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CONTRORDINE CONSOB: LE SCALATE NON FANNO BENE

L’Opa è stata al centro della relazione del presidente Consob al mercato finanziario. Preoccupa il rischio di distruzione di valore e di inefficienze nella governance post-Opa. Preoccupazione certamente condivisibile, ma è rivolta solo agli investitori stranieri o anche agli italiani? Alcune soluzioni sono già nelle modifiche al regolamento emittenti. E se la maggiore tutela delle minoranze non ha dato i frutti sperati, non si capisce perché aumentare gli ostacoli a chi voglia lanciare un’Opa dovrebbe indurre i risparmiatori italiani a investire nella Borsa.

 

La relazione del presidente Giuseppe Vegas in occasione dell’incontro annuale della Consob con il mercato finanziario è stata ricca di interessanti spunti di riflessione. Uno dei capitoli centrali è stato quello riguardante l’Opa.

PREOCCUPANO SOLO GLI INVESTITORI STRANIERI?

Ha detto Vegas: “Le acquisizioni di imprese italiane da parte di investitori stranieri possono apportare benefici significativi all’economia del Paese in termini di crescita dell’occupazione, formazione del capitale umano, innovazione tecnologica e organizzativa, purché siano motivate da obiettivi trasparenti […]. Tuttavia, non sempre le acquisizioni sono guidate dal desiderio di incrementare il valore dell’impresa: a volte celano intenti di empire building, di sfruttamento di benefici privati, di acquisizione di potere di mercato e creazione di posizioni dominanti. Diventa cruciale quindi definire norme in materia di Opa in grado di contrastare il rischio di distruzione di valore, pur garantendo l’efficienza del mercato del controllo societario. È fondamentale, inoltre, tutelare l’interesse del mercato a che le operazioni di acquisizione non incidano negativamente sulla governance post-Opa delle società-obiettivo”.
Questo passaggio chiave contiene alcuni elementi condivisibili e altri meno. Non è chiaro se Vegas sia preoccupato solo per le Opa di investitori stranieri, come il primo paragrafo suggerisce, o anche di quelli italiani. I problemi elencati non sono certo specifici agli investitori stranieri. Anzi, è probabile che i benefici privati del controllo siano una ragione di acquisizione più importante per un investitore domestico, magari maggiormente connesso con il sistema politico e dei media. Lo stesso vale per il potere di mercato che, tra l’altro, è di competenza dell’Antitrust e non della Consob, preposta a tutelare i cittadini in quanto investitori e non consumatori.
Ciò detto, è ovviamente condivisibile contrastare il rischio di distruzione di valore e di inefficienze nella governance post-Opa. Va proprio in questa direzione il provvedimento incluso nelle modifiche al regolamento emittenti che introduce la possibilità di riaprire i termini del periodo d’offerta al fine di consentire l’adesione anche agli azionisti che in un primo momento hanno scelto di non conferire i titoli. E sarebbe finalmente ora di regolamentare meglio i leveraged buyouts, cioè le acquisizioni in cui il debito dell’acquirente viene scaricato sulla società bersaglio compromettendone lo sviluppo post-Opa.

ASSETTI PROPRIETARI CHIUSI

Dice ancora Vegas: “Da sempre la legislazione italiana ha fortemente privilegiato la contendibilità, limitando la possibilità di difesa delle società a fronte di scalate ostili. L’effetto indesiderato è stato quello di accentuare la chiusura degli assetti proprietari delle imprese”.
Il passaggio è piuttosto ardito. Piramidi societarie, scatole cinesi, azioni senza diritto di voto sono caratteristiche del modello italiano che precedono ogni normativa sull’Opa. L’implicazione che Vegas trae dalla sua analisi è che, al fine di aprire gli assetti proprietari, è necessario aumentare le possibilità di difesa delle società quotate. Il presidente della Consob cita esplicitamente la possibilità di derogare dalla passivity rule, vale a dire dall’obbligo imposto alla società di non intraprendere azioni difensive in caso di Opa, e le “pillole avvelenate” (poison pills), cioè azioni volte a rendere meno conveniente l’Opa per lo scalatore. Secondo Vegas i controllanti sarebbero disposti a ridurre i loro blocchi di azioni se solo fossero certi di potere reagire, bloccandole, Opa considerate ostili. Se veramente Vegas avesse ragione, implementando la sua proposta avremmo due mali in un colpo solo: controllo bloccato e maggiore disallineamento tra diritti di voto e diritti sul cash flow. Si renderebbe ancora più facile controllare le imprese con quote ridotte del capitale di rischio, accentuando una delle debolezze conclamate delle nostre imprese. Vegas sottolinea che eventuali investitori dissenzienti rispetto a norme statuarie che deroghino alla passivity rule sarebbero liberi di votare "con i piedi", vendendo le loro azioni. Suona come un’involontaria previsione di quello che farebbero molti piccoli risparmiatori. Il rischio è di scoraggiare ulteriormente l’investimento azionario a chi non gode dei benefici del controllo.  
Purtroppo gli assetti proprietari rimarranno ingessati fino a quando il controllo avrà un valore molto grande. L’unica strada per accrescere l’afflusso di capitali verso le imprese quotate è quella di rafforzare la tutela delle minoranze, riducendo quindi i benefici del controllo, riducendo al contempo gli oneri amministrativi imposti alle imprese quotate. Vegas si mostra scettico sul perseguimento del primo obiettivo, facendo osservare che le riforme introdotte dal Testo unico della finanza nel 1998 non hanno prodotto effetti significativi in termini di sviluppo del mercato e di numero di società quotate. Forse il rafforzamento della tutela delle minoranze non ha dato i frutti sperati, ma si fa fatica a capire come aumentare gli ostacoli a chi voglia lanciare un’Opa potrebbe indurre i risparmiatori italiani a investire i loro soldi nella Borsa.

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IL LAVORO DEGLI STRANIERI IN TEMPO DI CRISI *

  1. Michele Giardino

    Se è vero che le posizioni di Vegas suscitano critiche e dubbi, forse però è anche tempo di chiedersi perchè, almeno sinora, la miriade di innovazioni "importate" nel nostro sistema negli ultimi decenni registri sostanziali insuccessi in termini di spinta alla concentrazione, numero di imprese quotate, vuoti nella ricerca e innovazione, ecc.. Ciò che attribuisce a Vegas se non altro il merito di cercare di sottrarsi all’obbligo di paraocchi di tesi un po’ settarie e astratte almeno corresponsabili di quegi insuccessi. E infatti non tutti gli argomenti portati a sostegno delle critiche appaiono solidi e pienamente condivisibili.

  2. gmn

    da semplice cittadino non più investitore ma ora indebitato (mutuo), quando ho sentito le dichiarazioni di Vegas ho sobbalzato non mi capacito della impudenza di costui e dei suoi padrini politici l’italia paese della eccessiva contendibilità delle imprese? investitori stranieri predoni? poveri "salotti buoni" messi in croce? disinformazione pura e semplice, come su tutto il resto! (e le persone corrette, che pure abbondano anche dalle loro parti, ridotte in secondo piano a masticare amaro).

  3. Ivan Tamburello

    E’ evidente ciò che esprime Vegas sia frutto di una italianità che sia mossa da un falso perpebinismo e poco mossa al dinamismo industriale. Le problematiche, a mio modesto parere, stanno proprio a monte. Come si può sostenere che una società acquirente che decida di attuare un’ OPA sia leale o onesta con il vecchio management. Lo scenario che oggi stiamo vivendo è davvero drammatico. Si veda al caso Parmalat e a come Lactalìs abbia acquisito la società senza alcuna imposizione. Gli effetti sono quelli di un cambio immediato della vecchia struttura aziendale di Parmalat con l’implementazione di strategie che porteranno la diffusione in mercati internazionali più di quanto non abbia fatto in passato la vecchia gestione.

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