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THOMAS TASSANI RISPONDE A MILENA GABANELLI E AI COMMENTI DEI LETTORI

Dopo aver letto i commenti dei lettori e le osservazioni di Milena Gabanelli, vorrei soffermarmi su alcuni punti.
In primo luogo, anche io penso che il minor utilizzo del contante per gli acquisti di beni e servizi, a favore di mezzi di pagamento “virtuali”, sia un obiettivo da perseguire, perché la tracciabilità dei pagamenti è in grado di evitare una parte di evasione fiscale.


I mezzi per raggiungere tale obiettivo possono essere diversi e non tutti certamente “risolutivi” in termini assoluti.
I lettori ne hanno ricordati alcuni: dal divieto all’utilizzo del contante oltre una certa soglia, alla incentivazione (es. minori costi di emissione e di gestione) delle carte di credito.
Altri sono già stati proposti, come la previsione di ulteriori obblighi di comunicazione da parte delle banche per movimentazioni in contante sopra una certa soglia; altri ancora arrivano indirettamente a raggiungere lo stesso fine ultimo, come la parziale detrazione delle spese per beni e servizi acquistati, se documentate in modo idoneo.
La domanda che il mio contributo si pone è: la previsione di una imposta sui prelevamenti e versamenti in contante è un mezzo consentito ed idoneo per raggiungere questo obiettivo?
Milena Gabanelli risponde di si e aggiunge che una imposta di questo genere sarebbe “una imposta come un’altra”.
Non condivido questa affermazione e vorrei ricordare che l’art. 53 Cost. esiste (e, più in generale, le Costituzioni moderne sono state introdotte) proprio per evitare che il legislatore possa in modo del tutto libero scegliere “che cosa tassare”.
La integrità patrimoniale del singolo può essere intaccata solo se il fatto assunto come oggetto dell’imposta è in grado di esprimere una forza economica ed è, peraltro, su questa base che si evidenzia anche la portata redistributiva della imposizione fiscale.
In questo senso, non ritengo che il fatto di prelevare e versare del contante possa essere espressivo di una capacità economica di per sé. Non è certamente reddito; non è un sufficiente indice patrimoniale; non è consumo (perché il consumo è evidenziato dall’acquisto di beni e servizi che possono, ma non necessariamente, essere la ragione per cui si preleva o versa); non costituisce neppure un arricchimento o il compimento di un affare.
Neppure, con l’atto del prelevare o del versare, si forma un documento o un atto giuridico, tassato in quanto tale (come accade nella imposta di bollo, con peraltro grossi dubbi di costituzionalità, o nella imposta fissa di registro).
Il fatto di prelevare o versare denaro contante ha una valenza economica solo generica, ma non esprime di per sé una capacità contributiva, perché rappresenta un atto neutro, visto che tale capacità è eventualmente manifestata (e quindi tassata) in un altro e distinto momento: quando si produce il reddito, quando si consuma, ecc.
Anche se il risultato pratico che una imposta come questa vorrebbe ottenere è particolarmente importante, lo stesso non può giustificare quella che sarebbe, a mio sommesso avviso, una violazione dei principi del sistema.
Milena Gabanelli, che stimo ed apprezzo anche perché ha la forza di avanzare idee come queste, parla di “provocazione”. Su questa scia, mi sembra inevitabile un’ultima considerazione “provocatoria”: i prelevamenti ed i versamenti in contante sono già oggi pienamente “tracciabili”.
Da diverso tempo, infatti, il Fisco italiano ha la possibilità di avere la completa conoscenza dei rapporti bancari di tutti i contribuenti e, quindi, di verificare anche prelevamenti e versamenti. Questi stessi dati, poi, possono essere posti a base degli accertamenti tributari quando non corrispondano al quantum dichiarato dal contribuente, addirittura con una inversione dell’onere della prova. Nel senso che è il contribuente a dover dimostrare di non avere evaso, in presenza di versamenti o prelevamenti che non sia in grado di giustificare.
Si tratta di poteri enormi (e non sono i soli) in mano all’amministrazione

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Finanziaria: come mai non sono ancora sufficienti per contrastare l’evasione? Solo cercando di rispondere a questa domanda, credo, si possono impostare soluzioni non emergenziali e non vessatorie al problema della evasione fiscale.

 

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Marius Montes, AD MMXI

21 commenti

  1. AM

    Concordo pienamente con Tassani. Tassare l’uso del contante, o persino abolirlo per legge, sono proposte impresentabili nella realtà odierna italiana. Oggi tutta la movimentazione bancaria è accessibile da parte del Fisco e forse (anche se spero il contrario) di talpe legate al mondo del crimine o alle reti di spionaggio e terrorismo. Quindi il Fisco può individuare tutti i movimenti anomali e sospetti. Naturalmente, a sua volta, il cittadino deve avere il diritto di essere informato di queste misure e dei rilievi anche per poter giustificare prelievi e versamenti anomali (fatti talvolta solo per spostare i propri fondi da una banca all’altra senza fare sapere ad ognuno dei due istituti il nome dell’altro).

  2. Michelangelo Casiraghi

    Ritengo, dopo aver letto testo della Gabanelli, commenti e risposte, che in quel modo si rafforzerebbe solo la tracciabilità potenziale, il che non vuol dire – se non si affrontano altri problemi messi in evidenza – che questa si tramuti in una verifica concreta, cosa che potrebbe già avvenire anche se con maggior difficoltà. Siamo il paese nel quale persino i concordati fiscali hanno premiato gli evasori e non han punito i reiteranti, come minacciavano di fare. Quale altro paese appena civile si sarebbe “dimenticato” di far i decreti attuattivi, impedendo così le confische in Italia di beni equivalenti ai capitali illegalmente esportati? E quale si sarebbe dimenticato di verificare che i condonanti avessero versato non solo la prima rata della penale, ma anche le altre? Suvvia: a fronte di questi dati discettare di tracciabilità è secondario. Perchè il problema è che qui non si vuol intercettare davvero l’evasione fiscale, punendola adeguatamente e scoraggiandola. Insomma: il rapporto rischio/benefici è troppo favorevole agli evasori/elusori, ed è su tutti i fattori che lo rendon così favorevole che bisogna intervenire.

  3. Max Rossi

    I profili di incostituzionalità sono sicuramente un tema serio e fondato, ma non ci si può fermare alla mera considerazione tecnico/giuridica. Bisogna innanzitutto chiedersi se “tassare” il prelievo di contanti (tassare i versamenti non ha senso) abbia la conseguenza di far emergere buona parte del nero. Se, come ci dice il buon senso, la risposta è sì, allora i professori di diritto tributario ci devono aiutare a trovare una via giuridicamente solida per realizzarla, piuttosto che dismettere l’idea bollandola come incostituzionale. Per esempio, invece di chiamarla tassa o imposta, potremmo chiamarla misura antievasione fiscale e il profilo di incostituzionalità potrebbe essere superato. Poi bisogna chiedersi cosa sia effettivamente fattibile in pratica, cosa che Milena Gabanelli non ha fatto, limitandosi a lanciare in modo, mi perdonerà, un po’ superficiale la sua giusta intuizione. Invito a leggere il mio post, postato alcune settimane prima che uscisse l’articolo di Milana Gabanelli. Oltre alla proposta del post ci sono altre varianti di cui sarebbe interessantissimo discutere.

  4. Enrico Motta

    Intanto devo dire che fa molto piacere leggere un intervento di un esperto come il Prof. Tassani, in un campo dove ognuno dice la sua (me compreso). Penso però che debba essere chiarito un punto cui si fa cenno nella prima parte dell’articolo, cioè la detrazione parziale di spese. Le detrazioni di spese, peraltro già presenti nelle ultime dichiarazioni e spesso modificate negli anni, portano a una riduzione dell’imponibile, e quindi a minori introiti per lo Stato. Ce lo possiamo permettere? Questo non lo dico al Prof. Tassani, ma agli entusiasti del “detrarre tutto”, che risolverebbe secondo loro il problema dell’evasione. L’articolo della Gabanelli, comunque interessante, tocca un’altra questione cruciale: la volontarietà del pagamento dell’IVA su molte prestazioni (“Costa 100, ma se vuole la ricevuta con l’IVA è 120, anzi 121”). Non mi meraviglia che in una situazione del genere l’evasione dilaghi. Del resto lo stesso evasore paga l’IVA su altri beni (es. la bolletta del gas) senza battere ciglio. Tutta colpa sua o la tassa è congegnata male?

  5. Antonello Cherubini

    Gent. Prof. Tassani, le chiedo da profano, art 53: testuale: ” Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.” Lei lo traduce con “l’oggetto dell’imposta deve essere in grado di esprimere una forza economica.” Il prelevare contante secondo lei non è in grado. Ok, è un’opinione. Ma non le sembra che abbiamo perso il contatto col mondo reale? Cioè, oggi pago con gli spicci, domani col cellulare… Dov’è il problema?

  6. Francesco Burco

    Gent. Prof. Tassani, continua ad affermare cose fuori da ogni logica. L’operazione di pagamento, fra le quali la Direttiva europea recepita con D.lgs. 11/2010 sui servizi di pagamento nel mercato interno annovera il prelievo di contanti, forma oggetto di un servizio. Il legislatore europeo e nazionale afferma anche che l’attività di trasferire e prelevare fondi PRESCINDE dall’eventuale obbligazione da cui è originata. Il prelievo E’ CONSUMO. Non è difficile: quando si preleva del denaro al bancomat è un servizio offerto dalla banca, un soggetto PRIVATO, quando lo si spende per acquistare una merce è un altro servizio offerto dall’esercente.

  7. valerio

    Anzichè pensare a tasse e/o divieti pensiamo agli incentivi. Concediamo un piccolo credito d’imposta (0,5%) ai pagamenti elettronici. E contemporaneamente si chieda alle banche di limitare le commissioni per commercianti e consumatori. E ricordiamoci che la grossa evasione (vedi Unicredit ultimamente, se di vera evasione si tratta) fa operazioni perfettamente tracciate!

  8. LUIGI PANACCIONE

    Giuste le considerazioni in diritto di Tassani. Si potrebbe però pensare non tanto ad una imposta o tassa ma ad un aggravio della commissione bancaria addebitata al prelievo. La differenza tra il valore corrente della commissione e quello rimodulato, a seguito di un”patto sociale” tra Istituti di credito e Governo, potrebbe essere fatto confluire in un fondo a sostegno dell’occupazione femminile e giovanile. Salva la possibilità di tutelare quella parte della popolazione (es.pensionati) non pronte all’utilizzo della moneta elettronica. I benefici in termini di recupero della tassazione sarebbero immediati considerato che all’uso generalizzato di carte di credito, bancomat, ecc. corrisponde un incremento del gettito IVA. Efficace sarebbe l’introduzione , a fini di contabilità fiscale, dell’obbligo di documento probatorio

  9. martino

    Ribadisco un mio precedente commento: non è con lo stato miltare sempre più invadente e che introduce sempre più obblighi e norme che si combatte l’evasione. E poi cito da alcuni articoli di giornale: evasione 115 miliari di cui 40 ( fino a 60, dipende dalle fonti) criminalità, 25 lavoro nero ( e doppio o terzo lavoro), 15 da ascrivere a società di capitali, 27 a big company e transfer pricing, 8 lavoratori autonomi! Quindi, ammesso e non concesso che i 40miliardi dovuti alle mafie siano legalizzabili ( e mi interesserebbe capire il peso della crimnalità nell’evasione negli altri paesi, non vorrei che tolta quella gli italiani non fossero poi tanto più evasori di inglesi o altri), comunque questi 40mil + 27 delle big company se ne farebbero un baffo delle limitazioni al contante. E forse anche i 25 del lavoro nero ( se si viene pagati con banconote di piccolo taglio, cosa cambia?) e parte dei restanti. Forse a rimetterci sarebbero sempre i soliti, quelli che comunque i soldi li fanno transitare in banca (già questo dovrebbe far capire che non si tratta dei pesci grossi dell’evasione!!)

  10. ilaria capelli

    Il prof. Tassani scrive che una ipotizzata imposizione fiscale sui pagamenti in contanti sarebbe in contrasto con la costituzione in quanto in violazione dell’art. 53, non essendo, il pagamento in contanti, manifestazione di capacità contributiva (mi scuso per eventuali incertezze non sono una tributarista). Ciò che mi sfugge dal ragionamento è la coerenza dell’autorevole obiezione con l’attuale sistema fiscale: abbiamo innumerevoli imposte che non possono dirsi “direttamente” legate alla “capacità contributiva del singolo”, almeno per chi (come me) non è uno specialista del settore, penso a quelle che gravano sui consumi, sui carburanti, sulla casa. Penso al contributo unificato per chi deve ricorrere all’autorità giudiziaria (fare causa costa in termini puramente fiscali e non è manifestazione di benessere), penso ai ticket sanitari.

  11. Filippo

    La proposta della Gabanelli non ha solo il merito di obbligare gli acquirenti ed i commercianti/professionisti a fare le cose in regola, ma permetterebbe di fare emergere parte degli affitti in nero, tassare indirettamente la prostituzione, che uno stato come l’italia non riuscirà mai ad affrontare in modo laico, disincentivare lo spaccio di droga, la fuga di denaro all’estero… sulla formulazione della norma vale la pena di impegnarsi a fondo e fare in modo che non sia oppugnabile in tribunale, ma risolverebbe tanti di quei problemi di giustizia ed equita’..

  12. AM

    Non dimentichiamo che molte famiglie tengono delle riserve precauzionali di contante nell’ipotesi che si possa scatenare una crisi bancaria e che la banche per un po’ di tempo chiudano i loro sportelli, con la conseguenza che carte di credito, assegni, bonifici non siano utilizzabili per i pagamenti. Certi pagamenti, in comprovate situazioni di emergenza, potrebbero essere differiti, come ad es.tributi, affitti, rate dei mutui, conti sospesi con fornitori, ma altri come gli acquisti di alimenti non possono attendere. Infine cerchiamo di non criminalizzare tutte le persone che per ignoranza, timore o diffidenza verso le banche, correndo rischi di furto e rinunciando agli interessi, tengono riserve in contante Rischieremmo di colpire anche persone onestissime come molti immigrati che hanno poca familiarità con le banche.

  13. Gianni

    Aggrapparsi all’inghippo legal-costituzionale è un semplice espediente. Ci sarà sempre il burocrate o il leguleo che riuscirà a giustificare la tassazione del contante o renderla progressiva con qualche altra tassa. Ricordiamo che in Italia abbiamo inoltre una Corte Costituzionale così libera e imparziale da aver approvato la confisca notturna del 6×1000 dai conti degli italiani, del 1992 La tassazione del contante è un nonsenso per una ragione molto semplice: è un altro costo imposto a chi a produce o acquista qualcosa. Quindi avrà come effetto la non conclusione di quella transazione se chi subisce il costo aggiuntivo non lo ritiene congruo. Chi propaganda queste misure non si rende conto che chi è costretto a pagare non necessariamente si comporterebbe come quando non era sottoposto al balzello. Gli uomini agiscono secondo incentivi La Gabanelli non si rende conto di quello che propone o fa propaganda di stato. Stupisce che Tassani utilizzi argomenti un po’ deboli.

  14. Ivo

    Chi trova le osservazioni del prof. Tassano sbagliate o ‘a difesa’ dell’evasione davvero credo non abbia mai discusso seriamente o gestito in proprio alcunché. Sono un commerciante ambulante e ogni giorno muovo contante, sono quindi un evasore se non dispongo di bancomat e carte per il solo fatto di dover pagare salati per questi strumenti? E che dire di un sistema fiscale che può verificare ogni singolo movimento e inviare ispettori in borghese in ogni momento senza considerare studi di settore e vari altri balzelli? Una proposta semplice: si semplifichi il sistema, si accertino le cause della grande evasione (vedi post di Martino), si riducano le tasse sul lavoro. La retorica dello scontrino fiscale e tale poiché come molti sanno tanti esercizi commerciali (bar, negozi, piccoli artigiani età..) se facessero ogni scontrino e ogni singola ricevuta chiuderebbero. Sfido chiunque a smentire questo dato. Per gli ideologi delle tasse invece dico: fatevi avanti, chiedete una licenza commerciale e guadagnate i milioni evadendo le tasse se credete che sia così.

  15. Gigiromano

    Lo dirò e lo ripeterò sino alla noia: l’evasione si combatte introducendo pene molto severe e certe, per i trasgressori. Perché il nostro paese ha la maglia nera mondiale di imponibile ed imposte evase? Quali sono le pene applicate, dopo una 15a di condoni, a chi evade? Perché solo noi abbiamo la GdF che si gingilla ogni anno, dicendo che ha scoperto gli evasori totali? Quanti sono in galera per evasione? Quanto dura un processo? Avete mai incontrato quando all’estero bar, negozi, che non emettono lo scontrino? Informatevi su cosa succederebbe al negoziante se non si emettesse lo scontrino? Da un confronto europeo delle pene previste per gli evasori, si scoprirebbe perché gli italiani siano tanto ricchi e lo stato tanto indebitato. All’estero la delazione al fisco è incoraggiata, qui è condannata. All’estero hanno terrore del fisco, qui no. La certezza di pene severissime è una delle principali ricette.

  16. Roberto

    Non ho poi visto molti sottolineare una cosa, e cioè che i risultati sarebbero irrisori. Infatti, il primo anno magari si incasserebbe bene (ma comunque niente di che nel grande calderone delle entrate) e magari ci sarebbe un aiuto alla lotta all’evasione, ma dopo, sapendo di questa tassa, chi riceve contanti non li verserebbe più in banca ma li userebbe direttamente. In pratica, non servirebbero più i prelievi e si creerebbe un circuito economico basato sul contante quasi del tutto autonomo, parallelo e scollegato da quello bancario. Paradossalmente, l’economia “nera” potrebbe pure aumentare.

  17. Roberto A

    Il servizio consiste nel prelievo e questo servizio viene pagato dal cittadino con le spese di tenuta conto (gravate da IVA),le quali sono un incasso per la Banca, che al netto delle spese determinano un utile tassato. Che c’entra la tassazione del contante,su quel servizio? E perchè una tassa sul contante, quale sarebbe il presupposto? Ragionando come dice lei, allora, anche il pagamento con carta dovrebbe essere tassato sul valore del pagamento come per il contante. Cerchiamo di essere seri, per favore. Credo che lei faccia un po’ di confusione.

  18. Paolo Tosti

    Sono d’accordo col prof. Tassani: dobbiamo esser cauti nella ricerca della soluzione. E’ l’insieme delle cose che può stanare l’evasione. Se si chiedesse ad un bancario qualsiasi, egli vi potrebbe confermare che gli strumenti in mano all’amministrazione tributaria ci sono già tutti. Dateci invece la possibilità di detrarre le spese di medici, professionisti in genere ed anche artigiani, magari in percentuale ed in più anni per non appesantire la cassa dell’erario, e d’un tratto ritroverete tanto imponibile da tassare!

  19. eutidemo

    Quale forza economica esprime l’imposta di bollo?

  20. AM

    Maglia nera? Non esageriamo. La classifica si dovrebbe fare in percentuale altrimenti in valori assoluti la maglia nera spetterebbe ingiustamente agli USA. Se calcolata in percentuale l’evasione fiscale italiana non risulta certamente una delle più elevate dal mondo. Se poi si disaggrega l’evasione per regioni ci si accorge che certe regioni sono abbastanza virtuose perchè hanno livelli di evasione comparabili con quelli di paesi del Nord Europa, come la Germania. Nell’ambito della stessa UE la Grecia supera largamente l’Italia. Credo che in Italia la maglia nera spetti alla Calabria. Ma facendo confronti internazionali non ci si può dimenticare dei diversi livelli di pressione fiscale. Se la pressione fiscale è bassa, come ad es. in Argentina, pagare le tasse non comporta gravi sacrifici.

  21. Valerio Passeri

    Personalmente sarei favorevole all’abolizione totale del contante cartaceo. Per rendere meno complesso il passaggio al denaro “virtuale”, si potrebbe mantenere l’uso del denaro in moneta; mentre il denaro contante andrebbe classificato come un mezzo per delinquere (e qui non penso solo all’evasione): come per le armi, chi lo utilizza deve avere un “porto di denaro”.

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