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MILLEPROROGHE PER IL NUOVO MILLENNIO

Duecentoventuno commi, centonovantasei in più del testo originario. Le nuove procedure di bilancio ci hanno consegnato una Finanziaria (si chiama ormai Legge di stabilità) più snella, ma decreti omnibus più grassi e pieni di nuove norme oltre che di semplici proroghe. Diminuisce cosi la trasparenza delle decisioni di politica economica. Ha fatto bene il Presidente della Repubblica a porre il problema.

Il “Milleproroghe” è una creatura del nuovo millennio. Il primo provvedimento comunemente indicato con questo nome è il decreto legge 30 dicembre 2005 n. 273. Un’innovazione di successo, divenuta un appuntamento tradizionale: puntualmente, ogni fine anno viene presentato un nuovo decreto legge recante “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative”. Ai Milleproroghe di San Silvestro si aggiungono quelli approvati in occasione del cambio di legislatura: così il Dl n. 73 del 12 maggio 2006 e il Dl n. 113 del 30 giugno 2008. Insomma, il decreto in discussione in questi giorni è già l’ottavo esemplare della specie.
Il fatto stesso che ogni anno sia necessario affrettarsi a emanare un decreto con centinaia di commi (si veda l’elenco qui sotto) per prorogare scadenze già fissate da leggi precedenti è indicativo del cattivo funzionamento dello Stato: gli impegni presi non si riescono a rispettare nei tempi previsti e si chiede un rinvio, prontamente concesso. Anzi, è forse spia di un carattere nazionale: spesso il rinvio non riguarda tanto compiti dell’amministrazione quanto regole per i cittadini, dall’abbattimento delle case abusive alla messa al bando delle buste di plastica per la spesa. Ciò in parte spiega perché in genere, nel corso della conversione in legge del decreto, alle proroghe proposte dal governo se ne aggiungono parecchie altre suggerite dai parlamentari: dato che il provvedimento deve essere approvato entro una scadenza predefinita, la tentazione di inserire misure tra le più disparate è forte. È un modo poco costoso di rispondere alle esigenze di lobby e gruppi di interesse.

PRODUZIONE DI COMMI A MEZZO DI COMMI

Quest’anno si è esagerato: il Presidente della Repubblica nella lettera del 22 febbraio sottolinea che “a seguito delle modifiche apportate dalle commissioni del Senato e dal governo con il successivo maxiemendamento, al testo originario del decreto-legge, costituito da 4 articoli (di cui il terzo relativo alla copertura finanziaria e il quarto all’entrata in vigore) e 25 commi, sono stati aggiunti altri 5 articoli e 196 commi”. Da 25 a 221 commi, un aumento di quasi dieci volte.
A guardar bene, c’è una novità che spiega quanto è avvenuto: la riforma delle procedure di bilancio approvata alla fine del 2009. Uno dei punti qualificanti di quella riforma è la nuova Legge di stabilità, più snella della vecchia Legge finanziaria. In particolare, nel contenuto proprio della Legge di stabilità non compaiono più “norme che comportano aumenti di spesa o riduzioni di entrata ed il cui contenuto sia finalizzato direttamente al sostegno o al rilancio dell’economia” (che invece rientravano nel contenuto della Legge finanziaria). Se si tiene a mente questa novità, si capisce come non sia casuale che nel titolo del Milleproroghe di dicembre 2010 oltre alla solita “proroga di termini previsti da disposizioni legislative” compaiano “interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle famiglie e alle imprese”. E si comprende bene l’invito del Presidente della Repubblica a evitare che il Milleproroghe “si trasformi sostanzialmente in una sorta di nuova legge finanziaria dai contenuti più disparati”.

NON SOLO PROROGHE

Il richiamo del Presidente è tanto più opportuno in quanto il Milleproroghe contiene in realtà molte nuove norme e non semplici proroghe di trattamenti già esistenti. Nuove norme che in qualche caso cambiano radicalmente gli indirizzi di politica economica. Ecco alcuni esempi:
L’articolo 2-quater, comma 1, prevede che nei comuni con più di 250mila abitanti venga “avviata una sperimentazione in favore degli enti caritativi” nella gestione della social card della durata di dodici mesi. La relazione tecnica allegata al provvedimento precisa meglio cosa si intende fare: “la norma identifica come beneficiario non già il destinatario ultimo della carta, ma l’associazione che si impegna a distribuirla”. In altre parole, lo Stato assegnerà la carta acquisti a imprecisati “enti caritativi” e saranno questi ultimi a dover decidere a chi dare la social card e a chi no, sottraendo questo compito ai servizi assistenza dei comuni. È una rivoluzione nella gestione del welfare. Invece di dare i soldi direttamente ai poveri, lo Stato li darà agli “enti caritativi”.
L’articolo 2-sexies, comma 1 e seguenti, prevede che la tassazione sul risparmio gestito avvenga in capo al sottoscrittore, invece che al fondo, al momento della realizzazione. È una vera e propria riforma che alleggerisce ulteriormente la tassazione delle rendite finanziarie come già notato sul sito.
L’articolo 2, comma 4-decies, toglie risorse alla banda larga (30 milioni del finanziamento originario previsto e già deliberato dal Cipe) .per destinarle al digitale (il cui costo evidentemente lievita).
L’articolo 2, comma 17-octies, prevede che Poste italiane possa costituire un patrimonio destinato alle attività di banco posta, separato da quello delle attività postali tradizionali. Da tempo le banche lamentano la concorrenza sleale delle Poste italiane, alle quali vengono dati ancora più strumenti per espandersi.
L’articolo 2, comma 17-duoddecies, sostiene che, ai fini delle legge che istituisce la Banca del Mezzogiorno, Poste possa “acquistare partecipazioni, anche di controllo, nel capitale di banche”.
Come si vede non si tratta di proroghe, ma di cambiamenti normativi di grandissimo rilievo, al di là di qualsiasi giudizio di merito.

OMNIBUS O TURBIDUS

 Gli omnibus sono per certi versi fisiologici nella vita di tutti i parlamenti: uno strumento ovvio per costruire il consenso. Hanno però difetti gravi: difficile che provvedimenti che contengono disposizioni variegate e che devono essere approvati in tempi brevi siano esaminati con la dovuta attenzione (dal Parlamento e dall’opinione pubblica). Insomma, poca trasparenza. A questo si aggiunga il fatto che il testo è un continuo rinvio ad altri commi di altre leggi che rinviano ad altri commi e ad altre leggi. Quindi assai difficilmente intellegibile. In barba al principio fissato per legge dal ministro della Semplificazione legislativa secondo cui ogni rinvio ad altre norme contenuto in disposizioni legislative, nonché in regolamenti, decreti o circolari emanati dalla pubblica amministrazione, “deve contestualmente indicare, in forma integrale o in forma sintetica e di chiara comprensione, il testo ovvero la materia alla quale le disposizioni fanno riferimento o il principio, contenuto nelle norme cui si rinvia, che esse intendono richiamare”.
È un quadro ulteriormente peggiorato, poi, dalle modalità di approvazione: nel nostro caso, al Senato maxiemendamento e voto di fiducia. Ma la sempre maggiore perdita di ruolo del Parlamento nella produzione legislativa rende inevitabile l’assalto ai pochi convogli che passano e per i quali vi è certezza che giungano a destinazione. Certo che, a conti fatti, ci troviamo con una Legge di stabilità snella e un Milleproroghe grasso. Non è detto che ci abbiamo guadagnato.

GLI OTTO MILLEPROROGHE

Decreto Milleproroghe decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito nella legge 23 febbraio 2006, n. 51: 192 commi
Decreto Milleproroghe decreto-legge 12 maggio 2006, n. 173, convertito nella legge 12 luglio 2006, n. 228:
13 commi
Decreto Milleproroghe decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, convertito nella legge 26 febbraio 2007, n. 17: 83 commi
Decreto Milleproroghe decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito nella legge 28 febbraio 2008, n. 31: 281 commi
Decreto Milleproroghe decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito nella legge 27 febbraio 2009, n. 14: 220 commi
Decreto Milleproroghe decreto-legge 30 giugno 2008, n. 113: 21 commi
Decreto Milleproroghe decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito nella legge 26 febbraio 2010, n. 25: 154 commi
Decreto Milleproroghe decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (comprese modifiche apportate dal Senato della Repubblica): 221 commi

 (ricerca a cura di Mattia Fracchia)

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  1. gabri murri

    Rimango stupito per come si possa offendere la dignita’ di chi, come me, dopo aver fatto una causa ed aver atteso 4 anni, si trova con un pugno di mosche perche’ il governo fa una legge in favore delle delle banche. Se non traduco male il milleproroghe, come ogni atto legislativo, dovrebbe essere rivolto a tutti, forse esclusi i citadini onesti.

  2. franco.benincà

    Nessuno dei partiti politci, nè quelli che si definiscono di destra, nè quelli che si definiscono di sinistra, nè riformisti, nè padani, nè massimilasti, nè minimalisti possono rinunciare al goloso vaso di pandora delle milleproroghe: ogni richiesta, anche dell’ultimo elettore (naturalmente portatore di grandi interessi e di numeroso consenso) può essere esaudita: viva i commi, viva le rubriche, viva i capitoli, viva gli articoli….viva l’Italia!

  3. astarita

    Si potrebbe fare tutto in modo semplice e trasparente. Manca il buon senso e la volontà di convergenza tra controparti. Vogliamoci più bene per l’interesse del nostro paese che, adesso, potrebbe approfittare della fiacca degli altri per avvantaggiarsi un pò.

  4. BOLLI PASQUALE

    Il Governo è nelle nebbie in Valpadana, come nella canzone di Cochi e Renato:"cosa c’è nella nebbia in Valpadania, ci son cose che a dirle non ci credi, non ci credi nemmeno se le vedi, a parte il fatto che non le vedi". Questo si può concludere dall’esame dell’affollato decreto MILLEPROROGHE di recente approvato. E’ il logico provvedimento di un Governo che non c’è, o se vogliamo essere ottimisti, c’è, ma è fermo. Non ci sono linee, non ci sono strategie perchè assenti politiche per: Economia, Giustizia, Fisco, Finanza e, per essere attuali, per gli Esteri. Nella fitta nebbia non si cammina, ma è necessario restare fermi; se con imprudenza si vuole procedere, non si sa dove si potrebbe sbattere. In Parlamento non ci sono numeri certi. Ci sono parlamentari, con grande concetto del servilismo, ma ci sono anche i mercenari e gli opportunisti a cui si dovrà dare visibilità. Ma il bene del Paese poco conta, perchè è la maggioranza la priorità per la salvezza del Premier, la cui condotta offende continuamente la dignità del popolo italiano.

  5. FABIO

    Tagliati con un comma 60 milioni di euro alle APA, che si occupano del controllo e della ricerca nell’allevamento di bestiame. Alla faccia del prodotto italiano più controllato e garantito.

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