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QUANTO SOTTRAGGONO AL FISCO LE ESENZIONI PER GLI ENTI ECCLESIASTICI?

La seconda versione del decreto sul fisco municipale del governo reintroduce anche per l’Imu le esenzioni relative alla lettera c e i dell’articolo 7, comma 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 che riguardavano l’Ici. Per gli ignari, si tratta delle esenzioni che si riferiscono agli immobili destinati "esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive,culturali, ricreative e sportive o per uso culturale".
Nei fatti, sono per la maggior parte strutture religiose, prevalentemente di proprietà di enti ecclesiastici. La condizione ulteriore per il riconoscimento dell’esenzione è che questi immobili non siano destinati, esclusivamente, ad attività di tipo commerciale. La distinzione tra destinazione commerciale e non commerciale è già di per sé sottile: è in pratica difficile distinguere tra un ristorante e una mensa religiosa, tra una struttura recettiva e un albergo. Lo diventa ancora di più quando è sufficiente che la destinazione commerciale sia non esclusiva. L’esenzione rischia però che si introduca una discriminazione fiscale non giustificabile tra imprese che in realtà producono gli stessi servizi per il mercato. Proprio per questo, e per la terza volta, la Commissione europea ha aperto un procedimento nei confronti dell’Italia.
È curioso dunque che il governo ci abbia ripensato, e dopo averle prima escluse, probabilmente alla luce delle considerazioni della commissione europea e della Corte di giustizia, abbia poi deciso di reintrodurle, senza che ci sia stata la benché minima spiegazione o discussione sul tema. Ma c’è un’altra questione rilevante. Visto che la riforma è a costo zero, ogni euro di gettito mancato dovrà essere trovato da qualche altra parte ed è dunque importante sapere quanto le esenzioni costano al contribuente. Luca Antonini, il presidente della Commissione tecnica sull’attuazione del federalismo fiscale, in un’intervista sul Sole 24Ore del 23 gennaio, parlava di circa 70-80 milioni di euro, con riferimento a un imponibile esente di 11 miliardi. Ma queste stime non sono credibili.
Primo, perché 80 milioni di gettito (perduto) su 11 miliardi (di imponibile) fanno circa lo 0,07 per cento, cioè l’aliquota massima attuale dell’aliquota Ici. Ma l’aliquota Imu, siccome dovrebbe coprire almeno i 2-3 miliardi di imposte erariali sugli immobili abolite, sarà sicuramente più elevata, tra lo 0,75 e l’1 per cento, a seconda che le varie detrazioni previste nel decreto vengano confermate o meno. Secondo, lo stesso dato sull’imponibile è poco credibile. Il valore patrimoniale catastale complessivo delle seconde case e degli immobili destinati a attività commerciali si può valutare attorno ai 1.600-1.800 miliardi di euro, e a fronte di questo, 11 miliardi per tutte le attività prima ricordate (di poco superiore allo 0,5 per cento del patrimonio complessivo), sembra un numero troppo basso. A riprova, si ricordi che nel 2005, quando per la prima volta si parlò di estendere l’esenzione Ici alle attività commerciali ecclesiastiche, l’Anci aveva stimato una perdita per i comuni di circa 300 milioni di euro all’anno per i soli immobili di proprietà degli enti ecclesiastici, senza considerare dunque le proprietà di altre confessioni religiose e delle Onlus. La perdita di gettito Imu, data l’aliquota più elevata, dovrebbe essere un multiplo di questa cifra. Di qui la domanda al ministero dell’Economia:

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Quant’è esattamente la perdita di gettito Imu prevista per la reintroduzione delle esenzioni per gli immobili religiosi?"

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33 commenti

  1. Raffaello Morelli

    Le argomentazioni svolte sulle esenzioni sono solide ed è opportuno ripeterle di continuo, anche se per ora esiste scarsa possibilità che ottengano risposta (non ci riesce neppure l’Europa). La situazione è aggravata dalle attuali difficoltà economiche, in cui ogni entrata persa peggiora senza motivo le condizioni finanziarie dello Stato. Per questo sarebbe ancor più importante che il Ministero dell’Economia chiarisse la richiesta di informazione sulla perdita di gettito che di per sé sarebbe davvero elementare. Allora, stando così le cose, sembrano maturati i tempi per affrontare la tematica ponendo apertamente il problema politico generale della separazione tra Stato e religioni. Nello specifico, lo Stato non deve finanziare direttamente le religioni né riservare privilegi economico fiscali sulle proprietà e sui redditi di chi esercita il culto. Deve essere chiaro che farlo equivale ad agevolare la struttura temporale del culto. Ed ancor peggio è se si fa privilegiandone qualcuno, magari addirittura arrivando così a violare le condizioni di libera concorrenza, il che snatura la normale attività commerciale.

  2. Sara Guerra

    "THE constitution does not require the government to exempt churches from federal income taxation or from filing tax and information returns.” The potential implications of this comment, in a report earlier this month by Senator Chuck Grassley of Iowa, are starting to dawn on a large chunk of America’s charitable sector, which has until now taken for granted that it is exempt from tax." (God knows -but IRS doesn’t, The Economist) It looks like the issue is on top! Vi ringrazio dell’articolo (le esenzioni sembrano un po’ un baluardo del commercio delle indulgenze). Cordiali saluti!

  3. alberto

    Come è successivamente specificato nell’ articolo, l’ esenzione non riguarda solamente gli enti ecclesiastici, ma buona parte del terzo settore, che non svolge attività commerciale e quindi il titolo è ideologico e fuorviante. La distinzione tra attività commerciale e non è abbastanza facile se si valuta la finalità della struttura: il profitto o la solidarietà la distribuzione degli utili e il loro reinvestimento o impiego a finanziamento dell’ attività benefica. La domanda da porsi e da porre al Ministero delle finanze è: la perdita per il fisco è superiore o inferiore a quanto dovrebbe spendere il fisco per assicurare quei servizi ai bisognosi? Spesso le strutture frutto della storia, sono collocate in zone di pregio urbanistico: sarebbe un bene che diventassero oggetto di speculazione, alterando la rete sociale dei centri urbani? Nel momento in cui in Inghilterra si propongono di realizzare la big society, noi che ce l’abbiamo, vogliamo smantellarla per attribuire ulteriore funzioni agli enti pubblici con certi oneri aggintivi per i contribuenti a fronte di un incerto miglioramento della qualità dei servizi?

  4. Pino

    Segnalo per verità che l’esenzione per gli enti ecclesiatici era già contenuta nella prima versione del decreto Calderoli, che richiamava l’art. 7, lett. d), del decreto ICI. L’inserimento della lett. c) serve più generalmente il terzo settore (cultura, previdenza, ecc..) quindi anche in linea con le richieste di maggiore attenzione alle cultura in Italia oggetto recentemente di discussione in parlamento. Quindi forse l’osservazione non è propriamente corretta. Il mantenimento dell’esenzione risponde ad esigenze politiche: si attende che sia l’UE a condannarci ad eliminate tale esenzione per giustificarsi davanti alla Chiesa. Sarebbe da segnalare, invece, l’incoerenza di queste esenzioni presenti nel federalismo fiscale municipale, rispetto all’annunciato progetto di riforma fiscale Tremonti oggetto di discussione nei Tavoli di lavoro che punta sulla riduzione delle Tax exemption

  5. Fabio Checchi

    L’articolo in questione ripropone la solita tiritera dei ben pensanti che, pur essendo degli anticlericali incalliti, si rivestono di motivazioni "politicamente corrette", che, secondo loro, dovrebbero piacere alla maggioranza dei "poveri" italiani, ingannati da lobby oscure … Come e’ stato gia’ detto, la norma di esenzione non riguarda solo gli enti ecclesiastici e quindi e’ ora di finirla di dare informazioni fuorvianti e tendenziose. Secondo, se ci limitiamo ai soli beni ecclesiastici, non ho problemi a far pagare l’Ici sempre e comunque ai "poveri" preti, ma allora la tassa di soggiorno che si vuole introdurre per le citta’ turistiche dovrebbe essere versata quasi interamente alla Chiesa Cattolica, visto che la maggior parte dei turisti viene da noi per visitare le opere d’arte che abbiamo e che storicamente sono state realizzate dalla lungimiranza di papi, vescovi e cardinali. Poi per dirla tutta, perche’ lo Stato Italiano non restituisce tutto cio’ che 150 anni fa ha letteralmente rapinato alle istituzioni religiose di allora, vendendole per due lire ai ricchi di oggi, che subito gridano allo scandalo? Meditate gente!

  6. aris blasetti

    Il vostro articolo contro le agevolazioni fiscali alla Chiesa Cattolica sarebbe giusto se non fosse rivolto solo contro la Chiesa ma tutte le Chiese e le Fondazioni onlus e le varie Cooperative rosse tanto potenti da costituire valida concorrenza contro analoghe imprese commerciali.Sono in tanti ad avere agevolazioni fiscali, e quelle a favore del cinema dove girano compensi milionari? E le agevolazioni a favore dei giornali? Etc. Etc. Ognuno ha la sua agevolazione solo il povero Pantalone paga per tutti. Peccato che da anni battiate sempre il tasto contro la Chiesa, non vi pare una polemica ormai stucchevole?

  7. Paolo Pezzetti

    Semplicemente vergognoso. Le tasse vanno pagate. Punto.

  8. alessio fionda

    Occorrerebbe valutare il valore aggiunto dei servizi forniti tramite i beni ecclesiastici; occorrebbe poi fare qualche considerazione ulteriore. Ad esempio, se decidiamo di far rientrare nell’imponibile dell’Imu il patrimonio immobiliare delle residenze studentesche ecclesiastiche quanto aumenterebbero le rette? Altrettanto vale per le mense; gli alloggi per turisti; le residenze per i senza tetto; ecc..

  9. Stefano Baldi

    Ci terrei a sottolineare che non solo gli enti ecclesiastici, per quanto piu’ numerosi, ma tutte le associazioni di volontariato (WWF, Emergency, ecc.) beneficierebbero di tale esenzione, le stesse associazioni su cui, se non sbaglio, pendono i tagli del 5Xmille e dei fondi per le politiche sociali previsti dalla legge di stabilita’. Piuttosto si dovrebbero trovare strumenti piu’ specifici per fare in modo che le esenzioni siano limitate agli immobili in cui effettivamente si svolgono "attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive,culturali, ricreative e sportive o per uso culturale". Sono convinto poi (pur non avendone una riprova statistica) che i benefici che queste associazioni portano alla societa’ sono di gran lunga superiori ai "danni" che arrecano alle imprese che producono gli stessi servizi per il mercato.

  10. Mario

    Sarebbe bene sapere anche quanto non paga il PD-PCI.

  11. Raffaello Morelli

    La domanda de la Voce.info è pertinente. La diversa domanda proposta ("la perdita per il fisco è superiore o inferiore a quanto dovrebbe spendere il fisco per assicurare quei servizi ai bisognosi?") farebbe dipendere l’esistenza dello Stato dalla qualità dei servizi resi. Ma lo Stato liberaldemocratico non esiste per questo. Esiste per dar regole alla convivenza e, se lo fa male, va corretta la gestione (nel caso il fisco) non appaltarla a privilegiati. Se un gruppo di privati vuol svolgere un compito sociale, lo può fare ma non con i soldi dello Stato, se non in base a specifiche convenzioni di servizio. Non può farlo quando l’attività è strumentale a finalità religiose, per mostrare che è la religione, e non lo Stato, a curarsi dei cittadini (non sussiste il parallelo con fondazioni onlus, coop rosse e PD). Agitare il pericolo che, con la domanda de la Voce, si voglia "attribuire ulteriore funzioni agli enti pubblici ", è il pregiudizio confessionale di chi non accetta la preminenza civile dello Stato. Non è un caso che Fabio ricorra al falso storico e parli di presunte rapine 150 anni fa quando lo sradicare il potere temporale fece entrare l’Italia nella modernità.

  12. Supertramp

    La millenaria tradizione cristiano cattolica italiana dimostra con certezza che gli immobili ecclesiastici sono stati costruiti dalla comunità civile: i credenti. In altri casi dalla Chiesa come stato, al quale sono stati espropriati. L’utilizzo della religio instrumentum regi copre il tutto. Quindi che volete?!

  13. sandro busca

    E’ fuori di dubbio che il trattamento di favore di questo Governo nei confronti della Chiesa – proprio in una fase che vede il premier in evidente difficoltà, in caduta libera in termini di credibilità, l’esecutivo a rischio di tenuta e quindi un reale pericolo per la durata della legislatura – non può che richiedere come contropartita un atteggiamento soft di controllata "ponderazione" e di "moderazione" nei giudizi che la gerarchia ecclesiale non può tacere sulla pochezza complessiva dell’azione di un governo, incapace di visione, senza un’idea di sistema paese, ma soprattutto sul boccaccesco modello e stile di vita che è uscito, da diverso tempo, dalle residenze berlusconiane. E così che in modo salomonico e un po’ pilatesco si garantisce il mantenimento di "consistenti" privilegi senza accorgersi che la comunità cristiana perde di continuo fedeli e fiducia.

  14. Paolo

    Oltre a violare palesemente le normative europee in materia di Aiuti di Stato, l’ipotesi legislativa esonera in modo illogico e immotivato da un tributo degli immobili in relazione non al loro uso, ma alla qualità del proprietario. A me pare che questo configuri un profilo di inconstituzionalità. Mi piacerebbe avere un confronto su questo. Naturalmente, sul piano fiscale tutto ciò sarebbe a spese degli altri contribuenti, a cominciare dal sottoscritto. Alla faccia di "meno tasse per tutti" dell’esimio Presidente del Consiglio!

  15. Flavio A.

    "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese." Art. 3 della Costituzione. Questo compito viene svolto in molti ambiti da organismi non pubblici, spesso in ambiti dove lo Stato ha oggettive difficoltà ad arrivare. Dal momento che la Costituzione Italiana ammette il principio della sussidiarietà, non dovrebbe lo stesso Stato prevedere degli incentivi, quali appunti forme ragionevoli di esenzione fiscale, per quegli enti – confessionali (non necessariamente cattolici) o non confessionali? Il carattere confessionale o non confessionale non è il fulcro della questione. Si parla di attività assistenziale, cura di monumenti storici e servizi sociali, che dovrebbero essere favorite da uno Stato fondato sui principi di solidarietà e uguaglianza sostanziale. Tra l’altro, ben venga che di questi servizi si incarichino anche enti privati non ecclesiastici, che molto probabilmente saprebbero gestirli meglio.

  16. Raffaello Morelli

    Non mi è chiaro se le considerazioni di Flavio circa l’art.3 della Costituzione non vedano la realtà oppure la neghino. L’art.3 definisce un compito dello Stato ed è perfettamente in linea con la concezione che mette il cittadino al centro della convivenza. Invece la sussidiarietà tende felpatamente a sostituire questo principio con quello che alla convivenza non occorre lo Stato. Non a caso è il ritornello propagandato dai sostenitori della prevalenza del religioso sul civile. La domanda di Lavoceinfo sull’ICI rientra in pieno nella logica trasparente dell’art.3, però non soddisfa i fans della sussidiarietà perché equivale a contestare alla base l’idea che lo Stato sia tenuto ad aiutare una religione qualsiasi. Il nodo sta appunto qui. Le attività sociali, quando svolte da un soggetto religioso in quanto tale, non possono godere di qualsiasi forma di finanziamento pubblico. Di fatti lo Stato delineato dalla Costituzione risponde solo alla sovranità del cittadino e non deve privilegiare in alcun modo l’autorità di una religione. Chi svolge attività sociali premettendo loro il suo credo religioso, non può pretendere di essere finanziato da chi crede in altro modo.

  17. Daniele Racca

    Cito dall’articolo: Per gli ignari, si tratta delle esenzioni che si riferiscono agli immobili destinati "esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive,culturali, ricreative e sportive o per uso culturale". Ma perché ce l’abbiamo sempre con i preti? Se qualcuno svolge attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive o per uso culturale sono ben contento e felice che lo Stato lo "aiuti" mediante esenzioni … che sia un prete, un imam, un professore dell’Unitre, un appassionato di rugby e così via. Pago volentieri le tasse per uno stato che permette a chi ne ha le capacità e il tempo di costruire quel tessuto sociale di cui io ed i miei figli abbiamo bisogno e che faccio sempre più fatica a trovare … e se porta la sottana, pazienza! Non sono le chiese a svuotarsi, si svuotano le piazze di persone consapevoli, curiose, libere da pregiudizi, attente ai bisogni degli altri.

  18. Flavio A.

    La sussidiarietà in verità è un principio fondamentale del pensiero politico liberale europeo, per il quale, per semplificare molto, si vuole favorire la società civile in un’idea di stato bottom-up e non top-down. Il principio ha trovato esplicito accoglimento nella nostra carta costituzionale (ad es. art. 118) e nel Trattato dell’Unione Europea (art. 5; oppure il preambolo, dove si dice “decisi a portare avanti il processo di creazione di un’unione sempre più stretta fra i popoli dell’Europa, in cui le decisioni siano prese il più vicino possibile ai cittadini, conformemente al principio della sussidiarietà”). Quello che intendevo dire è: se i compiti di uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 della costituzione sono meglio realizzati dal basso, perché lo Stato non dovrebbe favorire quegli enti che svolgono (e purchè seriamente svolgano) – questi fondamentali compiti? E perché in Italia le discussioni devono sempre polarizzarsi in fazioni (guelfi – ghibellini, fascisti – anti-fascisti, etc etc etc)?

  19. luigi del monte

    Secondo me non è che in quanto di proprietà della chiesa devono essere tassati o meno ma occorrre guardare l’utilizzo del bene che se ne faccia. innanzitutto per chiese e oratori li esenterei. Per quanto riguarda altri edifici ad uso sociale/economico bisogna vedere caso per caso. Esempio è l’ospedale di padre Pio, se è convenzionato e offre un servizio non a mercato privatistico allora lo esenterei. Se gli alloggi univiersitari venissero affittati a prezo di mercato allora si che bisogna tassarli. in conclusione bisognerebbe avere bilanci trasparenti per poter verificare l’uso del bene.

  20. Giuseppe M. Civati - Monza

    Il "question time" sull’esenzione ICI / IMU alle istituzioni non commerciali (semplifichiamo così la definizione, per brevità) è una clamorosa caduta di stile e di qualità di "lavoce.info", decisamente non in linea con il rigore e la competenza finora dimostrata dal sito. Non si capisce, francamente, se è frutto di ignoranza del tema (ma mi pare improbabile …), di cecità di origine ideologica, o – duole dirlo – di malafede, o un misto dei tre ingredienti in proporzioni variabili a piacere. Pare la riesumazione in formato mignon del pamphlet "La questua", pubblicato sul tema un paio d’anni fa da "Repubblica", autore Curzio Maltese [anche lui, in quel caso, molto al di sotto del suo abituale standard qualitativo]. Consiglio l’istruttiva lettura dell’agile (e ben documentato) libretto "La vera questua", scritto da Umberto Folena per "Avvenire" in risposta a quel pamphlet (mi risulta ancora comodamente scaricabile dal sito avvenire.it). Cordiali saluti.

  21. Raffaello Morelli

    La sussidiarietà non è "un principio fondamentale del pensiero liberale europeo" bensì una classica tesi del pensiero popolar religioso. Il PPE la sostiene da molto tempo per contestare felpatamente l’idea (questa sì tipica liberale) che le regole dello Stato fondano la convivenza civile tra cittadini diversi. E’ citata nel nuovo art.118 della nostra Costituzione e nel Trattato Europeo che risalgono ai primi anni 2000, quando il peso del PPE in Italia (Forza Italia, Margherita, UDC) ed in Europa era divenuto rilevante. E siccome, nel quadro della prevalenza civile dello Stato, tale principio conserva solo il senso di dare il massimo spazio ai cittadini, non ci sono state obiezioni. I problemi spuntano fuori con le letture distorte che vorrebbero limitare la laicità istituzionale. Tanto che l’art.3 non tratta affatto della uguaglianza sostanziale della comunità bensì dell’impegno pubblico al libero sviluppo di ogni cittadino, che è libertà delle diversità. Perciò la domanda de Lavoce.info è pertinente al fine di evitare privilegi di natura religiosa, che operano contro le diversità. Affermarlo non è polarizzasi in fazioni ma ricordare che la vita non è conformismo nell’autorità.

  22. Claudio F.P.

    "But, soon or late, it is ideas, not vested interests, which are dangerous for good or evil". (John Maynard Keynes)

  23. alessandro gustapane

    sono perfettamente d’accordo sulla vostra domanda al Ministro e vi suggerisco di tornare a martellare sull’argomento sino a quando le opposizioni non faranno proprio il tema delle esenzioni agli enti ecclesiastici ed alle Onlus . Un conto è l’esenzione per i luoghi di culto e per le strutture ricreative ( quali gli oratori ) ; ben diverso il caso di mense eo luoghi di ristoro e di accoglienza dietro compenso dove un lucro è sottinteso .

  24. stefano manetti (stefanoviper49)

    L’ irresponsabile esenzione degli Enti ecclesiatici, che a mio giudizio sa un po’ di compromesso storico, come quello elaborato da berlinguer più di trent’anni fa, crea notevoli danni alle entrate dello stato!

  25. Anton

    Se vedessimo preti lavorare, potremmo fare certe considerazioni, ma tutto quello che ha la chiesa è frutto di ruberie, estorsioni, truffe, fin dalle origini la chiesa cattolica ha falsificato documenti per appropriarsi di beni terreni. Mi riferisco alla famosa donazione di Costantino al papa Silvestro I risalente al 324 d.C, documento che si rivelò in seguito un falso. E quante “donazioni” per promessa di paradiso, basta fare un giro in rete senza paraocchi per trovare di tutto e di piu’.

  26. Marcello Corongiu

    A sollevare il tema dei privilegi del clero cattolico si finisce scottati o reietti. Il fuoco di fila a danno dell’autore e della testata ne è la prova. La logica di sussidiarietà non significa che ad un servizio sociale reso deve corrispondere un trattamento di favore. Lo Stato concede spesso vantaggi (privilegi) a compensazione della sua indaempienza istituzionale. Alle donne è concesso di andare in pensione prima in relazione all’incapacità di realizzare servizi reali di supporto alla famiglia (con buona pace di tutte le parole spese al riguardo). Agli enti ecclesiastici sono garantiti privilegi a fronte della mancanza di politiche di supporto della gioventù, degli indigenti, ecc. Siamo sempre al sistema ottocentesco della beneficenza. Chi si inalbera per queste indagini ci spieghi come mai la Commissione di revisione dell’aliquota, prevista dal concordato, non si sia mai insediata nonstante il gettito del’8×1000 sia pari a circa il 300% rispetto al suo scopo istituzionale (sostentamento del clero).

  27. Fabio Checchi

    Molti hanno del risorgimento il ricordo dei libri di testo delle elementari, dove Garibaldi era un eroe e Cavour un benefattore. Pero’, crescendo, bisognerebbe leggere testi ben piu’ autorevoli e documentati, sia di "destra" che di "sinistra" (ma la Storia e’ di destra ? o di sinistra ?). Non c’e’ la possibilita’ di una bibliografia ragionata, ma invito tutti i lettori de lavoce.info a scegliere un a.tore e un libro per tutti: "L’altro Risorgimento" di Angela Pellicciari

  28. Paolo

    Esenzioni: il solito metodo all’italiana, poi succedono imbrogli e pasticci. Propongo viceversa di dare sovvenzioni, in maniera corretta e precisa, pretendendo bilanci, resoconti delle attività, progetti ecc., ed effettuando verifiche precise. Le sovvenzioni poi possono non essere erogate, ma compensate in fase di versamento con F24, magari quando si paga l’ICI. Così è una cosa seria e chi imbroglia va in galera. Con l’esenzione generalizzata e grossolana, invece, nelle maglie larghe ci passano tutti.

  29. maiono

    .. quel che è di Cesare. Perchè questi privilegi quando le scuole pubbliche cadono a pezzi?

  30. Marco Spampinato

    Se si combina questa informazione con quella relativa al taglio dei contributi del 5 per mille (materia non facilissima, su cui lavoce.info ha pubblicato un altro articolo), si ha l’impressione che il governo stia sottraendo una parte della società alla sfera statuale, con esenzioni fiscali e tagli ai contributi volontari che lo Stato intermedia in modo trasparente (il 5 per mille ha questa piccola caratteristica). Il sospetto, non giudiziario (non sia mai! Quasi che la giustizia fosse la peste …), è che si voglia creare o ricostituire una economia soggetta ad un regime fiscalmente deregolamentato o comunque fuori dall’ambito di azione (fiscale) dello Stato. Il menzionare attività not for profit come legittimamente esonerate dalle imposte mi sembra avere, spesso, poco senso. Il not for profit dovrebbe avere a che fare con i modi di redistribuzione degli utili (che ci sono!) e/o con la loro entità (per attività che non ne prevedono), ma giacché le imposte si pagano per godere di molti servizi pubblici (dalle strade, alle scuole, alla giustizia e così via), non si comprende la ratio di larghe esenzioni fiscali o di un vero e proprio arretramento dello Stato (in tempi di crisi).

  31. Fabio Ceseri

    Sono daccordo con chi scrive. Farei però presente che molti degli enti che cita, offrono alla collettività servizi che il pubblico (sopratutto per le povertà estreme), non riesce ad erogare.

  32. Tafanus

    Ho pubblicato questo articolo sul Tafanus (ovviamente citando la fonte), con qualche considerazione di contorno. Complimenti per l’articolo. http://iltafano.typepad.com/il_tafano/2011/02/quanto-costano-al-fisco-le-esenzioni-per-gli-enti-ecclesiastici-uninchiesta-de-lavoceinfo.html

  33. lugaro silvio

    Per onestà da parte di tutti, vorrei sapere quant’è l’IVA non pagata da parte di partiti politici, sindcati ed onlus; perchè anche loro ricadono nell’elenco degli enti esentati dal pagamento ICI, come la Chiesa.

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