Due anni e mezzo all’insegna della decisione di non decidere. Questa, in sintesi, la politica economica del Governo Berlusconi, confermato dai due rami del Parlamento ma appeso a una maggioranza risicata di tre voti alla Camera. La scelta di non fare nulla ha portato a una caduta complessiva del reddito nazionale del 6,5 per cento e del reddito pro-capite di più del 7 per cento. Ma ha anche evitato un ulteriore deterioramento del deficit pubblico. Soprattutto, però, il governo non ha realizzato nessuna riforma strutturale benché disponesse di una larga maggioranza in Parlamento. E così l’Italia ha perso altri trenta mesi senza il varo di provvedimenti indispensabili per riprendere a crescere.
Meriti e demeriti della politica economica del quarto Governo Berlusconi, giunto a due anni e mezzo di vita e destinato a proseguire con difficoltà se manterrà il margine di appena tre voti di maggioranza alla Camera, si riassumono nella decisione di non decidere. Si è scelto consapevolmente di evitare qualsiasi misura di contrasto alla grande recessione. Questo ha contribuito alla più forte caduta del prodotto interno lordo nell’Italia del dopo-guerra: nel complesso, un calo del 6,5 per cento. Tra i paesi del G20 solo il Giappone ha fatto peggio. Da notare che la caduta in Italia è stata doppia di quella della Francia, un altro grande paese Ocse che, come il nostro, non ha registrato né lo scoppio della bolla immobiliare né una seria crisi bancaria. Allo stesso tempo, l’inazione del governo ha evitato un forte deterioramento del deficit pubblico. Alla luce della crisi del debito sovrano che ha colpito l’Eurozona non è difficile riconoscere i vantaggi di questa politica. La situazione avrebbe potuto essere decisamente peggiore.
I problemi dell’economia italiana e le preoccupazioni maggiori per la sostenibilità del nostro enorme debito pubblico sono tutti legati alla bassa crescita del prodotto potenziale. Come rivela anche la struttura temporale dei Cds, gli investitori non sono tanto preoccupati per la legge finanziaria del 2011, quanto per le condizioni economiche dell’Italia tra cinque-dieci anni. I problemi di medio periodo sono stati trascurati dal governo Berlusconi: non ha varato nessuna delle riforme strutturali essenziali per migliorare la crescita potenziale dell’Italia, sebbene potesse contare su una solida maggioranza in entrambe le Camere.
TRE DECISIONI, TRE PASSI INDIETRO
Perché il governo ha scelto il basso profilo in politica economica? Il livello del debito pubblico italiano non lasciava molto spazio per politiche fiscali anticicliche. Tuttavia, qualcosa di più per stimolare l’economia al manifestarsi della crisi poteva essere fatto. Per esempio, sarebbe stato possibile offrire un sostegno al reddito delle persone che hanno perso il lavoro attraverso una riforma del sistema degli ammortizzatori sociali, che sarebbe stata utile anche dopo la crisi.
Una possibile spiegazione per l’inazione del governo in questi due anni e mezzo è che le misure concordate dalla coalizione che ha vinto le elezioni nel 2008 non erano pensate per un paese che stava entrando in una grave recessione finanziaria ed è mancata una leadership capace di indicare le nuove priorità e definire provvedimenti adatti alla nuova situazione macroeconomica. E infatti nei suoi primi tre mesi di vita il governo aveva preso delle decisioni, tre in particolare, che sono state messe subito in fuorigioco dalla crisi.
La prima era una riduzione delle imposte sugli straordinari, una misura destinata a incrementare le ore di lavoro. Ovviamente, mentre la disoccupazione cresceva e molti altri paesi utilizzavano in modo massiccio il margine intensivo per contenere la perdita di posti di lavoro, abbiamo assistito a una rapida inversione a U: il taglio alle imposte sugli straordinari è stato accantonato ed è stato incentivato il lavoro a orario ridotto. Una sorte simile è toccata alla cosiddetta Robin Hood Tax che, secondo il ministro Tremonti, avrebbe dovuto tassare banche e petrolieri e fornire così le risorse da destinare ai poveri. La tassa sulle banche ha dovuto essere trasformata in un impegno a garantire denaro fresco alle istituzioni finanziarie in difficoltà attraverso i Tremonti-bond. Anche il piano di aumentare la tassa sulle raffinerie e sugli speculatori sul prezzo del petrolio, definito quando il prezzo del greggio era a 160 dollari, ha dovuto essere accantonato con il prezzo sceso a 30 dollari al barile. L’ultima misura presa all’inizio della legislatura è stata la cancellazione dell’Ici sulla prima casa, una delle maggiori fonti di entrata per le amministrazioni locali. Questa imposta non è ancora stata reintrodotta, ma il governo sta introducendo diversi nuovi tributi sugli immobili, che in definitiva dovrebbero ricostituire il gettito perso con quella decisione iniziale, tanto popolare quanto anacronistica.
LE RIFORME E L’EMERGENZA
Insomma, l’Italia ha perso altri trenta mesi senza realizzare quelle riforme che sono assolutamente necessarie per tornare a crescere. È vero che è difficile varare riforme in fasi negative del ciclo, ma un buon numero di riforme, per lo più strutturali, sono state attuate nell’Unione Europea proprio nel corso di una recessione. Il fatto è che le condizioni di emergenza economica sono situazioni di “politica straordinaria” nei quali è possibile dar vita a coalizioni più larghe per sostenere riforme di politica economica ad ampio raggio. Un governo che persegua un’agenda di riforme, in queste circostanze, rende consapevole l’opinione pubblica dell’emergenza che ci si trova ad affrontare e fa appello al senso di responsabilità dell’opposizione. Il governo Berlusconi, e i media direttamente o indirettamente controllati dal presidente del Consiglio, hanno scelto una diversa strategia di comunicazione. Hanno costantemente sminuito le dimensioni della crisi. Una simile strategia di comunicazione può aver evitato il pesante calo di consenso sperimentato da altri governi nel corso della grande recessione, ma può rivelarsi controproducente. La delusione degli italiani verso Berlusconi sarà ancora più grande di quanto lo sarebbe stata se il governo avesse giocato a carte scoperte, presentando la situazione come è davvero.
L’articolo è stato trodotto in lingua francese da Telos-eu.com.
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ormaistanco35
Prendiamo nota che il Presidente della Repubblica deve avere 63 anni quando prende il mandato, non 75 o più. Svegliamoci, mandiamo gli anziani a riposare prima che possano fare danni. Senza offesa, parola di un settantacinquenne.
federico
Siamo in una situazione difficilissima. Per poter diminuire la disoccupazione (e spingere la domanda) bisogna ricorrere a importanti investimenti pubblici senza però aumentare il deficit. (Se si vuole restare nell’area euro). Non resta che ricorrere a ulteriori privatizzazioni e eventualmente a un’imposta straordinaria sul patrimonio. Per far questo occorre che il governo abbia una sufficiente autorità morale, conseguibile solo se verrà adottata una condotta eticamente corretta. Potrà il governo raggiungere questo traguardo ?
luca
Il problema da superare è costruire nel futuro una alternativa seria, robusta, credibile: in questo modo il problema del “contatore” diventa irrilevante. Il Governo ha perso e sta perdendo molto. Il problema è chi acquisisce tali perdite: se si tratta solo di sfiduciati ….
Rinaldo Sorgenti
Incredibile questa critica generica e preconcetta che fa finta di non vedere che la crisi non è certo di natura interna ma globale. Basterebbe avere l’onestà intellettuale di misurare le cose confrontando la nostra situazione con quanto è avvenuto e sta avvenendo in numerosi altri Paesi d’Europa, Paesi che fino a 2-3 anni fa erano citati dalle stesse voci ad esempio di capacità e sviluppo. Si parla di capacità d’iniziativa e necessità di riforme, quando poi i rappresentanti di queste stesse aree di pensiero fanno l’impossibile per impedirle in Parlamento. Ci si riempie la bocca evocando una maggioranza ampia in Parlamento anzichè stigmatizzare il becero comportamento di politicanti disfattisti che non meritano certo l’apprezzamento dei loro elettori. Questa sarebbe l’area alternativa nel Paese? Povera Italia.
salvatore bellino
Prof. Boeri,
Ma i duecento e più miliardi di aumento del debito in due anni non sono un’enormità?
Ma poi, spesi in cosa?
Michele D.
Una delle risposte era combattere l’evasione fiscale impostando le forze per il futuro, e questo anche se siamo in una crisi economica seria. Il senso dello Stato questo governo non lo ha. Non ha fatto niente di positivo per i giovani che corrono il rischio di diventare una generazione persa perchè senza lavoro o quel poco lavoro pagato con prezzi personali troppo alti. Io sono in pensione e sono stato chiamato a lavorare, ma i giovani di oggi che sono il futuro della Nazione che fine faranno? Ma abbiamo le televisioni…..
luciano fedi
E adesso cosa farà Berlusconi? Prenderà atto che il paese è diverso da quello sbandierato dai media sotto il suo controllo?il tempo darà le risposte. Una cosa però è apparsa in tutta la sua drammaticità:i nostri parlamentari hanno offerto al paese una immagine desolante; mia nonna diceva a tal proposito "da far cascare il pan di mano".
Massimo Corsi
Caro Prof. T. Boeri: la sua analisi della situazione corrente in Italia è giusta. Tuttavia, quando dice "Insomma, l’Italia ha perso altri trenta mesi senza realizzare quelle riforme che sono assolutamente necessarie per tornare a crescere", dovrebbe scendere nel dettaglio, indicando quali riforme adottare e come strutturarle per essere poi sostenibili ed efficaci nel tempo. Pertanto le lancio io una proposta di discussione, che poi riguarda il vero male del nostro paese. Il nostro paese soffre di corruzione e di evasione/elusione dell’imposta IVA: stimate in circa 60 e 120 mld di euro all’anno. Se il sistema Italia riuscisse a recuperare anche soltanto la metà di questi denari, il paese farebbe uno scatto in avanti, ridando smalto alla nostra economia: con benefici per tutti. E’ ovvio che raggiungere questi risultati significa rinnovare, quasi completamente, l’attuale classe politica. Credo che il problema sia tutto lì. I latini dicevano "ripetita iuvant". Cercate voi esperti, inclusi giornalisti bravi, di indicare all’opinione pubblica come ridurre questi cancri e convincere che il problema dll’Italia è l’interesse di pochi a danno di molti, mediato dall’attuale classe politica.
Claudio Lama
Una recente indagine effettuata da Krls Network of Business Ethics per conto di Contribuenti.it ci conferma al primo posto in Europa per quanto riguarda l’evasione fiscale con circa il 54% del reddito imponibile evaso. Nella speciale classifica precediamo Romania (42,4%), Bulgaria (39,8%), Estonia (38,2%), Slovacchia (35,4%). Nel nostro paese la pressione fiscale è piuttosto sostenuta, diversamente i paesi che ci seguono in quella classifica sono anche quei paesi che adottano politiche fiscali a bassa pressione Slovacchia (29,2%), Romania (29,5%), Estonia (32,4%), dati ISTAT. Paesi invece virtuosi dal punto di vista della fedeltà fiscale come Danimarca e Svezia presentano valori più alti della pressione fiscale, rispettivamente il 49,2% e il 47,6%. Queste cifre sono significative e vanno un pò a sfatare il mito secondo cui ad una bassa pressione fiscale corrisponde una maggiore fedeltà fiscale. Concetto che da tempo si vuol fare passare in Italia, soprattutto attraverso la propaganda berlusconiana alla quale tuttavia non seguono mai provvedimenti in tal senso. Mi pare in verità che non la pressione ma altri i fattori "ambientali" incidano sull’italico disinnamoramento.
Maurizio
In un periodo di vacche magre il governo del grande Berlusconi ha strumentalizzato come voleva la crisi internazionale: quando di parlava di Lui dovevamo essergli grati che in Italia non avevamo avuto conseguenze, quando si parla dei soldi che non ci sono dobbiamo essergli grati perché non ha messo le mani nelle tasche degli italiani. Ora è molto bello che i vecchi pensionati statali che non hanno lavorato e hanno avuto solo diritti se la prendano con l’evasione fiscale monstre che potrebbe risolvere tutti i problemi ma che malgrado gli sforzi Berlusconi non riesce a sconfiggere (nons arà comunista anche l’evasione fiscale) ma qualcuno si ricorda che abbiamo il record di pressione fiscale sul PIL? secondo i parassiti, che sono stati e sono tanti, chi gli paga i loro diritti?
Francesco Burco
Berlusconi e Tremonti hanno responsabilità grosse. A parte che se prendiamo il PIL dal 2001 (quindi in un periodo florido per il commercio internazionale) vediamo una serie impressionante di zero, zero virgola poco e qualche drammatico meno: concludendone che, se proprio non vogliamo riconoscere che un governo può incidere in 10 anni sul Pil, quantomeno porta sfirtyba. Comunque nel primo Berlusconi (quello che parte dal 2001 abbonandogli il ’94) hanno proprio fatto delle sciocchezze tipo modulo 1 e 2 della riforma fiscale (soldi buttati senza aumentare nulla se non il debito), condoni vari, etc. Per non parlare poi di come è stata assecondata, sotto il silenzio compiacente dell’Istat, la più grande redistribuzione di ricchezza della storia (leggi euro). Sul Berlusconi post 2008 il nulla eterno. Peccato perché l’Italia è talmente ridotta male che per le riforme da fare non serve un economista ma basterebbe una massaia. Liberalizzare i servizi municipalizzati (Atac dice qualcosa), abolire le Province, federalismo fiscale, mobilità del lavoro e ammortizzatori, professioni libere, ricerca e ammortizzatori per giovani, abbassare le imposte recuperando evasione. 10 anni buttati altro che 30 mesi…
mesmero
il governo B. non ha scelto di non scegliere, ha semplicemente governato per i propri interessi, tra le cause del pessimo andamento economico dell’Italia vi è anche, a mio avviso, il fatto che gli Italiani sotto il governo B. percepiscono chiaramente che non vi sono prospettive buone per il futuro perché il governo non ha nessun progetto politio e sociale e vi è in tutti la netta percezione che se non si entra nel giro delle relazioni privilegiate (corruttele di ogni genere e specie, a solo titolo di esempio ricordo le nomine all’ACI) non si hanno possibilità di costruire percorsi sociali ed economici in crescita. Gli effetti sulla società sono devastanti (mancata selezione dei migliori, ossia dei capaci e degli onesti a favore degli incapaci e disonesti) e il declino del paese è il risultato finale (in Confindustria e in altre associazioni di produttori quando applaudono a B. e ridono alle sue stupide barzellette si rendono conto di costa stanno facendo?).
Luciano
Solo quando il suo interesse proivato e il "nostro" interesse pubblico coincideranno ci sarà speranza che durante le sue 21 ore di lavoro quotidiano (in senso lato, includendo i famosi ed invidiatissimi "momenti di relax") produca qualche cosa di buono per tutti. I conflitti di interesse vs. Sky e Internet sono un buon esempio. A quanta crescita rinunciamo per "strozzare" i business o le tecnologie potenzialmente in rotta di collisione con gli interessi Mediaset? PS. in tutto ciò non dimentichiamoci di D’Alema, Veltroni, VIolante & co. che hanno reso possibile tutto ciò.
Mirko Prezioso
Mi domando quale siano le differenze, le motivazioni, della migliore tenuta della Francia. Quali sono state le decisioni politiche? Oppure è solo questione di punto di partenza?
Salvatore
Con i governi Berlusconi l’Italia non ha perso 30 mesi, ma almeno 10 anni. Anni in cui il Presidente del Consiglio si è preoccupato (e si preoccupa) solo dei suoi interessi privati. Mi piacerebbe che i politici quando parlano di riforme avessero ben presente tutto il sistema Italia, compresi i loro assurdi e vergognosi privilegi, tipo indennità di 22.000 euro al mese, mentre i lavoratori percepiscono 1.200 euro mensili; mensa quasi gratis mentre i lavoratori devono pagare il pasto profumatamente; vitalizio di 3.000 euro al mese senza mettere mai piede in Parlamento, mentre i lavoratori devono sgobbare per almeno 40 anni per prendere una miseria di pensione. Qualcuno dirà che fatti i conti non sono grandi cifre. Certamente, ma tante piccole cose messe insieme fanno grandi numeri. Giornalisti e economisti non sarà il caso di ricordarlo a lor signori parlamentari ogni volta che si accingo a parlare di sacrifici per risollevare le sorti dell’Italia? Ricordarglielo fino alla noia, fino a quando non comprendono che loro, i parlamentari, sono lì di loro spontanea volontà – hanno scelto di andarci – per servire il Paese non per dilapidarne le risorse a proprio vantaggio.
Vincenzo Costantino
Le obiezioni alla politica economica del governo, contenute in questo articolo, sono tanto più incisive se si ricorda che il ministro Tremonti, più volte, ha sostenuto di aver previsto la crisi, unico tra i ministri economici degli stati occidentali (ipse dixit!)
lodovico
Per molti il problema sembra essere l’evasione fiscale ed il modo di combatterla. Perchè non ammettere il fallimento della riforma fiscale ai suoi tempi effettuata dal centrosinistra fresco di concetti riformisti e moderni? Anche in presenza di una ampia evasione l’industria e le banche non sono in grado di competere e fare utili ed in questa ultima parola c’è il dramma italiano.E’ Il sistema Italia malato dove esistono solo diritti universali ed illimitati.
BOLLI PASQUALE
L’Italia è il paese dei tarallucci e vino e non sono sufficienti tre o trentatre voti per governare. E’ necessario formare gli italiani che per comportamento non fanno un popolo. Purtroppo il nostro destino è deciso come diceva il grande Totò: dai gonzi, i burini i fessacchiotti. A questi sono da addebitare le colpe; a questi dobbiamo la devastazione nel campo della onestà, moralità, cultura e solidarietà. La gestione della politica non ha bisogno di grandi uomini ma di uomini onesti che sappiano fare il bene comune e non il proprio. Oggi l’Italia per come è stata ridotta ha poche possibilità di risorgere: le risorse sono state depredate, nelle scuole non abbiamo nemmeno la carta igienica perchè a tanto devono provvedere le famiglie,le forze dell’ordine sono senza benzina,negli ospedali spesso mancano le lenzuola. Ma i tarallucci e vino per quando tempo ancora potranno essere disponibili?