Il 17 giugno lagenzia di rating statunitense Moodys ha annunciato di aver posto il rating Aa2 dellItalia sotto revisione in vista di un possibile downgrade. Moodys spiega la sua decisione con tre motivi:
1) le sfide sul fronte della crescita dovute a debolezze strutturali dell’Italia ed una probabile crescita dei tassi di interesse nel prossimo futuro;
2) i rischi collegati allattuazione dei piani di consolidamento dei conti pubblici che sono richiesti per ridurre l’indebitamento italiano e mantenerlo a livelli sostenibili;
3) i rischi collegati dal cambiamento delle condizioni di finanziamento per i Paesi europei con alti livelli di debito.
Il secondo di questi tre motivi, quindi, ricollega la decisione di Moodys direttamente alle fortissime pressioni a cui negli ultimi giorni il Ministro del Tesoro Giulio Tremonti è stato sottoposto da parte dei partiti di governo per indurlo a ridurre le imposte.
Se tali pressioni contribuiranno al downgrade del nostro debito pubblico, esse condurranno anche a un aumento dei tassi di interesse pagati dallo Stato italiano. E, data lenorme massa del nostro debito, anche un minuscolo aumento dei tassi di interesse comporterà un esborso maggiore per lo Stato e quindi un inevitabile aumento del carico fiscale. Ecco quindi che chi oggi strilla perché le imposte scendano potrebbe in realtà essere tra i maggiori responsabili del loro aumento.
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AG
Negli anni ’90 i governi Ciampi-Prodi, con l’adesione all’euro, fecero scendere il costo del debito pubblico italiano dal 14% al 3% (dal 17% al 3% del PIL): una eccezionale (e irripetibile) occasione per ridurre davvero la pressione fiscale che i governi successivi (in primis il lungo governo Berlusconi 2001-2006, con Tremonti ministro dell’economia) hanno colpevolmente sprecato.
Marco Montermini
Per la serie "dilettanti allo sbaraglio"….
giuseppe catanzariti
Concordo con le tesi esposte sul chiedere meno tasse. Ma la mia domanda e’: che fare per sanare il debito pubblico? Quali misure concrete proponete voi de la voce.info? Attendo esuriente e convicente risposta. Grazie.
Alessandro Savorana. Consigliere ODCEC di Milano
Affrontare un riordino (più che una riforma), del complesso sistema fiscale imporrebbe più tempo e larga condivisione. Ridurre le aliquote non risolve il problema, perché il nodo è il tax rate effettivo. Se si allarga la base imponibile, il carico fiscale rimarrebbe sostanzialmente inalterato, anzi potrebbe aumentare. Ma se si parte da una deduzione del carico impositivo locale (Irap, Addizionali Irpef) dalle maggiori imposte (Ires/Irpef), unitamente alla re-indroduzione dell’istututo della "no tax area" per i redditi più bassi, già sarebbe un beneficio non indifferente. Non è molto, ma sarebbe, perlomeno, un inizio promettente, avendo poi più tempo per varare una riforma improntata sopratutto su equità e semplicità.
Luca
Le proposte della voce.info si trovano a questo link e a questo.
Roberto Fiacchi
Si perpetua nel tempo la stessa minestra. Si riconosce che i dipendenti e le piccole aziende ( queste ultime quale " ossatura " della economia nazionale ) si fanno carico praticamente della sopravvivenza dello Stato e continuano ad essere puntualmente tartassati, anche per la facilità e la quantità, e non c’è più neppure una convinta e concreta protesta. Si continuano inoltre ad evidenziare sia la dilagante evasione fiscale, ma giustificandola e spesso, addirittura, ritenendola "necessaria ", sia le rendite finanziarie tassate solo al 12,50%. Ma ogni volta si finisce per " tralasciare " ed intervenire dove è più semplice. Ora è inderogabile creare sviluppo: ciò è possibile solo con l’aumento dei consumi delle famiglie " tartassate ". Allora? Occorrerebbero forse Statisti di alto profilo, incuranti dell’andazzo tutto italiano. Ma la cosiddetta volontà del popolo, davvero, data la situazione incancrenita, è convinta di poter fare pulizia? Che sia più facile risollevarsi dai disastri di una guerra? Non è che un putrido malcostume sia entrato troppo profondamente nel vivere quotidiano? Non mi meraviglierei se fra un po’ per respirare si chiedesse: " conosci qualcuno? "
Giuseppe
Le pressioni cui è esposto Tremonti la dicono lunga sulla "cultura di governo" dell’attuale compagine politica che definire populista è descrivere solo il lato meno pericoloso.