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QUANTA IPOCRISIA IN UN CLICK-DAY

Il decreto flussi non serve all’ingresso in Italia di nuovi lavoratori dall’estero, richiesti nominativamente da imprese e famiglie. Serve a regolarizzare persone già presenti in Italia, ma prive di un permesso di soggiorno che li autorizzi al lavoro. Si riapre anche la possibilità dell’ingresso sotto sponsor, seppure in modo contorto e ipocrita. Ancora una volta, il governo della linea dura si rivela nei fatti incoerente. Meglio sarebbe una politica più trasparente, con la possibilità di convertire il permesso di soggiorno da turistico a lavorativo.

 

Sono i giorni dei click-day. Datori di lavoro, famiglie, operatori di patronati e associazioni, sempre più spesso semplici persone immigrate, appostati davanti al pc aspettano il momento fatidico per l’inoltro della domanda di ingresso di lavoratori dall’estero. Si stima che la finestra rimanga aperta circa 100 secondi per ognuno dei tre giorni previsti: un’indecisione nella digitazione, un nome un po’ più lungo, un intasamento nella linea, possono significare la fine di un sogno. Stiamo parlando del decreto flussi: quasi 100mila ingressi in palio, 52mila per lavoro dipendente non stagionale da paesi firmatari di accordi con l’Italia, 30mila collaboratrici familiari e addetti all’assistenza, altri lotti di minore entità per altre ragioni (conversioni di permessi di soggiorno per studio o per lavoro stagionale, lavoratori che hanno seguito corsi di formazione nei paesi di origine e altri).

LA FINZIONE DELL’INGRESSO DALL’ESTERO

Qualcuno, come la Caritas di Venezia, ha lamentato un’incoerenza tra l’apertura a nuovi ingressi e la disoccupazione che colpisce italiani e immigrati in conseguenza della crisi. Ma se guardiamo al di là delle apparenze, ci accorgiamo che dietro i click-day si profila una realtà ben diversa da quella ufficiale.
Era dal 2007 che non veniva emanato un decreto flussi. Allora fioccarono 750mila domande, tanto che l’anno successivo il governo decise di ripescare altri 150mila candidati dalle liste dell’anno precedente: come se quelle esigenze di manodopera, se tali erano, non avessero dovuto cercare nel frattempo altre risposte. Proprio l’esempio del 2008, certificato dalle dichiarazioni degli ultimi due primi ministri, ci dice che in realtà il decreto flussi serve principalmente a uno scopo abbastanza diverso da quello dell’ingresso di nuovi lavoratori richiesti nominativamente da imprese e famiglie. Serve in realtà a regolarizzare lavoratori già soggiornanti in Italia, ma privi di un permesso di soggiorno che li autorizzi al lavoro. È improbabile che una famiglia, o anche un’impresa, decida di far arrivare dall’estero una persone sconosciuta, per affidarle persone care o macchinari costosi. Molto più probabile, invece, che sia disposta ad attivarsi per mettere in regola una persona di cui ha verificato l’affidabilità, nel corso di un periodo prolungato di lavoro non dichiarato.
Si ricorre così alla finzione del richiamo dall’estero di un lavoratore, obbligato, se la domanda va in porto, a tornare in patria di nascosto e a rifare i documenti per poter rientrare in Italia ufficialmente, con un permesso di lavoro. Una finzione che consente di salvare l’immagine della fermezza, ma comporta costi, ansie e disagi per tutti, compreso un apparato burocratico già affaticato, sovraccaricato di pratiche inutili. Una finzione, soprattutto, che disegna un’ingiusta linea di confine, determinata dal caso oltre che dalla benevolenza dei datori di lavoro, tra chi riesce a vincere la lotteria del decreto-flussi e chi rimane nella trappola del lavoro sommerso, sotto il rischio dell’espulsione e persino del carcere.

LA NOVITÀ DI QUEST’ANNO

Quest’anno però è intervenuta una novità: può fare domanda per un’assunzione dall’estero anche un immigrato in possesso del semplice permesso di soggiorno, purché il suo reddito sia almeno doppio di quello del dipendente. Non serve più la carta di soggiorno come nel 2007 (governo di centro-sinistra). Come hanno già notato alcuni osservatori (per esempio, Franca Deponti e Francesca Padula sul Sole-24Ore), questo imprevisto gesto di liberalità servirà a molti immigrati per richiedere l’ingresso di parenti e amici in veste di colf, o in altri casi come dipendenti delle loro imprese (oltre 200mila in Italia). Si tratta di un modo surrettizio per riaprire la possibilità dell’ingresso sotto sponsor, già prevista con maggiori garanzie dalla legge Turco-Napolitano e abrogata dalla Bossi-Fini. Una possibilità sensata, perché è meglio far entrare chi ha parenti e amici in grado di accoglierlo e aiutarlo, piuttosto che dei migranti isolati e senza appoggi. Ma, di nuovo, si ricorre a strade contorte e ipocrite per fare cose ragionevoli.
Ancora una volta, il governo della linea dura si rivela nei fatti incoerente. Meglio sarebbe una politica più trasparente: possibilità di convertire il permesso di soggiorno, da turistico a lavorativo, entro quote predeterminate e privilegiando le esigenze delle famiglie con carichi assistenziali; reintroduzione dello sponsor, magari prevedendo l’intervento di un soggetto terzo (istituzione pubblica locale, sindacato, organizzazione solidaristica) che assicuri formazione linguistica e accompagnamento dei nuovi ingressi. Ma bisognerebbe che l’immigrazione non fosse un tema così rovente e redditizio delle ricorrenti campagne elettorali.

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LAVORI SOCIALMENTE UMILI

  1. Sergio Briguglio

    Concordo. Segnalo una piccola imprecisione: la restrizione della possibilità di agire come datori di lavoro ai soli stranieri titolari di carta di soggiorno fu disposta dal Governo attuale (in violazione di art. 22, co. 2 D. Lgs. 286/1998), col decreto-flussi del 3/12/2008 (lo stesso che ripescò una parte delle domande presentate nell’ambito del decreto-flussi 30/10/2007). Il Consiglio di Stato sospese in via cautelare il decreto nella parte in cui disponeva questa limitazione. Sotto questo profilo, l’attuale decreto, più che a liberalità, è ispirato al doveroso rispetto della legge. Una considerazione: ferma restando l’ipocrisia della attuale "programmazione dei flussi", non c’è nulla nella normativa che imponga la follia del click-day. La legge infatti consente di presentare la domanda in qualunque momento dell’anno, anche prima che il decreto-flussi sia adottato. Se si ammettesse questa presentazione diluita e anticipata, il Governo potrebbe, al momento di emanare il decreto-flussi, tener conto delle domande giacenti, decidendo se recepirle tutte o porre un tetto numerico più basso (ove riscontrasse un buon motivo per farlo).

  2. Nicola Svioli

    I dati del click day confermano certamente l’uso del decreto flussi come "sponsor" di fatto, ma non sarei certo della presenza in Italia di tanti irregolari del Bangladesh (più di 40.000 richieste) o di altri paesi quali Pakistan, India, Egitto. Forse vi è il rischio del "luogo comune" che tutti si troverebbero in Italia (con un sanatoria nel 2009 che in teoria poteva regolarizzarli perchè non vi sono state queste domande?).

  3. francesco

    L’immigrazione, in un paese privo di capacità amministrative, di rispetto delle regole, dove la regola anzi è l’assenza di regole o la loro applicazione "discrezionale"e dove balza all’occhio il ributtante cinismo delle classi dirigenti, serve solo ad arricchire i padroni con un Lumpenproletariat "corvéable a merci" e a creare problemi a tutti gli altri, con nascita di ghetti urbani e crollo verticale di qualsiasi senso civico. E sarà sempre peggio. Perchè l’integrazione è un problema per noi nativi. A molti stranieri, forse la maggioranza, non importa nulla di "integrarsi" con noi. Perchè dovrebbero? La loro economia "informale" ci bypassa.

  4. rousseaux

    la leggerezza con qui viene amministrato il fenomeno immigrazione, potrebbe essere fatale alla convivenza civile fra i vari componenti etnici della nostra societá, un arma a doppio taglio; si cerca tuttavia di risolvere un problema di una tale importanza, con la falsita delle prospettive di lavoro per i futuri cittadini, trascorando i problemi accumulati in passato. cosi ci si troverebbe davanti, un bacino in eccesso di persone senza lavoro, con il rischio di guerra tra poveri

  5. jean s.k

    La politica riguardo all´immigrazione, condotta fino ad adesso dal governo attuale, non ha prodotto l´effetto desiderato, anzi solo maggiore clandestintà e negazione dei diritti per molti, cercando di tamponare le perdite accumulate, ma con esito irrilevante. Si sarebbe dovuto trattare la questione con maggiore impegno istituzionale, non faccendo solo propaganda e mascherando vere e proprie sanatorie, con manovre totalemente sbalgiate, ingannado il popolo italiano, gli immigrati e se stessi; é giunta l´ora di assumersi le proprie responsabilitá! Infine oserei dire, che non bisogna trattare l´immigrazione come una merce usa e getta, perché le consegenze, potrebbero rivelarsi molto amare per tutti !!

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