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SE ANCHE CONSOB DIFENDE L’ITALIANITÀ

Il presidente della Consob esprime alcune preoccupazioni sulle regole che disciplinano le Opa. La prima ha a che vedere col fatto che in questo momento le aziende europee, e in particolare le italiane, hanno meno liquidità di quelle asiatiche. La seconda riguarda la soglia oltre la quale scatta l’obbligo di Opa. Se per rivitalizzare il mercato finanziario italiano, occorre renderlo più attraente, non si vede che utilità possano avere provvedimenti volti a ridurre la contendibilità delle imprese e a mantenerne l’italianità.

All’inizio della settimana in cui la Consob ha approvato le modifiche al regolamento che disciplina le offerte pubbliche di acquisto e di scambio (Opa) (), sul quale, seppure con alcune riserve, il giudizio globale è senza dubbio positivo,il suo presidente, Giuseppe Vegas, ha rilasciato un’intervista al Sole-24Ore che solleva alcune perplessità.

PAROLE DI PRESIDENTE

Dice Vegas “Se vogliamo garantire un gioco di concorrenza leale, dobbiamo mettere tutti i soggetti che teoricamente possono partecipare alla gara in condizione di accedere a questa possibilità di Opa. Allora c’è da domandarsi: le imprese italiane ma anche quelle europee, hanno abbondanza di capitali? O stiamo favorendo imprese di zone geografiche che hanno molta più liquidità a paragone delle aziende europee? In questo caso finiremmo per determinare dislivelli nel campo di gioco”. In altre parole, secondo Vegas il gioco dell’Opa è sbilanciato perché oggi le aziende europee, e in particolare quelle italiane, hanno meno liquidità di altre imprese, come quelle asiatiche. La capacità di investire fondi nelle acquisizioni è certamente una determinante fondamentale, insieme alla capacità di generare valore, del mercato del controllo societario. Chi ha più fondi da investire ha un vantaggio, ma non si capisce perché questo vantaggio sia iniquo, a meno che non si tratti di soggetti pubblici. Chi decide poi quando il campo da gioco è veramente livellato? La Consob? E sulla base di quali criteri? E nell’attesa che le aziende europee ricostituiscano la dotazione di liquidità necessaria, il mercato del controllo deve rimanere congelato?

QUESTIONE DI SOGLIA

Il presidente Vegas si esprime poi sull’opportunità di abbassare la soglia oltrepassata la quale occorre lanciare l’Opa, oggi fissata al 30 per cento. “Oggi, con una soglia più bassa, c’è il rischio che chi possiede molti capitali, arrivi, metta sul banco i soldi e porti via tutto”. Una soglia più bassa rende più difficile acquisire il controllo di un’impresa senza lanciare un’Opa. Di conseguenza, un abbassamento della soglia generalmente scoraggia i passaggi di proprietà. Il presidente Vegas sembra pensarla diversamente. La sua preoccupazione maggiore pare sia che qualche società (straniera) lanci un’Opa e abbia successo. Ma le offerte pubbliche di acquisto servono proprio a trasferire il controllo societario. Se gli azionisti della società bersaglio pensano che sia nel loro interesse vendere a uno scalatore, non si capisce perché questo sia un desiderio da frustrare. Questo non vuol dire che la soglia attuale debba essere abbassata. Anzi, a mio avviso, va lasciata al 30 per cento, esattamente come accade nel Regno Unito.
Continua il presidente Vegas: “Bisognerebbe, quindi, valutare se un approccio più sostanzialista, con norme che conferiscano all’Authority maggiore discrezionalità, possa tornare utile. Attualmente in presenza di una legge che fissa in modo meccanico la soglia al 30 per cento, non c’è margine di manovra. Se lo scalatore arriva al 29,9 per cento, c’è poco da fare. Il caso è diverso, se l’autorità avesse più margini di discrezionalità”. Non è chiarissimo cosa si intenda per discrezionalità. Se si vuol dire che occorre impedire che i possibili scalatori aggirino l’obbligo di lanciare un’Opa con qualche sotterfugio, Vegas ha completamente ragione e l’inclusione degli strumenti finanziari derivati nel definire la soglia del 30 per cento contenuto nelle modifiche al regolamento appena approvate va proprio in questa direzione. Se invece Vegas intende per discrezionalità il ritorno alla situazione degli anni prima del 1998, in cui era Consob che decideva quando l’Opa andava lanciata, temo sia una strada del tutto inopportuna. L’incertezza creata dalla discrezionalità potrebbe avere l’effetto del tutto indesiderabile di congelare gli assetti proprietari esistenti, a scapito degli investitori. Dopo essersi chiesto se non sia il caso di dotare le aziende italiane di maggiori difese contro le scalate, Vegas afferma che per rivitalizzare il mercato finanziario italiano non servono leggi o decreti, ma occorre renderlo più attraente. Giusto. Ma per farlo non si vede che utilità possano avere provvedimenti volti a ridurre la contendibilità delle imprese e a mantenerne l’italianità. I risparmiatori non sono molto interessati al passaporto delle imprese.

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  1. luigi zoppoli

    La valenza positiva di alcune modifiche della disciplina di OPA ed OPS nulla toglie al dato che Vegas è un politico che ha la visione che dimostra nelle affermazioni che rilascia. Invece di rilevare e far notare al governo che sarebbe opportuno disegnare cornici entro le quali consentire alle imprese di crescere, patrimonializzarsi e capitalizzarsi, invece di rilevare che la contendibilità di un’impresa è un valore per gli azionisti, invece di rilevare che servono soci attivi nelle imprese a sollecitare il management verso migliori risultati in termini di redditività e creazione di valore, Vegas chiede arbitrio. Mero buonsenso imporrebbe il contrario, che si chiamerebbe certezza del diritto e stabilità nella legislazione. E non c’è verso che nè Vegas nè il ministro Tremonti lo capiscano.

  2. Antonio Nicita

    Concordo con quanto scrive Fausto Panunzi, vi è un fortissimo rischio di tornare indietro negli anni se si mette in discussione la soglia per OPA. Sul caso specifico Lactalis, osservo che dato lo statuto Parmalat, il controllo del 29% attribuisce controllo in senso antitrust e quindi si tratta di un caso di omessa notificazione a Bruxelles, per cui non c’era bisogno di un rinvio, ma di una mera sollecitazione a Bruxelles. A parte ciò, condivido pienamente i rilievi dell’articolo.

  3. sandro

    La Borsa Italiana e destinata a chiudere fra 10 (massimo 20) anni, le società quotate "vere" sono poche, gli scambi altrettanto. Già ci sono state le prime società italiane che hanno deciso di quotarsi, ma altrove. La stessa nuova Fiat sta seriamente pensando di spostare in USA la sede legale ed a questo punto una quotazione in Italia potrebbe essere mantenuta solo per motivi affettivi. Con l’accordo fra le borse italiane, inglesi e canadesi (non in ordine di importanza) ci è restato il mercato delle obbligazioni pubbliche (in fondo è quello che sappiamo fare meglio). La stessa Consob probabilmente resterà come uno dei tanti enti inutili in cui piazzare politici trombati. Tutto sommato non penso sia un gran male: meglio imparare un po’ di inglese e leggersi i prospetti in tale lingua che continuare a investire i propri risparmi in un paese dove le azioni si pesano e raramente si contano.

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