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2010: PERCHE’ L’AMERICA FARÀ MEGLIO DI EUROPA E ITALIA

Il 2010 ci porta un’economia mondiale trainata dall’Asia emergente, un’America che riparte più velocemente dell’Europa e un’Italia che cresce poco, in linea con i paesi dell’area euro. La crescita tra Europa e Usa diverge anche perché la produttività europea e italiana è diminuita durante la crisi mentre negli Stati Uniti l’aumento della disoccupazione, con i suoi alti costi sociali, è stato almeno usato per aumentare l’efficienza aziendale nelle imprese sopravvissute.

Gradualmente, le previsioni ufficiali per la crescita 2010 e 2011 cominciano a indicare un netto miglioramento degli scenari economici. Dopo vari ritocchi verso l’alto dei diversi uffici statistici nazionali, ecco in arrivo l’aggiornamento delle stime del World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale e anche le Global Prospects della Banca mondiale. Per l’Italia, l’Istat aggiunge buone notizie congiunturali sull’andamento di fatturato e ordini industriali del novembre 2009. Tutti gli indicatori confermano un consolidamento dell’economia mondiale verso una ritrovata crescita economica.

RITORNO ALLA CRESCITA, MERITO DELL’ASIA EMERGENTE

Il Fondo dice che la crescita economica mondiale appare più sostenuta del previsto, con un +3,9 per cento per il Pil mondiale. Per il 2010, dunque, non solo si prevede un ritorno a una crescita positiva del Pil mondiale, diminuito del 2 per cento nel disastroso 2009, ma anche un ritorno a tassi non dissimili da quelli degli anni pre-crisi, quando la crescita era “drogata dalla finanza”. Sarebbe strano il contrario, del resto: con i tassi di sconto a zero o uno per cento, deficit pubblici oscillanti tra il 5 e il 10 per cento del Pil e debiti pubblici in rapida ascesa verso o molto oltre il 100 per cento del Pil, il dopo-crisi è a tutti gli effetti ancora un mondo drogato, dalla politica dei governi che hanno salvato quasi tutto il salvabile (tranne Lehman, un centinaio di piccole banche americane e la Japan Airlines) più che dalla finanza. Ecco perché dalle istituzioni di Washington escono numeri del tutto simili ai mesi pre-crisi e più grandi di qualche mese fa, quando la crescita attesa era di quasi un punto percentuale in meno.
Dalla tabella 1 si conferma ancora più nettamente un dato già emerso in precedenza: se il 2010 ci porterà una crescita mondiale vicina al 4 per cento il merito sarà dei paesi in via di sviluppo e soprattutto degli asiatici emergenti (Cina, India, Indonesia, Corea del Sud) che cresceranno rispettivamente del 6 e dell’8,3 per cento, contro un più modesto 2 per cento dei paesi ricchi.

Tabella 1 – Le previsioni ufficiali di crescita per il 2010

Crescita Pil 2010 Fondo monetario internazionale Banca mondiale
  previsioni del 26 gennaio 2010 previsioni dell’ottobre 2009 previsioni del 20 gennaio 2010 previsioni del 5 giugno 2009
Mondo +3.9 +3.1 +2.7 +2.0
Paesi ad alto reddito +2.0 +1.3 +1.8 +1.3
Paesi in via di sviluppo +6.1 +5.1 +5.2 +4.4
Paesi asiatici emergenti +8.3 +7.3 +7.4 +6.5

 

DIFFERENZE TRA EUROPA E USA E ALL’INTERNO DELL’EUROPA

Dominique Strauss Kahn. direttore generale del Fondo, è prudente e avverte che “la situazione resta fragile e la ripresa procede a diverse velocità nelle varie regioni”. Cina e India, con i loro +10 e + 8 per cento, sia per il 2010 che per il 2011 fanno storia a sé. Il 2009, con il suo “modesto” +8,7 per cento di crescita, è stato archiviato come “l’anno più difficile del nuovo secolo per lo sviluppo economico cinese” dall’Ufficio nazionale di statistica cinese.
Ma anche tra i paesi ricchi non tutti “macineranno” nuovo Pil con la stessa intensità. Gli Stati Uniti vedranno il loro prodotto interno lordo crescere del 2,5 per cento circa, con una riduzione della  crescita nel 2011 per l’atteso venir meno dei super-stimoli fiscali e monetari che hanno tenuto su l’economia americana durante la crisi. Nell’area euro dovrebbe invece avvenire il contrario: il Fondo monetario si aspetta un +1,5 per cento nel 2011 contro il +0,9 per cento del 2010. In Europa, i governi e la Bce hanno spinto meno l’acceleratore e quindi la futura exit strategy fiscale e monetaria avrà un effetto meno marcato.

Tabella 2 – Le previsioni 2010-11 in dettaglio

  2010 2011
     
Mondo +3.9 +4.2
Usa +2.7 +2.3
Cina +10.0 +9.7
India +7.7 +7.8
Area euro +0.9 +1.5
Italia +1.0 +1.3
Germania +1.4 +1.8
Francia +1.2 +1.6
Spagna -0.7 +0.8

Anche in Europa il Fondo monetario si aspetta grandi differenze tra i paesi dell’area euro. Pur senza considerare i casi negativi estremi di Irlanda e Grecia, nel 2010-11 Germania e Francia, con la loro crescita media dell’1,5 per cento, potrebbero crescere rispettivamente di circa un punto e mezzo più della Spagna, il cui Pil dovrebbe rimanere più o meno costante e pari al livello del 2009. Il +2,3 complessivo dell’Italia nel biennio riporterebbe il Pil italiano a un livello di poco superiore a quello del 2005.
Per qualche osservatore ce n’è abbastanza per titolare: “Italia paese forte del G-20” e “I numeri sono buoni”. (1).Io direi piuttosto che l’Italia cammina a passo lento con l’Europa, mentre gli altri ricominciano a camminare a passo più spedito (Usa) o a correre (Cina). Una questione di punti di vista.

LA CRESCITA POST-CRISI È ANCHE UNA QUESTIONE DI PRODUTTIVITÀ

La crescita 2010, se sarà, sarà trainata dai paesi asiatici emergenti. L’America ripartirà più velocemente dell’Europa e l’Italia sarà grosso modo in linea con gli altri paesi della zona euro. Ma attribuire i diversi tassi di crescita post-crisi di Usa ed Europa solo alla diversità nelle risposte anti-crisi sui due lati dell’Oceano sarebbe un errore. Il più rapido ritorno alla crescita dell’economia americana è anche dovuto al fatto che le aziende americane – quelle sopravvissute alla crisi – hanno sì licenziato tante persone con gli enormi costi sociali che questo comporta, ma nel licenziare hanno anche cominciato ad attuare i rilevanti piani di riconversione produttiva imposti dalla crisi (e dal mondo globale pre-crisi). Questo ha fatto salire l’indicatore trimestrale di efficienza dell’economia costruito da John Fernald della Fed di San Francisco (la produttività totale dei fattori corretta per il numero medio di ore lavorate) in misura rilevante già durante il 2009, cioè nel bel mezzo della crisi. Ed è con l’aumento dell’efficienza aziendale e operativa che l’economia mondiale è cresciuta mediamente del 3,5 per cento l’anno dal 1978 al 2008. Non solo con la finanza creativa e i mutui sub-prime. La produttività europea (e italiana) sono invece in caduta libera mentre la protezione dei posti di lavoro esistenti – se ha evitato la distruzione di occupazione durante la crisi – ora contribuisce a scoraggiare la creazione di nuovi. Èda qui che si dovrà ripartire per provare a rilanciare davvero e in modo duraturo le economie negli anni a venire.

(1) Sono titoli di prima pagina del Sole 24Ore, 21 gennaio 2010.

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COME RIFORMARE IL SISTEMA FINANZIARIO

  1. Sara Guerra

    A leggere il vostro articolo per la prima volta mi ritrovo veramente a pensare che il PIL non e’ un indicatore adeguato a valutare il benessere di un paese. Vivo negli Stati Uniti e la crisi ha un impatto che tutti –anche i ricchi- hanno percepito: negozi chiusi non sostituiti da nuove attività, persone che chiedono la carita’ per strada nelle citta’ di provincia, taxisti laureati che fanno i macchinisti a chiamata, network di professionisti licenziati che si offrono in gruppo per lavori a giornata, disoccupazione al 20% (cittadina in Illinois dove vivo io). Scusate il commento “sentimentale” e soggettivo ma preferirei un po’ meno efficienza nelle aziende e qualche ammortizzatore sociale in più. E vediamo se le previsioni si avverano almeno!

    • La redazione

      Sara, nel rispondere a Giuseppe ho già dato qualche risposta alle tue osservazioni. Malgrado tutto non sembra che gli americani abbiano tanta fretta nel seppellire il modello anglosassone (vedi difficoltà a far passare la riforma sanitaria di Obama e le elezioni in Massachusetts). Ci sarà una ragione.

  2. Giuseppe

    L’articolo è molto interessante e ben strutturato. In merito alle conclusioni alle quali perviene il Professor Daveri, sarebbe utile una quantificazione più esplicita. Si afferma che la produttività sta crescendo e crescerà negli Usa più che nei paesi europei; bene, ma dati al riguardo nell’articolo non vengono forniti; detta così sembra più una supposizione. Per adesso ciò che è certo è che Spagna a parte, l’occupazione europea tiene meglio di quella americana. La crescita economica senza occupazione fa felici solo agli accademici; son tra coloro che pensa sia meglio guardare al breve periodo in questi casi, perchè il pane lo si compra tutti i giorni. Teniamoci il modello europeo!

    • La redazione

      Negli anni di crisi ci piace il modello europeo perché evita quella che Tremonti chiama la macelleria sociale. Ma quando finiscono le crisi (e sono state poche, brevi e di lieve entità tranne quest’ultima negli ultimi decenni) il modello anglosassone riguadagna un po’ di competitività perchè ci fa vedere la sua parte migliore: la capacità di sfruttare le nuove tecnologie e di introdurre le innovazioni, anche di farci sognare come consumatori con l’introduzione di prodotti sempre nuovi, oltre alla capacità di creare nuovi posti di lavoro al posto di quelli distrutti. Una possbile differenza rispetto al passato è questa volta il ruolo della Cina e dell’Asia emergente in generale. Questa volta potrebbe infatti accadere che le multinazionali Usa non trovino conveniente crearli all’interno del paese. Se sarà così, ciò indebolirà in modo permanente il consenso per il modello anglosassone. ma ho paura che non sarebbe il modello europeo ad avere vinto, bensì quello cinese.
      Per quanto riguarda la produttività, in europa non abbiamo un indicatore come quello di Fernald (vedi risposta al commento di Diva Caramelli). possiamo solo calcolare cosa è successo alla produttività per ora lavorata, tenendo conto che non è un indicatore di produttività complessivo. Fatto 100 il livello della produttività nel secondo trimestre 2008, nel terzo trimestre 2009 la produttività per ora lavorata era 105, 90.5 e 92.5 in Usa, area euro e Italia. Vuol dire + cinque per cento in America e quasi meno 10 e meno 8 in europa e italia. Il dato americano proviene dal Bureau of Labor Statistics, quello per Italia e area euro dall’ultimo Bollettino Economico della Banca d’Italia.

  3. Diva Caramelli

    L’articolo, sempre a firma Francesco Daveri, del 18 dicembre 2009, riponeva la speranza della crescita del Pil italiano per il 2010 nella ripresa dell’economia tedesca trainata dalle esportazioni e dalle politiche fiscali espansive messe in atto dalla Germania. A un solo mese di distanza, l’ottimismo per la ripresa mondiale, di cui più che l’Europa, le previsioni dicono che ne beneficeranno gli USA, è invece mosso dalla previsione della crescita sostenuta del Pil dei paesi asiatici con Cina in testa. Il confronto tra i due articoli mi lascia molto perplessa, anche se i dati previsionali e il contenuto sono tra loro in linea, il punto di osservazione e l’enfasi sono cambiati e forniscono una chiave di lettura dei due articoli che può portare a valutazioni diverse, forse è meglio lasciare che i numeri parlino da soli?

    • La redazione

      Non capisco dove stia la differenza radicale tra i due articoli.
      l’articolo del 18 dicembre diceva che (a) dato che l’italia esporta soprattutto in germania (b) se la germania va bene (e quindi importa tanti beni e servizi) è più probabile che vada bene anche l’italia. l’articolo era intitolato le ragioni dell’ottimismo proprio perchè esponeva da dove a mio avviso possono venire le buone notizie per il pil dell’italia, cioè dall’estero, non dall’interno dato il recente peggioramento del mercato del lavoro da ottobre 2009 in poi che sta probabilmente frenando i consumi delle famiglie. l’articolo non faceva previsioni sulla crescita europea nè su quella americana.
      in questo articolo di gennaio parlo invece di usa ed europa, per lo più, commentando le più recenti previsioni sul 2010 del fondo monetario. e queste stime dicono che gli stati uniti faranno meglio dell’europa. siccome non conosco i ettagli dei modelli usati da WB e IMF faccio una congettura e ipotizzo che i modelli statistici delle due organizzazioni incorporino un alto tasso di crescita della produttività in america che in europa, il che è coerente con quello che john fernald ha mostrato nel suo articolo scaricabile all’indirizzo.

  4. BOLLI PASQUALE

    Obama non è Berlusconi,per questo motivo la crescita italiana non potrà essere come quella americana. Obama è un vero uomo di stato perché pensa per gli altri; Berlusconi, al contrario, pensa per sé. La politica economomica americana è volta a tutelare gli interessi della collettività e dei più deboli. Sanità, finanza,credito occupazione ed equilibri sociali ne sono la testimonianza.La ripresa economica americana,anche se lentamente, riporterà l’America alla stima che ha sempre meritato nel consesso delle nazioni.In Italia che facciamo? Discutiamo vergognosamente di lodi, processo breve,legittimo impedimento,lottizzazioni delle regioni, vallette,scandali sessuali, processi ad personam e forse ad familiam. Ma dove pensiamo di potere andare? La tolleranza degli italiani per questo dilagante ed inarrestabile malcostume ha generato falsi diritti,concetti e comportamenti di soggetti politici che ritengono di essere legittimati ad operare in nome di tutto il popolo italiano.L’Italia non potrà ritrovare la giusta strada se non porrà termine, per via democratica, a questo oscuro e lungo periodo di abdicazione. Meglio tardi che mai? No! Meglio prima che dopo.Il dopo potrebbe essere drammatico.

  5. Pietro Della Casa

    Mi permetto di osservare che anche i talebani non intendono cambiare il proprio modello di società… ci sarà una ragione. In breve, è normale che una cultura, per quanto possa rivelarsi disfunzionale se valutata in modo oggettivo, tenda tenacemente ad autoperpetuarsi. Gli anglosassoni hanno molte “vittorie storiche” (culturali, economiche, militari) con cui consolidare l’idea di rappresentare il miglior modello culturale esistente. trovo questo atteggiamento piuttosto puerile.

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