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AL NUCLEARE MANCA IL CONSENSO

Con il referendum del 12-13 giugno, sarà sottoposta al giudizio degli elettori la strategia del governo per il ritorno al nucleare. Nell’attesa di sapere quale sarà l’esito della consultazione, proviamo a ripercorrere un percorso partito in sordina, costellato di ritardi e stoppato in extremis. Tutto senza che siano identificabili sforzi per comprendere i rischi percepiti dalla popolazione e, di conseguenza, per creare consenso intorno al progetto. Consenso, peraltro, necessario per realizzare il deposito nazionale per le scorie, eredità del nucleare pre-Chernobyl.

 

Negli ultimi anni il governo si è molto impegnato per approntare un castello di norme utili a permettere la produzione di energia da fonte elettronucleare nel nostro paese. I risultati invero sono stati al di sotto delle aspettative: più che prime pietre si sono contati numerosi i mesi di ritardo – basti citare l’Agenzia per la sicurezza. (1)

UN PERCORSO ACCIDENTATO

Diverse poi sono le critiche che potrebbero farsi sui passi legislativi: ricordiamo solo che l’iniziativa è nata per decreto legge e sempre per decreto legge è stata prima messa in mora e poi, in fase di conversione, rinviata sine die. Lo scriviamo per inciso: rinvio a tempo indeterminato, non significa abrogazione, questa crediamo sia la chiave di lettura della pronuncia sul referendum dei giudici della Cassazione, dei quali comunque nessuno dovrebbe avere motivo di dubitare.
A volte, è perfino sembrato che la produzione di energia nucleare più che un fine fosse un mezzo di distrazione di massa. Anche perché, a ben ricordarsi, il programma elettorale dell’attuale maggioranza non aveva che un vago riferimento alla “partecipazione ai progetti europei di nuova generazione” e addirittura il futuro ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, avanzò la proposta di costruire centrali in Albania. Il programma nazionale, invece, nacque da una dichiarazione dell’allora ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, fatta davanti agli industriali riuniti in assise. (2)
Dato il contesto e con queste premesse, sarebbe stato quindi doveroso lavorare per costruire consenso intorno a una tecnologia storicamente controversa e contrastata, che da sempre ha attirato grandi consensi e grandi rifiuti. (3) Come scontata avrebbe dovuto essere la previsione di un nuovo referendum sull’atomo. Non è stato affatto così, tanto che si è lasciato ampio spazio ai privati di “buona volontà”, con esiti tutt’altro che lusinghieri. (4).

LA SCELTA TRA RISCHI E BENEFICI

Le problematiche emerse e deflagrate negli ultimi mesi, dunque, riguardano principalmente le risorse coinvolte all’interno del nuovo programma nucleare. Quello che ravvisiamo è una scarsa attenzione prestata alle complessità organizzative tipiche dei grandi progetti, e in particolare alla trasparenza nei confronti del pubblico, alla chiarezza relativamente ai costi delle attività in cantiere e ai rapporti con i privati coinvolti. Due sono stati i punti a nostro avviso non considerati nella strategia governativa. Il primo riguarda la specificità del rischio. Infatti, la percezione dei rischi collegati al nucleare ha caratteristiche simili a quelle relative all’introduzione di una particolare tecnologia (come ad esempio gli Ogm) ed è tradizionalmente influenzata da variabili di contesto, ovvero dalla fiducia nei confronti del governo, oltre che da condizioni economiche e dall’appartenenza politica dei singoli individui. (5) Davanti a una simile tipologia, strategie di azione volte alla semplice informazione del pubblico possono anche rivelarsi inefficaci e il consenso intorno al nucleare diminuire comunque, laddove fosse presente una forte polarizzazione sul tema. (6)
Il secondo aspetto riguarda invece la focalizzazione del dibattito pubblico sul nucleare. La principale motivazione con cui questa scelta è stata presentata è relativa, come ribadito anche di recente dallo stesso presidente del Consiglio, alla convenienza economica (peraltro indimostrata per l’Italia) e alla riduzione della dipendenza estera negli approvvigionamenti energetici. Tuttavia, un approccio di carattere imperativo e unidimensionale non contribuisce per nulla a una maggiore comprensione dei termini del problema da parte del pubblico. Se infatti, da un lato, buona parte dell’orientamento nei confronti dell’energia nucleare avviene per motivazioni collegate ai rischi e benefici percepiti (come da noi già in passato motivato), dall’altro è piuttosto evidente che laddove i cittadini siano posti di fronte a una scelta imperativa tra due alternative in contrasto tra di loro, la percezione dei rischi sarà legata ai danni potenziali immediati e, ancor di più, futuri. (7)
In tale eventualità, la percezione dei benefici tende ad annullarsi, come dimostrano ad esempio alcuni studi relativi alla percezione del potenziale trade-off tra accettazione del nucleare e lotta ai cambiamenti climatici. .
Forse qualche lettore si chiederà perché discutere ancora di nucleare quando, dopo il disastro giapponese, per lungo tempo nessun politico dovrebbe lanciarsi in quello che, almeno politicamente parlando, rappresenta un azzardo. Intanto perché i cittadini saranno tra breve chiamati a esprimersi sul tema. E vorremmo anche ricordare che la trascorsa avventura nucleare italiana non può dirsi ancora chiusa, e non lo sarà finché non verrà individuato e allestito un deposito nazionale per le scorie. Per porre quella pietra (tombale), che avrebbe dovuto precedere i proclami, sarà indispensabile realizzare consenso e accordo. Quello che si è fatto finora può essere d’aiuto per comportarsi in tutt’altro modo.

(1) In Gazzetta ufficiale n. 124 del 30 maggio scorso, quando almeno lo statuto era atteso per il 15 novembre 2009.
(2) Si veda, per una ricostruzione approfondita, Clô A., Si fa presto a dire nucleare, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 146.
(3) De Paoli L., L’energia nucleare, Il Mulino, Bologna, 2011, p. 22.
(4) Sì, ci riferiamo al Forum nucleare italiano e alla discussa campagna pubblicitaria, ritenuta ingannevole dal giurì dell’Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria, il 23 febbraio scorso, proprio perché non dichiarata come di parte, peraltro interessata.
(5) Zwick M. M., 2005, “Risk as perceived by the German public: pervasive risks and "switching" risks”, Journal of Risk Research, 8(6): 481-498
(6)Costa-Font, J., C. Rudisill, E. Mossialos, 2008, “Attitudes as an Expression of Knowledge and "Political Anchoring": The Case of Nuclear Power in the United Kingdom”, Risk Analysis 28(5): 1273-1287.
(7) S. Slovic, P., J. Flynn, C.K. Mertz, M. Poumadere, C. Mays, 2000, “Nuclear Power and the Public: A Comparative Study of Risk Perception in France and the United States”, in O. Renn and R. Rohrmann (eds.), Cross-Cultural Risk Perception: A Survey of Empirical Studies, Boston, MA: Kluwer Academic Publishers.
(8) Bickerstaff K., Lorenzoni I., Pidgeon N.F., Poortinga W., Simmons P., 2008, “Reframing nuclear power in the UK energy debate: nuclear power, climate change mitigation and radioactive waste”, Public Understanding of Science, 17: 145-169.

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SANTORO E DINTORNI

  1. Pierluca Meregalli

    A parte tutto il nucleare è una cosa troppo complessa per il nostro farraginoso paese. Non riusciremmo comunque a realizzarlo. Così come non riusciremo a realizzare la Tav (almeno i collegamenti con l’estero), i collegamenti per sfruttare il tunnel del Gottardo,per non parlare del Ponte. Neanche la banda larga,lo smart grid, eccetera. L’unica cosa che stiamo riuscendo a fare (semprechè non esploda la faccenda degli incentivi) sono l’eolico e il fotovoltaico con aggiunta di biomasse. E’ già qualcosa.

  2. Luigi Calabrone

    Razionalmente, l’utilizzazione anche di energia nucleare per la produzione di energia elettrica potrebbe avere senso. La Francia ha effettuato questa scelta, in cui persiste. (Non dimentichiamoci che la Francia ha densità abitativa indicativamente della metà rispetto all’Italia, e che l’Italia – montuosa all’80% – ha popolazione ancor più concentrata, con evidente aggravamento dei problemi ambientali). Ma quello che più importa – l’ultima esperienza giapponese lo ha ricordato – è che un paese con impianti nucleari necessita di un’amministrazione pubblica molto efficente e credibile, in grado di gestire emergenze, sempre possibili. Di detta amministrazione pubblica l’Italia non dispone – basta vedere l’emergenza – parola oscena applicata ad un caso che dovrebbe essere di ordinarissima amministrazione – rifiuti". Anche la situazione dell’ordine pubblico, in Italia è carente: la presenza di mafia, camorra, ‘ndrangheta, ‘ndrina, eccetera, in più di quattro regioni meridionali lo dimostra. In questa situazione, l’installazione di centrali nucleari sarebbe follia. Gli Italiani lo sanno benissimo e, prudentemente, se ne tengono lontani.

  3. Filippa

    Sarebbe stato opportuno rilanciare la ricerca su questa fonte piuttosto che affidare la costruzione a società estere. Probabilmente in questo modo si sarebbe potuto costruire un consenso consapevole nella popolazione.

  4. svelto vito

    Non si entri nel nucleare, dopo tanti storici errori e ritardi italiani!! Ma si informi correttamente la gente. Il livello della voce.info, dovrebbe essere ben diverso da quello della stampa generica. Di conseguenza non dovrebbe essere consentito scrivere "è una scommessa ben calcolata per sviluppare le fonti rinnovabili fino all’80 per cento del fabbisogno". Il lettore potrebbe intendere la possibilità di raggiungere con le rinnovabili, addirittura l’80% del fabbisogno energetico complessivo!! Spero che la prossima battaglia antitecnica, dopo OGM e nucleare, non sia quella sui telefonini ed il cancro!

  5. Dario Predonzan

    Giustamente svelto vito chiede di precisare che l’80% da coprire entro il 2050 (cosa possibile, come diversi studi hanno dimostrato) con fonti rinnovabili, è riferito ai consumi di energia elettrica e non a quelli complessivi di energia. Andrebbe anche sempre precisato, peroò, che l’elettricità rappresenta solo il 20 – 25 % dei consumi energetici complessivi. E’ purtroppo ancora assai diffuso, nei media, in politica, nel mondo economico, e in molti sedicenti "esperti", il vezzo di confondere energia elettrica ed energia tout court. Sempre che di vezzo si tratti e non, come purtroppo temo, di crassa ignoranza. Sarebbe quasi meglio pensare invece che si tratti di un modo furbesco (quanto ignobile) di confondere le cose per cercare di trarre in inganno interlocutori poco preparati, da parte di chi sa benissimo come stanno le cose, ma ha interesse a confonderle apposta.

  6. PPS

    Condivido appieno l’inquadramento che è stato dato alla problematica, che prima ancora di essere un problema economico – per il quale sarebbe stato il mercato e non un referendum popolare a fornire un responso – è un problema di cultura e di percezione della realtà. Purtroppo siamo vittime della nostra ignoranza (il cittadino italiano è fra quelli europei quello che meno legge, men che mai di reattori nucleari!) e delle volgari baruffe televisive: raro è un vedere un approfondimento critico. Il popolo si esprime con la pancia, e con la pancia voterà!

  7. Alessandro G.

    Grazie per aver esposto chiaramente le incertezze del governo nel modo di affrontare e cercare di far accettare la sua nuova politica energetica (nucleare). il nucleare appartiene a pieno titolo a quelle che M. Giampietro e K. Mayumi in "the biofuel delusion" chiamano tragedie tecnologiche, tecnologie autodistruttive, tecnologie nate dalla confusione e non senza un certo idealismo, circondate da un alone di leggenda e onnipotenza e scontratesi contro l’evidenza dei fatti (leggi scorie per il nucleare) ma che hanno continuato ad affascinare come il progetto di aerei supersonici, (Concorde) che si dimostrò presto un fallimento commerciale e un potenziale rischio ambientale "but policy-tetanus had already set in, and all interests (political, industrial and scientific) were locked in to its support, until the truth was finally exposed in the form of cancelled options from the US airlines"

  8. Felice Pappalettera

    Forse non tutti sanno che una centrale nucleare a fissione può essere alimentata non solo ad Uranio o Plutonio. Circa 15 anni fa il nostro premio nobel Rubbia propose al mondo la realizzazione di una centrale al Torio. Questo è un elemento molto diffuso nel mondo, Italia compresa. E le centrali sono intrisecamente sicure perchè la reazione nucleare deve essere stimolata dall’esterno e non frenata come avviene nelle centrali nucleari classiche. Quindi basta interrompere la stimolazione e tutto si ferma. Inoltre i residui della reazione sono pericolosi solo per qualche decina d’anni e non migliaia. Nazioni come l’India e la Cina le stanno già costruendo. E Noi? Per una breve introduzione all’argomento, segnalo i seguenti siti:
    http://www.ditadifulmine.com/2010/09/torio-nucleare-piu-sicuro-e-soluzione.html
    http://www.greenstyle.it/centrali-nucleari-al-torio-vantaggi-e-svantaggi-2528.html
    http://www.youtube.com/watch%3Fv%3D8xrqu4GeU1c&sa=U&ei=sqfHTdf4HMjxsgb8l-SQDw&ved=0CBQQtwIwAA&usg=AFQjCNH5W5s2BSg6Nv5LXSUasVA-Y3H5DA
    Se diffondiamo la voce sull’argomento, forse riusciamo a costruire una "opinione pubblica"…

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