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PAROLA D’ORDINE: PROGRAMMARE

L’Italia, come prima la Germania, ha scelto di rinunciare all’energia nucleare. Ora, è il momento di programmare il futuro energetico del paese, sulla base di alcuni punti fermi. Il primo sono i cambiamenti climatici: per rispondere al fenomeno ormai acclarato dobbiamo ricorrere a risparmio ed efficienza energetica e a fonti rinnovabili. Il secondo punto fermo è il pacchetto europeo “20-20-20”. Per raggiungere quegli obiettivi, dobbiamo decidere sul mix desiderabile di interventi, pensando alla compatibilità con il bilancio statale e all’impatto sull’economia. Soprattutto, vanno determinate le priorità.

Prima la Germania, ora l’Italia. La Germania ci è arrivata con una decisione del governo, l’Italia ci arriva sulla scia di un pronunciamento popolare plebiscitario. Qualunque sia la modalità, in questo inizio d’estate del 2011, i due paesi hanno scelto il proprio futuro energetico a valere sui prossimi decenni, se non oltre. Germania e Italia hanno scelto entrambe di rinunciare all’energia nucleare: se questo sia un bene o un male oggi non conta più. È venuto il momento di mettersi alle spalle i rammarichi e le recriminazioni perché oggi conta un’altra cosa.

TEMPO DI PROGRAMMARE IL FUTURO ENERGETICO

Come quel partito d’opposizione che, magari a sorpresa, sconfigge il partito di governo alle elezioni politiche o come quel candidato outsider che sconfigge quello in carica alle elezioni presidenziali, quando il giorno dopo la vittoria si dicono “e ora bisogna governare”, così oggi l’Italia – come ieri la Germania –  deve dirsi “e ora bisogna programmare”. Bisogna programmare il futuro energetico del paese, ora che la strada è nel bene e nel male tracciata.
Programmare non vuol dire pianificare. Dopo la liberalizzazione dei mercati energetici e la privatizzazione degli ex-monopoli statali il termine non è più di moda. Ancor più dopo la problematica, se non nefasta, riforma della Costituzione al Titolo V, con l’inclusione dell’energia tra le materie a legislazione concorrente, determinare le modalità per soddisfare il nostro fabbisogno energetico futuro è diventato molto, molto complicato. Ciò nonostante, vi sono punti fermi che permettono di ancorare il percorso programmatorio.
Il primo punto si chiama cambiamenti climatici. Il fenomeno è ormai un fatto, produce effetti negativi destinati a diventare vie via più seri per tutti, e ciò richiede interventi. Se questi verranno concordati al tavolo del negoziato internazionale o decisi unilateralmente dai vari paesi poco importa per la necessità di intervenire, pur influenzandone i costi. Da ciò discende inevitabilmente che le emissioni di gas-serra vanno ridotte e, siccome il 70 per cento circa di queste dipendono dai consumi di fonti fossili di energia, le opzioni da perseguire sono chiare: risparmio ed efficienza energetica e fonti rinnovabili.
Il secondo punto è che il noto pacchetto europeo “20-20-20”: riconosce semplicemente quanto appena detto e fissa degli obiettivi vincolanti per quella che è solo una tappa intermedia – il 2020 – di un percorso la cui scadenza successiva – il 2050 – a Bruxelles è già oggetto di discussione.

OLTRE IL 2020

Cosa cambia la rinuncia al nucleare in questo quadro? Nulla e parecchio. Anzitutto non cambia nulla per il raggiungimento degli obiettivi di emissioni, rinnovabili ed efficienza al 2020. È infatti risaputo che nessun reattore nucleare sarebbe potuto essere operativo sul nostro territorio per quella data. Quindi tutte le politiche idonee a ridurre le emissioni – dalle tasse ai permessi di emissione – e a stimolare l’efficienza energetica – dagli sgravi fiscali ai provvedimenti amministrativi – e a incrementare le rinnovabili – sussidi e incentivi nelle varie forme – sono lo strumentario cui ricorrere in vista del 2020. Già la decisione circa il mix desiderabile di interventi, la definizione di obiettivi intermedi, la compatibilità con il bilancio statale e l’impatto sull’economia sono aspetti che impegnerebbero non poco chi si cimenterà con la programmazione energetica a quella data. Soprattutto la determinazione delle priorità, come le misure di efficienza energetica, capaci di produrre risultati in temi brevi e a costi relativamente più contenuti di altre opzioni.
La possibilità di ricorrere all’energia nucleare avrebbe influenzato lo scenario post-2020 e il percorso per centrare gli eventuali obiettivi al 2050 e oltre. In quale modo, nei tempi e nei costi, è difficile dirlo oggi, ma certo è che si tratta di un esercizio ormai inutile. Ciò che conta è che per questo orizzonte più lungo continueranno a essere percorribili le opzioni di policy di cui si è già detto con l’importante aggiunta sulle tecnologie. Posto che le varie fonti energetiche necessitano di tecnologie e impianti per fornire i loro servizi e che le tecnologie sono in continua evoluzione, programmare diventa più difficile, ma il novero degli interventi si allarga a comprendere tutte le misure – incentivi, promozione, ricerca e sviluppo – atte a favorire la penetrazione e diffusione delle tecnologie energetiche pulite più promettenti.
Che ruolo avranno i combustibili fossili in questo contesto? Qui va anzitutto chiarito che l’Italia non è la Germania. La rinuncia al nucleare in quel paese comporterà all’inizio un maggiore ricorso a gas e carbone e dunque un aumento delle emissioni. L’effetto sarà però transitorio, non permanente, e ciò non è irrilevante. Nel caso dell’Italia, che non rinuncia ad alcun nucleare esistente e che già consuma molto gas, ha poco senso affermare che vi sarà un incremento nei consumi di fossili e quindi di emissioni. Nel nostro paese l’orologio dei consumi elettrici odierni è tornato indietro di una decina d’anni a causa della crisi e ci troviamo in una situazione di eccesso di capacità produttiva. Quanto questa situazione durerà è difficile prevedere, anche e soprattutto perché la futura evoluzione dei consumi dipende proprio da quelle misure di risparmio e di efficienza energetica che un determinato intervento programmatorio dovrebbe adottare. È ragionevole prevedere un nostro maggior fabbisogno di gas e quindi potenziali problemi di approvvigionamento? Vale la pena di dire che se saremo pronti ed efficaci nelle misure che andremo ad adottare la risposta potrebbe essere negativa. Un ruolo importante dovranno avere le infrastrutture sia elettriche che del gas, sia per la trasmissione che per lo stoccaggio. Qui i fossili potrebbero avere un rilievo industriale e strategico nell’ambito di quel hub europeo del gas che la particolare posizione geografica attribuisce al nostro paese.
In sostanza, non è più tempo di guardare a quello che è già passato. Non è più tempo per le recriminazioni. Ora è tempo di mettere insieme le buone idee e i buoni propositi da parte di chi li sa offrire. Ora bisogna guardare avanti, ora bisogna programmare.

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  1. marco

    Mi pare troppo facile dire "ora non recriminiamo". Ma perché non è stato possibile ragionare serenamente sul nucleare prima del referendum? Molte persone responsabili hanno tentato di fare ragionamenti sereni sul nucleare e i suoi pericoli, comparati ai guai reali dovuti ai combustibili fossili (vedi Vaiont, Golfo del Messico, miniere di carbone cinesi, ecc), ma sono stati zittite da una canea ululante contro B. E adesso? Se non impareremo a ragionare seriamente questo paese non ha futuro, consentiamoci almeno di recriminare, per non ricaderci in futuro..

  2. rocco

    Ormai il cambio climatico è considerato un fatto, ma non lo è la sua spiegazione tramite i gas serra e questo problema genera investimenti a mio modo di vedere sbagliati. Come la cattura di CO2 e il suo sepellimento nel sottosuolo. Robe costose e complicate e prossoché inutili.

  3. Alberto

    Vorrei rispondere al commento precedente: il nucleare in Italia sarebbe stato bocciato anche senza Fukushima, a mio avviso, e per una ragione molto semplice: pur trattandosi di una tecnologia valida e sicura IN GENERALE, non viene percepita così IN ITALIA. E per ragioni semplici e pratiche: gran parte del nostro territorio è sismico, elevata densità abitativa in tutte le aree "papabili" per la costruzione di centrali, manifesta incapacità (per molte ragioni) nella gestione dei rifiuti, figuriamoci di scorie radioattive, manifesta incapacità nell’assegnare e gestire con trasparenza contratti per miliardi di euro. Infine, abbiamo bisogno di capacità di generazione elettrica addizionale? A mio avviso, siamo in Europa, ragioniamo in modo europeo, non ha senso che ogni stato abbia le sue centrali, il suo sistema di approvigionarsi di uranio e di smaltimento scorie. Sfruttiamo le specializzazioni: l’Italia è vicina ai paesi produttori di gas e ha capacità di stoccaggio, ha grandi potenzialità nel solare (fotovoltaico e termodinamico) e nella geotermia. Lasciamo il nucleare a chi già l’ha installato.

  4. Aram Megighian

    Appunto, programmare. Esattamente quello che manca totalmente in questo e nei precedenti Governi (di destra come di sinistra) in tutti i campi amministrati. Così come tale parola non esiste nel linguaggio delle amministrazioni regionali e locali. Nell’esauriente sito web del Ministero dell’Energia tedesco (scritto peraltro in ottimo inglese, non tradotto automaticamente come da noi) ho trovato le notizie necessarie per la mia scelta al recente referendum, così come un chiaro documento del 2005 in cui già si parlava della chiusura futura delle centrali nucleari e di come si intendeva sostituire la mancata energia da esse prodotta. Ottime e chiare tabelle accompagnano le spiegazioni. Analoga osservazione per quel che riguarda il sito del Dipartimento dell’Energia americano (diretto da un Nobel per la Fisica; il collega italiano ???), dove numerose e chiare informazioni ed idee sulla programmazione futura sono esposte ai cittadini. Da noi si fanno troppi libri bianchi, verdi, rossi e blu, troppe conferenze ad personam, ma pochie decisioni a lungo termine, chiare, ad ampio spettro e definitive, come era pure quest’ultima del nucleare. E così si va indietro e non avanti..

  5. Francesca

    L`esito positivo del referendum da un lato porta ad sentirci sollevati perche` un pericolo e` stato scampato, ma dall` altra parte non riserbo molto ottimismo verso una futura programmazione italiana, fatta di risparmio energetico e nuove tecnologie che interessino le fonti pulite.
    La Germania ha un`importante organizzazione pubblica (Fraunhofer) che si dedica alla ricerca e sviluppo con piu` di 60 sedi di ricerca. In Italia si taglia linearmente su tutto quello che e` istruzione e ricerca. Essere dal lato opposto dell`unico Paese che cresce in Europa non mi fa ben sperare nemmeno nel settore green.

  6. mirco

    Il nostro paese è ben strano. Il mio si sul referendum nucleare è dovuto ai seguenti motivi: 1) abbiamo una classe politica ed imprenditoriale che in caso di costruzione di centrali nucleari gli incidenti avverrebbero per la corruzione sugli appalti di costruzione.( i giapponesi che ricostruiscono un pezzo di autostrada terremotata non hanno centrali costruite male poichè resistono al 9 grado di terremoto) 2) in un paese dopo ve denaro si venderebbe la propria amdre ad un nano non vale la pena fidarsi. Se l’italia non ha futuroil vero motivo è per ciò che ho scritto sopra. Lo stesso ragionamento vale per un referendum sull’acqua. La soluzione? impianti , pozzi, dighe al pubblico, con manager bravi e con i sold delle bollette si fanno funzionare gli acquedotti e si gestisce l’acqua per l’agricoltura altro che privati e commercio di bottiglie. ahi serva italia di dolore ostello nave senza nocchier…( ci consoliamo con dante)

  7. bob

    Francesca

    ..in Italia esiste un clan politico come la Lega che non esiste in nessun Governo del Mondo Oriente compreso! Sommando le percentuali raggiungibili con : idroelettrico, eolico, solare, tradizionale il Paese può raggiungere il fabbisogno di energia al 100% senza stravolgere l’ambiente e utilizzando strutture già esistenti. Ma capisco che il mio pensiero è quello di uno ingenuo.

  8. Ruggero Revelli

    Mai dire mai! Il Governo tedesco ha deciso di chiudere progressivamente le centrali nucleari, ma è lo stesso che un paio d’anni fa ne aveva prolungato il funzionamento per 20 anni. A parte che il tutto deve essere ancora ratificato dal Bundestag e quindi solo approvato… dai giornalisti! Italia: altri referendum, a caso, responsabilità civile dei giudici, privatizzazione RAI, finanziamento pubblico dei partiti avevano ottenuto ben altre partecipazioni popolari e maggioranze. Vi risultano seguiti? La Svezia, la prima a "bandire" l’energia elettrica di fonte nucleare, si è rimangiato tutto all’inizio del 2011. Cambiamenti climatici: il biossido di carbonio di origine antropica è il 3 %, nessun dubbio sul contributo dell’uomo all’effetto serra? Il mare a Milano per cinquanta volte come lo spiegate?

  9. markogts

    Non è vero che la CO2 di origine antropica è solo del 3%. La CO2 di origine antropica è facilmente tracciabile (e tracciata) grazie agli isotopi del carbonio. È un dato di fatto: l’uomo sta aumentando drasticamente la concentrazione di CO2 nell’atmosfera.

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