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2012: TRE RAGIONI PER ESSERE MENO PESSIMISTI

Il Pil italiano è calato nel terzo trimestre 2011 dello 0,2 per cento. E le stime per il prossimo anno sono tutte negative. Ma è presto per fasciarsi la testa. Con l’euro che si deprezza, il quadro sarà grigio per il mercato interno e più roseo per l’estero, come già nel 2010 e 2011. E se l’aggiustamento fiscale sarà efficace e accompagnato da una svalutazione fiscale, già nel secondo semestre 2012 potrebbero arrivare sorprese positive da consumi e investimenti.

Oggi sono tutti d’accordo: nel 2012 ci sarà una seria recessione. Quanto “seria” lo ha quantificato il Centro studi Confindustria (Csc) che per il 2012 ha previsto un calo del Pil pari all’1,6 per cento. La stima del Csc è più pessimista (ma anche più recente) di quelle del Fondo monetario, della Commissione Europea e del governo. C’è poi chi (ad esempio, Sergio De Nardis) si basa sull’esperienza passata e sui calcoli del Fmi, concludendo che la previsione Csc è ancora ottimistica e che il vero calo del Pil 2012 per l’Italia potrebbe arrivare a 3 punti percentuali.
In realtà già un meno 1,5 per cento di crescita per il 2012 sarebbe un brutto colpo per la tenuta dei conti pubblici dell’Italia così faticosamente “messi in sicurezza” con le manovre dei governi Berlusconi e Monti. Con un Pil a meno 1,5, le entrate fiscali sarebbero minori del previsto e ci vorrebbe più spesa pubblica per assistere i nuovi disoccupati e cassintegrati. E il deficit 2012 non sarebbe più pari a 20 miliardi, l’1,2 per cento del Pil previsto dal governo, ma un numero più grande. Una regola calcolata per il passato dice che il deficit aumenta di circa mezzo punto di Pil per ogni punto di Pil perso. Dunque un calo di un punto e mezzo del Pil – un punto percentuale inferiore alle previsioni incorporate nella manovra – obbligherebbe Mario Monti a trovare altri 7,5 miliardi di euro per far quadrare i conti.
Insomma, se nel 2012 arriverà davvero una forte recessione, Monti dovrà fare un’altra manovra o contrattare una dilazione nei termini dell’aggiustamento fiscale con l’Europa e, in modo più cruciale, con i mercati. Capire se e in che misura l’attuale pessimismo sia giustificato o se esistano margini per essere meno pessimisti è quindi molto importante. In effetti, a mio avviso, l’ottimismo – il minor pessimismo – può avvalersi di tre argomenti principali.

LE PREVISIONI NON PECCANO SEMPRE DI OTTIMISMO

Una prima cosa da considerare è che le previsioni economiche non peccano sempre di eccessivo ottimismo, anzi. Gli esempi di “al lupo, al lupo” abbondano. Prima dell’estate 2011 la quasi totalità dei commentatori aveva dato per morta e sepolta la ripresa Usa, schiacciata dai debiti privati, da un mercato immobiliare fermo, dalla disoccupazione cocciutamente alta. Invece, se guardiamo ai dati 2011, vediamo che, dopo il quasi stop del primo trimestre 2011, l’economia americana ha fatto registrare crescite trimestrali dello 0,3 e dello 0,5 per cento nel secondo e terzo trimestre 2011. E la crescita 2011 è venuta dopo una crescita del 3 per cento nel 2010 rispetto al 2009. La capacità di reazione dell’America dopo la crisi ha dunque finora sorpreso i pessimisti. Lo stesso può dirsi anche dell’economia cinese, data sempre in rallentamento negli ultimi dodici mesi, ma che continua a esibire una crescita non lontana dal 9 per cento. E anche per l’Italia non sempre le previsioni sono azzeccate: nei trimestri successivi all’inizio della ripresina 2009-2010 il cosiddetto superindice dell’Ocse aveva previsto un’economia italiana in recessione già nel terzo trimestre 2010. Certo, la crescita italiana ha continuato a essere modesta e pericolosamente vicina allo zero, ma la recessione – fino al secondo trimestre 2011 incluso – non si è vista. Anche di fronte al pessimismo unanime di oggi vale dunque la pena di porsi qualche domanda in più su come sarà davvero il 2012.

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METTERE UNA PEZZA A UN PROBLEMA PUÒ MIGLIORARE LA FIDUCIA

Ci sono poi altri due motivi più sostanziali di ottimismo (o minor pessimismo). Primo, la manovra Monti, per quanto ingiusta, recessiva e fatta di tasse al 92,5 per cento (per 18,5 miliardi su 20), interviene su una situazione già molto deteriorata. Durante l’estate 2011 c’è stato un drastico peggioramento della fiducia delle famiglie e delle imprese bombardate quotidianamente di cattive notizie, dall’Europa e dall’Italia. Il peggioramento di fiducia ha prodotto tangibili conseguenze negative sui dati congiunturali già nella seconda metà del 2011. I consumi delle famiglie e il Pil sono diminuiti dello 0,2 per cento nel terzo trimestre 2011, mentre il calo trimestrale della spesa pubblica e degli investimenti ha superato il mezzo punto percentuale. Non per caso l’indice della produzione industriale è tornato a valere 86,5 nell’ottobre 2011, cioè tre punti in meno rispetto al suo valore di ottobre 2010 e solo un punto in più del suo valore eccezionalmente basso dell’ottobre 2009. Lo stesso vale per fatturato e ordinativi: gli ordini dell’industria di ottobre 2011 valgono quattro punti meno che nello stesso periodo del 2010 e l’aumento di un punto del fatturato (a prezzi correnti) è poca cosa rispetto al ben più consistente aumento di costi subito dal settore nel corso del 2011. È naturale mettere in connessione il brusco peggioramento della congiuntura economica italiana nel secondo semestre 2011 alle cattive notizie europee e italiane che si sono succedute durante l’estate. Questo vuol dire che, molto prima della manovra Monti, sono state le cattive notizie sul futuro dell’Unione e le esitazioni estive del governo Berlusconi ad aver causato la recessione. Invece, come spiegava già molti anni fa l’attuale capo economista del Fondo Monetario Olivier Blanchard, l’approvazione di una manovra dura e piena di tasse quanto si vuole, ma che riesca ad allontanare lo spettro dal fallimento dall’economia italiana, se efficace nel contenimento del deficit, potrebbe portare a un assestamento delle aspettative per il futuro. Subite le bastonate di fine 2011 e inizio 2012 sulle tredicesime, sulla casa e sugli scaffali dei supermercati, le famiglie potrebbero ricominciare a consumare e le imprese a investire già nel corso del 2012.

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SVALUTARE SI PUÒ ED È EFFICACE

Un’altra ragione addotta dai pessimisti è che l’Italia si troverebbe nel 2012 ad adottare politiche di bilancio restrittive senza potersi avvalere della svalutazione come strumento per riguadagnare competitività.  È vero: in passato la stretta fiscale di Amato fu addolcita dalla svalutazione del 20 per cento della lira, che oggi non c’è più. Ma non è vero che l’Italia non possa più avvalersi del deprezzamento del cambio. In realtà, lo sta già facendo. Proprio grazie alla crisi dei debiti sovrani, il cambio dell’euro nei confronti del dollaro, nonostante la politica monetaria super-espansiva della Fed, si è già svalutato del 10 per cento negli ultimi sei mesi. Un euro basso non aiuta le imprese italiane a esportare di più nell’area euro, ma le aiuta eccome a penetrare i mercati fuori dall’area euro, a cominciare da Svizzera, Stati Uniti, Russia e gli altri paesi emergenti, che in totale ormai rappresentano il 55 per cento circa dell’export totale dell’Italia. E c’è ragione di pensare che nel 2012 il guadagno di competitività continui. Progressi rapidi nei tentativi di rabberciare le istituzioni dell’Europa non sono in vista. Ma se anche a marzo 2012 si arrivasse a un nuovo grande accordo pan-europeo, non sarà attuato tanto in fretta. Nel frattempo, l’euro dunque continuerà a indebolirsi gradualmente. Non fino al collasso, però: i tedeschi hanno troppo da guadagnare dall’esistenza dell’euro, come testimonia il basso livello dei tassi che pagano sul loro debito pubblico, l’entità dei loro avanzi di bilancia commerciale verso l’Europa e verso il resto del mondo e la composizione degli attivi delle loro banche straboccanti di attività denominate in euro. Alla signora Merkel conviene continuare a sostenere lenti, ma continui progressi verso l’attuazione delle riforme discusse negli ultimi mesi. Se sarà così, anche nel 2012, come già nel 1993, la stretta fiscale sarà addolcita dalla svalutazione – dell’euro anziché della lira.
Nell’insieme, è legittimo aspettarsi un quadro grigio per i primi mesi del 2012, ma questo vale, come già nel 2010 e nel 2011, più per il mercato interno che per quello estero. Se l’aggiustamento fiscale sarà efficace e sarà accompagnato da misure più incisive volte a conseguire una svalutazione fiscale che complementi quella del cambio deprezzato, già nel secondo semestre 2012, invece della Grande Depressione, potrebbero arrivare sorprese positive da consumi e investimenti.

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31 commenti

  1. Piero

    La Spagna è andata al voto, i mercati sanno che il governo è legittimato, mentre in Itala abbiamo un governo che vive alla giornata, secondo gli umori dei due grandi partiti, il governo al momento dell’insediamento doveva fare un programma di sei mesi, annunciarlo pubblicamente sui giornali e realizzarlo, invece questo e’ un governo politico, fatto da Napolitano per ammazzare il bipolarismo che in Itala sta prendendo piede. Per quanto concerne le misure, ormai sono a tutti note, monetizzazione del debito pubblico e politiche riarse di bilancio.

  2. DaveShort

    Considerando quanto ci aspetta penso che dovremmo approfittare di questo scenario cavalcando l’onda e Assicurandoci una politica industriale efficiente ed efficace-con precise dinamiche d’esportazione- volta a tutelare il Made In Italy con rigore. Studiare i comportamenti elusivi (anche dei grandi gruppi e brand, a maggior ragione dell’alta moda che permettono margini più elevati e quindi un impatto minore e maggior redistribuzione all’interno del nostro paese) in modo tale da far confluire “tutto” il valore della produzione all’interno della nostra economia riacquistando fiducia dai mercati internazionali, attraendo capitali e tutte le conseguenze che ne derivano. Riprendendoci con tutti i MERITI il nostro posto nell’economia mondiale.

  3. Roberto Cappelloni

    Un po’ di sano non pessimismo aiuta! E di menagrami è pieno il mondo, punto di vista plausibile e condivisibile.

  4. domenico cogo

    Anch’io propendo ad esser meno pessimista e più ottimista, sperando che il Governo Monti possa operare per tutto il 2012 in modo da intensificare le liberalizzazioni. Tuttavia finora non si è parlato di ritoccare l’assetto italiano delle aliquote IVA, estremamente penalizzante per i consumi e in definitiva per l’orientamento degli stessi investimenti. Grazie.

  5. umberto carneglia

    Le ragioni di ottimismo enunciate dall’autore sono plausibili e francamente mi auguro che egli abbia ragione. Cionondimeno non posso non considerare che il nostro Paese è schiacciato da 2 formidabili macigni: il debito pubblico che non accenna a calare, specie ai tassi attuali, e le disfuzioni interne croniche che secondo stime costano 500 milardi l’anno (evasione fiscale, corruzione, sprechi pubblici, mafia ec.). Sotto questi macigni è difficile resistere senza un supporto esterno come quello della BCE – acquisto di titoli pubblici – o senza una radicale politica interna che aggredisca i nostri nodi cronici . Al momento non vedo segnali rilevanti su questi 2 fronti. L’impressione è che per ora la visione realistica dei problemi non si intraveda nè da parte europea (il Wall Street Journal parlava ieri di provvedimenti a spizzichi e bocconi) e nè sul fronte interno.

  6. bob

    Anche in un mondo globalizzato il mercato interno rimane importante, e non può essere sottovalutato pensando che le esportazioni risolvono tutto. Non si esporta solo perchè abbiamo prezzi competitivi, si conquistano mercati esteri o no anche per quello che si propone e per come si propone. Esempi: la Fiat con l’attuale gamma di vetture può anche regalarle ma non credo che possono fare concorrenza a marchi che hanno investito su modelli nuovi, la Fiat ha una strategia industriale ferma da 20 anni. L’Australia per conquistare la Cina con il vino ha creato una equipe di 13 persone esperte di mercato presso l’ambasciata in Cina, i ns. vinaioli ancora viaggiano in aereo in ordine sparso con la bottiglia sottobraccio. Anche questa “caccia alla streghe” verso “evasori” o dipendenti pubblici fannulloni è frutto di un Paese anarchico e schizofrenico. Bisogna trovare il sistema per fare emergere l’evasione e per fare attivare la P.A. perchè anche questi sono consumatori. Oppure per dare impulso all’economia iniziamo dai licenziamenti?La grande difficoltà sta nel fare ripartire un Paese fermo da anni, ma se facilitiamo i licenziamenti, l’unica cosa che crescerà sarà la spesa sociale.

  7. SAVINO

    1) Siamo in mani migliori di prima, in termini di credibilità, competenza e, checchè se ne dica, anche di umanità. Di tutto questo dobbiamo essere grati al Capo dello Stato; 2) si sta cominciando a riformare strutturalmente il Paese. Anzichè parlare di scandali e scandaletti, ora ci si occupa di mercato del lavoro, liberalizzazioni, nuovo welfare, infrastrutture; 3) personalmente, confido nelle giovani generazioni, più preparate e meno maliziose delle precedenti. Per il resto, il tempo sarà galantuomo con chi oggi non viene risparmiato da ingenerose ed incomprensibili critiche.

  8. Anonimo

    Francamente non condivido l’ottimismo dell’articolista. Una svalutazione dell’Euro non necessariamente migliora la ragione di scambio tra i paesi dell’eurozona e quelli esteri. In mancanza di un’espansione della moneta o di altri stimoli alla domanda interna, è difficile prevedere un miglioramento della crescita.

    • La redazione

      La svalutazione, per definizione, peggiora le nostre ragioni di scambio, cioè il prezzo delle nostre esportazioni rispetto a quello delle nostre importazioni. E’ proprio lì il vantaggio: se i nostri prodotti costano meno (si noti: senza tagliare gli stipendi in euro a nessuno) saranno acquistati di più dagli stranieri. Naturalmente c’è anche l’altra faccia della medaglia: pagheremo di più le nostre importazioni (per esempio, il petrolio). In passato, il saldo netto delle svalutazioni della lira è però sempre stato positivo per la nostra industria. Non vedo perché non possa esserlo anche questa volta. 

  9. Emilio Quinto

    Dopo l’ormai quotidiano bombardamento di brutte notizie sullo stato della crisi ecoomica italiana ho letto questo articolo con la speranza di trovarvi qualche spiraglio di luce. L’effetto prodotto è però stato l’opposto. Le tre ragioni citate nell’articolo mi sembrano tutte un po’ “debolucce”.. La prima mi sembra che si concretizzi in un “speriamo che le varie previsioni siano sbagliate”: putroppo basta farsi un giro per strada (o in banca per chiedere un prestito) per capire che il sistema paese è messo veramente male. La seconda si basa su di un possibile “effetto fiducia” sui consumi derivante dalla messa in ordine dei conti pubblici: ottimismo eccessivo visto che la manovra Monti andrà proprio a colpire duramente i consumi (direttamente con aumento dell’iva e accise carburanti e indirettamente con maggiori tasse sul reddito e casa). La terza ragione (progressiva svalutazione euro) in linea di massima mi trova d’accordo anche se c’è il rischio concreto che la maggiore competitività del nostro export dovuta a un cambio più favorevole rispetto al dollaro sia annullata dal generale rallentamento dell’economia mondiale. Saluti da un “pessimista” (che spera di sbagliarsi)

    • La redazione

      Anch’io vedo che i consumi vanno male. Ma se fossero sbagliate in senso pessimistico le previsioni per la Germania e i paesi dell’Est (così come finora lo sono state per Usa e Cina), allora il quadro diventerebbe ben più roseo. Chi esporta vini con le bollicine in Germania e in America poi va al supermercato, nei negozi di elettronica e magari anche al concessionario di automobili.

  10. Pino

    E’ proprio vero quello che dice Stiglitz sui “profeti” del libero mercato. Dal deprezzamento dell’euro stanno guadagnando solo la Germania da tempo che sta strappando quote di mercato agli altri paesi industrializzati europei perché ha prodotti più tecnologicamente evoluti. L’unico settore in cui l’Italia regge è quello dei prodotti di lusso, ma con quello non abbiamo recuperato i posti di lavoro persi negli altri settori manufatturieri. L’Italia è sempre vissuta sulle PMI che pagano il crollo della domanda interna e per gli investimenti sulla qualità ed innovazione non fatti negli anni pre-crisi. La svalutazione fiscale la fanno ormai tutti i paesi europei (Spagna, UK, Grecia) quindi si riduce l’effetto sulla crescita solo per l’Italia. L’unica soluzione era stimolare la domanda interna con un prelievo straordinario sui redditi elevati e una lotta dura all’evasione fiscale, ma si è scelta la strada opposta di maggiori tasse sul ceto medio che deprimono il PIL. L’unica soluzione per l’Europa e l’Italia sono prossime elezioni politiche che cambino le politiche economiche sbagliate adottate da Germania, Francia ed Italia. Il problema è arrivare vivi a quella data…

    • La redazione

      L’Italia di Monti deve far tirare la cinghia al ceto medio non per colpa di Merkozy ma per colpa di Craxi, Andreotti, Goria, Amato, Dini, Prodi, Berlusconi, D’Alema, cioè della sequenza di primi ministri che prima hanno fatto crescere e poi non hanno abbattuto più velocemente il debito pubblico, pensando che avrebbe pagato qualcun altro dopo di loro.

  11. prao

    Cerchiamo di essere ottimisti. Certo oggi ho fatto 1 ora di coda per ritirare una raccomandata che mi dava l’esito ufficile di un concorso al quale ho partecipato. Nonostante sia io che l’ente banditore siamo dotati di Posta elettronica certificata (PEC). Nonostante la graduatoria sia uscita comunque sul sito web. Provate a sommare il costo della mia ora (anzi ora e mezza) persa per andare a ritirare, del tempo perso per stampare, imbustare e spedire quella lettera, del costo di spedizione, del costo del postino che è venuto da me inutilmente (ovviamente in un ora in cui normalmente la maggior parte della popolazione è a lavorare). E questo a Milano. Non ce la facciamo ad essere efficienti. Suppliamo sempre con la buona volontà e la sopportazione. Pessimismo?

    • La redazione

      A cose come queste deve mettere mano la cosiddetta Spending Review a cui sta lavorando il ministro Giarda. Stiamo a vedere.

  12. paolo zangani

    Seguo sempre lavoce e mi interesserebbe avere una vostra opinione sul saggio di Paolo Barnard : Il più grande dei crimini. Le tesi sostenute e documentate di questo giornalista sullo scempio economica che stiamo vivendo mi hanno sinceramente colpito. Non sono un economista ma faccio l’imprenditore e qualcosa di bilanci, deficit, etc.. ne capisco: grazie per una risposta Cordiali saluti Paolo Zangani

    • La redazione

      Mah, alle teorie complottistiche preferisco spiegazioni più semplici e basate su elementi osservabili. Ma è anche una questione di gusti: a molti piacciono i complotti.

  13. Giuliano

    Siete un sito di economisti, non di politica. Sarebbe quindi per voi una buona pratica lo stimare quanto vale questo scenario più “ottimista”, e offrire una valutazione sulle probabilità che si avveri.

    • La redazione

      La valutazione più precisa che vuole lei è una cosa da ufficio studi. La mia valutazione personale – peraltro contenuta nell’articolo – è che nel primo semestre 2012 (così come nel secondo semestre 2011) l’economia sarà in recessione ma le cose andranno meglio nel secondo semestre 2012.

  14. bellavita

    Non mi è chiaro cosa intenda l’autore per “svalutazione fiscale”. Mi è chiaro invece che le imposte sulla benzina, l’aumento dell’IVA e l’aumnto delle tariffe per i servizi comunali e regionali dopo i tagli sono solo l’edizione attuale della tassa sul macinato….

    • La redazione

      Nel mio pezzo ho messo un link all’articolo di Daniel Gros sul nostro sit in cui si discute in dettaglio il significato di svalutazione fiscale.

  15. Elia Berdin

    Mi perdonino la involontaria diffidenza: l’indice di produzione industriale è 86.5 ad ottobre 2011, confermo, ma per quanto riguarda ottobre 2010 e 2009 ho dati diversi (fonte Eurostat, Mining and quarrying; manufacturing; electricity, gas, steam and air conditioning supply, seasonally adjusted): 10/2010 = 88.2 (quindi -1.7 non -3) mentre 10/2009 = 84.7 (quindi +1.8 e non +1). Am I right? che indice ha considerato professore? grazie

    • La redazione

      Ci mancherebbe, l’”involontaria diffidenza” è la base della ricerca e della precisione giornalistica. Ho usato i dati Istat sulla produzione industriale che possono essere scaricati da questo link. Il dato riportato è: 86.5 per ottobre 2011, 89.4 per ottobre 2010, 85.1 per ottobre 2009. I dati 2011 e 2010 coincidono con quelli riportati al link Eurostat. Non è strano che coincidano, perché ad Eurostat i dati sulla produzione industriale li dà l’Istat.

  16. Piero

    Marco Zangani ha chiesto un opinione sull’articolo molto chiaro e per niente discutibile di Paolo Barnard, ricordo che Daveri e’ pienamente in linea con il ragionamento tedesco che la politica monetaria ad una istituzione che non finanza gli stati, perche’ vietato dal trattato fatto dalla Germania, oggi anche l’apolitica fiscale viene dettata dai tedeschi, pareggio del bilancio max 0,5% deficit, rientro in 20 dei debiti sovrani. Va bene tutto in linea teorica, se al momento dell’adozione dell’euro tutti gli stati stavano nelle stesse condizioni, ma cio’ non accadde, quindi si deve tornare a quella data e rimettere a posto e cose, il mio suggerimento e’ la monetizzazione di almeno il 50% del debito pubblico, poi bene le politiche fiscali tedesche, altrimenti non se ne esce, si ma dall’euro.

    • La redazione

      Non sono d’accordo. Una Bce che finanzi i disavanzi pubblici di tutti paesi europei (come suggerito da lei e da molti economisti, anche sul nostro sito) sarebbe un disastro perché eliminerebbe la distinzione tra politica monetaria e politica fiscale che è invece un utile freno agli appetiti della politica nei confronti delle risorse pubbliche. La strada scelta da Draghi per farci passare un sereno Natale – il finanziamento discrezionale e quasi di soppiatto delle banche europee – è una buona alternativa, a patto che le banche facciano arrivare una parte dei soldi alle imprese e alle famiglie senza peggiorare i loro bilanci.

  17. Paolo

    Cosa succederebbe se l’Italia decidesse di punto in bianco di pagare gli interessi del debito ad un tasso non superiore al 3% ? E’ una cosa fattibile ? Io credo che così facendo, potrebbe onorare i suoi debiti, perchè sarebbero sostenibili rispetto a quelli con 7% attuali. Quindi le famose aste non andrebbero deserte. Grazie Paolo

  18. piero

    Vedremo tra tre anni quando le banche dovranno rimborsare i soldi facili prelevati dal bancomat bce, sicuramente il governo farà un provvedimento salva banche, anche perchè ha prestato la garanzia alla bce. La speranze che bancheiers tale liquidità sui titoli pubblici solo uno sciocco può pensarlo, quando le banche ritengono che i titoli pubblici siano la causa dell’attuale crisi finanziaria, tuttalpiù potranno acquistare dei bot. Non capisco come possa un governo mettere la garanzia illimitata ai debiti bancari anche se è pari al capitale di vigilanza la manovra è incomprensibile dal lato dei lavoratori che stentano ad arrivare a fine mese, a loro si dice che hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità e quindi si deve tornare indietro.

  19. Piero

    La svalutazione fiscale è un metodo per rendere più competitive le nostre imprese all’estero e aumentare quindi le esportazioni, si aumentano le imposte sui consumi (IVA ecc) e si diminuiscono le imposte sui salari, si consuma quindi meno in Italia e le imprese pagano meno i lavoratori. Tale manovra fu fatta dalla Germania, che a mio avviso aveva un altro scenario economico, in Italia è una manovra suicida se non viene accompagnata dalla politica monetaria che purtroppo non dipende più dall’Italia.

    • La redazione

      Per una visione più completa della svalutazione fiscale rinvio all’articolo di Daniel Gros.

  20. Giuseppe

    Come spesso accade condivido le analisi del Prof. Daveri. Una spinta ulteriore a moderare il pessimismo viene dall’ISTAT che, aggiornando i parametri di calcolo, ha scoperto che l’esport italiano è in ottima forma, molto meglio del previsto. Cruciale è il principio della svalutazione fiscale, ma credo che la pressione fiscale complessiva sia comunque eccessiva e opprimente, imponendo importanti e urgenti riduzioni della spesa pubblica. Per quanto riguarda le teorie di Paolo Barnard, che trovo a dir poco divertenti e stravaganti, sarebbe interessante un commento del Professore, anche se credo di immaginare quale possa essere.

    • La redazione

      Grazie. In effetti l’Istat ha calcolato che le nostre esportazioni sono andate meglio di quanto precedentemente misurato nel 2002-2010. Il nostro punto debole era e rimane il nostro mercato interno, e la debolezza dei nostri terzisti di fronte alla globalizzazione. Concordo sull’urgenza che il governo Monti attui la famosa spending review, tagliando i costi dell’apparato statale in modo da trovare le risorse fiscali per dare un po’ di fiato ad imprese e famiglie.

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