L’Europa ha bisogno di un Fondo monetario europeo? E se sì, quali caratteristiche dovrebbe avere? Quello che non funziona oggi è la procedura per deficit eccessivo. Andrebbe sostituita da regole auto-imposte che assicurino la disciplina di bilancio senza però compromettere la possibilità di politiche moderatamente anticicliche. Dovrebbe funzionare sostanzialmente come un fondo di ammortamento sulla base di un sistema di crediti accumulati, in modo da incentivare i governi a risparmi di bilancio durante le fasi di espansione. In caso di crisi, potrebbe concedere una garanzia sul debito pubblico estero.

L’Europa ha bisogno di un Fondo monetario europeo? E con quali caratteristiche? (1)
Per rispondere alla domanda è indispensabile chiarire due questioni: a) cosa non funziona nel sistema di correttivi previsti per assicurare la disciplina di bilancio dell’Eurozona; b) come vanno riformate le istituzioni europee per raggiungere quest’obiettivo.
Le cose che non funzionano sono principalmente tre: 1) il decentramento nelle rilevazione statistiche dei dati di finanza pubblica; 2) la cosiddetta “excessive deficit procedure”, ovvero il sistema di correttivi previsti nel Patto di Stabilità per sanzionare politiche di disavanzi eccessivi dei paesi dell’euro; 3) l’assenza di meccanismi per la risoluzione di crisi di debito sovrano.

UNA SOLA AGENZIA: EUROSTAT

Sul primo punto credo sia abbastanza evidente che la presenza di agenzie statistiche nazionali, i cui vertici sono nominati dai governi nazionali, sia la fonte delle manipolazioni dei dati cui abbiamo assistito, Grecia (ma non solo) docet. Ci deve essere una sola agenzia europea, l’Eurostat, con diramazioni nei paesi membri.
Il secondo punto è complicato, perché richiede una risposta a tre quesiti: a) che tipo di politica di bilancio nazionale sarebbe desirabile, dal punto di vista europeo, durante il ciclo economico? b) Come (invece) sono condotte in pratica le politiche di bilancio? c) Che tipo di istituzioni o correttivi a livello europeo potrebbero avvicinare le seconde alle prime? Proverò a rispondere, semplificando un po’, per poi tornare al Fondo europeo.

POLITICHE FISCALI DESIDERABILI E REALI

Esiste largo consenso sul fatto che le politiche di bilancio dovrebbero essere moderatamente anti-cicliche, cioè un po’ espansive durante le fasi di recessione e un po’ restrittive durante le fasi di ripresa, in modo che il bilancio risulti in pareggio nell’arco del ciclo economico (e dunque il debito sia sostenibile). La regola varrebbe lasciando funzionare i cosiddetti “stabilizzatori automatici” del bilancio, come per esempio le imposte progressive o i sussidi di disoccupazione. Gli stabilizzatori fanno sì che in fase di espansione le spese pubbliche tendano (un po’) a ridursi rispetto al Pil e le entrare a crescere, in modo “automatico”, generando miglioramenti nei saldi di bilancio, e che accada il contrario, con aumenti del deficit, durante le fasi recessive. (2)
Per molteplici ragioni di natura soprattutto politica (pressioni delle lobby, ciclo elettorale, concessioni agli alleati nei governi di coalizione, forte polarizzazione ideologica tra opposti schieramenti, eccetera), i governi tendono a produrre disavanzi troppo elevati nelle varie fasi del ciclo. I deficit alimentano la crescita del debito, gettando i semi dell’insolvibilità degli stati sovrani (e dell’instabilità della moneta comune). Come rimediare?

LA PROCEDURA DI DEFICIT ECCESSIVO

La procedura europea (si veda qui) prevede in sintesi una multa che viene comminata al paese il cui deficit di bilancio ecceda il 3 per cento del Pil, quando lo sfondamento non abbia natura eccezionale e temporanea. In questo caso viene avviato un iter che, in mancanza di aggiustamento entro l’anno seguente, sfocia prima in una delibera del Consiglio europeo che impone al paese di versare in un deposito non fruttifero una somma proporzionale allo sforamento del tetto, e poi, entro due anni, in una nuova delibera che trasforma il deposito in una vera e proria multa. (3) Perché dunque la procedura non ha funzionato? Perché la sanzione è troppo debole, scarsamente credibile, troppo lenta? Si, ma non solo. La procedura è proprio difettosa, sotto almeno quattro aspetti: a) perché è irrilevante se la congiuntura economica è favorevole: il vincolo del 3 per cento in questo caso non “morde” e il paese non ha alcun incentivo a generare nelle fasi di ripresa i risparmi di bilancio necessari a far fronte alle future possibili recessioni; b) perché genera dannose politiche pro-cicliche se la congiuntura è intermedia: per evitare il meccanismo della multa, al governo conviene mantenere il deficit al massimo consentito, il 3 per cento del Pil, dunque approfittando per espanderlo se il Pil migliora, e tagliandolo se peggiora; c) perché è razionale sfondare il tetto se c’è crisi: rispettare la regola diventa troppo costoso e perciò è preferibile lasciare che il deficit superi la soglia del 3 per cento del Pil e affrontare la probabile sanzione. (4) Infine, d) nella procedura non c’è menzione di come si debba intervenire in caso di crisi di debito sovrano di un paese membro.

IL FONDO EUROPEO

Se la procedura del deficit eccessivo è da buttare, con cosa la si dovrebbe rimpiazzare? Esiste una vasta esperienza internazionale, moderatamente incoraggiante, con le cosidette fiscal rules, regole auto-imposte che cercano di assicurare la disciplina di bilancio, ponendo vincoli di vario tipo (alle spese, alle entrate, al deficit, al debito), a diversi livelli di governo (centrale, locale), lungo archi di tempi diversi (anno, ciclo) e con diverse cornici legali (leggi ordinarie, costituzionali, accordi politici), si veda la tabella 1 per un quadro sinottico. (5)
A grandi linee, il sistema di correttivi europeo dovrebbe garantire l’equilibrio di bilancio senza sacrificare le politiche anticicliche. Questo sarebbe un modo per farlo. (6)
1) Ciascun paese dovrebbe disporre di una quota di un Fondo europeo, determinata da un conferimento iniziale di risorse, ad esempio il 3 per cento del Pil, magari aggiustato per una frazione dell’eccesso di debito rispetto al parametro del 60 per cento. Questo garantirebbe una dotazione di circa 280 miliardi di euro, quasi il doppio del valore dello stock di debito estero greco a breve termine.
2) Vigerebbe un sistema automatico “a punti”: un paese accumula crediti per ogni anno in cui presenta un surplus e li riduce ogni volta che presenti un deficit di bilancio. Ad esempio, se per tre anni un paese presenta un surplus di bilancio di 1,5 punti di Pil, accumula 4,5 crediti che gli permettono di avere, se vuole, un disavanzo di bilancio l’anno successivo di 4,5 punti di Pil, senza incorrere in sanzioni. Questo servirebbe a incentivare risparmi di bilancio nelle fasi di espansione.
3) Ciascun paese sarebbe tenuto a saldare ogni anno il saldo negativo tra i crediti accumulati e la dotazione iniziale. Ad esempio, se il paese presenta un deficit del 2 per cento per due anni consecutivi, alla fine del secondo anno dovrà versare al Fondo l’1 per cento del Pil (4 per cento-3 per cento di dotazione). In caso di morosità, il Fondo attingerebbe automaticamente da fonti di finanziamento europee alternative, come i fondi di coesione o quelli strutturali.
4) Per colmare il vuoto sulle procedure da seguire in caso di crisi, si potrebbe anche prevedere che  su richiesta del paese (in regola con i pagamenti) il Fondo potrebbe concedere una garanzia sul debito publico estero a breve, entro un limite invalicabile, ad esempio il 60 per cento del Pil del paese. (7)
Questo Fondo funziona più come un fondo di ammortamento che come il Fondo monetario internazionale. Un tale sistema di correttivi automatici risulterebbe utile per prevenire politiche di bilancio non sostenibili, incoraggiare risparmi fiscali nelle fasi espansive e per evitare il contagio nel caso di default.

Figura 1: Budget Rule With and Without Political Distortion

La figura 1 mostra in blu la relazione “socialmente desiderabile” tra il deficit di bilancio, rapportato al Pil potenziale, d, e il cosiddetto output gap, e, che misura la distanza tra il Pil e il suo livello potenziale. Seguendo gli stabilizzatori automatici tende a crescere quando l’economia peggiora (quando l’output gap, e, è negativo); viceversa, il deficit si riduce passando in surplus quando l’economia si espande (l’output gap è positivo). Per dettagli analitici si veda questo mio lavoro publicato su IMF Staff Papers, 2005. In rosso invece è disegnata la regola di bilancio che viene adottata “in pratica”: la presenza di distorsioni politiche implica che il governo realizzi  disavanzi di bilancio troppo elevati in tutte le fasi del ciclo.

Figura 2: Budget Rule with Excessive Deficit Procedure

Nella figura 2 si mostra in rosso la politica di bilancio che il governo scieglierà in presenza di un tetto al rapporto deficit-Pil. Il vincolo stabilisce che se il deficit supera la soglia x = 3% del Pil, cioè si trova al di sopra della retta d = x + e, allora il governo deve pagare un multa propozionale allo sfondamento. Quando la situazione economica è favorevole ( e > e(max))  il deficit desiderato si trova lungo il tratto decrescente, a destra, della retta in rosso, dunque al al di sotto del tetto, che quindi non è vincolante. Quando la situazione economica è intermedia, e(min) < e < e(max), il governo desidererebbe avere un disavanzo maggiore del tetto, ma, per evitare la multa, decide razionalmente di mantenersi al massimo consentito del 3 per cento muovendosi lungo il tratto rosso positivamente inclinato: ad esempio accresce il deficit se l’economia migliora (e aumenta) e lo riduce se peggiora: adotta quindi una politica pro-ciclica. Quando infine la situazione è di crisi, e(min) > e, il governo sceglie razionalnente di sfondare il tetto e (di rischiare) di pagare la multa, muovendosi nel tratto rosso, a sinistra, inclinato negativamente. L’effetto del Fondo europeo proposto nel testo sarebbe invece quello di riportare la retta rossa della figura 1 a coincidere con quella blu, riallineando gli incntivi del policymaker con quelli della società.

Tabella 1: Esperienza internazionale con le Regole Fiscali

Fonte: Debrun, Epstain and Symansky, “A New Fiscal Rule: Should Israel Go Swiss? IMF Working Paper, 2008

(1) Questo articolo riprende alcune idee che ho esposto al convegno “L’Italia nella competizione internazionale: incontro di studio in onore di Fabrizio Onida”, Università Bocconi, 15 marzo 2010.
(2) Si veda la figura 1. Per un’esposizione “tecnica” delle politiche fiscali desiderabili si vedano i grafici e il lavoro citato in nota.
(3) Il deposito è composto da una somma fissa, 0,2 per cento del Pil, più 1/10 dello scostamento dal valore di riferimento del 3 per cento. Ad esempio, un rapporto deficit/Pil del 5 per cento verrebbe multato con un’ammenda pari = 0, 2 + 0,1x (5-3) = 0,4 punti di Pil.
(4) Si veda la figura 2.
(5) Kopits, George, 2004, “Overview of Fiscal Policy Rules for Emerging Markets,” in G. Kopits (ed.), Rules Based Fiscal Policy in Emerging Markets: Background,Analysis and Prospects, New York: Palgrave Macmillan.
(6) La proposta presenta numerose analogie con il sistema svizzero di “Debt Brake” descritto in Danninger (2002).
(7) Vi sono alcune importanti differenze con la proposta di Gros e Meyer (GM) che ha lanciato il dibattito sull’Fme. Intanto, nella mia proposta il Fondo europeo sostituisce la procedura di excessive deficit, che GM non menzionano, e in particolare ha lo scopo di generare surplus di bilancio “in good times”, incentivando comportamenti virtuosi, e non solo di evitare deficit in “bad times”, punendo comportamenti viziosi. Quindi viene permesso a ciascun paese uno “scambio intertemporale” di crediti, che salvaguardi le politiche anticicliche. Ciò non avviene nella proposta di GM. Inoltre si tratta di un meccanismo automatico, che non richiede riunioni della Commissione e votazioni del Consiglio europeo (i ministri tendono ad autoassolversi), né procedure di condizionalità. La gestione delle crisi è molto simile alla proposta di GM. Per una proposta basata su permessi di deficit si veda Alessandra Casella (1999). 

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