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MEDIA BUGIARDA ANCHE PER I PENSIONATI

I dati della Banca d’Italia segnalano che nel 2008 il reddito delle famiglie di pensionati è aumentato del 3,2 per cento, in controtendenza con la riduzione del 4,2 per cento rilevata per il complesso dei nuclei familiari italiani. Ma le famiglie non sono tutte uguali. Per capire come stanno veramente le cose bisogna andare oltre le medie e analizzare la distribuzione dei redditi. Si scopre allora che per le famiglie di pensionati più poveri il reddito scende del 4,4 per cento, mentre cresce del 5,9 per cento in quelle dei più ricchi.

La Banca d’Italia ha reso noto che nel 2008 il reddito disponibile delle famiglie italiane al netto dell’inflazione è diminuito del 4,2 per cento rispetto al 2006. (1)
I valori medi raccontano però solo una parte della storia nascondendo gli effetti distributivi per le differenti categorie di popolazione. (2)

FAMIGLIE E REDDITO DISPONIBILE

La curva della crescita del reddito disponibile (figura 1), mostra inequivocabilmente che nel 2008 la decrescita del reddito è stata anti-poor, ovvero, la perdita è stata maggiore per le famiglie a basso reddito (-7,6 per cento) rispetto alle famiglie a redditi più elevati (-4,4 per cento). (3)

Figura 1 – Curva della crescita del reddito disponibile reale per decili di famiglie – Anno 2008 su 2006

Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia

Un confronto con gli anni precedenti (figura 2) mostra che dal 1998 al 2004 le curve della crescita sono state pro-poor, per poi appiattirsi nel 2004-2006 (anni in cui la crescita media ha ben rappresentato la crescita dei redditi di tutti i decili di famiglie) e mostrare un’inversione di tendenza nel 2006-2008, quando l’andamento è stato anti-poor.

Figura 2 – Curve della crescita del reddito disponibile reale per decili di famiglie – 1998-2008

Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia

IL CASO DEI PENSIONATI

Tornando ai dati 2008, un’analisi dei risultati dell’indagine Banca d’Italia per condizione professionale del capofamiglia mostra che la categoria dei pensionati, che rappresenta il 40 per cento circa delle famiglie, è l’unica a registrare un consistente aumento del reddito disponibile reale. (4)
Il dato appare assai pericoloso ai fini di politica economica poiché sulla base di esso un policy maker razionale dovrebbe ritenere che i pensionati siano una categoria privilegiata e dovrebbe quindi intervenire con provvedimenti correttivi sull’ammontare delle pensioni stesse.

Figura 3 – Variazione percentuale del reddito disponibile reale per condizione professionale del capofamiglia – anno 2008 su 2006

Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia

Ma, ancora una volta, andare oltre la media mostra che le famiglie dei pensionati non sono tutte uguali e che, in particolare, i pensionati più ricchi non vivono con i soli trasferimenti dallo Stato.
Nel primo decile di famiglie infatti i pensionati sono circa la metà, il reddito da pensioni e trasferimenti netti è pari all’82,5 per cento, mentre il reddito da fabbricati è il 17 per cento e le altre tipologie di redditi sono praticamente inesistenti.
Nell’ultimo decile di famiglie i pensionati sono meno di un quarto, il reddito da pensioni e trasferimenti è appena pari al 50 per cento, mentre il 27 per cento è dovuto ai fabbricati, il 13 per cento a lavoro dipendente e il 5 per cento a capitale finanziario e a lavoro autonomo.

Tavola 2 – Contributi alla variazione del reddito disponibile per le famiglie con capofamiglia pensionato per tipologia di reddito e decili estremi della distribuzione – Anno 2008 su 2006 

Tipologia di reddito I decile X decile Totale
Lavoro dipendente -0,1 -1,0 0,2
Pensioni e trasferimenti netti -2,9 6,3 1,1
Lavoro autonomo 0,4 -3,5 -0,4
Fabbricati -2,7 2,7 1,1
Capitale finanziario 0,9 1,4 0,5
Totale reddito -4,4 5,9 2,4

Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia

Per un aumento medio del reddito del 2,4 per cento (figura 3), le famiglie di pensionati più poveri hanno avuto una diminuzione del reddito del 4,4 per cento, mentre le famiglie di pensionati più ricchi hanno avuto un aumento di reddito del 5,9 per cento (tavola 2), con una differenza tra il primo e il decimo decile di oltre 10 punti percentuali.
Il contributo alla variazione del reddito da pensioni è stato -2,9 per cento per la fascia più debole e +6,3 per cento per la più ricca.
La contrazione del reddito disponibile delle famiglie che si è avuta nel 2008 rispetto al 2006 non è dunque stata equamente distribuita, ma ha gravato maggiormente sulle fasce più deboli della popolazione, che hanno avuto una diminuzione quasi doppia rispetto alla media. 
In questo contesto l’aumento del reddito disponibile delle famiglie il cui capofamiglia è pensionato nasconde pericolose differenze. I pensionati più ricchi, che possiedono anche fabbricati e capitale finanziario, hanno visto crescere il loro reddito di quasi il 6 per cento, mentre i pensionati più poveri hanno subito una contrazione del reddito di oltre il 4 per cento.

(1) Banca d’Italia I bilanci delle famiglie italiane nel 2008, Supplemento al Bollettino statistico, Anno XX, Numero 8, 10 febbraio 2010.
L’indagine è condotta ogni due anni su un campione di circa 8mila famiglie in oltre 300 comuni. Il deflatore dei consumi delle famiglie nel periodo 2006-2008 è stato del 5,5 per cento (Istat, Conti nazionali).
Uno dei primi provvedimenti dell’attuale governo è stata l’abolizione a partire dal 2008 dell’Ici sulla prima casa, di cui hanno beneficiato i proprietari di abitazioni non di lusso. Come conseguenza gli enti locali hanno introdotto o inasprito il prelevamento addizionale che grava sulle buste paga dei lavoratori dipendenti. L’effetto netto di tali manovre fiscali non è desumibile direttamente dai dati dell’indagine, ma in ogni caso non si coglie un impatto positivo sul reddito delle famiglie.
(2) “Rapporto della Commissione sulla misurazione della performance economica e del progresso sociale” promossa dal governo francese.
(3) Sull’argomento si veda “Growth Rates vs Income Growth Curves: A Step towards the Measurement of Societal Progress”, P. Roberti e altri, Rivista di Politica Economica, anno XCVIII, terza serie, settembre-ottobre 2008, pp. 233-262.
(4) Il capofamiglia è il maggior percettore di reddito.

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DUBBI DA UN MATRIMONIO

  1. BALEANI ALBERTO

    Questo governo è da mandare a casa ha fatto già troppi danni.

  2. aris blasetti

    Mi risulta che le pensioni ammontino in misura proporzionale al reddito prodotto durante la vita lavorativa ed ai relativi contributi versati e non sono quindi una elargizione benefica dello stato in base allo stato di indigenza o meno dell’interesato. Pertanto e’ intellettualmente disonesto mettere in relazione la pensione percepita con eventuali immobili posseduti o risparmi accumulati durante la vita lavorativa. Vorrei far notare inoltre, che gia’ ora, con una norma capestro le pensioni piu’ alte -superiori a 5 volte il minimo- vengono rivalutate annualmente in misura molto inferiore alle altre -in misura inversamene progressiva al loro ammontare-.Il vostro ragionamento non fa altro che dare ragione a coloro che praticano l’evasione contributiva : "perche’ devo pagare dei contributi onerosi per tutta una vita per poi avere una pensione uguale a chi non ha pagato ? Meglio risparmiare i denari e costruirmi un futuro da solo".

  3. Maurizio Benetti

    La Banca d’Italia ricava i dati dell’inchiesta da un panel di circa 8.000 famiglia. Nel 2008 il 46% di queste famiglie è stato intervistato per la prima volta e quindi la rappresentazione campionaria delle famiglie di pensionati è diversa, sensibilmente, da quella degli anni precedenti. Tra i pensionati c’è ogni hanno un sensibile effetto di sostituzione tra pensioni che cessano e nuove pensioni, con le seconde sensibilmente più alte delle prime. Bisognerebbe quindi eliminare dal ragionamento l’effetto sostituzione altrimenti, almeno fino agli effetti del sistema misto e contributivo, ogni anno i redditi dei pensionati sono destinati ad aumentare in modo apparentemente inspiegabile sulla base dell’attuale rivalutazione delle pensioni.

  4. Gaetano Proto

    L’analisi della dinamica 2006-08 sarebbe più chiara se fosse effettuata distinguendo 1) i soggetti pensionati intervistati in entrambe le annate (la c.d. “parte panel”) e 2) gli “altri”. A meno di errori da parte degli intervistati, purtroppo sempre possibili in un’indagine campionaria e in parte rintracciabili analizzando i valori anomali, per i pensionati panel le pensioni dovrebbero risultare in media stabili o decrescenti in termini reali. Le pensioni in essere sono infatti indicizzate alla sola inflazione (in modo parziale, oltre un certo importo), e solo una minoranza di soggetti riceverà pensioni aggiuntive (ad esempio di reversibilità). La crescita del 1,1% reale individuata nella tav. 2 dovrebbe quindi essere imputabile agli “altri”, cioè al confronto tra pensionati 2006 usciti dall’indagine e nuovi pensionati 2008. Trattandosi però di un campione e non di un archivio esaustivo, l’uscita e l’entrata non dipendono tanto da fattori demografici, quanto da fattori casuali (per esempio, la famiglia X non vuole più partecipare e viene sostituita dalla famiglia Y). Concludendo, sarebbe del tutto irrazionale un policy maker che stabilisse che “i pensionati siano una categoria privilegiata” confrontando senza ulteriori approfondimenti i redditi medi di due indagini campionarie – tanto più se oltre alle pensioni si includono gli altri redditi dei pensionati e se non si tratta di persone, ma di famiglie che possono comprendere altri percettori.

  5. roberto noce

    Penso che dovrebbe esistere una pensione uguale per tutti a 65/67 anni finanziata dai proventi fiscali per permettere a tutti di poter vivere curarsi ed abitare un modesto alloggio: chi vuole di più dovrà darsi da fare e risparmiare

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