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QUEI PRINCIPI CADUTI SULLO SCUDO

Lo scudo fiscale solleva dubbi di costituzionalità perché viola il criterio del giusto riparto dei carichi pubblici espresso dall’eguale contribuzione di tutti i soggetti. E la sanzione prevista è molto inferiore rispetto alle aliquote ordinarie, senza collegamento con queste. Ma la misura contrasta anche con un principio cardine della Comunità europea: introducendo un trattamento di favore per chi ha evaso l’imposta, altera le condizioni di concorrenza.

Lo scudo fiscale solleva molti dubbi di costituzionalità perché viola il criterio del giusto riparto dei carichi pubblici espresso dall’eguale contribuzione di tutti i soggetti. Anche sul fronte europeo è piuttosto discutibile perché altera la normale concorrenza introducendo un trattamento di favore per chi ha evaso l’imposta.
Lo scudo fiscale coinvolge molteplici profili d’interesse, di natura etica, economica, giuridica. Ci limitiamo qui a riflettere su alcune questioni problematiche di ordine tributario, sia costituzionali sia comunitarie.

IL PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA TRIBUTARIA

Nelle ipotesi in cui lo scudo fiscale si applica ai casi di evasione fiscale, l’imposizione straordinaria presenta profili di contrasto sia con il requisito della generalità dell’imposizione sia con quello di eguaglianza. L’imposta straordinaria rappresenta una deroga rispetto al regime impositivo ordinario ma, soprattutto, il suo campo di applicazione è limitato alle sole attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero. Il profilo di maggiore rilevanza, tuttavia, riguarda il differente trattamento di situazione contributive eguali. Lo scudo fiscale discrimina fra situazioni interne ed estere. In particolare, l’evasione attuata attraverso il trasferimento di capitali all’estero è assoggettata a un regime fiscale diverso e decisamente più favorevole rispetto alle medesime situazioni interne. Più semplicemente: il contribuente che abbia evaso le imposte trasferendo all’estero il proprio patrimonio è tenuto al pagamento di una imposta straordinaria pari al 5 per cento del capitale investito, senza l’applicazione delle sanzioni, degli interessi, con garanzia dell’anonimato e di estinzione di una serie di reati penali. All’opposto, il contribuente che abbia investito i propri capitali in Italia è tenuto al pagamento delle imposte in misura ordinaria, generalmente secondo aliquote progressive, con l’aggiunta, in caso di evasione, delle sanzioni e degli interessi, oltre all’eventuale rilevanza penale dei fatti. Se questa ricostruzione è corretta, è evidente la lesione arrecata al principio costituzionale di eguaglianza tributaria, che autorevole dottrina individua quale criterio di giustizia che informa l’intero fenomeno fiscale nell’ordinamento italiano. Più precisamente, l’eguaglianza costituisce il valore fondamentale cui è informato il fenomeno tributario nelle democrazie costituzionali moderne. È sufficiente ritornare agli albori e ricordare le prime carte costituzionali delle ex colonie inglesi della Pennsylvania (1776) e del Maryland (1776) e all’articolo 13 della Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789) per trovare una sicura conferma di tale conclusione. Lo scudo fiscale allenta, per mano legislativa, l’efficacia del dovere costituzionale tributario e, poiché esso costituisce uno dei fondamenti della Repubblica italiana, i valori costituzionali posti alla base della convivenza ordinata e civile. La lesione è, quindi, ai valori democratici, come ha insegnato e testimoniato Ezio Vanoni. (1)

SCUDI E CONDONI

La giurisprudenza costituzionale, secondo un orientamento consolidato, ritiene che i condoni non pongano problemi di differente trattamento fiscale. (2)
Tuttavia, lo scudo fiscale non è un “condono” come gli altri, poiché discrimina la medesima situazione in ragione del luogo di detenzione delle attività finanziarie e patrimoniali. Non tutti i contribuenti, quindi, possono avvalersi dello scudo fiscale, ma solo quelli che, oltre alle norme fiscali, hanno violato anche quelle sul monitoraggio dei movimenti di capitale trasferendone di propri all’estero, al riparo dell’azione accertatrice dell’amministrazione italiana. Non si può, quindi, sostenere che la facoltà di “condonare” sia “egualmente concessa a tutti i contribuenti”.
Si potrebbe obiettare che il principio di eguaglianza (tributaria) non è assoluto, bensì soffre di giustificazioni, dirette in primo luogo a tutelare valori costituzionali di pari rilevanza.
L’argomento comunemente impiegato, sia dal mondo politico sia dalla Corte costituzionale, è quello della necessità di procurare altre entrate (Corte costituzionale, n. 33 del 1981). L’interesse fiscale, ovverosia l’interesse alla generale riscossione delle imposte, ha rilevanza costituzionale (Corte costituzionale, n. 45 del 1963). Tuttavia, tale interesse non può in alcun modo derogare i criteri di giustizia fiscale fissati dalla Carta costituzionale e, in particolare, il principio dell’eguaglianza tributaria.
Questo è (o dovrebbe essere) il limite invalicabile per il legislatore ordinario. Come si è cercato di dimostrare, tuttavia, con lo scudo fiscale il legislatore altera arbitrariamente e irragionevolmente il riparto del carico fiscale fra i consociati. Ciò per due ragioni. La misura dello “scudo fiscale” è fissata in maniera significativamente inferiore rispetto alle aliquote ordinarie e senza alcun razionale collegamento con queste ultime. In secondo luogo, non è ammesso il rimborso delle imposte per chi ha già pagato in misura maggiore e non può, quindi, sfruttare lo scudo fiscale. Diverso sarebbe il giudizio nel caso in cui il rimpatrio delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero in evasione delle imposte italiane fosse assoggettato all’imposizione ordinaria, con esclusione delle sanzioni e degli interessi. In questo modo, sarebbe agevolata la riscossione preservando il valore costituzionale di giustizia fiscale.
Si può, infine, ritenere che la funzione dello scudo fiscale sia quella di incentivare l’economia italiana. Ma tale funzione non è coerentemente perseguita dal testo del provvedimento che non richiede, se non in casi limitati, l’effettivo rimpatrio delle attività estere né l’investimento in intraprese economiche nazionali.

UN’ALTERAZIONE DELLA CONCORRENZA

Un secondo profilo di potenziale conflitto è quello comunitario. Anche in questo caso, il valore giuridico rilevante è quello dell’eguaglianza (o della non discriminazione), che impone eguali condizioni a tutte le imprese operanti nel mercato interno, senza alterazioni causate dall’intervento dello Stato (articolo 87 Trattato Ce). Concedendo alle persone fisiche residenti (esercenti attività d’impresa) e ai soci persone fisiche di società residenti un sensibile “sconto” fiscale nel caso di capitale esportato in evasione d’imposta, lo scudo fiscale altera le (eguali) condizioni di concorrenza generate dal libero mercato. Più precisamente, tali soggetti possono utilizzare, rispetto alle imprese e società detenute da non residenti, capitale da investire in attività economiche non assoggettato a imposizione ordinaria.
I profili di maggiore criticità dello scudo fiscale riguardano dunque il conflitto con il canone dell’eguaglianza tributaria, comune agli ordinamenti costituzionale e comunitario, poiché l’imposizione straordinaria discrimina fra situazioni similari.

(1) Si veda, per tutti, Natura del diritto di imposizione.
(2) Ad esempio, si vedano le sentenze n. 33 del 1981 e n. 172 del 1986 della Corte costituzionale.

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  1. Europeus

    Le considerazioni formulate nell’articolo sono motivate e in gran parte condivisibili, ma si deve onestamente riconoscere, se si analizzassero con la stessa accuratezza (con i raggi x) altri provvedimenti di questo governo e di governi precedenti, anche della "Prima Repubblica", o di governi di altri paesi membri dell’UE si troverebbero moltissime leggi con i medesimi vizi e dubbi. La stessa UE, sia quando si muove che quando non si muove, non è esente da fondate critiche. La perfezione non è di questo mondo, ma spesso si eccede negli errori.

  2. Giorgio C

    Condivido nella incostituzionalità della disposizione che ha permesso il rientro di capitali che di fatto vengono formalmente considerati ‘fuori legge’ e che quindi con una banale tassa del 5% (?) vengono legalizzati. E pernsare che la mafia da sempre ha creato un sistema organizzativo enorme per ‘lavare’ il denaro sporco, ed ora è bastato il governo! Il mio dubbio è: come e se si riuscirà a chiedere un parere deliberante da parte della Corte Costituzionale?

  3. Bruno Stucchi

    Un po’ fuori tempo massimo, mi sembra. Ma mi chiedo, l’etichetta dei pelati è conforme alla Costituzione? Invito gli autori ad approfondire l’argomento.

  4. p.rusciano

    Perchè non si prova a capire l’origine dei capitali detenuti all’estero? Se fossero solo provviste, come tende ad accreditare il governo, ottenute lecitamente in Italia, ma detenute all’estero sarebbe stato conveniente, credo, anche un condono per farli rientrare. Ma mi convingo sempre di più che il vero motivo della scelta dello scudo soprattutto con la scelta dell’anonimato, sia fatta per far rientrare i capitali mafiosi. La mafia Spa è rimasta, ormai, l’unica organizzazione a detenere una impressionate liquidità finanziaria. Il governo non ha soldi, non esistono altre liquidità consistenti se non il risparmio privato, e quindi è facile comprendere che vi è consapevolezza nell’origine criminale dei soldi che rientreranno con lo scudo fiscale.

  5. Massimo GIANNINI

    Tempo addietro ci si era già espressi con molti dubbi sullo scudo fiscale. Il problema é che l’unico a non avere mai dubbi su alcune leggi e il Presidente della Repubblica che le firma sempre in fretta e furia senza nemmeno rimandarle una volta alle camere. E dire che il nostro Presidente della Repubblica aveva fatto anche il parlamentare europeo e dovrebbe intendersi di Comunità europea.

  6. salvatore

    Personalmente lo scudo fiscale è sicuramente incostituzionale, perchè incide pesantemente sul principio di uguaglianza fiscale, fatto solo per far cassa come in oggetto segnalato. Voglio lanciare un messaggio perchè lo Stato non si fa consegnare la lista dei condonisti dai paesi da dove sono pervenuti i capitali e li rende pubblici? Il proveddimento per renderlo appettibile non si contano le circolari dell’Agenzia dell’Entrate per dare tutte le garanzie per gli evasori. Vorrei per curiosità chiedere al prof. Ukmar cosa pensa dello scudo e se lo considera leggittimo. Concludo col dire che un paese che non riesce a stabire un minimo di etica sul pagamento delle imposte è un paese finito sul piano della sovranità e credibilità.

  7. salvatore

    Personalmente lo scudo fiscale è sicuramente incostituzionale, perchè incide pesantemente sul principio di uguaglianza fiscale, fatto solo per far cassa come in oggetto segnalato. Voglio lanciare un messaggio perchè lo Stato non si fa consegnare la lista dei condonisti dai paesi da dove sono pervenuti i capitali e li rende pubblici? Il proveddimento per renderlo appettibile non si contano le circolari dell’Agenzia dell’Entrate per dare tutte le garanzie per gli evasori. Vorrei per curiosità chiedere al prof. Ukmar cosa pensa dello scudo e se lo considera leggittimo. Concludo col dire che un paese che non riesce a stabire un minimo di etica sul pagamento delle imposte è un paese finito sul piano della sovranità e credibilità.

  8. Alessandro Marcellini

    Bè, che dire, in fin dei conti il Sig. B. l’aveva detto in tempi non sospetti cosa pensa dei cittadini che, in questo caso pagando le tasse, vanno contro i propri interessi: sono dei c…oni. Allora mi ribellai a questa etichetta poco elegante, ora finalmente comprendo e condivido. Sono stato proprio un c…one a pagare le tasse per tutti questi anni!

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