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QUELLO CHE SAPPIAMO DI FABBRICA ITALIA

Il progetto Fabbrica Italia, con il quale Fiat intende riorganizzare la produzione per superare la crisi e aumentare la produzione nel nostro paese, divide politici, lavoratori e sindacati. Al di là della legittimità o meno delle condizioni imposte per operare gli investimenti, qual è il progetto che sottostà alle decisioni riguardanti l’uno o l’altro stabilimento? La casa torinese intende rivoluzionare la struttura produttiva in Italia, agendo impianto per impianto.

Il 2011 sarà un anno cruciale per il gruppo Fiat. Più di altri concorrenti, ha pagato a caro prezzo l’aver bloccato progetti che non fossero in stato avanzato di sviluppo. Così l’azienda ha risparmiato risorse, considerato il trend negativo del mercato europeo. Ma in assenza di incentivi alla rottamazione, presentarsi sul mercato con meno prodotti nuovi rispetto ai concorrenti risulta penalizzante.

GRUPPO

NUOVI LANCI

2009-2010*

LANCI SALIENTI QUOTA DI MERCATO
IN EUROPA
NEL 2010
E VARIAZIONE
VOLKSWAGEN 28 VW Golf, auto più venduta inEuropa nel biennio.
VW Polo
21,3% (+0,2%)
PSA 18 Peugeot 5008
Peugeot 207 (seconda auto
più venduta in Europa nel biennio)
13,4% (+0,4%)
RENAULT-NISSAN 23 Nissan Qashqai, top selling crossover.
Renault Clio
10,2% (+0,9%)
FIAT 16 FIAT Punto Evo,
Alfa Romeo Giulietta
7,6% (-1,1%)

*Il dato comprende lanci e restyling di prodotti considerando versioni commercializzate nel nostro paese. Sono esclusi dal conteggio i segmenti di lusso e serie sportive limitate. 

Il freno su alcuni progetti di fatto ha consentito a modelli dei competitor di non avere una diretta alternativa Fiat. Le scelte della casa di Torino influenzano fortemente il nostro paese, infatti la produzione di automobili in Italia vuol dire Fiat: da 0,9 milioni di unità del 2007 è scesa a 0,6 milioni nel 2010. È prioritario per Fiat riacquistare competitività in Europa, anche attraverso una nuova gamma di prodotti, più equilibrata di quella attuale.
Nel 2010 hanno riscosso successo veicoli tipo Suv e Crossover, come dimostrato dal caso del modello Qashqai di Nissan, un esempio di prodotto contro il quale Fiat non ha lanciato un’alternativa. In Germania, il principale mercato europeo, dall’attuale 11 per cento, i Suv potrebbero passare a rappresentare nei prossimi anni una quota compresa tra il 13 e il 15 per cento. La Fiat deve perciò superare due grandi sfide: riequilibrare la gamma prodotti e migliorare l’efficienza produttiva. Ed è da qui che bisogna partire per capire le scelte di Sergio Marchionne.

SUV MADE IN ITALY

Fiat intende cambiare il mix di automobili prodotte e al contempo aumentare il livello di saturazione degli impianti produttivi in Italia. L’azienda ha il livello di utilizzo medio degli impianti più basso d’Europa e i cinque stabilimenti del nostro paese contribuiscono ad abbassare l’indicatore. Il grado di utilizzo degli impianti determina il costo medio unitario delle autovetture e di conseguenza la redditività dell’impresa. Negli ultimi due anni il livello di saturazione medio degli impianti di Fiat è stato del solo 55 per cento, ma si tratta di un problema che, crisi a parte, ha sempre attanagliato l’azienda. Da qui viene la scelta di chiudere lo stabilimento di Termini Imerese: dal punto di vista aziendale, non ha senso mantenere attivo un impianto per produrre un solo modello di vettura, Lancia Ypsilon, tanto più se è un modello con posizionamento di prezzo medio-basso. A causa di diverse inefficienze strutturali, per ogni Lancia Ypsilon prodotta, si genera una perdita di oltre 1.100 euro. Lo stabilimento siciliano non può purtroppo garantire le condizioni di economicità dello stabilimento di Tychy in Polonia, dove infatti sarà trasferita la produzione dal 2012.
Per Mirafiori, Fiat ha deciso di fare due cose. In apparente contrasto con l’obiettivo dichiarato di aumentare la produzione di auto in Italia, ha prima deciso di spostare a Kragujevac in Serbia la piattaforma L0, che produrrà 200mila unità annue delle nuove versioni di vari modelli di successo del gruppo (Fiat Idea, Lancia Musa e Fiat Multipla). Al suo posto verrà una nuova piattaforma, frutto dell’integrazione tra AR Giulia con veicoli Chrysler, operativa nel 2012. Si produrranno così in Italia vetture ad alto valore unitario su larga scala (250-280mila unità annue), grazie a un investimento di oltre un miliardo di euro, suddiviso in un 60 per cento Fiat e 40 per cento Chrysler. Saranno prodotti Suv e vetture dei segmenti C e D a marchio Alfa Romeo e Jeep, quindi con un posizionamento di prezzo medio-alto e profittabilità elevata. Oltre la metà delle macchine prodotte (in particolare, dal 2013, Jeep Compass-Patriot) sarà destinato al mercato nordamericano. La nuova produzione consentirà allo stabilimento di mantenere un ruolo centrale come realtà produttiva, e in prospettiva generare nuove opportunità di lavoro. La riscossa di Fiat in Europa parte da qui: la rete di vendita avrà un presidio più capillare di concessionari che favorirà la penetrazione dei mercati e la commercializzazione di vetture con margini più alti. In questo modo, Alfa Romeo potrà raggiungere una maggiore quota di mercato attraverso il presidio di nuovi segmenti. Nel complesso, le scelte intorno a Mirafiori sembrano comportare una svolta necessaria nell’industria automobilistica italiana: il nostro paese è in svantaggio competitivo sul contenimento dei costi produttivi rispetto a realtà dell’Est Europa e quindi occorre puntare su vetture dal più alto valore aggiunto.

POMIGLIANO, CASSINO E MELFI

Pomigliano d’Arco costituisce un esempio in controtendenza e in apparente contraddizione con quanto vale per Mirafiori. A Pomigliano, dal prossimo anno, verrà infatti prodotta la nuova Panda, una delle utilitarie più vendute in Europa e uno dei modelli di punta per la Fiat del futuro. Si tratterebbe di una sorta di delocalizzazione al contrario: dallo stabilimento Polacco di Tychy, la Panda nella nuova versione tornerebbe in Italia. L’investimento richiede a Fiat circa 720 milioni di euro, ma è possibile proprio in quanto riutilizza la stessa piattaforma di Tychy; le componenti che differiranno saranno principalmente quelle specifiche che creano differenziazione tra i modelli (circa il 30 per cento). L’espediente riduce i costi e al contempo garantisce l’affidabilità della produzione (circa 270-280mila unità). I costi relativi alla piattaforma e al disegno dell’architettura del prodotto sono già stati ammortizzati nello stabilimento polacco, grazie al successo dei modelli lì prodotti finora (la Panda, la Cinquecento) e alla condivisione della stessa piattaforma per modelli a marchio Ford con la joint-venture tra i due gruppi. Anche gli attuali fornitori potranno beneficiare di economie di scala grazie all’aumento dei volumi produttivi di molte componenti. La stessa piattaforma sarà poi utilizzata nello stabilimento campano per la produzione di un veicolo a marchio Jeep, realizzando un Crossover Suv con il pianale Panda: un altro segnale dell’intenzione dell’azienda di variare la gamma prodotti. Sarà la stabilità della produzione a determinare l’abbattimento dei costi medi unitari, riducendo l’incidenza del costo della manodopera. Per quanto, però, le nuovi condizioni di lavoro e la nuova produzione siano volte a migliorare l’efficienza di Pomigliano, resta lo svantaggio molto forte nei confronti di Tychy, che nel 2009 ha lavorato con saturazione superiore al 93 per cento. Pur di preservare lo stabilimento italiano, Fiat è disposta a farsi carico di componenti di costo aggiuntive (sostenibili). Si assume gli oneri di conversione dei macchinari di Pomigliano e di formazione del personale: un investimento complessivo di 720 milioni di euro, che in ogni caso sarebbe stato più contenuto a Tychy. Difficilmente in Italia si possono trovare condizioni adeguate per produzioni di vetture a basso valore aggiunto, come dimostra il fatto che se si eccettua il gruppo italiano, nessun’altra azienda del settore ha investito nel nostro paese per questo segmento.
Date le premesse, è logico attendersi l’estensione delle nuove condizioni contrattuali anche ai restanti impianti di Cassino e Melfi, oltre che un cambiamento delle tipologie di vetture prodotte: è lecito pensare che l’azienda insisterà sull’integrazione tra vetture Lancia e Chrysler, su una maggiore penetrazione del brand Jeep in Europa e su vetture sportive nate dalla collaborazione tra Alfa Romeo e Dodge-Chrysler. L’azienda, perseguendo in questi fondamentali cambiamenti, può riportare la produzione italiana sopra la soglia delle 900mila unità annue ed aumentare la competitività in Europa.  

IL ROSPO E IL PRINCIPE

Nel complesso, il gruppo Fiat chiude il 2010 con perdite in Europa vicine a 1 miliardo di euro. Il 2010 è un brutto rospo da mandare giù. Ma, secondo le stime di Morgan Stanley, con la nuova gamma di prodotti, l’azienda potrebbe raggiungere il pareggio nell’area già nel 2013. È solo con i nuovi investimenti che il rospo del 2010 (i brutti dati, figli della fine degli incentivi) si potrebbe trasformare nel principe nel non troppo lontano 2013.

PER SAPERNE DI PIÙ

Andrea Malan, Il Sole-24Ore, “Fiat potrebbe salire al 51% di Chrysler prima del 2013. Salta la trattativa per Mirafiori”;
Automotive News Europe, “Marchionne aims Mirafiori labor deal at other Italian plants” “Marchionne wins labor deal at key Fiat plant – Turin factory will build Jeep models for U.S.”;
Gilles Castonguay, Wall Street Journal “FIAT, Rome, wrestle on Sicilian plant”;
Luca Ciferri, Automotive News Europe “Fiat to invest 700M euros to build Panda in Italy” “Fiat foresees second-half sales rebound; profitability to remain under pressure” “Marchionne’s dilemma: To sell or not to sell Alfa?” “Fiat faces crucial 2011”;
Mario Cianflone, Il Sole-24Ore, “Chrysler: 21 modelli entro il 2014 e 3 piattaforme con Fiat”;
Morgan Stanley – gennaio 2011 – “ FIAT, What’s going on in Italy?”;
www.acea.be – European Automobile Manufacturers’ Association;
www.carsitaly.net.

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QUANTO SOTTRAGGONO AL FISCO LE ESENZIONI PER GLI ENTI ECCLESIASTICI?

  1. Gerardo Nunziante

    Articolo molto interessante… Dettagliato e puntuale… Complimenti all’autore…

  2. Marino

    ho letto di previsioni relative al fatto che il prezzo del petrolio nel 2011 potrebbe tornare a cento e più dollari al barile. Che impatto potrebbe avere sulla vendita dei Suv, che negli anni passati avevano risentito della crescita dei prezzi del carburante?

  3. Stefano

    Condivido il giudizio positivo sull’articolo espresso da Gerardo Nunziante. Mi sembra che la Fiat stia cercando di porre rimedio alle politiche folli dei decenni passati in cui, per via degli incentivi agli investimenti nell’Italia meridionale, sono stati aperti impianti inefficienti in in aree svantaggiate e non competitive. Finiti gli incentivi, con un mercato automobilistico saturo ed altamente competitivo e con la crisi alle porte bisogna razionalizzare la produzione. Al di là dei soldi investiti negli impianti italiani (non molti), mi sembra che il resto della razionalizzazione come al solito ricada sui lavoratori con condizioni di lavoro e salari peggiori. Le previsioni di vendita di automobili per i prossimi anni di Marchionne mi sembrano peraltro eccessivamente ottimistiche, visto il gap nel design di cui soffre la Fiat se confrontata con i competitors, soprattutto tedeschi. Il contributo americano difficilmente potrà giovare in tal senso (si veda la futura Lancia Thema di derivazione Chrisler).

  4. Mauro

    Sentire Marchionne sbottare in televisione dicendo che la fiat realizza tuti i profitti all’estero e non in italia fa venire il nervoso. La quota di mercato Fiat è inferiore al 7 per cento in europa e viene tenuta in piedi dal 30% di quota in italia, dove per decenni ha goduto di protezinismo, commesse pubbliche sostegno statale di vario tipo e ben due rottamazioni. Escludendo i trattori della new holland e la Chrysler, la Fiat in sè guadagna solo in Sud America, continente in cui l’economia galoppa al 6-8% l’anno. Ma senza le macchine vendute in Italia la Fiat muore. La scelta di investire poco sui trasporti pubblici urbani e sulle ferrovie è stata volta chiaramente a favorire la vendita di auto Fiat e camion Iveco. Se siamo il paese in Europa con maggiore numero di veicoli per abitante lo dobbiamo alla Fiat: bella qualità di vita!

  5. Aldus

    Da Repubblica di oggi: Il gruppo Fiat ha superato nel 2010 tutti i target, che già erano stati rivisti al rialzo, e le attese degli analisti: il dato emerge dal bilancio, presentato stamane al consiglio di amministrazione… Al termine del cda il sono stati annunciati ricavi in rialzo del 12,3% a 56,3 miliardi di euro, un utile della gestione ordinaria per 2,2 miliardi (da 1,1 miliardi nel 2009)….. Fiat Group Automobiles ha chiuso il 2010 con un utile della gestione ordinaria pari a 607 milioni di euro (470 milioni nel 2009). I ricavi sono pari a 27,9 miliardi di euro, in crescita del 6% rispetto al 2009 (+0,5% a cambi costanti). L’effetto della contrazione dei volumi delle vetture (-8,2%) è stato compensato dal consistente incremento delle vendite di veicoli commerciali leggeri (+27%). Cioè il "Gruppo Fiat" perde un miliardo in Europa ma un altro "Gruppo Fiat" ha un utile di 2,2 miliardi. O forse voi intendete solo il comparto auto? O forse è il secondo "miracolo" di Marchionne in pochi anni.

  6. michele

    Riporto dai giornali (comunicato uguale per tutti, come sempre senza citare fonte:) "Nel 2010 il gruppo Fiat ha registrato nel 2010 ricavi pari a 56,3 miliardi di euro, in crescita del 12,3% rispetto al 2009.,,,II business dell’Automobile e dei relativi componenti (Fiat Post Scissione) hanno conseguito ricavi pari a 35,9 miliardi di euro (+9,8% rispetto all’anno precedente). Cnh, Iveco e le relative attività Powertrain (Fiat Industrial) hanno registrato ricavi di 21,3 miliardi di euro (+18,8%). Fiat Group Automobiles ha chiuso il 2010 con un utile della gestione ordinaria pari a 607 milioni di euro (470 milioni nel 2009). I ricavi sono pari a 27,9 miliardi di euro, in crescita del 6% rispetto al 2009 (+0,5% a cambi costanti). L’effetto della contrazione dei volumi delle vetture (-8,2%) è stato compensato dal consistente incremento delle vendite di veicoli commerciali leggeri (+27%)". Il titolo, intanto, è calato e Marchionne nn ha dichiarato che nn cederà pezzi del gruppo, ma che non si farà parte attiva nel cederli. Cioè: se ci saran offerte… L’unica certa di restare è Ferrari. Chi dice il vero? Chissà, ma nn è così che si fa impresa, si fa improvvisazione.

  7. luigi zoppoli

    Vedo che siamo un popolo di allenatori della nazionale ma anche di Ceo della Fiat. Ritengo che il contratto di Pomigliano sia funzionale alla saturazione degli impianti che produrranno una vettura il cui mercato principale rimarrà l’Italia. In riferimento a quanto lei dice: "…se si eccettua il gruppo italiano, nessun’altra azienda del settore ha investito nel nostro paese per questo segmento" osservo che neppure in altri segmenti nessuno si sogna di investire in Italia.

  8. luigi saccavini

    Analisi accurata sul futuro Fiat nel mercato italiano. Anche qui manca la risposta sulla assenza nel target C e week end. Si lanciano SUV (che dovranno affrontare il costo dei carburanti) e l’ennesimo lancio sulle sportive Alfa Romeo, che rappresentano nicchie e lasciano sostanzialmente campo aperto alle aziende europee e giapponesi sui prodotti week end e C, che sono la domanda maggiore per il nostro mercato e per il mercato internazionale nei paesi maturi e nei paesi di nuova industrializzazione. Fra 4 anni permane se non aumenta, un gap di un milione e mezzo di automobili. Fiat conferma la decisione di concentrare il suo investimento al settore A e alle auto di nicchia. In totale autonomia di scelta rispetto al potere politico in Italia, ma anche nella assenza di un progetto del Ministero dell’Industria che riguarda il settore. La produzione automotive in Italia se si vorrà far crescere e riequilibrare lo sbilancio fra produzione interna e nuove immatricolazioni bisognerà attrarre produttori non italiani, europei o orientali. Ne viene una immagine di paese carente di guida, che non sa dove andare nel costruire occasioni di investimento e di lavoro.

  9. Fabio Costantino

    Marchionne ha ben capito che la Fiat per vendere sul mercato di riferimento deve mantenere la sua identità nazionale. Di fatti, l’integrazione con Chrysler avverrà gradualmente e permetterà di colmare i gap della gamma di prodotto. Per rimanere in Italia è giusto passare alla produzione di veicoli ad alto valore aggiunto, del resto è lo stesso fattore di successo presente in altre industry italiane, ossia la qualità del made in Italy dell’agroalimentare. Ciò è evidente a causa dell’alto costo del lavoro nel nostro Paese. C’è ancora molto da fare per entrare nel novero dei leader di settore, ma diamo fiducia a Marchionne, i risultati sono dalla sua se consideriamo la crisi economica, e il processo di risanamento che ha dovuto attuare.

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