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Una mezza riforma per la finanza comunale

Positiva l’enfasi data alla fiscalità immobiliare nella finanza comunale, ma attenzione agli abbellimenti lessicali spacciati per riforme. Soprattutto è bene non dimenticare che rimane aperto il vulnus dell’abolizione dell’Ici sulla prima casa che deresponsabilizza molti cittadini di fronte alla spesa pubblica del comune. Esistono inoltre problemi di equità legati all’Imposta municipale unica e di semplificazione relativi all’applicazione della cedolare secca.

Una riforma, quella della finanza comunale, con cose belle e meno belle, ma tutto sommato positiva. Però rimane aperta la ferita introdotta dall’’abolizione dell’’Ici sulla prima casa.
Positiva è la duplice idea di fondo: di accentuare il peso degli immobili nella finanza comunale e al contempo di semplificare la fiscalità immobiliare. Bene quindi che nel 2014  le imposte sui trasferimenti immobiliari passino ai Comuni e si riducano di peso, anche se di poco. Non si esageri con la réclame, peraltro. Che si parli di Imu, Imposta municipale unica, divisa in un’’Imu annuale al posto dell’’Ici e di un’’Imu sui trasferimenti al posto delle attuali imposte di registro e ipocatastali, è un abbellimento lessicale, non una riforma. Altra cosa sarebbe un percorso, sia pure graduale, verso l’’abolizione delle imposte sui trasferimenti  immobiliari e il loro assorbimento in un’’imposta annuale, con vantaggi per l’’efficienza economica e l’’equità fiscale. Circa l’’opzionale Imu secondaria, che accorperebbe varie tasse comunali, va pure bene; però attenzione al troppo zelo, perché ci sono tasse utilmente accorpabili  ma ce ne sono anche altre, basate sull’’uso individuale dei beni pubblici, che è opportuno e giusto  tenere separate.

LA CEDOLARE SECCA

Che dire intanto della novità maggiore, quella della cedolare secca sugli affitti, che scatta già dal 2011? Ovvi i pro e i contro: un’’imposta  proporzionale al posto di una progressiva semplifica il rapporto tributario e in astratto incentiva l’’investimento immobiliare da parte dei soggetti più ricchi; ma l’’equità del sistema fiscale si abbassa. Nella prima versione –  aliquota per tutti del 20 per cento sull’’imponibile attuale, pari all’’85% del canone – si trattava di dare una penalità ai meno abbienti e un regalo ai più abbienti che, agli estremi della scala dei redditi, valeva proprio il 20 per cento dell’’imponibile; e in più provocava una caduta di gettito. C’’è stato quindi un balletto di varianti  (fino alla sera prima, si dava per sicuro il 25 per cento). La delibera finale del Consiglio dei Ministri  prevede il 20 per cento sul canone pieno, equivalente al 23,5 per cento sull’’imponibile attuale, ma con possibilità di restare in Irpef, liberando  così i meno ricchi da ogni aggravio. La perdita di equità diminuisce rispetto all’’ipotesi di cedolare obbligatoria,  ma diminuisce pure la semplificazione: chi non ha pagato la cedolare, non è automaticamente un evasore, potrebbe avere pagato in Irpef, e bisognerà controllare. Circa lo stimolo a maggiori investimenti, c’’è del vero, ma molto meno del propagandato. Le locazioni sono frenate dalla giustizia più che dall’’economia, ossia dall’’incertezza e dai tempi del recupero dell’’immobile a fine locazione, più che dall’’onere fiscale. Quanto alla lotta all’’evasione, che dovrebbe evitare la caduta di gettito, è probabile che questa volta funzioni: grazie alla devoluzione dell’’imposta  che accentua l’’interesse dei Comuni a stanare gli evasori; ma grazie ancora di più all’’inasprimento della sanzione fiscale, che in realtà nulla c’entra con il federalismo fiscale, essendo adottabile anche nell’’attuale fiscalità immobiliare statale.

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L’’ICI PERDUTA

Rimane invece aperto, come si diceva, il vulnus dell’’abolizione dell’’Ici sulla prima casa, che ci differenza dal resto del mondo e trasforma un’’estesa minoranza di cittadini in non contribuenti, i quali avranno tutto l’’interesse a chiedere più spesa comunale, che altri pagheranno: il contrario dell’’identità tra elettore-contribuente-beneficiario della spesa pubblica, in cui si sostanzia il buon federalismo.

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12 commenti

  1. marco

    Da piccolo proprietario dico che sarà un regalo ai grandi proprietari con buona pace dell’equità fiscale. Per me, e per far uscire il nero, occorrerebbe permettere agli inquilini di detrarre la spesa dell’affitto.

  2. Marcello Battini

    Non amo le imposte che finiscono per essere inique, come afferma correttamente l’autore di questo articolo. Meglio di niente, si può accettare, in attesa di ua sua futura maggiore equità. C’è però una questione che è trascurata e che a me sembra esiziale: l’imposizione sulle case sfitte. L’Ici attuale non è sufficiente. Per colpire adeguatamente i proprietari di seconde e terze case e per spingere i proprietari d’immonìbili ad abbassare i prezzi delle locazioni, ci vorrebbe un’imposizione più severa. Non si può consentire che vi siano tanti troppi soggetti che non possono procurarsi un alloggioa prezzi adeguati ai loro reali introiti da lavoro.

  3. renato foresto

    Credo che dai greci di Pericle e fino agli italiani di Calderoli la parola autonomia non abbia cambiato di significato né possa confondersi con altra parola. Non riesco quindi a capire perché l’ espressione " Autonomia delle Entrate e delle Spese " voluta dall’ art. 119 della Costituzione che abbiamo approvato nove anni fa sia stato fin qui raggirato e irriso oggi dai decreti attuativi del Federalismo. Chiedo allora agli esperti che cosa succederebbe a quel sindaco che in obbedienza della Costituzione e col consenso del suo Consiglio se ne infischiasse dei decreti di Tremonti.

  4. luca guerra

    Purtroppo i comuni non avranno mai soldi a sufficienza, tanto li mettono i contribuenti! vi sono in italia 8.000 comuni con circa 8.500 abitanti, ciascuno di questi con sindaco, giunta, vigili, etc, etc, etc. prima di tutto occorre pensare alla loro riduzione e poi, solo poi, a come reperire i fondi necessari alle spese da questi sostenuti. Non vedo inoltre perché possa essere giustificata una patrimoniale sugli immobili, quale è l’Ici, quando li abbiamo acquistati con redditi sui quali abbiamo già pagate le tasse. gli immobili, se affittati producono un reddito, altrimenti sono un costo (di mantenimento per esempio, sul quale non vi sono detrazioni o agevolazioni di nessun tipo).

  5. Franco CASALINGO

    Mi dispiace per gli innovatori riformisti, ma per me bisogna avere il coraggio e l’onestà di dare all’imposta comunale sugli immobili tutto il peso contributivo che il comune merita in relazione ai servizi offerti al proprietario residente. L’unicità del contributo, imposta o tassa che la si voglia chiamare, dovrà essere collegata a pena di nullità e di sanzione fiscale non condonabile per entrambi (Comune e cittadino fisico o persona giuridica) con l’attestato annuale di controllo catastale, sulla cui base si adotteranno i criteri dell’equo canone equivalenti a quelli della rendita. E’ chiaro che un tale sistema dovrà avere un congruo periodo di rodaggio per mettere cittadini e comuni in grado di attrezzarsi e di fare le scelte. Nel frattempo opererà la…vecchia Ici che però assorbirà tutte le altre (rifiuti, acqua) secondo le risultanze al momento dichiarate e accertate e con riserva di conguaglio o restituzione in caso di accertata difformità una volta che il sistema sia giunto a regime. Credo che il bene comune vada affidato non alle autodichiarazioni e alle furberie dei singoli ma alla dignità e responsabilità delle istituzioni senza esternalizzazioni deresponsabilizzanti.

  6. Stefano Bozza

    Se si è proprietari di case affittate in comuni diversi da quelli di residenza e in quello di residenza si possiede solo la casa di proprietà o nessuna (se in affitto) si paga l’Ici solo nel comune dove non si risiede. Questa è la conseguenza dell’indiscriminata e populistica abolizione dell’imposta sulla prima casa! Inoltre su quella casa affittata si pagano già Irpef e annualità di registrazione del contratto! Situazione reale (la mia). Alla faccia del carattere locale delle imposte sulla casa!

  7. Simone Sereni

    Aggiungo, a integrazione dell’articolo e dei commenti precedenti, che la misura non va affatto incontro a chi, anche per via della crisi, non può acquistare casa (intendo, in modo trasparente) ma solo affittare (intendo, in modo trasparente… che per chi ha redditi bassi e famiglia numerosa è l’unico modo per emergere un po’ dal dimenticatoio o dal labirinto del welfare e ottenere qualche prestazione sociale). Una quota di popolazione che temo sia più alta del canonico 20 per cento sempre sottolineato dalle statistiche (ammesso che 20 per cento sia poco). Oltretutto, rende ancor meno convenienti i contratti a canone concordato, una misura di civiltà e giustizia già prevista dalla legge sugli affitti, che avrebbe potuto essere un’effettiva "svolta", almeno nelle metropoli e per i nuclei a basso redditto… uso il condizionale perché questo strumento è ignoto a molti (e poco amato dagli agenti immobiliari, ovviamente) e così i numeri di questi contratti sono bassissimi… Tra l’altro i Comuni che hanno predisposto le tabelle per calcolare questi canoni, hanno anche fatto percepire con grande chiarezza la differenza tra valori "di mercato" e valori d’uso degli immobili…

  8. bob

    Egregio Muraro le riforme sbandierate in Italia sono "pannicelli caldi". Questo Paese ha bisogno di 2 grandi riforme; una politica e una strutturale -amministrativa. La politica deve riformarsi con una legge elettorale seria, con alti sbarramenti %, e infine con la messa all’angolo di partiti estremi ( possono esistere ma come succedde in tutta Europa non possono decidere e governare). Per la buona amministrazione non serve la favola del "federalismo", basta il concetto di assunzione di responsabilità, ma prima bisogna ristrutturare il territorio: accorpamento e riduzione del 50% dei Comuni che comporta automaticamente l’eliminazione intermedia delle Provincie, riportare le Regioni a sole entità con potere amministrativo e non legislativo (cosa vuole legiferare il Molise con 700.000 abitanti) . Se non avviene questo noi saremo una periferia del mondo tra pochi anni e non solo dell’Europa anche essa periferia se continuiamo così. Chi le scrive è un piccolo imprenditore.

  9. luigi saccavini

    Una mezza riforma, forse stesa affrettatamente e probabilmente con inespresse riserve sulla concreta applicazione (l’inizio al 2014, dopo le elezioni locali… genera dubbi sulla volontà concreta). Tuttavia, si cerca di applicare l’art 119 della Costituzione. Si conferisce al Cittadino il potere di decidere le tasse ulteriori in funzione delle esigenze del Comune. Nella nostra democrazia troppo delegata, non credo sia poca cosa. Un primo timido passo, ma può essersi sturato il vaso di Pandora. sembra non cambi nulla ma oggi ci sentiamo tutti un po’ più Cittadini un po’ meno serventi o sudditi deleganti ed inascoltati. Molto c’è da fare, ma credo e spero che da qui non si possa più tornare indietro.

  10. Lorenzo

    So che qualcuno arriccerà il naso per questi termini vetero – marxisti, ma, purtroppo, è la realtà: è il solito regalo al capitale ai danni del lavoro. Non bastasse la ridicola aliquota del 12,50% sulle rendite finanziarie, ora arriva il 20 – 23% sugli affitti, alla faccia del principio della progressività. Sui redditi da lavoro invece (quelli che si producono sudando, per intenderci) si arriva al 43%, senza contare tutti gli oneri previdenziali ed assistenziali. E non mi si venga a raccontare la storia del federalismo: si può benissimo dirottare il gettito sui comuni senza modificare il criterio di calcolo dell’imposta. E quella dell’emersione del nero è ancora più comica: come se le case si potessero nascondere sotto un telone. Proposta provocatoria: perchè non facciamo una bella cedolare secca del 20% sui redditi da lavoro e progressiva sui redditi da capitale?

  11. Walter

    L’applicazione della cedolare secca sugli affitti opera ingiustamente su un altro versante. Anche se si lascia al proprietario la possibilità di optare per la modalità d’imposizione attuale (fino a quando?), l’introduzione di un’imposizione a tasso fisso si risolverà in una diminuzione di tasse solo per chi possiede di più. La raccolta fiscale da questa imposizione diminuirà: ciò significa che si dovrà recuperarla in altro modo o diminuire le spese. E ciò graverà anche su chi non ha avuto benefici. Sarebbe più equo aumentare la quota esente dall’imposizione per i contratti di affitto che rientrano in specifici limiti di costo, con la possibilità di migliorare il reddito per il proprietario e i costi per l’affittuario.

  12. luigi zoppoli

    A meno di mia frettolosa e superficiale lettura, di cifre, dati, analisi quantitative e numeri c’è ben poco nei decreti finora approvati. Brillano per l’assenza possibili criteri per i fondi perequativi. Abbondano invece rinvii a successiva normazione. Per come stanno andando le cose, il federalismo in fieri mi sembra più un annuncio che un fatto reale. Non sarebbe certo una novità di questo governo e certamente anche questo sarà colpa di qualche capro espiatorio trovato al momento.

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