna questi due aspetti, soprattutto il secondo, la jungla contrattuale continuera’ ancora per molto. Ma questo semplice allineamento alla realta’ chi lo vorrebbe davvero?

  14. Alessio Calcagno

    Vorrei chiedere se e’ possibile scrivere un articolo dove il tasso di disoccupazione venisse calcolato includendo oltre ai disoccupati, anche quelli in cassa integrazione e mobilita’. O se e’ gia’ stato fatto mi sapreste indicare dove posso reperire l’articolo? Grazie della disponibilita’.

  15. francesvo zaffuto

    Dopo i periodi previsti di cassa integrazione i lavoratori debbono poter accedere ad un istituto normativo di disponibilità al lavoro dipendente che non può avere una scadenza. All’istituto normativo di disponibilità al lavoro dipendente debbono poter accedere anche lavoratori in cerca di prima occupazione. L’istituto di disponibilità al lavoro va costruito tramite l’iscrizione a liste di pubblico collocamento. Ai lavoratori in attesa di disponibilità al lavoro e iscritti alle liste va riconosciuta una retribuzione pari almeno al 70% della paga base di un operaio in attività. La retribuzione dei lavoratori in disponibilità al lavoro verrebbe a cessare con la presa di servizio e in caso di rinuncia alla presa di servizio. Le ditte datrici di lavoro, potranno se vogliono continuare ad assumere con chiamata diretta, solo se ricorreranno per le chiamate di assunzione alle liste pubbliche di collocamento potranno godere di benefici contributivi e fiscali.

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