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NON TUTTI I DEFAULT SONO UGUALI

È sbagliato mettere sullo stesso piano i rischi di una crisi del debito per l’Italia e il probabile sforamento del tetto del debito pubblico negli Stati Uniti. La nostra è una crisi reale, quello americano è un problema legal-contabile, risolvibile con escamotage temporanei. E infatti il tasso d’interesse a cui una banca americana può chiedere soldi in prestito non è aumentato negli ultimi giorni. Se ne parla tanto perché la spesa pubblica sarà un tema cruciale delle prossime elezioni presidenziali Usa.

È stagione di crisi del debito pubblico. L’Italia è stata oggetto, e rimane a rischio, di attacchi speculativi. Negli Stati Uniti, è sempre più prossima la possibilità di uno sforamento del tetto del debito pubblico.

CRISI REALI E CRESI LEGALI

Assieme alla preoccupazione (giustificata) per la situazione italiana, è forse naturale provare una (magari ingiustificata) consolazione nel vedere che il colosso americano è nella stessa barca. In realtà, le due crisi sono molto differenti. La speculazione sui titoli del debito pubblico italiano è una cosa molto seria, che potrebbe portare perfino alla impossibilità per lo Stato di ottenere soldi in prestito e quindi al default, cioè all’incapacità di ripagare delle obbligazioni. Nel caso degli Stati Uniti invece questo timore non esiste. Lo Stato Usa non ha difficoltà a farsi prestare denaro (emettendo titoli). La difficoltà è meramente contabile: al tesoro Usa non è legalmente consentito emettere obbligazioni sopra un tetto massimo. È questo limite che si è prossimi a sforare. Ma se il Tesoro Usa decidesse di superare il tetto ed emettere obbligazioni, i mercati non avrebbero problemi a comprare le obbligazioni a un prezzo ragionevole. Dunque, la “crisi” Usa è un fenomeno puramente legal-contabile.
La crisi del debito pubblico italiano invece è una crisi reale. Ogni mese l’Italia deve trovare un sacco di soldi per ripagare i tanti titoli che vanno in scadenza, per estinguere i debiti contratti dallo Stato dieci, venti o trenta anni fa. Di fatto, lo si fa aprendo nuovi debiti, in una spirale che peggiora sempre più lo stato della finanza pubblica. Il timore dei mercati, cioè di chi i soldi li dovrebbe prestare adesso, è che arrivi un momento in cui lo Stato decida, sotto la mole di un debito sempre più grande, di non ripagare le obbligazioni. La tentazione per lo Stato di dichiarare fallimento (sotto pressioni politiche, si capisce) sarà tanto più grande quanto più è difficile rifinanziare il debito. Di converso, rifinanziare il debito è tanto più difficile quanto più grande è la probabilità che lo Stato andrà in fallimento: nessuno vuole prestare soldi a una entità che non li ripagherà. È per questa circolarità che la fiducia è così importante nel mercato del debito (sia sovrano, cioè degli stati, che anche debito privato). Siccome il debito pubblico italiano è troppo alto (120 per cento del Pil), è chiaro che per l’Italia il timore di un fallimento sia alto, e che quindi il mercato dei titoli di stato sia molto soggetto a crisi di fiducia.

NON C’È PREMIO PER IL PRESTITO

Si dirà: l’Italia va male, ma anche gli Usa rischiano se il tetto del debito non viene alzato. In realtà, non è vero. A un problema legal-contabile si trovano soluzioni legal-contabili. In passato si sono trovati escamotage per ovviare a problemi di sforamento del tetto del debito. Ecco come. Siccome il tetto legale del debito Usa è calcolato sulla somma delle obbligazioni verso il settore privato (buoni del Tesoro) e obbligazioni verso i dipendenti pubblici (in particolare le loro casse pensionistiche), è possibile rispettare il tetto e, allo stesso tempo, emettere più buoni del Tesoro, semplicemente riducendo, magari temporaneamente, le obbligazioni verso le casse pensionistiche pubbliche.
A riprova del fatto che la crisi debito pubblico Usa non è una vera crisi, il seguente grafico riporta il tasso d’interesse a cui una banca americana può chiedere soldi a prestito. Il tasso d’interesse non è aumentato negli ultimi giorni, nonostante l’approssimarsi dello sforamento del tetto. E dunque, i mercati sono disposti a prestare soldi alle banche senza richiedere un “premio”, un “di più” che compensi del rischio di prestare soldi in prossimità di uno sforamento del debito. Ciò suggerisce che i mercati non percepiscono un rischio di grandi stravolgimenti economici qualora il tetto venisse superato.

Se dunque il superamento del tetto del debito è una “finta crisi”, perché i giornali ne parlano tanto? La ragione è di posizionamento politico. I repubblicani vogliono accreditarsi come il partito della probità fiscale e usano il loro potere di bloccare l’innalzamento del tetto per mettere in imbarazzo l’amministrazione. Una amministrazione democratica, e perciò con una base più favorevole all’aumento della spesa pubblica.

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11 commenti

  1. mb

    Non ce lo stiamo dimenticando? e il QE? E la possibilità di stampare ? L’italia sembra un sintomo di un problema comune, io mi domanderei se è peggio prezzato il btp al 6% o i decennali tedeschi, americani e inglesi al 3%.

  2. Randolph Carter

    In Italia si parla tanto del possibile default USA e di quello simile già avvenuto in Minnesota soprattutto per il classico atteggiamento del “mal comune…”. Molti politici cercano di far passare l’idea che tutti siano nelle stesse condizioni dell’Italia.

  3. michele81

    Dal dopoguerra il dollaro è la valuta di riserva mondiale che beneficia di una domanda estera inelastica e senza limite in quanto è l’unica moneta avente corso legale per l’acquisto di oro e petrolio. Forse la speculazione non si accanisce sul dollaro perchè le principali banche di investimento sono anglo-statuinetensi, ed usano il dollaro come valuta di riserva.

  4. domiak79

    Non sono daccordo con quanto scritto dal Dott. Persico. Il problema americano è tutt’altro che contabile. Alle ultime aste di treasury americani, il 70% è stato comprato dalla FED e, alle prossime aste, questa percentuale sarà certamente più alta in quanto il Giappone (secondo maggior creditore degli USA) e probabilmente la Cina ridurranno l’esposizione. Inoltre gli USA hanno una marea di debito non consolidato fuori bilancio (Fanny Mae, Freddie Mac, Medicare, Medicaid) che pesa per altri 45 trilioni di dollari. Gli USA hanno solo 2 alternative: il default o inflazionare il sistema. Bernake opterà per inflazionare e continuerà a stampare moneta. Il dollaro perderà sempre più valore fino al collasso. L’Italia, nonostante una classe digerente imbarazzante, è messa molto meglio e, a differenza degli USA, non possiamo inflazionare. Ovviamente siamo a rischio anche noi ma non siamo (ancora) la Grecia o lrlanda o il Portogallo.Li’ il problema di solvibilità è lampante (tutti e 3 insolventi). Per l’Italia questo problema non esiste ancora anche se l’ultima manovra finanziaria è una manna per tutti gli speculatori.

  5. Dario Piersanti

    Scusate ma mi sembrava che il debito americano sul Pil fosse abbastanza più ampio di quello italiano ma forse mi sbagliavo? Voi ci spiegate che il debito americano è un problema legal-contabile mentre quello Italiano è un vero debito. Ma siamo proprio sicuri che è così o sono io che non ho ben capito?

  6. Federico Brunelli

    Sono d’accordo con domiak79 e quindi in disaccordo con Persico. Gli USA rischiano molto perchè la fiducia nel dollaro a livello mondiale sta calando e a mio parere calerà ancora. Il dollaro non è più la sola moneta mondiale, anche se è ancora la più importante, e gli investitore mondiali si stanno spostando un po’ alla volta altrove, e gli USA non sono più la superpotenza, porto sicuro per gli investimenti esteri. Più la FED droga il sistema comprando T-bond e iniettando liquidità, peggiore sarà il crollo. Al dollaro non si sostituirà un’altra moneta nazionale, perchè oggi siamo in un mondo senza potenze egemoni. L’unica soluzione per un abbandono del dollaro senza troppi traumi è a mio parere la creazione di un’unità di conto mondiale il cui valore sia fondato su un paniere delle principali monete utilizzate a livello mondiale. Due anni fa il Presidente della Banca centrale cinese ha sostenuto questa proposta. I federalisti europei da tempo l’hanno formalizzata. Servirebbe che anche l’Europa la appoggiasse, dandosi finalmente una politica estera unitaria e rendendosi così capace di fare proposte di ampio respiro.

  7. AM

    Il debito americano è espresso in US $ Gli Stati Uniti, se lo riterranno opportuno, potranno stampare dollari e ridurre il debito federale. Ciò provocherà indubbiamente un’impennata dell’inflazione e dei tassi di interesse e avrà un impatto sui tassi di cambio con le altre monete, ma il dollaro comunque rimarrà una moneta internazionale. L’Italia non ha invece facoltà di stampare Euro a piacimento per far fronte alle scadenze del debito, avendo rinunciato alla sovranità monetaria, e quindi è soggetta a possibilità di default Non è una differenza da poco.

  8. Tommaso

    Non capisco. Capisco che i problemi economici e delle finanze pubbliche italiano e Usa siano diversi, ma che i problemi Usa siano solo contabili-legali faccio fatica a crederlo. Per iniziare cito questa citazione (!) dal FT: ‎”When the commander of America’s military forces is asked what he considers the biggest threat to national security, Admiral Mike Mullen answers that it is the federal deficit.” http://www.ft.com/cms/s/0/52ca17f6-b3cb-11e0-855b-00144feabdc0.html#ixzz1Sqfdqr3x Ora, capisco che, per qualche mese/ un anno, la situazione finanziaria degli USA possa essere corretta con misure contabili-legali. Ma piu’ sul medio/ lungo termine faccio fatica a capire come il debito pubblico americano non possa non essere un problema (tanto per tornare alla citazione di prima, e’ interessante notare come i politici ragionino sempre sul breve termine, mentre i militari ragionano sempre, almeno, con un orizzonte di 5-10). Adesso non ho tempo per riassumere tutti i punti per cui credo questo. Mi basti rimandare al balance trade USA, in negativo dal 1971, nel 2010 di 500 milioni di dollari USA. http://www.census.gov/foreign-trade/statistics/historical/gands.pdf

  9. Trader73

    E’ vero, la questione del default “tecnico” USA è più formale che sostanziale e con buone probabilità all’ultimo momento verrà superata, o meglio rimandata da un accordo temporaneo al 2012. E’ altresì verissimo che la situazione delle finanze pubbliche italiane è ben diversa. Ma… Ma i mercati finanziari hanno preso al balzo la palla (il dibattito sull’aumento del debito “autorizzato” USA) per cercare di fare goal, ovvero mettere in crisi tutti i paesi con alto debito o disavanzi fuori controllo, USA compresi. Voglio dire che la questione diviene palesemente sostanziale quando si pensa che il rapporto debito/PIL negli USA sta “flirtando” pericolosamente con la soglia psicologica del 100%, quando appena prima della crisi finanziaria del 2008 era intorno all’80% (in Italia siamo poco sopra il 120%). Il disavanzo USA è da rimettere sotto controllo, e al più presto, così come lo è quello dei paesi europei sotto attacco. Il vantaggio degli USA è che gli spazi di manovra sono ancora ampi dal momento che le tasse sugli individui a più alto reddito e sulle corporations sono tra le più basse del Primo Mondo. Oltre che le più basse degli ultimi 50 anni! Ma politicamente…

  10. Roberto A

    Secondo un articolo del sole24ore.com di oggi,il debito/PIL reale degli USA sarebbe al 140%, calcolando insieme al debito federale, i debiti degli stati e degli enti locali e le garanzie statali date al sistema della finanza immobiliare. E teniamo conto che se non sbaglio, il deficit USA è intorno e sopra il 10% da 3 anni…

  11. AB

    Leggendo le risposte dei lettori, mi sono ricordato di una domanda che volevo fare sul questo (dove spero possa trovare risposta). È possibile sapere chi sono gli acquirenti di titoli di stato (Italia, USA) almeno per tipi (banche commerciali, banche d’investimento, fondi hedge, etc…) Scusate se sono un po’ off-topic, ma credo che spesso il tipo di acquirente sia significativo per capire cosa pensa chi lavora nel settore.

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