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IL RIGORE CHE MANCA

Il Patto per l’euro, concordato al Consiglio europeo, contiene una lista di obiettivi auspicabili, ma nessuna indicazione su come realizzarli. In compenso sono state decise condizioni più blande per la Grecia. È una storia che si ripete da qualche tempo: prima l’Europa, e la Germania in particolare, fa la voce grossa con i paesi non virtuosi, poi ai primi segni di nervosismo dei mercati, cede. Andrà ancora peggio dopo il 2013, quando entrerà in azione l’Esm (European stability mechanism). Ai politici europei non resta che sperare che la situazione migliori, per evitare futuri incidenti.

 

Il tema principale del Consiglio europeo straordinario dell’11 marzo 2011 è stata la Libia. Non ci sono invece conclusioni ufficiali sulle questioni economiche sulle quali è stato raggiunto un accordo informale. Tuttavia, l’accordo informale conferma una tendenza che abbiamo già visto diverse volte nel 2010 e che si può così riassumere: un fallimento non sarà mai permesso, ma tutti i salvataggi saranno preceduti da dure prese di posizione nei confronti dei paesi in crisi. Questa direzione generale è stata ora indicata in modo chiaro e solo un gravissimo evento potrebbe indurre il convoglio dell’Unione Europea a cambiare strada.

PIÙ SOLDI A TASSI PIÙ BASSI

Che cosa è stato concordato? La dura presa di posizione è stata l’accordo per il rinominato Patto per l’euro, che contiene ora una lista di obiettivi politici auspicabili, ma nessuna indicazione su come realizzarli. Le condizioni blande si manifestano sotto forma di una ristrutturazione del debito “ufficiale” della Grecia per il quale la scadenza è stata prorogata del 7,5 per cento e il tasso di interesse ridotto al 5 per cento. Inoltre, la disponibilità di fondi per l’Efsf sarà riportata ai 440 miliardi originariamente previsti attraverso un aumeno delle garanzie date dai paesi con rating AAA, Germania in primo luogo.
Questa parte dell’accordo può essere sintetizzata come “più soldi a tassi più bassi”.
Sembra che sia stato concordato anche che l’Efsf potrebbe non solo fornire credito ai paesi che non hanno più accesso ai mercati, ma anche acquistare direttamente titoli di Stato di questi paesi. È difficile vedere la differenza tra acquistare i titoli di Stato di un paese sul mercato primario e fornire un prestito diretto a quel paese. È una parte dell’accordo che avrà un valore limitato se non saranno indebolite le condizioni che lo rendono possibile (il piano Efsf), come in effetti potrebbe accadere in futuro.

LA TENDENZA: DISCUSSIONI ASPRE E CONDIZIONI BLANDE

Il risultato della riunione dell’11 marzo è che per la terza volta la Germania ha alzato la voce, per poi cedere quando i mercati finanziari sono diventati nervosi.
I toni davvero aspri, che hanno dato avvio all’ultimo scatto di nervosismo dei mercati, si sono fatti sentire alla fine del 2010 sotto forma di un accordo tra Francia e Germania, che è stato fatto proprio dal Consiglio europeo del 28-29 ottobre 2010, le cui conclusioni hanno stabilito che:
1. l’aiuto finanziario è subordinato a un preventivo “test di sostenibilità”;
2. le emissioni di nuovi titoli comportano clausole di azione collettiva (Cac), che rendono più semplice negoziare una ristrutturazione o una ridefinizione delle scadenze, se dovesse rendersi necessario.
Sembrava una dura imposizione, ma il test di sostenibilità rimarrà una tigre di carta. La sua cartina di tornasole dovrebbe essere la Grecia: molti osservatori e investitori assumono oggi che il debito pubblico greco non sia sostenibile. Tuttavia, la versione ufficiale è completamente diversa: la missione congiunta Fmi-UE-Bce ha già pubblicato una sua valutazione di sostenibilità, dove si afferma appunto che non esiste alcun problema di sostenibilità. La posizione ottimistica della cosiddetta “troika” non deve sorprendere: queste istituzioni non avrebbero avviato un piano di salvataggio se non fossero arrivate a quella conclusione.
Anche prescindendo dal caso greco, è chiaro che ogni piano di salvataggio sarà strutturato in modo tale da rappresentare un percorso sostenibile per le finanze pubbliche. Cambiare il giudizio e affermare che le finanze pubbliche del paese in questione non sono sostenibili, significherebbe dopo tutto l’ammissione di una sconfitta o, peggio, di un errore di giudizio. Nessuna istituzione ufficiale lo ammetterebbe mai. Anche se il piano per la Grecia dovesse uscire dai binari predisposti, la reazione ufficiale sarebbe che “c’è stato qualche problema temporaneo, ma un nuovo piano riporterà le finanze pubbliche lungo un percorso di sostenibilità”
Nel caso specifico della Grecia, i calcoli di sostenibilità dell’Fmi-UE-Bce si basano su tre semplici assunzioni: il paese può sostenere indefinitamente un surplus primario fiscale del 5,5 per cento del Pil, il tasso di crescita del Pil nominale sarà in media almeno del 3 per cento e il tasso di interesse al massimo del 5,5 per cento. Sotto queste condizioni il rapporto debito/Pil inizierà a scendere nel 2013. La maggior parte degli osservatori dubitano che lo Stato greco possa sostenere a lungo un surplus primario del 5,5 per cento del Pil, ma se questo è quanto ha promesso il governo greco, la valutazione ufficiale deve assumerlo come punto di partenza. Considerazione simile si può fare per il tasso di interesse di al massimo il 5,5 per cento: è improbabile che gli investitori privati vogliano acquistare a questo tasso i nuovi titoli emessi dopo il 2013 con le clausole di azione collettiva che rendono più semplice una ridefinizione delle scadenze, sapendo che l’enorme debito “ufficiale” (official debt) greco (che a quel punto ammonterà a circa la metà di tutto il debito pubblico) sarà senior rispetto al debito privato. Dato che gli interessi sugli esistenti 110 miliardi del piano (basati per ora su crediti bilaterali, ma che poi confluiranno nell’Esm) sono stati abbassati al di sotto del 5,5 per cento, anche l’ipotesi sugli interessi ha ricevuto l’imprimatur ufficiale. È così probabile che dopo il 2013 la dimensione del piano per la Grecia dovrà essere aumentata fino a che quasi tutto il debito pubblico greco sarà stato rifinanziato dall’Esm.
Dal momento che il debito pubblico greco ammonta già ora a più di 300 miliardi, questo implica che le risorse dell’Esm dovranno essere aumentate dopo il 2013, in quanto la sola Grecia avrà assorbito circa il 60 per cento della sua capacità di finanziamento. Una volta che la maggior parte del debito pubblico greco è divenuto debito privato, inizierà un nuovo gioco perché a quel punto la ristrutturazione (del debito privato) non sarà più un’opzione e le clausole di azione collettiva diverranno irrilevanti.
Da quel momento in poi, l’Esm può solo ristrutturare le sue richieste alla Grecia, come ha fatto il Consiglio europeo in questi giorni: dovrà accettare scadenze ancora più lunghe e tassi più bassi. Arrivati fin qui, è difficile cambiare rotta. Tutto quello che i leader possono fare ora è sperare che la strada divenga nettamente migliore e che il nuovo Patto per l’euro li aiuti a evitare futuri incidenti.

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LA RISPOSTA AI COMMENTI

  1. Davide Secchi

    Rispetto alle tesi di Gros e di altri c’è un’altra interpretazione della crisi europea che guarda più agli squilibri tra costi del lavoro. In questa interpretazione rientra la proposta di ‘standard salariale’ di Brancaccio: http://www.economiaepolitica.it/index.php/distribuzione-e-poverta/uno-standard-retributivo-per-tenere-unita-leuropa/. Secondo me si tratta di una proposta fortemente inflazionistica, di vecchio stampo keynesiano, che non irrobustisce ma indebolisce l’euro. Però vedo che il PD l’ha approvata e l’ha messa nel suo programma di riforme: http://beta.partitodemocratico.it/doc/205079/europa—italia-un-progetto-alternativo-per-la-crescita.htm Che ne pensate? Davide

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