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OLTRE LA MANOVRA

Nel dibattito pubblico l’attenzione si è concentrata solo sulla manovra del luglio 2011 dimenticando gli effetti di trascinamento dei vari interventi di finanza pubblica precedenti. Una valutazione complessiva dei dati di bilancio indica che le entrate hanno giocato un ruolo importante, ma inferiore al 50 per cento nella riduzione del deficit. E che più che di rinvio della manovra al 2013-14, si dovrebbe parlare di un alleggerimento sul 2012 rispetto al 2011.

Nelle ultime settimane l’attenzione dei mercati internazionali (e l’ansia dell’opinione pubblica italiana) si è focalizzata sul varo della manovra finanziaria del luglio 2011 (Dl 98 del 6 luglio 2011, poi emendato dal Senato e rapidamente approvato dalla Camera). La manovra finanziaria, per quanto complessivamente adeguata nel raggiungimento dell’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2014, è stata giudicata insufficiente da almeno due punti di vista. In primo luogo, la manovra – si è detto – rinvia la parte più consistente dell’aggiustamento fiscale al 2013-14, spostando dunque l’onere di sostenerne l’impopolarità politica sul governo che uscirà dalle elezioni 2013 e non su quello in carica. In un momento di grave instabilità finanziaria in Europa, il rinvio non è stato gradito dai mercati e ha certamente contribuito all’aumento del differenziale di rendimento tra Btp e Bund. In secondo luogo, è stato osservato che il miglioramento del deficit prefigurato è basato soprattutto su aumenti di entrate, il che – si dice – dà alla manovra un carattere recessivo.
Se e quanto una manovra basata sulle entrate sia più o meno recessiva di una basata sulle spese è un tema controverso (in realtà, dipende: sarebbe più recessiva la reintroduzione dell’Ici sulla prima casa o una riduzione degli stipendi degli insegnanti?). Rimane però che la manovra del luglio 2011 è solo una parte della strategia complessiva del governo per la riduzione del deficit pubblico dell’Italia. È dunque opportuno valutarne le caratteristiche nel quadro più ampio della politica di bilancio seguita dal governo e dal suo ministro dell’Economia finora. È quello che facciamo qui usando una semplice tabella riassuntiva.

LA POLITICA DI BILANCIO DAL 2008 A OGGI

 La tabella presenta i risultati di riduzione del deficit rispetto al suo “andamento tendenziale” – quello che verrebbe fuori a legislazione vigente senza interventi ulteriori – ottenuti dal governo nel corso della XVI legislatura (iniziata nell’aprile 2008). I dati sono quelli ufficiali ricavati dalle relazioni tecniche ai vari provvedimenti e sono distinti in maggiori entrate e minori spese. Le maggiori entrate e minori spese sono “nette” perché, nell’ambito dei vari provvedimenti, a fianco delle misure di riduzione delle spese ve ne sono altre che ne implicano aumenti. La stessa considerazione – cambiata di segno – vale per le entrate. Ovviamente, se la manovra vuole ridurre il deficit, i tagli alle spese saranno maggiori degli incrementi di spesa così come gli aumenti delle imposte saranno maggiori degli sgravi. Bisogna anche ricordare che non tutti gli interventi legislativi elencati nella tabella hanno avuto l’obiettivo di ridurre il deficit: oltre a quello appena approvato, hanno avuto questa finalità soltanto i decreti legge presentati alla fine della primavera del 2008 e del 2010. In sintesi, in tre anni sono stati approvati dodici provvedimenti, di cui tre con effetti di riduzione del disavanzo e nove a saldo zero.
La tabella è divisa in tre parti. Nella prima sono riportate le minori spese e le maggiori entrate nette implicate dagli undici provvedimenti adottati dal governo tra giugno 2008 e giugno 2011. Come si vede, queste misure hanno portato, almeno sulla carta, a una riduzione del disavanzo per più di 110 miliardi di euro sul periodo 2010-13, due terzi dei quali (il 65 per cento circa) derivanti da minori spese nette e un terzo (il 35 per cento circa) derivanti da maggiori entrate nette. (1)
Nella seconda parte della tabella sono riportati i dati della manovra di luglio 2011, relativa al periodo 2011-14 (consideriamo i dati ufficiali, per un’analisi più approfondita si rinvia all’articolo di Tito Boeri. I dati sono esposti nell’ipotesi che valga la clausola di salvaguardia introdotta dal governo: se entro il settembre 2013 non si realizzerà la delega fiscale, che dovrebbe dar luogo a un mix di nuove imposte e tagli di spese, ci sarà un taglio automatico delle agevolazioni fiscali in essere nel 2013 e 2014 (quindi un incremento di imposte). Sotto queste ipotesi, la manovra porterebbe a un taglio netto delle spese di 19 miliardi circa e a maggiori entrate nette per 29 miliardi, per un aggiustamento complessivo del disavanzo pari a 48 miliardi di euro, proveniente dunque per il 60 per cento da aumenti di entrata. Nella manovra, la quota dell’aggiustamento totale realizzata nel 2013-14 è di circa il 90 per cento. Dalla combinazione di questi due dati deriva la percezione di insufficienza della manovra enfatizzata nel dibattito pubblico. (2)
Nell’ultima parte della tabella, l’effetto della manovra di luglio 2011 è sommato a quello dei provvedimenti precedenti. Emerge un quadro diverso da quello descritto nel dibattito pubblico di queste settimane. La riduzione del deficit operata dalle varie manovre e provvedimenti negli ultimi tre anni è superiore a 190 miliardi di euro, poco più del 12 per cento del Pil 2010 (1.547 miliardi di euro). Nell’insieme, la riduzione del disavanzo deriva da maggiori entrate per 90 miliardi e da tagli alle spese per 102 miliardi. La proporzione dell’aggiustamento proveniente dalle entrate è pari a al 47 per cento del totale.

DUE IMPLICAZIONI

 Dall’ultima parte della tabella si ricavano due implicazioni principali. La prima riguarda il contributo delle entrate alla riduzione del deficit. Una percentuale di aggiustamento proveniente dalle entrate pari al 47 per cento è certo un numero rispettabilmente elevato per essere stato realizzato da un governo e da un ministro dell’Economia che si è sempre fatto vanto di “non mettere le mani nelle tasche degli italiani”. Naturalmente si tratta di dati ufficiali: una discreta parte delle maggiori entrate è attribuita nelle relazioni tecniche al contrasto dell’evasione. Una voce sempre presente nelle manovre degli ultimi decenni (di tutti i governi) ma molto difficile da valutare a consuntivo. D’altro canto, anche quelle dei tagli di spesa (nell’insieme di dimensioni molto ampie) sono stime ex ante e qualche dubbio si può nutrire su quale ne sia stato il grado effettivo di realizzazione. Prendendo comunque per buone le stime ufficiali, il contributo delle entrate si rivela molto inferiore al 60 per cento che si ottiene concentrando l’attenzione solo su questa manovra. Anche dal governo Berlusconi la riduzione del deficit è stata realizzata con un mix di maggiori entrate e minori spese. Come forse è plausibile che sia.
La seconda conclusione riguarda la distribuzione temporale dell’aggiustamento. Quando si guarda al complesso degli interventi emerge che nel 2013-2014 è stato concentrato il 50 per cento dell’aggiustamento, non il 90 che viene fuori guardando solo alla manovra di luglio 2011. Cinquanta non è un numero troppo lontano dal 40 per cento corrispondente a un aggiustamento equamente distribuito in ognuno dei cinque anni considerati. Da questo punto di vista, gli anni che mancano all’appello, quelli in cui l’aggiustamento è stato relativamente basso, sono due: il 2010 e il 2012. Difficile giudicare il 2010, caratterizzato da una flebile ripresa economica e da generali richieste di politiche fiscali di sostegno dell’economia. Il mancato – o perlomeno debole – aggiustamento del 2012, specie se confrontato con lo sforzo del 2011, è un figlio davvero poco legittimo delle divisioni nella coalizione governativa e dei contrasti su fantasiose riduzioni della pressione fiscale nel Consiglio dei ministri.
Nel dibattito pubblico si è concentrata in modo ingiustificato l’attenzione solo sulla manovra di luglio 2011 dimenticando gli effetti di trascinamento dei vari interventi di finanza pubblica operati in precedenza. Ciò ha portato a dare un quadro parziale e un po’ distorto della strategia complessiva anti-deficit del governo. Una valutazione complessiva dei dati indica che, dal 2008 in poi, le entrate hanno giocato un ruolo importante ma inferiore al 50 per cento nelle politiche di bilancio dell’Italia. L’esame dei dati indica inoltre che più che di rinvio della manovra al 2013-14 si dovrebbe parlare di alleggerimento ingiustificato sul 2012. Parte della colpa della mancata accuratezza nel dibattito pubblico sull’efficacia della politica fiscale ce l’ha anche il governo stesso che, procedendo in materia di finanza pubblica con una combinazione di interventi programmati ed estemporanei, ha certamente ridotto la trasparenza del suo operato e contribuito a far perdere di vista il quadro di insieme.

 

Tabella: I provvedimenti anti-deficit del governo Berlusconi – un riassunto

(miliardi di euro o punti percentuali)

1. Provvedimenti prima della manovra 2011 (giugno 2008-giugno 2011)

 

2010

2011

2012

2013

2014

Totale

maggiori entrate (nette)

11,4

10,2

11,3

6,5

39,5

minori spese (nette)

6,1

33,5

14,2

18,5

72,3

miglioramento del saldo

17,5

43,7

25,5

25,0

111,7

contributo delle entrate al miglioramento del saldo (in punti percentuali)

65,1

23,3

44,5%

26,1

 

35,3

 

2. Manovra luglio 2011

 

2010

2011

2012

2013

2014

Totale

maggiori entrate (nette)

1,9

6,5

13,3

28,8

50,4

minori spese (nette)

0,2

-1,0

11,1

19,1

29,4

miglioramento del saldo

2,1

5,5

24,3

47,9

79,8

contributo delle entrate al miglioramento del saldo (in punti percentuali)

 

90,5

118,2

54,7

60,1

63,2

 

3. La politica di bilancio del governo Berlusconi: il quadro completo

 

2010

2011

2012

2013

2014

Totale

maggiori entrate (nette)

11,4

12,1

17,8

19,8

28,8

89,9

minori spese (nette)

6,1

33,7

13,2

29,6

19,1

101,7

miglioramento del saldo

17,5

45,8

31,0

49,3

47,9

191,5

contributo delle entrate al miglioramento saldo (in punti percentuali)

65,1

26,4

57,4

40,2

60,1

46,9

(1) Per un’analisi dettagliata della politica di bilancio 2008-2010, si rinvia a G. Pisauro, “I conti pubblici: un faticoso rientro” in La finanza pubblica italiana. Rapporto 2011 (a cura di M. C. Guerra e A. Zanardi), Il Mulino 2011.
(2) Lo hanno fatto in modo particolarmente efficace Roberto Perotti e Luigi Zingales nei loro interventi sul Sole 24 Ore.

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  1. susanna

    Nella seconda parte della tabella sono riportati i dati della manovra di luglio 2011, relativa al periodo 2011-14 (consideriamo i dati ufficiali, per un’analisi più approfondita si rinvia all’articolo di Tito Boeri LINK). Il LINK non è attivabile…

    • La redazione

      Grazie della segnalazione. Abbiamo inserito il link correttamente

  2. Roberto A

    C’è qualcosa che non mi quadra: voi avete costruito la tabella tenendo conto solo degli effetti nei tre anni successivi, delle previsioni normative. Ad esempio, per la manovra del giugno 2008 avete conteggiato solo gli effetti fino al 2011 ma la maggior parte delle norme comporta effetti che continuano anche negli anni successivi e che voi non avete conteggiato. Per fare un esempio riguardo ai tagli all’istruzione del 2008: gli effetti sono permanenti e preseguono anche dopo il 2011, anche se le relazioni tecniche dimostrano gli effetti solo per il triennio considerato, ma voi nella prima tabella, per il 2012-2013 e 2014 non li avete considerati, avendo messo per il 2012 d 2013 solo gli effetti del dl 78 del maggio 2010. Stessa cosa per il 2014 rispetto al dl 78, i cui effetti nella maggior parte dei casi si protrae oltre il 2013….non so se mi sono spiegato…

    • La redazione

      Le relazioni tecniche i cui dati riassuntivi abbiamo usato nell’articolo hanno orizzonte triennale perchè il bilancio dello Stato ha un orizzonte triennale. La legge di contabilità pubblica (la 196/2009 e prima ancora la l. 468/1978) richiede per le sole disposizioni legislative in materia pensionistica e di pubblico impiego “proiezioni finanziarie almeno decennali”. Naturalmente anche altre decisioni di spesa e di entrata hanno effetti che vanno oltre il triennio. Da questo punto di vista l’osservazione del lettore è corretta. Ma questo non vale assolutamente per tutte. I tagli lineari alle spese dei Ministeri o le riduzioni ai trasferimenti di Regioni (inclusa la sanità) e Enti locali valgono ogni volta solo per tre anni Il blocco del turnover nel pubblico impiego ha orizzonte triennale e deve essere dunque rinnovato quando scade. Nel caso del blocco degli scatti di anzianità, il blocco è permanente per i docenti universitari e solo temporaneo per i magistrati: vuol dire che la spesa tendenziale (a cui si applicano le manovre future) è permanentemente più bassa per effetto del blocco degli scatti per gli universitari ma non per il blocco dei magistrati…
      Un lavoro più approfondito del nostro avrebbe esaminato caso per caso, provvedimento per provvedimento, le varie disposizioni di legge dal 2008 ad oggi. Noi non lo abbiamo fatto e abbiamo usato solo i dati riassuntivi delle varie relazioni tecniche. Riteniamo che in prima battuta sia una buona approssimazione.

  3. Maurizio

    La mia impressione è che i provvedimenti che sono stati fatti sono quelli che potevano esser fatti da un ministro “che non mette le mani in tasca” e che fa sempre parte di un governo berlusconiano. Si tratta di un cumulo di azioni senza alcuna strategia complessiva. Tremonti è più preccupato della sua immagine di custode rigoroso dei conti che però non pesa sulle tasche degli italiani piuttosto che impostare una strategia che porti l’Italia in Europa in posizione di rilievo.

    • La redazione

      Il nostro articolo ha il solo obiettivo di collocare la manovra nel quadro delle altre misure di politica di bilancio del governo. Poi ognuno fa le sue valutazioni.
      Darsi la missione di essere il “custode rigoroso dei conti che però non pesa sulle tasche degli italiani” è, come diceva de gaulle,
      un vaste programme, di questi tempi. Ma forse rischierebbe di esserlo anche il tentativo di “impostare una strategia che porti l’Italia in Europa in posizione di rilievo”.

  4. Giovanni

    …quindi ha poco senso fare la somma dell’impatto della manovra tra gli anni 2011 e 2014. L’impatto della manovra di Luglio 2011 sul deficit (o, per essere precisi, sullíndebitamento netto) a regime è di circa 48 miliardi di Euro. A meno che non si vogllia capire di quanto la manovra riduce il debito, ma non mi sembra questo lo scopo della tabella. Suggerisco di rimuovere la colonna “Totale”

    • La redazione

      Le somme per righe (nella tabella), sebbene ottenute a partire da cifre espresse in euro di anni diversi e quindi non sommabili, danno un’idea della dimensione complessiva dello sforzo fiscale compiuto negli ultimi anni. Soprattutto, nel nostro caso, servono a calcolare il contributo medio delle entrate alla riduzione del disavanzo.

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