Ventisette opere prioritarie nell’ultimo Allegato infrastrutture alla Finanziaria 2011. Ovviamente, mancano le risorse per realizzarle. Dunque si procederà per lotti costruttivi. Meglio sarebbe progettare ogni grande opera per fasi successive, correlate al crescere reale della domanda e alla disponibilità finanziaria garantita per ogni lotto di cui si avviano i cantieri. Altrimenti avremo continui “stop and go” determinati dalle risorse disponibili ogni anno, con opere mai utilizzabili fino all’inaugurazione finale, quando forse saranno tecnologicamente obsolete.
Il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti ha elaborato un documento strategico, che è divenuto l’ottavo Allegato infrastrutture delle Legge finanziaria 2011. Sono state definite ventisette opere prioritarie, come da tabella allegata. Dalla promulgazione delle Legge obiettivo del 2001 a oggi, gli elenchi delle opere prioritarie sono stati molto numerosi, variando da diciannove a nove opere, per arrivare a centottontadue e ora tornare a ventisette.
SCENARI PERICOLOSI
Certo, il quadro di finanza pubblica in cui questo elenco si colloca, appare molto diverso rispetto agli anni passati: i vincoli di bilancio sono severi e destinati a rimanere tali per tempi non brevi. Sembra evidente che mancheranno le (ingentissime) risorse necessarie per realizzare tutte le opere previste da questo ennesimo grande piano. Molte delle opere sono di assai dubbia utilità per il paese, e ci si potrebbe chiedere se questo sia poi un gran male. Ma purtroppo una recente modifica legislativa, già commentata su lavoce.info, configura uno scenario davvero pericolosissimo: che si proceda per lotti costruttivi e non per lotti funzionali, cioè non più per parti di opera che, pur non completandola, hanno comunque una qualche utilità: per esempio, una parte in ogni caso percorribile di una linea ferroviaria o autostradale. Un lotto costruttivo, invece, può pure finire in aperta campagna ed essere comunque appaltato, magari in prossimità di elezioni, anche se poi l’opera non sarà mai finita. In passato, prima dell’obbligo ora decaduto del lotto funzionale, è successo molto frequentemente.
I tagli molto severi ai trasferimenti per gli enti locali, anche per investimenti, manutenzioni e così via, configurano poi un altro grave (e nuovo) squilibrio: rimarranno risorse principalmente per le grandi opere, finanziate dal centro, e assai meno per le piccole opere locali e le manutenzioni, con buona pace del federalismo. Ora, ciò ha riflessi non solo sui problemi di traffico e di costi per l’ambiente, con le famiglie e le imprese connessi principalmente agli spostamenti in area regionale o urbana (il 75 per cento), ma anche in termini occupazionali e anticiclici perché le piccole opere e le manutenzioni sono a intensità di lavoro molto più elevata che non le grandi.
FERROVIE IN PRIMO PIANO
Dal punto di vista funzionale, il documento richiama due questioni fondamentali. La prima è l’assoluta priorità di investimenti ferroviari per favorire il cambio modale tra strada e ferrovia. Così però si ignora il fatto che forse le opere fisiche sono meno urgenti di una accelerata liberalizzazione del settore. Ma si sorvola anche sul fatto che le infrastrutture ferroviarie sono prive di ogni ritorno finanziario, e quindi generano costi pubblici molto più elevati delle opere autostradali. E ciò implica anche l’impossibilità per tali opere di un qualche reale contributo della finanza privata. Sono invece possibili, purtroppo, contributi fittizi, come addossare parte dei costi alle Ferrovie dello Stato, che poi se li fanno rimborsare dall’azionista, che è ancora lo Stato.
La seconda questione riguarda gli attesi finanziamenti europei per i corridoi Ten-T, che si prevede possano raggiungere anche il 20 per cento del costo delle opere, soprattutto le ferrovie di valico. A parte il fatto che i finanziamenti sono tutt’altro che certi (ci sono ventisette Stati che aspirano ad averli e le risorse scarseggeranno anche a livello europeo), questi riguardano solo le gallerie di valico. Per fare un esempio, a oggi sono disponibili circa 600 milioni europei per la galleria della linea Torino-Lione, il cui costo previsto è dell’ordine dei 7 miliardi. Mentre il costo complessivo dell’opera, secondo previsioni recenti, arriverà a 22 miliardi. E si ricorda che dato lo scarso traffico previsto, non vi saranno ritorni finanziari di qualche rilievo pratico da questo investimento.
Tuttavia, si può pensare a una strategia complessiva per le grandi opere con elementi di ragionevole compromesso politico, pur se chi scrive mantiene una forte contrarietà tecnica a questo approccio cementizio e centralizzato agli investimenti infrastrutturali. Si potrebbe tornare senza traumi a un approccio particolare di lotti funzionali, articolato con strategie temporali in funzione della domanda, che eviti i micidiali stop and go che fanno esplodere i costi e rendono interminabili le opere.
Ogni grande opera non viene più progettata in termini di tutto o niente come ora, ma in fasi successive, strettamente correlate al crescere reale della domanda e alla disponibilità finanziaria garantita e bloccata per ogni lotto di cui si avviano i cantieri.
Politicamente, non si debbono dire dei sì o dei no secchi (anche se in molti casi andrebbero detti
). Si negozia l’articolazione temporale e funzionale del progetto – chiedere di usare analisi costi-benefici a supporto di tale articolazione potrebbe suonare persino ambizioso, dato l’assoluto e non innocente analfabetismo economico dell’amministrazione italiana rispetto alla prassi di altri paesi, sviluppati e non.
Una obiezione possibile: le false spese, cioè il rischio che questa articolazione renda poi superflua qualche componente dell’opera. Un esempio: un progetto ferroviario destinato oggi al traffico merci vede nel lunghissimo periodo una crescita del traffico passeggeri tale da giustificarne il passaggio a caratteristiche di alta velocità. Di nuovo, solo un’accurata analisi economico-finanziaria può dare risposte razionali. Ma una di queste potrebbe essere che in vista di quel lontano futuro si possa intervenire con interventi parziali sul tracciato (manufatti eccetera) che gradualmente incrementino la velocità di esercizio. Comunque, l’alternativa a questo compromesso può davvero essere terribile: una lunghissima fase di stop and go in funzione delle risorse annue disponibili, con opere mai utilizzabili fino all’inaugurazione finale, quando forse saranno anche tecnologicamente obsolete.
Tabella – Le opere prioritarie dell’allegato infrastrutture
1. Il nuovo tunnel ferroviario del Brennero
2. Il passante di Mestre completato
3. La BreBeMi
4. La Pedemontana lombarda
5. Il nuovo tunnel ferroviario Torino-Lione
6. l’asse ferroviario AV Milano-Genova.
7. L’asse ferroviario AV Milano-Verona
8. La gronda ferroviaria di Genova
9. L’asse autostradale Cisa
10. La Variante di valico autostradale
11. L’asse autostradale Livorno-Civitavecchia
12. La terza corsia raccordo anulare di Roma
13. L’asse autostr. Salerno-Reggio Calabria
14. La Strada statale ionica
15. L’asse autostradale Palermo-Messina
16. L’autostrada Catania-Siracusa
17. Il nodo ferroviario di Palermo
18. L’autostrada Ragusa-Catania
19. L’asse ferroviario pontremolese
20. Le reti metropolitane di Milano
21. Le reti metropolitane di Roma
22. La metropolitana di Brescia
23. Le reti metropolitane di Napoli
24. Le reti metropolitane di Catania
25. Il Mose
26. Il Ponte sullo Stretto
27. Gli schemi idrici del Mezzogiorno
Gli importi allocati, già spesi o necessari al completamento di tali opere, sono largamente differenziati, così come sono differenziati gli stati di avanzamento dei lavori, che vanno dallo 0 al 100 per cento. Per nessuna delle opere poi, come da prassi consolidata, è stato presentato un saggio atteso di redditività economica, né un saggio atteso di redditività finanziaria, né una stima della domanda servita.
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zannarini
Siamo in pieno teatro dell’assurdo, l’Italia intera è già piena di opere inutili, mai completate, o inutilizzabili. Pare che la strategia sia quella d’impoverire il più possibile l’intera popolazione, che paga con le sue tasse l’apologia dello spreco. Contro quest’andazzo irresponsabile è possibile promuovere un azione risarcitoria?
Carla Mattioli
Sta per partire (forse) in Valle di Susa il tunnel geognostico di Chiomonte. E un sondaggione di 7,8 km , assolutamente inutile, finanziato dallEuropa con 146 milioni di Euro, anche a fronte di nessuna garanzia rispetto al finanziamento complessivo del nuovo progetto Torino Lione, il cui costo si aggira sui 20 miliardi e che potrebbe essere realizzato per lotti costruttivi. Già a settembre Virano, presidente dellOsservatorio per il TAV To-Lione, ha dichiarato in Prefettura questa possibilità data dal CIPE. Un enorme esborso di danaro pubblico (non cè un privato che investa su questa infrastruttura), che andrebbe a gravare sul debito italiano futuro (Grecia e Irlanda docent). Si distruggerà così, solo per dire elettoralmente che lopera è cominciata, una delle zone più belle della Valle. Lì ci sono le Gorge della Dora, un tappeto di vigne di Avanà DOC al sole tiepido tutto lanno, a mille metri, e il sito archeologico della Maddalena, definito la Pompei del Neolitico. Ma se se ne fregano della Pompei romana, figuriamoci di questa. "No, tu non mi hai mai tradito, paesaggio" (A. Zanzotto) Carla Mattioli, sindaco di Avigliana