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UNA LEVATA DI SCUDO PER LE PICCOLE IMPRESE

Se i dati sui capitali rientrati in Italia grazie allo scudo fiscale saranno confermati, le ingenti risorse supplementari potrebbero servire a incrementare i benefici per le Pmi che aumentano la loro capitalizzazione. L’entità media delle ricchezze scudate è però bassa. Si tratta dunque di patrimoni statici, accumulati con evasione fiscale passata. Per colpire quelli che restano ancora nascosti è necessario rafforzare la capacità investigativa dell’amministrazione finanziaria, anche in coordinamento con altri paesi, a cominciare dalla Svizzera.

I dati annunciati sull’esito dello “scudo ter” parlano chiaro: il suo proponente – uno sconosciuto parlamentare della maggioranza – ha avuto ragione. Sono stati sanati 95 miliardi di euro e l’erario ha conseguito un gettito supplementare di 4,75 miliardi senza aumentare le tasse. Se ci si fermasse qui, si potrebbe concludere che la manovra, pur disdicevole nei suoi contenuti, è stata un grande successo.

NUMERI IN CERCA DI CONFERME

Sennonché il ministro dell’Economia, che non ha proposto la misura e che anzi diede all’epoca a intendere di averla incolpevolmente subita, dichiara di intravedere, oggi, in questi eventi la più grande manovra economica degli ultimi tempi (non si capisce se intenda degli ultimi 150 anni o gli bastano quelli del dopoguerra). E fa questa affermazione riferendo un dato assai significativo: sono rientrati in Italia ben 93,1 miliardi di euro, visto che i “rimpatri effettivi” avrebbero costituito il 98 per cento delle attività complessivamente sanate.
L’enfasi è un po’ vanagloriosa, ma i numeri – ha ragione il ministro – sono davvero significativi. Pur mantenendo un giudizio negativo per il messaggio che operazioni come lo “scudo” contengono, non può negarsi che, se confermato, il dato degli oltre 93 miliardi incide in misura rilevante sullo stato dell’economia italiana. Occorre, allora, innanzitutto, che i valori in questione vengano confermati, smentendo le perplessità avanzate al riguardo. Lo scetticismo sulle cifre nasce da un possibile equivoco sull’uso del termine “rimpatrio effettivo”, espressione del tutto atecnica. I rimpatri infatti potevano essere di due tipologie: rimpatrio “fisico” (spostamento fisico dall’estero verso l’Italia) che poteva riguardare tutto ciò che è amovibile: titoli, partecipazioni, gioielli, quadri, auto, yacht, eccetera. E rimpatrio “giuridico” (i beni restano dove sono) che poteva riguardare – oltre a ciò che è amovibile – anche ciò che non può essere fisicamente spostato, come gli immobili. Mentre, dunque, per gli immobili non può aversi altro che rimpatrio “giuridico”, per i beni amovibili erano consentite, nei fatti, entrambe le soluzioni, sia il rimpatrio “fisico” che quello “giuridico”. Se, dunque, dei 95 miliardi sanati ne sono stati davvero fisicamente rimpatriati ben 93,1, consegue che le “regolarizzazioni”, che è la terza modalità di sanatoria, con le attività finanziarie possedute in qualsiasi paese diverso dai paradisi fiscali e scudate che restano dove sono, e i “rimpatri giuridici” hanno fruttato solo 1,9 miliardi. Possibile?

PMI E CAPITALIZZAZIONE

La ricerca di conferme di questi dati, peraltro, non deriva solo da un maniacale gusto del dettaglio. Se verranno confermati bisognerà, infatti, interrogarsi su quali destinazioni avrà questa davvero ingente ricchezza aggiuntiva. E anche se essa non sia tale da produrre significative alterazioni alle proiezioni dell’economia italiana. Insomma: se la ricchezza circolante in Italia aumenta di 93 miliardi di euro, cioè il 6 per cento del Pil, possibile che non ci sia nessun effetto sui dati di bilancio pubblico? Ministro e vari esponenti della maggioranza hanno lasciato spesso intendere che tali risorse sarebbero state disponibili per sostenere l’economia italiana, specie quella delle Pmi. L’Agenzia delle Entrate ha messo nero su bianco che le eventuali nuove capitalizzazioni delle Pmi non sarebbero state guardate con occhio speciale (cioè sospetto) da parte del Fisco, per tranquillizzare quei possibili utenti dello scudo che, poi, avessero inteso utilizzare le risorse scudate proprio per sostenere le imprese in questione.
I primi testi di legge sullo scudo ipotizzavano una doppia aliquota: una, più elevata, per patrimoni scudati e senza alcun vincolo di destinazione. Una seconda, più contenuta, con impegno a destinare tutto o parte del relativo ammontare alla sottoscrizione di titoli pro-Abruzzo. Poi si ipotizzò un collegamento fra i capitali scudati e la capitalizzazione agevolata delle Pmi. Entrambe le ipotesi, tuttavia, caddero per presunti impedimenti di ordine comunitario, certo esistenti, ma negoziabili. Ma allora perché non rendere, oggi, più incisivo almeno l’articolo 5, comma 3-ter, del decreto legge 78/2009 che garantisce un davvero troppo modesto beneficio a coloro che capitalizzano la propria impresa e che scade il 5 febbraio prossimo? Il miserabile beneficio attuale – 3mila euro l’anno per cinque anni per un aumento di capitale di 500mila euro – potrebbe essere allargato quantomeno di un importo corrispondente all’incremento di gettito che si consegue con l’utilizzo dei famosi 93 miliardi di nuova base imponibile in ordinarie attività finanziarie. Per dire: ipotizzando un rendimento medio lordo del 3 per cento, il gettito aggiuntivo è dell’ordine di 350 milioni. Insomma: se i 93 miliardi sono veri, da essi dovrebbe derivare uno stabile incremento della base imponibile sia per la formazione di redditi di capitale, sia di redditi di natura fondiaria, per la ricchezza scudata e destinata all’acquisto di immobili.

RICCHEZZE ANCORA NASCOSTE

Che dire, infine, della ricchezza occulta ancora esistente all’estero visto che lo scudo è stato utilizzato, perlopiù, per sanare situazioni di piccolo cabotaggio ? Le dichiarazioni degli intermediari finanziari sono univoche nell’attribuire valori medi molto contenuti agli attuali “scudanti”, dell’ordine di 600mila euro ciascuno. Il che vuol dire che si trattava di patrimoni tendenzialmente statici, cioè accumulati con evasioni fiscali del passato ma, probabilmente, non più utili per perpetrare ulteriori situazioni di vantaggio. I patrimoni di maggiori dimensioni non hanno ritenuto, invece, evidentemente, di essere davvero in pericolo essendo nascosti sotto strutture più sofisticate. Tuttavia, potrebbe significare anche che esse non sono affatto statiche, ma attive e servono a perpetrare le situazioni di vantaggio – leggi abbattimento illecito dell’imponibile in Italia – per le quali sono state costituite. Per affrontare questo fenomeno non è lo scudo lo strumento giusto: occorre solo potenziare le funzioni di intelligence e la capacità operativa dell’amministrazione finanziaria, anche in coordinamento con strutture di altri paesi che si dicono vogliose di collaborare, a cominciare dalla Svizzera.

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LA RISPOSTA AI COMMENTI

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ALUNNI STRANIERI IN QUOTA

  1. dvd

    Signori mettevi d’accordo, o lo scudo è servito per i malavitosi ecc.., o è servito per i piccoli "brambilla". Se ne sente dire di ogni e tutti a concludere che servono maggiori controlli! (Follia). Ma che controlli volete mai aggiungere rispetto a quanti già ce ne sono!? Forse dalla storia si potrebbe imparare qualcosina, del tipo che nell’est la polizia segreta controllava tutto e tutti ma le idee liberali e liberiste non le hanno scalfite ed anzi hanno vinto. Nel caso del fisco italiano il problema è "simile" e di tipo culturale. Chi produce in proprio a torto o a ragione si sente defraudato di qualcosa, per cui fin che così sarà si cercherà la scappatoia più o meno legale, anche vergognandosi. Non volerlo capire è come dire non volere risolvere il problema "evasione". Il piccolo imprenditore (ossia il sistema Italia) non ci stà nel sentire dire che oltre a dare da lavorare il suo reddito deve essere come quello ed es. degli statali che non rischiano nè il posto nè l’avanzamenteo della carriera nè la pensione nè le tutele per le malattie. Per un vero democratico dove lo si mette il "rischio impresa"!? La soluzione potrebbe essere diventare tutti statali, come in Grecia!!??

  2. giuseppe faricella

    Mi piacerebbe che il prof DiTanno (o, in alternativa, qualcuno dl la redazione de lavoce) mi chiarisse come vengono contabilizzati nella bilancia dei pagamenti i rientri del condono. Saluti e grazie.

  3. vito

    Ho letto con attenzione il commento di dvd. Il vero problema secondo me risiede nel fatto che in Italia non solo nessuno si vergogna di evadere le tasse, ma trova anche consenso sociale attorno a sè. Il vero passo avanti sarebbe avere un sistema fiscale condiviso, sulla base che le entrate servono a fornire una serie di servizi per tutti, in proporzione alle proprie possibilità. Ma si riuscirà a cambiare la mentalità dei tanti che ritengono di essere in diritto di non pagare il proprio contributo, salvo poi gridare e invocare gli aiuti dello stato nei periodi di vacche magre?

  4. Maurizio

    In Italia ci sono troppi parassiti. Li si riconosce subito anche nei commenti loro parlano di fedeltà fiscale, di vergogna e di altre cose godendosi il posto pubblico dove sono entrati per vie traverse e dove sono mediamente assenti, dove basta un colpo di tosse per stare a casa, dove è normale andare al bar o fare la spesa durante l’ora di pseudolavoro, dove i diritti non sono mai abbastanza mentre i doveri sono di altri; Non capisco perché lavorando 14 ore al giorno (non alla settimana come fa il più superproduttivo tra gli statali) uno dovrebbe vergognarsi se evade mentre lo statale parassita che va al bar durante l’ora di lavoro (truffa allo stato) se ne vanta pure. In Italia basterebbe abbassare le tasse di molto e alzare le pene di chi evade di molto, Semplice. Ovviamente tutti i truffatori (sono pressoché la maggioranza degli impiegati pubblici che vanno al bar) dovrebbero essere licenziati e far risparmiare i soldi necessari a tagliare le tasse. IO penso che un 25% di statali potrebbe restare a casa senza che il livello basso o talvolta nullo dei servizi prestati ai cittadini ne risenta. Prego vedere Report trasmissione del TG3 di qualche anno fa.

  5. borghe85

    Ottima e condivisibile l’idea del Prof. Di Tanno però, credo che ogniqualvolta uno studioso di diritto tributario affronta argomenti delicatissimi come condoni e "scudi" debba in primo luogo erigersi a paladino della legittimità dei principi fondanti la materia. L’art.53 della costituzione recita "1.Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. 2. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività". La progressività di cui al 2°comma oramai è norma desueta se non pensiamo all’Irpef che, di fatto è lunica imposta progressiva dell’ordinamento. La violazione del comma 1 è ben più importante. Senza pensare a tutte le violazioni formali che ha compiuto un soggetto che usufruisce dello scudo (nessuna indicazione delle ricchezze/possedimenti all’estero in dichiarazione, provenienza spesso discutibile di tali ricchezze/possedimenti) la violazione del principio di capacità contributiva è gravissimo perchè può (anzi, dovrebbe in un paese di formato da persone che leggono i giornali) indurre le persone oneste a ribellarsi alla continua presa in giro. Tralasciando i lavoratori dipendenti che non possono materialmente evadere.

  6. Riccardo Ferrari

    Gentile dott Di Tanno, mi piacerebbe conoscere il suo parere sul fatto che alcune banche in evidente stato di dissesto finanziario, si barrichino dietro futili scuse per evitare di erogare i finanziamenti di cui si sono fatte carico, mettendo cosi seriamente in difficoltà le imprese italiane.

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