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Dove la Commissione sbaglia

Ormai anche la Commissione europea riconosce che la sola disciplina fiscale non è sufficiente a garantire la stabilità dell’euro. Ma la soluzione che propone per combattere le fragilità della zona euro è solo un vuoto e inutile esercizio. A preoccupare dovrebbe esere invece l’espansione non controllata del credito. Tanto più che l’Unione si è data due istituzioni che possono ben svolgere un ruolo di controllo su questa materia: il Consiglio europeo per il rischio sistemico e la nuova autorità di vigilanza bancaria.

Debiti e deficit occupano da sempre il centro della scena nel dibattito di politica economica in Europa, con la implicita assunzione che la disciplina fiscale sia la condizione fondamentale per la stabilità dell’Unione.

I PECCATI NON SANZIONATI

Ma il pasticcio del bilancio greco è stato solo la causa occasionale della crisi recente: le sue radici profonde non sono di natura fiscale. Irlanda e Spagna, con i loro bassi deficit (addirittura con surplus in alcuni anni) e livelli di debito pubblico ben al di sotto del 60 per cento, venivano considerate esemplari per la loro virtù fiscale. I loro peccati passavano inosservati perché erano di natura diversa.
In entrambi i paesi una straordinaria espansione del credito alimentava crescenti squilibri esterni e interni. Il rapporto del debito privato interno sul Pil raddoppiava negli otto anni fino al 2008; il debito delle famiglie in rapporto al reddito disponibile saliva di 50 punti in Spagna e di 90 punti in Irlanda in soli sei anni. Il credito, sostenuto da banche nazionali che raccoglievano fondi nella zona euro e in particolare in Germania, finanziava un boom dell’edilizia residenziale e un eccesso di offerta sul mercato immobiliare.
Poiché l’euro è stato determinante in questa insostenibile evoluzione, il crollo dei due paesi ha messo in dubbio la solidità e persino la sopravvivenza della moneta unica.
La Commissione europea, che, in nome della “convergenza”, non aveva ravvisato alcun motivo di preoccupazione nelle modalità di crescita in quei paesi, riconosce ora che la disciplina di bilancio non basta affatto a garantire la stabilità dell’euro. Due proposte di regolamento, pubblicate il 29 settembre (insieme a quelle sui deficit eccessivi), si occupano della “prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici” e stabiliscono una “procedura per squilibrio eccessivo”. Riteniamo che la Commissione si sia impegnata in un esercizio vuoto e inutile. (1)

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UN ESERCIZIO VUOTO E INUTILE

I regolamenti proposti prevedono “una tabella” (scoreboard) composta da “un insieme di indicatori macroeconomici e macrofinanziari” volti a identificare gli squilibri che gravano sull’economia di uno Stato membro o dell’Unione. Il raggiungimento di livelli di allarme dovrebbe dar luogo a una successione di esami e di raccomandazioni che potrebbero concludersi con l’apertura di una “procedura per squilibrio eccessivo”. Uno Stato che rifiutasse di adeguarsi alle indicazioni del Consiglio potrebbe essere sanzionato con una multa dello 0,1 per cento del Pil.  Questa complicata procedura si espone a tre obiezioni di base.
Primo, non vengono specificati gli indicatori da prendere in considerazione: “misure delle posizioni esterne”, “competitività di prezzo o di costo”, “debito del settore pubblico e privato” sono citati nella presentazione solo a titolo di esempio. Identificare le condizioni che giustificano l’apertura di una procedura per squilibrio eccessivo diventa così, e non potrebbe essere altrimenti, un’operazione fortemente discrezionale. In conseguenza si aprirebbe la possibilità di negoziati senza fine, che prolungherebbero ancora il già lento processo di interazione tra Commissione e Consiglio.
Secondo, diversamente da quanto accade con i deficit pubblici, è talvolta difficile concepire azioni correttive di cui si possa imporre l’’esecuzione. Quale rapido rimedio si può mai suggerire quando la causa dello squilibrio esterno è un calo di competitività dovuto ad andamenti insoddisfacenti della produttività (l’evoluzione della produttività totale dei fattori è stata piatta in Spagna e in declino in Italia)?
Terzo, l’approccio della Commissione non è utilizzabile in fase di prevenzione: può entrare in azione solo quando gli squilibri sono già abbastanza grandi e richiede molto tempo per avere effetti.

LA CHIAVE È NEL CREDITO

A parte deficit e debito, gli squilibri di cui dovrebbero preoccuparsi i governanti sono quelli legati a un’espansione non controllata del credito. Tenere il credito sotto controllo è l’unica azione efficace di prevenzione: negli anni Settanta i limiti all’espansione del credito interno erano utilizzati dall’Fmi come importante criterio di condizionalità. Questo non è tuttavia un compito della Commissione e non è neanche compito della Bce, la cui gestione monetaria non può essere ritagliata sui problemi di un singolo paese.
La buona notizia è che abbiamo ora due candidati credibili a svolgere questo ruolo: il Consiglio europeo per il rischio sistemico e la nuova autorità di vigilanza bancaria (operativa dal 1° gennaio) sono potenzialmente in grado di disciplinare, direttamente o indirettamente, quelle regole e prassi nazionali che hanno permesso gli eccessi e di conseguenza portato alla crisi alcuni paesi, mettendo a rischio la stabilità dell’intera unione. Il Consiglio europeo per il rischio sistemico e l’autorità europea di vigilanza segnano un importante passo avanti istituzionale per l’Unione: offrono un’opportunità che non dovrebbe essere sprecata.

Leggi anche:  Italia al bivio: intervista a Romano Prodi*

(1) Si vedano anche gli articoli di Marco Buti e Martin Lanch e quello di Paolo Manasse contenuti nel dossier su lavoce.info tema e quello di Charles Wyplosz su Vox.

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Quando le buone norme si infrangono sull’applicazione

  1. bob

    La divisione di questo Paese è nel vostro scritto: voi ponete un problema da affrontare, gli interlocutori politici non nominano il presidente della Consob e i ladri di galline della Lega pensano solo a qualche posto di usciere in più trasferendo la sede Consob. Di che vogliamo parlare?

  2. Luigi Coppola

    Una informazione superficiale, adeguata alla diffusa ignoranza nazionale, ha indotto i più sulla tenuta economica del nostro Paese, in nome di un sano provincialismo aduso al risparmio virtuoso. La deriva nella spesa insostenibile, alimentata da un credito irresponsabile, scarica sulla stessa massa "inconsapevole" numeri e bollettini da dopo guerra. Se gli strumenti di controllo già esistenti non fanno il loro lavoro, inutile crearne nuovi per nascondere vecchi vizi, beneficio per la ristretta comunità di irriducibili e insaziabili vampiri.

  3. Piero

    Mentre stiamo parlando Usa e Giappone stanno lottando a colpi di moneta stampata e pure la Cina comprando Treasury per non rivalutarsi partecipa dall’esterno al gioco. Da questo punto di vista l’Europa guidata dalla Germania è la meno-peggio o forse vaso di coccio tra vasi di pietra. Dicono che Tremonti sia riuscito a far passare il Debito Aggregato Pubblico + Privato per salvare l’Italia. Voi de lavoce che siete informati sapete se è vero?

  4. M.G. in Progress

    Se il problema é l’espansione non controllata del credito cio’ significa che sul mercato ci sarebbe eccesso di liquidità e quindi si comprendono male tutte le operazioni di QE delle banche centrali. Dovremmo quindi preoccuparci dell’inutile quanto dannosa creazione di moneta dal nulla (creation of money out of thin air) indotta dalla banche centrali con il quantitative easing. Se c’è, come c’è stata, espansione non controllata del credito la soluzione è deleveraging cioè la distruzione di moneta e di debito che non sarà mai ripagato. Solo quello darà stabilità all’euro. http://mgiannini.blogspot.com/2010/03/money-creation-for-nothing-or-let.html

  5. francesco pontelli

    La realtà è che siamo ancora immersi nell’idea che esista una socità dei servizi posto-industriale. Sarebbe ora e tempo che anche noi economisti, al di là dei servizi che vengono offerti alle imprese, dicessimo chiaro a quegli analfabeti economici dei politici nazionali e internazionale che la sola produzione di ricchezza viene dal settore industriale terziarizzato, con un network di società di servizi. Ma forse dovrebbe ammetterlo anche qualche economista.. Grazie Francesco Pontelli

  6. francesco scacciati

    L’euro è sull’orlo dell’abisso. Preoccupa la sua estrema fragilità. Occorrono duri provvedimenti e amare medicine per rafforzarlo. Posso ricordare che qualche anno fa stava a 0,85 e ora sta a 1,40?

  7. Piero

    andrà a 1,45 e forse un pò oltre sino ad inizio 2011. Poi ritraccerà sotto il minimo di quest’anno, ma non si sà sino a dove. Questo nuovo storno faciliterà gli esportatori, ma pagheremo più cara la bolletta e le commodity.

  8. Edoardo Capulli

    Le teorie macroeconomiche attuali si sentono ancora figlie dei grandi economisti di inizio 900. Tuttavia le condizioni storiche cambiano. Oggi la dimensione del credito privato interessa pesantemente i consumatori come tali e come fornitori di fattori produttivi, diversamente da messo secolo fa, in cui interessava soprattutto i capitalisti. Va da se che una parte delle leve che Keynes vedeva nelle mani dello Stato, sono oggi nella grande mano del Credito. L’azione dello Stato può ancora però orientare le politiche volte a rendere più o meno conveniente il ricorso a questo strumento finanziario. L’altra mano sulla leva del credito ce l’ha un nuovo "Spettatore parziale" per parafrasare Smith, che è la combinazione statistica degli interessi e delle intenzioni dei moltissimi risparmiatori/lavoratori. L’articolo mette in luce alcuni di questi aspetti in modo interessante. Edoardo Capulli

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